Capitolo XV

"Per questo, l'unica è che tu gli faccia un'imboscata a casa sua." la frase di Estelle mi si ripete come un disco rotto in testa.

Mentre me ne sto a girare come una trottola per la cucina di Ethan.

Del suo appartamento.

Nel quale sono.

Per davvero!!

Come la ragazza sia riuscita a convincermi ancora è un mistero, ma la mia presenza qua è decisamente reale quanto tangibile.

Dopo aver ricevuto la chiave di casa del moro, sono stata accompagnata dalla sorella fino a destinazione.

Per tutto il tragitto non ho fatto altro che ripetere quanto la cosa mi paresse una pessima idea.

Eppure... alla fine l'ho comunque fatto.

Sono entrata.

Piazzandomi in cucina, per preparare un dolce. In maniera talmente abusiva che... ancora non ho cominciato.

Estelle mi ha raccontato che, fin da quando Ethan era bambino, la madre preparava dei dolci. Ogni volta che qualcosa andava storto ai figli.

Un brutto voto.

Una lite coi compagni.

Una zuffa tra loro.

Ogni occasione negativa era buona per cucinare, perché...

"È quando c'è il brutto che serve addolcire la giornata." era la sua tipica risposta, che porta avanti tutt'ora.

Pur considerando che il figlio non vive più con lei.

Ciò non l'ha fermata e, quando può e sa, passa per casa di Ethan a cucinargli qualcosa di dolce.

Dopo un caso difficile.

Un processo perso o semplicemente quando lo vede troppo imbronciato.

Per questo... Estelle mi ha proposto di partire da ciò. Dalla cucina.

Il che non sarebbe così male, se non fosse che mi sento dannatamente a disagio. Di minuto in minuto sempre più.

Quello che volevo io era di piazzarmi davanti alla porta di Ethan, nella speranza di cominciare in tal modo il nostro incontro.

In maniera molto più normale quanto legale, ma Estelle si è fermamente opposta.

Convinta fin nel midollo che questa sia la migliore opzione, per impedirgli di scappare nuovamente o di chiudermi fuori casa senza nemmeno farmi dire "A".

E solo il cielo sa quanto spero che abbia ragione...

Perché i tentativi della giovane di placare il mio nervoso non sono serviti a molto.

In fondo... che significa "Lo avviserò, tranquilla. Anche se non gli dirò che ti ho fatta entrare in casa."?

O lo avvisi o no.

Che compromesso può esserci nel mezzo?

Qualche messaggio dall'enigmatica interpretazione?

A quanto pare è nello stile dei due fratelli, ma ciò rischia solo di innervosirlo di più.

Ah... più ci penso più viene voglia a me di scappare, ma... non posso.

In tutta questa follia solo una cosa ha senso. Una soltanto mi ha spinta ad andare contro il buonsenso.

La consapevolezza che Ethan ha bisogno di qualcuno accanto in questo momento.

Anche se è convinto del contrario.

E non un qualcuno qualunque, ma... proprio me.

Molti potrebbero dire che la mia è boria, che mi sto autoproclamando paladina della situazione, ma la verità è che sono solo una codarda.

Una persona che, pur conscia di ciò che stava crescendo tra noi, ha preferito concentrarsi su altro.

Posso raccontarmela quanto voglio.

Ripetermi fino allo sfinimento che ho scelto di occuparmi più del suo io interiore, piuttosto dei nostri sentimenti, per non sovraccaricarlo di cose.

La realtà è che ero io quella non ancora pronta a prendersi carico di emozioni tanto forti.

Pure più di lui.

Per tutta la vita mi sono lasciata guidare dal mio istinto, dalle mie predizioni, ma proprio quando più ne avevo bisogno... mi sono trovata abbandonata da essi.

O meglio... da me stessa.

Perché l'unico e solo blocco loro ero io.

Timorosa d'accettare ciò che mi era stato evidente fin dal primo momento che me lo sono trovata davanti.

Ovvero che Ethan è il mio predestinato.

L'altra metà della mia mela.

La mia anima gemella.

La persona che il cosmo aveva in serbo per me, per farmi vivere una vita piena, felice e col giusto sostegno accanto.

Ed io, invece di fidarmi come quasi sempre fatto, mi sono tenuta indietro.

Lasciandomi andare ad insicurezze che nulla hanno a che fare con la fiducia che provo nei confronti delle mie capacità.

Insicurezze mie che non hanno affatto aiutato Ethan, anzi.

È facile siano loro parte del problema.

Per questo, anche se ritengo ancora questa un'effrazione di domicilio...

Sono pronta ad aver a che fare col ragazzo a testa alta.

Lo affronterò come si deve.

Con tutta l'onestà di cui dispongo e con la fermezza che servirà a fargli ascoltare ciò che non vuole sentire.

Perché non è un caso se si è trovato di fronte al padre, con Estelle.

Quello, era il modo del mondo per dirgli che è giunto il momento di aprire la scatola che aveva segregato nell'angolo più buio del suo cuore.

Per fargli scoprire che sua sorella non è più la bambina che credeva in un padre Re di un regno lontano.

Quella bambina si è fatta grande e forte, grazie anche a tutto l'amore che ha ricevuto dal suo protettivo fratello.

Ed ora... dall'alto di ciò che lui le ha donato, è pronta a ricambiare. A liberarlo di almeno uno dei pesi che porta sulle spalle da una vita.

Tramite me e... questo dolce, nel quale ho infuso tutto il mio coraggio ed amore.

Affinché possa aiutare me quanto Ethan a trovare la via per uscire dalla spirale nera nella quale il ragazzo si è infossato.

Lo stesso che, con tono sbuffante, sta entrando ora in casa.

- Mamma? - chiama, all'ingresso. Tratto in inganno dal profumo che aleggia nell'aria - Estelle? - rilancia, non sentendo risposta.

Mentre il mio cuore pare volermi esplodere in petto.

Se fino ad un attimo fa mi sentivo convinta... ora che sento la sua voce...

Altro non provo se non una fifa nera.

- Estelle sei tu? È questo che volevi dirmi con quello strano messaggio di prima? - i suoi passi, come la sua voce, si fanno sempre più vicini.

Ah... Ayleen, basta tergiversare.

- Estelle? - ripete nuovamente, mentre mi lascio andare ad un respiro a pieni polmoni. Nella speranza d'inspirare il coraggio che è volato via da me.

- N-Non proprio... - rispondo, con voce tremante - S-Sono... Ayleen. -

Cala il silenzio.

Un silenzio quasi spettrale, carico di una tensione senza pari.

Per un istante che mi sembra eterno, prima di sentire i suoi passi farsi più pesanti e veloci.

I quali lo portano di fronte a me l'attimo dopo, con un'espressione degna di un quadro di Picasso.

- Tu cosa...? Come sei...? Estelle. - scuote il capo - Perché? Sei forse impazzita? - la sua postura si irrigidisce, mentre lo stupore lascia il posto alla razionalità - Lo sai che questa è effrazione di domicilio, vero? Anche se è stata mia sorella a darti le chiavi. Lei non ha alcun diritto legale di far entrare in casa mia terzi. -

Il suo sguardo vuoto mi trapassa da parte a parte.

Gelandomi fin nelle ossa.

Quanto si è richiuso in così poco tempo...

Estelle aveva ragione ad intestardirsi tanto.

Stupida io ad aver tergiversato fino ad ora.

- Lo so. Come sono pienamente convinta d'aver fatto un gesto che si può definire ben più che azzardato ed audace. Direi tranquillamente... folle. - poso i guanti da forno al loro posto, tentando di risultare molto più calma di come mi sento in effettivo.

- Almeno ne sei consapevole. - percepisco il suo sguardo, esaminare ogni mio singolo movimento - Solo una pazza accetterebbe di entrare a casa di un altro per... fare un dolce? Perché poi? -

- È quando c'è il brutto che serve addolcire la giornata, no? - mi volto verso di lui, abbozzando un sorriso.

- Estelle, dovevo arrivarci da me. - la sua espressione non muta di una virgola, come si fosse paralizzata su un'impassibilità glaciale quanto perenne - Mia sorella ama impicciarsi dove non dovrebbe. -

- Non parlare così, è solo preoccupata per te. - resto dalla mia parte del bancone, per non invadere il suo spazio più di come già fatto.

Qui mi sa che mi dovrò avvicinare a lui quasi come se avessi di fronte un randagio.

- Preoccupata per me? Perché? Non mi sembra di aver fatto nulla che potesse darle pensiero. Semmai è lei quella che... - si zittisce - Ma tornando a noi, credo sia il momento che tu vada. So che non sei tipo da introdurti in casa d'altri con cattive intenzioni, ma resta che sei entrata qui senza il mio permesso. Ed il fatto che tu abbia cucinato per me non mi spingerà a concederti del tempo, per qualunque sia il motivo per cui sei venuta. -

- Me ne andrò, tranquillo. - serro le mani sul bordo del bancone, fino a far sbiancare le nocche - Non prima però di dirti ciò per cui sono venuta. -

- Non ci senti? - avanza verso di me - Devi andare via adesso. -

- Perché? - il suo sguardo freddo limita la formulazione di un contrattacco migliore.

In grado però, sorprendentemente, d'ottenere una nuova reazione.

Un più che fugace bagliore, misto ad un quasi impercettibile principio di sorriso.

- Perché è casa mia. -

- Hai ragione. - annuisco, arretrando d'un passo - Ma devo parlarti. -

- Il che è affar tuo. -

- È importante. - finisco contro il lavabo della cucina, con Ethan ad un passo da me.

Con gli occhi nei miei.

I quali, però, non mi stanno guardando davvero.

Come stessero cercando di considerarmi consistente quanto l'aria.

- Per chi? Per te, Estelle o me? - mi blocca sul posto, creando una sorta di gabbia con le sue braccia.

- Per tutti e tre. - sento il calore del suo corpo sul mio, anche se non mi sta toccando.

- Non dovrei decidere io cos'è importante per me? -

- Estelle lo è, per te, no? - m'impongo di non cedere alla sua vicinanza.

- Vuoi forse usare la carta del "Se è importante per tua sorella deve esserlo anche per te"? Un po' banale da parte tua. - ribatte, con un tono che non gli sentivo usare dal giorno in cui ci siamo conosciuti.

Che finisce con l'irritarmi allo stesso modo di quella volta.

- No, volevo dire che devo parlarti di Estelle. - mi raddrizzo, pur conscia di finire così col volto ancora più vicino a quello del ragazzo.

- Le ho già detto quello che doveva sapere. Il fatto che abbia mandato te nella speranza di ottenere altre informazioni... non porterà a nulla. - i nostri nasi quasi si sfiorano - Averti qui di fronte a me non mi farà cedere. So quali sono i miei capi saldi e d'ora in poi non li metterò mai più in discussione. -

- E quali sarebbero questi capi saldi di cui parli? Perché quello che vedo davanti a me è tutto fuorché un uomo sicuro. - lo afferro per la cravatta, sempre più indispettita.

Arrabbiata.

Non con lui, ma con l'uomo che l'ha fatto diventare così.

Che l'ha ferito al punto da fargli credere che questa è la sola via giusta.

- Tu parli di sicurezza? - poggia una mano sulla mia, stretta sulla stoffa - Nemmeno riesci ad impedire al tuo corpo di tremare come una foglia dalla paura. -

- Questa non è paura. - la sorprendente gentilezza del suo tocco mi coglie di sorpresa, per un attimo di troppo.

Che gli dà modo di cingermi la vita con un braccio.

- Male, perché dovresti averne. - mi sibila all'orecchio, scatenando un brivido che mi scende giù per tutta la colonna vertebrale.

Un brivido che, con la paura, non ha nulla a che fare.

- Ethan ti conosco abbastanza da sapere che la tua è solo una farsa, per farmi scappare via da te. - poggio la fronte sul suo petto, facendolo sussultare.

- È questo il punto! - scatta d'improvviso, afferrandomi per le spalle per allontanarmi. Negli occhi un mare in tempesta - Tu credi di conoscermi, ma non è così. -

- Allora com'è che posso dire che, questa, è la prima volta in tutta la sera che mi guardi veramente negli occhi? - stavolta sono le sue mani a tremare.

Che stringe con più fermezza sulle mie spalle, senza però risultare brusco o violento.

- Ayleen stai tirando troppo la corda. Sono stato sufficientemente paziente, è il momento che tu vada prima di pentirtene. -

- Se me ne andassi ora finirei per pentirmene, per il resto della mia vita. - sostengo il suo sguardo, sempre più incerto.

- Ti rendi conto d'essere sola dentro la casa di un uomo? -

- Prima ero sola dentro casa tua, ora ci sei tu con me. -

- Non sei divertente. Stai scherzando col fuoco. - tenta invano di sembrare minaccioso.

Mentre ciò che vedo non è altro che un giovane spaventato.

Terrorizzato all'idea di socchiudere nuovamente la porta del suo cuore, che oramai non è più blindata com'era prima di conoscerci.

Che mi porta a realizzare che con lui non è più il caso di usare i piedi di piombo.

Perché qui, ora come ora, urge una svegliata.

Che sia consapevole di volerla o meno.

Forse ciò sarà un po' come una terapia d'urto al contrario di come mi sono comportata fin'ora, ma... se la mia presenza lo agita così tanto c'è solo una spiegazione.

Ovvero che ha compreso a pieno cosa potrei essere per lui, se solo mi lasciasse avvicinarmi di più.

E questa consapevolezza porta con sé anche un altro punto importante.

La certezza che Ethan sta ancora progredendo anche se, in mezzo alla paura, sta provando a tornare disperatamente al punto di partenza.

Incapace di vedere che oramai ha la giusta forza per aprirsi davvero al mondo.

- Guarda che lo so che stai solo cercando di intimidirmi. Tutto perché, vedere quell'uomo con Estelle, ti ha fatto sentire di nuovo come stavi da bambino. A vedere tua madre soffrire senza aver modo di porre rimedio alla cosa. - allungo le mani, per afferrare il suo viso. Che sussulta al mio tocco, senza però tirarsi indietro - Ma Ethan... da allora è passato tanto tempo. Sei cresciuto, maturato. Sei diventato una persona buona, protettiva e fidata. La quale, però, non è in grado di vedere che non è la sola ad essere cresciuta negli anni. Apri gli occhi Ethan, perché prima del cuore è loro che devi aprire. Estelle avrà sempre bisogno di suo fratello, ma questo non fa di lei una persona debole. Anzi. Avendo te e tua madre come esempi... è cresciuta diventando una meravigliosa e forte giovane donna. Capace di sopportare il peso della verità. -

- Questo è quello che credi tu. - ringhia, levando le mia mani da sé - Se solo sapesse davvero ciò che è stato... il suo sorriso, che tanto ti mette allegria, non sarebbe più lo stesso. - mi dà le spalle.

- Ne sei sicuro? - poso il palmo sulla sua schiena, curva. Carica di un peso che è tempo di lasciar andare.

- Tu non hai idea di quanti sogni e speranze si celano dentro mia sorella, anche dopo tutti i miei tentativi di farle capire che solo nostra madre è ciò che conta. -

- Ethan... - gli giro attorno, con un sospiro. Per guardarlo in quegli occhi azzurro dorati pieni di preoccupazione inutile - Lo sa che l'unica sua famiglia siete voi due, più Jasper. -

- Certo che lo sa, ma credi forse che questo l'abbia fatta smettere di sperare di riunirsi anche al padre, un giorno? - scuote il capo, con amarezza.

Dandomi il giusto aggancio per confessare.

Una volta per tutte.

- E se ti dicessi che tale ricongiungimento c'è già stato e non l'ha sconvolta come hai sempre temuto? -

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