Capitolo XXI

- Uhm... - mugugno, rigirandomi nel letto. Sentendo la mia sveglia farsi sempre più insistente.

Fastidiosa.

Al che, allungando il braccio per spegnerla, mi ritrovo a colpire qualcosa di assai morbido, invece del comodino su cui sta il mio cellulare.

Un qualcosa di particolarmente familiare che, per nulla contento del brusco risveglio, mi soffia contro. Dopo un miagolio di pura disapprovazione.

Che mi fa aprire gli occhi di colpo - Scusa, Ghrian! -

Miagola una seconda volta, gettandosi offeso giù dal materasso.

Il materasso del letto di Ethan.

Sul quale il ragazzo non c'è più, come il mio gatto.

- Ah, è vero. Me l'aveva detto che doveva andare in ufficio presto, oggi. - sbadiglio, decidendo di iniziare a prepararmi per il lavoro.

Da quella famosa sera della resa dei conti sono passati tre mesi e, ad oggi, le cose tra noi continuano a procedere per il meglio.

Spesso e volentieri, come ieri, si finisce col dormire assieme. A volte da me, altre... da lui.

Cosa che l'ha spinto, con mia sorpresa, a propormi di portare con me Ghrian in tali occasioni.

Per darmi modo non solo di fare meno giri prima di cominciare la giornata lavorativa, ma pure per farmi stare più tranquilla.

O almeno... questo è ciò che mi ha detto, la prima volta che se n'è uscito con la cosa. In realtà credo stia iniziando a legare col mio gatto molto più di quello che vuole dar a vedere.

Il che è reciproco, perché pure Ghrian si sta avvicinando a lui sempre più, anche se mi è capitato di vederlo fingere il contrario.

Nemmeno fosse una donna che vuole farsi desiderare.

Ad ogni modo, le loro scenette sono diventate per me parte del quotidiano. Un quotidiano che amo ogni giorno di più, come amo profondamente loro.

Pure quando fanno gli offesi come sta facendo ora il mio micio.

In un angolo della cucina a guardarmi con disappunto.

- Eddai, ti ho chiesto scusa. Non l'ho fatto di proposito. - sospiro - Che poi... non ti metti praticamente mai accanto a me, quasi sempre sui miei piedi. Che ne sapevo che stavi là? - miagola, senza muoversi di una virgola.

- Ho capito, mi perdonerai solo se ti do da mangiare le tue bustine preferite. - scuoto il capo, aprendo la mensola dove Ethan ha messo il cibo di Ghrian che tengo a casa sua.

- A voi, Altezza. - gli porgo la ciotola, ridendo del suo cambio d'umore. Che lo porta a farmi le fusa, l'attimo prima di sentire il cellulare squillare - Ethan? - rispondo sorpresa.

- Ciao, sei ancora da me, vero? -

- Sì, tutto ok? -

- Stamattina ero così di fretta che mi sono dimenticato il pranzo che mi hai preparato, sul tavolo. - sbuffa, mentre noto il sacchetto - Potresti metterlo in frigo? Me lo verrò a prendere a pausa pranzo. -

- Perché? Posso portartelo io durante la mia di pausa. Tu hai a malapena un'ora per mangiare. -

Durante la quale non è che smetta di lavorare.

Pertanto... temo finirebbe per ingozzarsi di corsa se finisse col venire lui a recuperare il pasto.

- Ma non dicevi d'aver l'inventario da fare, oggi? Per prepararti per i prossimi ordini? -

- E quindi? Mica avevo intenzione di farlo nel mio tempo libero. - rido - Non sono una stacanovista, al contrario di qualcun altro. Amo il mio lavoro, ma nella giusta maniera. -

- Oh? Che vorresti insinuare con ciò? Si dà il caso che, tale stacanovista, abbia trovato nuovi interessi oltre il lavoro. - ribatte, divertito.

- Ah, sì? Tipo? - mi preparo il mio solito tea mattutino.

- Tu. - risponde candidamente, facendomi quasi cadere di mano la tazza.

Portando il mio cuore a fare le capriole. Che ancora non riescono a ridimensionarsi, nemmeno dopo tutto questo tempo.

- Scemo... - mugugno, sentendomi il viso caldo quanto l'acqua in cui è immersa la bustina.

- Scommetto che sei diventata rossa come i tuoi capelli. - ridacchia, andando a segno - Comunque... se non è un disturbo mi faresti un favore a portarmi il pranzo. Vorrei sfruttare tutto il tempo utile possibile, prima dell'imminente processo. - sento in sottofondo un rumore di carte sfogliate. Che porta la sua attenzione altrove.

- Nessun problema, davvero. - sorrido, quasi vedendolo. Chino su una grande pila di scartoffie.

- Ok, grazie mille. Avviserò le guardie di farti passare. - entra sempre più in modalità lavoro - Katrina? - chiama, dopo un "bip".

- Sì, Vice Procuratore? - risponde una voce lontana.

- Aspetto una persona per pranzo, veda di farla passare. Il suo nome è Ayleen Jenkins. -

- Me lo segno. -

- Ottimo, grazie. - si sente un altro "bip", prima che Ethan torni a parlare con me - A posto. Allora, ci si vede dopo? -

- Sì. Prometto di non farti perdere tempo prezioso. - lo pungolo, pentendomi quasi subito della mia scelta.

- Oh, Ayleen... andiamo. - il suo tono cambia, mettendomi sull'attenti - Lo sai, è il tempo che passo con te ad essere davvero prezioso. - si schiarisce la voce - Ma per quanto caro, ho da fare adesso. A dopo, buon lavoro. - riattacca, ricevuto il mio rapido quanto imbarazzato saluto.

- Aaah, Ghrian! - mi accovaccio accanto a lui - Ethan è proprio scorretto, vero? - sento il mio viso in fiamme.

Non avrei dovuto punzecchiarlo.

Dopotutto... dovrei saperlo che ancora non sono al suo livello.

Ethan è un maestro quando si tratta di uscirsene con frasi spiazzanti, atte a scatenare in me questo tipo di reazioni, ma io...

Io sono ancora una frana, benché lui abbia più volte sostenuto il contrario. Dicendomi che nessun'altra persona, prima di me, era mai riuscita a smuoverlo tanto.

Cosa che conferma pure Carol, la madre, dal nostro primo incontro.

Sorpresa di vedere il figlio così a suo agio e tranquillo con una ragazza. Vista che l'ha resa così felice e serena da spingerla a confessare il segreto che nascondeva ai figli da un paio di mesi.

Perché, quel giorno, non fummo i soli a sfruttare la faccenda dell'arresto per ricevere meno pressioni.

Tale tattica l'adottò pure lei, rivelando a tutti noi della sua relazione.

Cominciata appunto qualche mese prima.

Notizia che emozionò Estelle, facendo invece quasi strozzare il fratello. Al quale andò di traverso l'acqua.

Sconvolto come pochi.

Perché non solo la sorella si era rivelata più forte delle sue più rosee aspettative, ma pure la madre aveva iniziato a muovere i primi passi per andare avanti.

Liberandolo di un altro dei pesanti pensieri che si portava sulle spalle.

Cosa che... ha accettato molto più di buon grado rispetto alla scoperta della relazione di Estelle, seppur non sufficientemente da lasciare in pace la madre.

Alla quale sta ancora domandando, con non poca insistenza, di fare la conoscenza di tale persona.

Usando il mio incontro "prematuro" con lei come giustificazione della sua fretta.

Senza successo, aggiungerei.

Perché, ad oggi, di quell'uomo ancora non sappiamo nulla.

Nemmeno il nome.

Scelta che ha spinto Ethan a chiedere a me di fare una divinazione ed a Jasper d'indagare sui movimenti della donna.

Richieste che... neanche a dirlo, sono state rifiutate da entrambi.

Portando pure Carol a rimproverare alla grande il figlio, dicendogli che comprende la sua preoccupazione, ma che è abbastanza grande da non farsi abbindolare una seconda volta dal primo bel tipo di passaggio, dispensatore di belle parole.

Pertanto... anche se non molto convinto, ora Ethan si limita "solo" a pressarla a suon di "Quando ce lo farai conoscere?" sostenuto dalla curiosa Estelle.

Ben più propositiva del fratello.

Giovane donna che credo abbia accettato così di buon grado la novità pure per tornaconto personale. Conscia di poter tirare un sospiro di sollievo, riguardo i rapporti tra Ethan e Mason, avendo il moro ora impegnato con la madre.

Lo stesso moro che, con ligia devozione al lavoro, temo non si sia reso conto dell'orario. Prossimo al pasto, che ho appena rimosso dal frigo per andare a consegnarglielo.

- Ghrian, vedi di sorvegliare la base in mia assenza, ok? - saluto il mio meraviglioso batuffolo di pelo nero, lasciandolo in negozio con cibo ed acqua. Per dirigermi dall'altro mio grande amore.

Trovandomi davanti all'edificio meno di quindici minuti dopo. Giusto qualche attimo prima dell'inizio di quella che dovrebbe essere la sua ora di pausa.

- Ayleen Jenkins. - leggono il mio nome sulla carta d'identità, controllando sul computer - Per il Vice Procuratore Lugainn. - mi lasciano passare, due omoni col cipiglio. Indicandomi a grandi linee la direzione da prendere.

Rispondendo a malapena al mio ringraziamento con annesso saluto.

- Non devono essere molto contenti di dover lavorare a quest'ora. - scuoto il capo, avviandomi lungo il grande corridoio.

Calpestato da persone palesemente di fretta, intente a camminare nervosamente in ogni dove.

Per sbrigarsi a lasciare il posto ed andare a pranzare.

Al contrario di Ethan, che sarà certamente ancora col naso immerso nel suo lavoro.

Ma ecco che... nemmeno il tempo di pensarlo che sento squillare il mio cellulare.

- Sì? - rispondo, senza leggere il nome sul display. Troppo occupata a non dimenticarmi le indicazioni ricevute.

- Sei già in zona? - domanda, con mia sorpresa, la voce di Ethan - Vuoi che venga direttamente fuori io? -

- Oh... veramente già mi hanno fatta entrare. - commento, contenta di poterlo vedere a breve - Piuttosto... dopo la prima svolta a destra dov'è che dovrei andare? Sono davanti a delle scale ora. - le fisso indecisa, cercando di riavvolgere il nastro mentale del bofonchiamento di quell'uomo.

- Di nuovo a destra, per poi salire le scale che troverai verso la fine del corridoio. Che ti porteranno diretta all'ingresso degli uffici del Procuratore. - spiega, in maniera nettamente più chiara.

- Ottimo. - annuisco tra me, proseguendo - Allora, a tra poco. -

- Ti aspetto. Vedi di non perderti. - ridacchia, salutandomi.

Poco prima del mio arrivo in segreteria. Quasi completamente vuota.

Con una donna seduta alla scrivania principale ed un uomo poco distante, intento a scrivere su un foglio ciò che gli stanno dicendo al telefono.

- Scu... - le parole mi muoiono in gola, vedendo lo sguardo di lei farsi più affilato - Dunque? - schiocca la lingua, zittendomi.

Colta alla sprovvista dalla brusca accoglienza.

- Ecco... io... - avanzo tentennante.

Non volevo disturbare.

L'idea era semplicemente quella di consegnare il pranzo ed andarmene, ma... temo d'aver dato ugualmente fastidio.

Il suo tono non era molto amichevole, anzi...

- Ha detto che sta troppo male. - la mia voce viene sovrastata da quella dell'uomo, poco più avanti alla mia sinistra - Questo pomeriggio andrà dal medico a farsi vedere e dare dei giorni. Per ora mi ha lasciato detto cosa fare coi casi che sta seguendo. -

- Quel dannato, sono sicura che è solo una delle sue solite scuse per non lavorare. - inizia a digitare freneticamente i tasti del PC, facendomi capire che... non ce l'aveva con me.

Stava solo domandando al collega della telefonata.

- Come non lo sapesse che già così siamo pieni di lavoro. - si lamenta - Ed ora? A chi dovremmo passare i suoi casi, finché non torna? - punta un dito contro l'altro, linciandolo con lo sguardo ancor prima che questo aprisse bocca - Non ci pensare nemmeno. Il Vice Procuratore Lugainn è già con l'acqua alla gola. -

- Chi, io? - appare d'improvviso Ethan, con la fronte corrucciata - Non più del solito, perché? Hackman è di nuovo in malattia? -

- Sì, Vice Procuratore. - sospira la donna.

- Mi sa che sono stato troppo tenero con lui, ultimamente. - mi lancia un'occhiata, facendomi un cenno - Riordinare tutto l'archivio non gli è bastato, a quanto pare. Forse, per il suo ritorno, potrei mandarlo ad aiutare quelli del deposito prove. Ci sono dei casi che vorrei riesaminare e, tale operato, potrebbe tornarmi comodo. - conclude con tono quasi divertito, voltandosi poi verso di me.

Portando l'attenzione degli altri due sulla mia figura.

- La signorina Jenkins, immagino. - la donna china il capo, cambiando atteggiamento - Le domando scusa, io... -

- Si figuri. - alzo le mani - Eravate occupati, non volevo disturbare. - guardo di sottecchi Ethan, non sapendo bene come approcciarmi a lui nel suo ambiente di lavoro.

- Ecco perché non ti vedevo arrivare. - è lui a prendere l'iniziativa, avanzando con nonchalance - Ma devi sapere che, in questo posto c'è sempre da fare. Perciò, se dovesse ricapitare, fatti avanti o finirai per stare ferma come uno stoccafisso per ore. - mi sorride.

Lasciando letteralmente di stucco i due colleghi. I quali immagino conoscano ben poco il suo volto sorridente, data la reazione.

Uhm...

Meglio andarmene in fretta.

Onestamente avrei gradito passare più tempo con lui, scoprendo pure qualcosa su come passa le sue giornate lavorative, ma...

Gli sguardi di questi due, in particolar modo quello della donna, mi stanno un po' mettendo sotto pressione.

Molto più di come mi sono sentita durante il primo incontro con Carol.

Che mai una volta m'ha guardata come sta facendo sto tipo, alla mia sinistra. Che pare quasi star ad ammirare qualche sorta di magica doma di un mostro sputa fuoco.

Per non parlare poi di quella che ha tutta l'aria d'essere la responsabile della segreteria... intenta a vivisezionarmi fin nel minimo dettaglio, con occhiate ancora più affilate di quella che ha rivolto prima al collega.

Ah... mi sa che... ora sì che sono io nel suo mirino. Anche se non ne comprendo il motivo.

Non sono venuta per far perdere tempo ad Ethan, semmai il contrario. Perciò...

- Ricevuto. - annuisco alla sua raccomandazione, alzando tra noi il sacchetto col suo pranzo - Tu vedi però di non esagerare, non fa bene pranzare di corsa. -

- Tranquilla, mi prenderò il mio tempo. Reggendo i documenti che mi sono arrivati poco fa con una mano e la forchetta con l'altra. -

- Ma... - sussulto, a tale risposta. Sospirando rassegnata il momento dopo - Cerca di non farti andare nulla di traverso, almeno. -

- Promesso. - posa una mano sul mio capo, facendo gelare sul posto la donna a pochi metri da noi - Mi spiace solo averti fatta venire fin qui senza aver nemmeno modo di pranzare assieme. Vorrei dirti che rimedierò stasera, ma a causa di Hackman... temo sarà impossibile finire prima delle venti. - sbuffa, per poi lanciare una strana occhiata dietro le mie spalle.

Notando, probabilmente, i due intenti a fissarci in religioso silenzio.

- Tranquillo. Fammi solo il favore di non strafare. - molleggio sul posto, pronta ad andare.

- Ci proverò. - rimette al suo posto una delle mie solite ciocche ballerine, sorridendomi in maniera assai dolce - Scrivimi quando arrivi in negozio. -

- Certo. - indietreggio, sentendo il viso scaldarsi. Conscia degli sguardi ancora più sconvolti puntati su di noi - Allora... buon appetito e buon lavoro. - saluto. Più tutti che Ethan soltanto.

Percependo quanto tale scena, compiutasi davanti loro, sia stata uno spettacolo assai inequivocabile.

Di una fidanzata che va a "trovare" il suo compagno a lavoro.

- Altrettanto. - ricambia lui, pacifico come pochi mentre volto le spalle ai tre.

Sentendo l'uomo, qualche istante dopo, rivolgersi con curiosità ad Ethan - La sua ragazza, Vice Procuratore? -

- Se hai tempo da perdere per farti gli affari miei, perché non vai a recuperare dall'ufficio di Hackman i casi da passarmi? - il tono del mio fidanzato si fa più professionale, prima della chiusura della porta dietro di me. Che m'impedisce di sentire il seguito della conversazione.

La quale, però, so essersi conclusa subito dopo. Grazie ad un Ethan tornato completamente in modalità lavoro.

Ben diverso da quello a cui oramai sono abituata, che si fa così serio solo durante le nostre lezioni.

Riprese dopo il chiarimento sulla nostra relazione.

Una delle quali si terrà questo pomeriggio, se Ethan riuscirà a terminare le beghe che Hackman gli ha lasciato standosene a casa durante gli ultimi quattro giorni.

- Se possibile vorrei arrivare attorno alle cinque e mezza, ma comunque vada... vedrò di avvisarti per tempo. - spiega, intento ad accompagnarmi in macchina al negozio. Dopo aver lasciato la mia dal meccanico, per un controllo.

- Tranquillo, come ti ho detto più volte... puoi domandarmi spiegazioni in qualunque momento, non per forza solo durante il mio orario di lavoro. - ridacchio - In fondo... prima non ti facevi tutti questi problemi, anzi. -

- Prima era diverso. - svolta a sinistra, a qualche minuto dall'arrivo.

- Diverso come? - lo sbircio curiosa - Usavi la tua sete di sapere per avere una scusa per sentirmi? - la macchina si ferma, davanti al mio negozio.

Portando Ethan a chinarsi su di me, con un sorrisetto assai furbo. Il quale, però, gli scompare in un attimo.

Diventando una strana smorfia piena di... nervoso, rivolta a qualcosa o qualcuno fuori dal finestrino.

Ed è lì che, seguendo il suo sguardo, la vedo.

Un'enorme scritta dipinta sulla vetrina del mio amato negozietto.

La quale vista fa tuonare la voce ora rabbiosa del mio ragazzo - Che stracazzo è sta roba?! -

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