11
-Cosa significa?- domandò Emil, senza distogliere gli occhi dalle buste sul tavolo, mentre il suo sguardo sembrava perdersi in qualcosa di molto lontano da loro.
Irèné aggrottò la fronte.
-Cosa vuoi sapere?- sussurrò.
-Perché mi stai facendo questo? Perché adesso?-
Il giovane sussultò.
Credeva davvero che fosse lui l'artefice di quelle missive?
Sentì la rabbia come ruggirgli nel petto, scaldando ogni centimetro di pelle, come una scossa elettrica partire dalle dita dei piedi, correndo sino alle punte dei capelli.
Avrebbe voluto poter tacere, modulare le sue successive parole, ma erano anni che non si arrabbiava a quel modo.
Così non fu in grado di impedirsi di essere schietto e tagliente.
-Perché non ti è passato dalla testa, neanche per un secondo, che io non c'entrassi nulla con questa storia. Dopotutto, è evidente, mi vedi ancora come la puttana con cui cercavi di fare "chiarezza"-
Emil sollevò lo sguardo su di lui. Aprì la bocca un paio di volte, per poi richiuderla senza riuscire a emettere suono.
Si passò entrambe le mani sul viso, percependo l'imbarazzo renderlo sempre più incerto.
Non aveva idea di quello che avrebbe potuto controbattere a quelle parole, consapevole di come aveva agito l'anno precedente.
Aveva rincontrato Irèné in un periodo pessimo della propria vita: la sua relazione con Eve - l'ultima donna con la quale aveva cercato di costruirsi un futuro per sé e Camille - si era interrotta bruscamente. La sua ex, al culmine di una feroce lite, tra le altre cose, lo aveva accusato di essere un idiota incapace di comprendere ciò che dalla vita desiderava davvero ottenere.
Era un'accusa sulla quale Emil aveva rimurginato a lungo, arrivando alla conclusione di aver ottenuto nel corso del tempo tanti piccoli successi, senza mai provare un minimo di gratificazione in nessuno di essi.
Qualsiasi aspetto della sua vita poteva vantare un'apparenza di perfezione, persino la sua capacità di passare da una donna all'altra con nonchalance, rimanendo un padre presente e amorevole per la sua unica figlia, continuando ad essere agli occhi degli altri, eccetto quelli di Malorie, un uomo ammantato da un alone di struggente sensualità, che faceva gola a molte persone e di entrambi i sessi.
Era confuso, distrutto da ciò che era diventato e da quella stessa figura che calzava a fatica, come un abito troppo stretto le cui cuciture tiravano, restando costantemente sul punto di strapparsi.
Aveva sentito l'esigenza di affrontare il proprio passato e nell'istante in cui il caso lo aveva posto sulla stessa strada di Irèné dopo tanti anni, aveva pensato che il momento fosse giunto e che il suo primo amore fosse la persona giusta con la quale intraprendere quella strada.
Ma Irèné... era un uomo.
E se il suo Paese non aveva grandi ostilità contro gli omosessuali, Emil non era mai stato in grado di accettarsi, sicuro com'era che i suoi genitori non lo avrebbero mai fatto.
Per non perderli aveva cercato di sopprimere quella parte di sé per anni, soffocandola in un angolino del cuore.
Ovviamente, quello non era l'unico motivo per cui odiava tanto l'ipotesi di essere gay, ma il vero perché, che si nascondeva dietro a tanto ribrezzo verso se stesso, non era mai stato in grado di affrontarlo apertamente.
-Non avevo idea del fatto che tu stessi con un altro uomo. L'hai tenuto nascosto anche a me. Se me l'avessi detto, non ti avrei coinvolto in quella storia- sussurrò Emil, riprendendo le lettere e ponendole nuovamente all'interno del cassetto, dal quale le aveva tirate fuori poco prima.
Irèné percepì l'ennesimo brivido percorrergli la schiena.
-Come è possibile che tu non capisca?-
-Cosa? Mi hai accusato di averti trattato come una puttana. E mi dispiace per tutte le volte che abbiamo fatto sesso e tu non sei riuscito a raggiungere l'orgasmo! Dovevi aiutarmi, eri stato tu stesso a tendermi la mano, a dare per buono quell'assurdo piano! Non so cosa ti aspettassi, ma io non ti ho mai promesso nulla, men che mai una relazione stabile. E sarebbe stato impossibile lo stesso, dato che eri già legato a quel modo con Morel!-
-Per me non è mai stato solo sesso-
-Neanche per me. Non avevo nemmeno idea di che fosse. Se mi piaceva, se riuscivo a godere del corpo di un uomo solo per riflesso involontario. Non ne avevo idea! Tu mi hai sempre confuso. Pensavo di essere innamorato di te da ragazzino, eppure non ho mai avuto problemi con le donne...-
-A parte quando quelle si rendevano conto di non aver conquistato il tuo cuore- lo interruppe Irèné.
Emil impallidì e abbassò gli occhi sul pavimento.
-Mi stai accusando... di cosa, esattamente?-
-Non sei in grado di amare nessuno, innanzitutto perché non ami te stesso-
-Sempre crudele e spietato, privo di ogni empatia. Non sei affatto cambiato. Sei rimasto il quindicenne stronzo che conoscevo-
-Emil!-
-È per questo che mi hai mandato quelle foto?!-
-Io non ti ho mandato proprio nulla! Le ricevo anch'io. Anche se nelle mie non si scorge mai il tuo viso.-
Le righe sulla fronte di Emil sembrarono farsi più profonde.
Ripescò una busta dal cassetto, l'aprì e ne tirò fuori un paio di foto, adagiandole sul tavolo.
Irèné chiuse gli occhi lentamente, trasse un profondo respiro, prima di riaprirli e fissarli su quei rettangoli di carta traslucida.
Aveva imparato a guardare le foto che riceveva senza vederle: con la vista periferica ne delineava i contorni fisici e quelli delle immagini, riuscendo a rimanere distaccato, senza dare il tempo al cervello di costruire il significato di ciò che vedeva.
Quella volta dovette fare uno sforzo; riconobbe il proprio corpo nudo, legato sessualmente a quello dell'altro. Ma comprese il motivo per cui il moro aveva voluto mostrargliele, nonostante le ricevesse anche lui, nel momento stesso in cui si rese conto di quanto chiari apparissero i lineamenti del viso del suo ex amante, mentre il suo volto veniva opportunamente celato dall'inquadratura.
-Perché tutto questo mistero? Le mandano ad entrambi. Sappiamo e sanno l'identità di tutti e due, perché celarne uno in base a chi le riceve?-
-Alcune foto sono state modificate, almeno credo- sussurrò Emil, tirandone fuori altre tre e indicando con un dito la pelle del suo amante.
-Sembra che...-
-Sì, sembra che abbiano coloriti differenti. Ma sei sempre tu. Sei l'unico uomo con cui abbia mai fatto sesso, anche se da queste foto la cosa non è confermabile.-
Irèné rimase in silenzio per un po'.
Sembrava che l'atmosfera che lo circondava lo avvolgesse completamente, rendendo nullo ogni suono proveniente dall'esterno, azzerando ogni più piccola distrazione.
L'unica costante rimaneva il battito cadenzato del suo cuore e i respiri brevi, resi tali dalla rabbia, la stessa che ancora stentava ad abbandonarlo.
-Perché...- mormorò il giovane, riponendo le foto sulla superficie del tavolo, con mani tremanti.
-Se non sei stato tu...-
-Per quale motivo avrei dovuto farlo?- urlò Irèné.
Emil sollevò lo sguardo ad incontrare gli occhi dell'altro.
-Ti ho mollato. Morel non ha sopportato il tuo tradimento; si è ucciso. Ariel ti sta alle costole con 'sta storia. Non credo che gli assistenti sociali sarebbero contenti di venire a conoscenza di ciò che hai combinato.-
-Ciò che ho combinato? È uno scherzo?! Tu mi hai usato per i tuoi capricci sessuali. Roland non si è ucciso perché ha scoperto di noi due...-
-Ma perché ha saputo con chi lo tradivi?- lo interruppe, ancora una volta, Emil.
Irèné si morse un labbro, cercando di placare e nascondere all'altro il tremore che aveva iniziato a scuoterlo.
Percepì quel tremolio scendere dentro la bocca, sin nella gola. Anche le mani presero a tremare e temette che lo stesso avrebbe fatto la sua voce, se solo si fosse azzardato ad aprire bocca.
-Credeva... era convinto di qualcosa che non esisteva.- riuscì a mormorare alla fine.
-Tu gli avevi promesso amore-
Irèné scosse la testa.
-Stavamo insieme. Sapevo che era innamorato di me, non immaginavo tanto. Gli aveva persino parlato di te e di ciò che provavo ancora nei tuoi confronti. Gli avevo assicurato che non facevi più parte della mia vita, invece sei tornato. All'improvviso. Non me l'aspettavo. Non la prese bene, è vero... ma non credevo che sarebbe arrivato a tanto. È stato... eccessivo. Sbagliato. Ha lasciato suo fratello da solo...-
-Il tuo tradimento l'ha distrutto. Facile accusarlo di chissà cosa, adesso. Ancora più facile sparare sentenze. Tu non hai idea del male che gli hai fatto...-
-Tu eri con me!-
-Non sapevo nulla della tua situazione sentimentale, me l'hai tenuta nascosta, rendendomi complice delle tue porcate!-
-Come puoi giudicarmi in questo modo?!-
-Perché eri l'unica persona di cui mi fidavo... e hai tradito anche me-
-Io ho cercato di aiutarti, anche a discapito di me stesso- urlò Irèné, sentendo la gola bruciare.
Cercò di avvicinarsi all'altro, compiendo un paio di passi nella sua direzione.
Si fermò soltanto quando si trovò vicinissimo al suo fianco: alzò una mano verso il suo viso, con fare titubante. Emil rimase immobile, mentre il giovane faceva scivolare le dita tra le ciocche nere dei suoi capelli, tentando di ricostruire un legame sempre più fragile e prossimo alla sua definitiva rottura.
Lo accarezzò piano, terrorizzato dall'idea di una improvvisa reazione di rifiuto da parte dell'altro, con l'angoscia di non aver alcun potere per porre fine a quel loro tormento.
Desiderava ardentemente tagliare di netto tutto il dolore che si tiravano dietro, l'uno contro l'altro, da troppo tempo. Eppure, non riusciva a scorgere una sola possibilità per loro.
Emil chiuse gli occhi, scuotendo piano la testa, senza, tuttavia, respingerlo.
-Tutti abbiamo commesso degli errori, ma tu sei stato egoista, Nené. Non hai mai voluto aiutarmi davvero. Hai acconsentito alla mia folle proposta solo nella speranza di farmi finire nella tua rete.-
Sentirsi chiamare con quel nomignolo per Irèné fu come ricevere una mazzata in pieno petto. Percepì i muscoli contrarsi, il respiro mozzarsi, mentre gli tornavano alla mente, in rapida successione, ricordi del loro passato di ragazzini.
Ritrasse la mano dai capelli dell'altro.
-Hai ragione. Sono stato egoista. Ma io ho sempre sperato... io...- deglutì un paio di volte, stringendosi le braccia intorno al busto: -... ti ho sempre amato, Emil.-
L'altro rimase in silenzio, metabolizzando quelle parole.
Irèné non era stato in grado di aiutarlo: la loro relazione clandestina si era conclusa nel giro di un paio di mesi e nel peggior modo possibile.
Non si erano più visti, sino a quando il giovane non era tornato a Provins, fino a quando l'altro lo aveva minacciato su quel treno.
Non voleva tornare a riaprire vecchie ferite, ma quelle lettere avevano iniziato ad arrivare nel momento meno opportuno, obbligandoli ad avvicinarsi nuovamente.
-Mi dispiace, Nené, ma io non penso di essere in grado di ricambiare i tuoi sentimenti.-
Irèné annuì piano. La rabbia scomparve di colpo, mentre una sensazione di freddo si faceva spazio nel suo cuore, gelando ogni speranza.
Alla fine, proprio quando sembrava avervi rinunciato, la risposta che aveva atteso per quindici anni era giunta sino a lui, spezzandogli il cuore.
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