10. Abbraccio caloroso
Venerdì.
7 Settembre,2018.
«Dove stai svoltando?», mi informo e assottiglio gli occhi per un raggio di sole, «Non abitiamo da quella parte», ricordo a mia madre.
Sonia mi è venuta a prendere al termine del mio turno di lavoro al centro commerciale Eataly, un gesto che ho apprezzato davvero molto.
Sono le 17.30 e il trenino "Lido di Ostia" immagino sia stracolmo di gente e la calca e il "pigia-pigia" mi ha sempre dato fastidio.
«Ti ho forse detto che siamo dirette a casa. Tuo zio Fuffo muore dalla voglia di vederti», mi dice e mi guarda di sbieco e arriccia il naso per un leggero prurito all'angolo della bocca.
Zio Fuffo adesso no...martellami forte sulle gengive, lo preferisco.
«Adesso, non è il caso. Dico sul serio», la supplico e nella mente mi balena la mia espressione da panda bastonato durante la pausa pranzo di quella mattinata.
Sonia, la mia dolce mamma, guida per tutto il tragitto in modo molto rilassato fino ad Ostia e sterza il volante, con le sue esili braccia, a un curva a gomito. Ci troviamo a pochi isolati da casa nostra e posteggia in un buco libero nella strada sottostante la palestra "Sport indoor fitness."
"Mi stavo già pregustando il dolce far nulla, oziare sul divano pigiando solo i tasti di Sky. Accomodarmi un po' meglio sullo schienale e infine cliccare il tasto "Reset della giornata", posizionato in bella vista sulle mie tempie."
Faccio l'ultimo tentativo e cerco di andare su un argomento molto caro a mia madre, tento il tutto per tutto, speranzosa di fare centro. "O io o Fuffo. Uno solo rimarrà vivo."
All-in.
«Mamma, ho una grande fame», attendo attimi interminabili per farle digerire il mio richiamo di aiuto, «Dobbiamo andare a casa. Mi serve un po' di pane e miele, ho un calo di zuccheri.»
Yes, è al tappeto.
«Pane e miele? Beh, qui non so proprio dove trovartelo. Sappi, tuo zio ci rimarrà molto male.», mi ammonisce e arriccia di nuovo il naso.
«Tu non dirgli nulla. E' vero, siamo a un passo dalla sua palestra, ma ancora non ci può aver visti. Ti prego.»
«Okay, figliola. Pane con la marmellata, sarebbe lo stesso?»
«Sì. Andiamo a casa e me lo preparo», le dico e muovo i primi passi per tornare verso l'auto.
Non ho voglia di vedere il faccione di zio Fuffo, è adorabile e caro ma oggi ne posso fare a meno. Arrivederci e grazie...e salutami affettuosamente zia Geppa.
Mamma in quell'attimo tira la chiusura lampo della sua tracolla, un modello comodo e leggero, e come un abile prestigiatore pesca il coniglio dalla sua tuba magica e uno scroscio di applausi riecheggia nella platea. «Pane con la marmellata, tutto per te!»
«Mamma...»
«Sono la tua mamma dalle mille risorse? Porto sempre con me dei spuntini fatti in casa e so che le merendine o le schifezze zuccherate possono darci fastidio alla digestione. Mangia e seguimi», si affretta a consegnarmi le due fette di pane casareccio dalle sue esili dita. «Ah, la marmellata è all'albicocca, neanche a dirtelo. Martina, sistemati un po' i capelli, Fuffo ci tiene a vederti in ordine!»
"Come posso dirle di no? Ha pensato a me e si è preoccupata della mia salute e dei miei gusti. Questi sono i piccoli gesti che mi fanno bene al cuore. Ti voglio bene mamma, sei molto gracile e come per le cose più preziose bisogna averne ancora più cura."
Stringo il panino come la cosa più bella che avessi mai ricevuto nella mia vita: mezz'ora fa ero nel mare in tempesta del mio reparto e ora mi sento su una Costa Crociere con il vento in poppa. "Quanto sono bipolare. Vivo di contraddizioni e contrasti: sono la mia linfa vitale."
Decidiamo di fare una breve passeggiata cosi da darmi modo di terminare il delizioso e amorevole pasto e...di digerire gli inevitabili abbracci Fuffosi, appiccicosi e umidicci.
Poi sospingo io la pesante porta di ingresso della palestra.
"Mi sento rinvigorita nell'animo e temprata nei muscoli. Non troppo...diciamo che io e l'allenamento fisico stiamo in due emisferi diversi: se io mi affascino dall'Harbour Bridge di Sydney, l'attrezzatura ginnica mi saluta civettuola da un fiordo di Stoccolma."
Una distesa di tapis roulant, con affaccio sulla strada caotica e in pieno fermento, padroneggia il lato più corto del locale e invoglia curiosi passanti a sbirciare la frenesia dominante che anima questo posto brulicante di tipi sudati e maleodoranti.
Oh issa!
Come on, let's go.
Un grugnito gutturale mi fa scattare di soprassalto. "Stanno squartando un agnello, forse?"
Ruoto il capo e a pochi metri un bisonte Nord-Americano, tatuato a festa e con un tricipite grosso quanto una marmotta del Parco Nazionale d'Abruzzo, sta issando un peso sovraumano dal macchinario dei dorsali Lat Machine. Un cucciolo di orsetto gli sta dietro la schiena e finge di aiutarlo a sollevare un manubrio lungo e ricurvo.
Il puzzo del sudore nell'aria si può tagliare con un seghetto e vomitevoli asciugamani sono appesi sugli attrezzi come carcasse in putrefazione. Qua e là, qualche strisca chiazzata sul rivestimento in pelle delle panche degli addominali, mi fa accapponare la pelle.
«Ti muovi. Le schiene scolpite le guardi dopo, andiamo al ring. Tuo zio Fuffo sicuro è là» mi strilla Sonia e lancia anche lei un'occhiata agli energumeni al centro della sala.
Una grande pedana blu intenso con quattro pali metallici, disposti ognuno ai lati per delimitarne il perimetro, è posizionata nel lato opposto del locale e su di essa due giovanotti se le stanno dando di santa ragione. Un signore grasso e pelato li incinta a menarsi sempre più forte, specialmente al ragazzo con gli occhi marroni color nocciola.
Alza la guardia, Marco.
Mia nonna colpisce meglio.
Così. Vai di gancio, Marco.
Il signore è mio zio Fuffo e sta sudando di più dei suoi allievi saltellanti sul ring, mi inquadra nei suoi radar e si avvicina barcollando raggiante in volto e mi stampa due bacetti viscidi e oleosi sulla guancia. "Odio la barba che mi pizzica e mi irrita la pelle, questa è anche unta di sudore. Non ci sta nulla di peggio. Per fortuna niente abbraccio. Ha avuto pietà di me."
«Ciao, Martina. Ciao, Sonia. Che piacere vedervi qui, qual buon vento?»
"Vento di burrasca, zio adorato. O meglio odorato, bleh."
«Ciao zio Fuffo», mi limito a dire e trattengo il respiro, poi interviene mia madre: «E c'è da chiederlo? Per vedere a te e la tua pancia flaccida», ride mamma della sua battuta ed lei che ha dato quel soprannome a suo fratello perché, quando erano bambini, Zio Antonio chiamava i carinissimi gnometti blu con il cappellino bianco in testa "Fuffi".
Zio Fuffo si deterge un po' la fronte e il viso con un piccolo asciugamano putrido che io neanche gli pneumatici sporchi di grasso ci pulirei, e mi strizza l'occhiolino. In segno di sfida. «Vieni qui! Neanche un abbraccio ti ho dato», i suoi rotoli di carne si muovono felici e mi sorridono e poi mi stritola il collo e il mio essere "palma nana" mi fa arrivare esattamente alle sue ascelle odorose e boschive.
Gargamella! Ti sei perso un Fuffo! Aiuto!
Poi innalza i suoi pantaloni calanti della tuta e mi guarda «Queste mammolette hanno finito. Adesso sali tu sul ring, okay?», sorride, «Ci diamo un'amichevole scazzottata, fra parenti. Accetti la sfida, Martina?»
Ti sembro Cassius Clay?
In arte, Muhammad Ali?
Brutto grassone, te la farò pagare per tutti i tuoi abbracci ammazza-bambini.
Gli rispondo «Sì» e zio mi consegna dei guantoni da boxe e invita i due ragazzi a farsi da parte e continuare il loro allenamento tirando pugni all'enorme sacco fino allo sfinimento.
Salgo sul ring alzando una fune rossa e rigida e per l'effetto diapason ci manca un pelo che finisco a gambe all'aria e a testa in giù contro il tappetto bianco vaniglia.
La marmotta del Parco Nazionale d'Abruzzo sono io!
Ora sono in piedi al centro del tappetto e con le gambe divaricate e un ghigno fra i denti, per incutere paura.
Fatevi sotto, a chi tocca?
«Scusi il ritardo, coach», strilla un ragazzo già con il caschetto rosso in testa.
Io sono di spalle e do cazzotti alle mosche che gironzolano nell'aria e mi abbasso piegandomi sulle ginocchia come un'anziana colpita da artrite reumatoide.
«Sempre in ritardo, eh?» lo rimprovera mio zio e dà un buffetto al ragazzo ritardatario su una spalla rocciosa.
«Vai a tirare qualche pugno con Marco e Andrea. Tanto in due minuti sistemo per le feste questa bella signorina», gli ordina. Un istante dopo, zio Fuffo si volta verso di me e mi sorride.
«Mi scusi, ho finito poco fa al lavoro...il tempo di venire qui», gli risponde il ragazzo rammaricato e con il fiatone in gola.
Zio Fuffo sta per salire sul ring, poi ci ripensa e caccia un urlo. «Thomas....Ehi, Thomas. Vuoi farti perdonare del ritardo?», e gli fa un cenno risoluto con la mano puntando il dito contro di me, «Combatti tu con mia nipote.»
Ciao!!
Ce la vedete Martina a combattere sul ring? io no 😂😂😂 per questo l'ho fatta salire...sì, poteve essere piu clemente con lei ma....quel Thomas, sara' lui o un Thomas qualsiasi?
Voi che dite? 😁
Io e zio Fuffo vi salutiamo con baci e soprattutto tanti tanti abbracci 😂
Baci🥤
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