Capitolo VI

- Ayleen!! - è la voce di Ethan a chiamarmi, per la prima volta col mio nome.

Sovrastata subito dopo dall'urlo della madre del bambino, che si avvicina di corsa - Stai bene? State bene? - si inginocchia accanto a noi, tremante.

- Sì, tutto bene. Si è solo spaventato. - lascio la presa sul bimbo piangente, che si getta tra le braccia della sua mamma iniziando ad urlare ancora di più.

- Santo cielo... - una folla sempre più grande si accalca attorno a tutti noi, mentre la donna stringe il suo bambino. Guardando lui, poi me ed in fine... la macchina dal muso sfasciato - Se lei non... mio figlio... - il suo volto si sbianca ancora di più.

- Qualcuno chiami un'ambulanza! - tuona una voce a me familiare, al mio fianco. L'attimo prima di notare il proprietario chinarsi su di me - Stai bene Ayleen? Riesci ad alzarti? - domanda Ethan tendendomi una mano, ma puntando lo sguardo verso la macchina.

- Sì sto bene. Vada a controllare... - nemmeno termino la frase che lo vedo avvicinarsi all'auto.

E mentre il mio cervello rielabora le sue domande, poste non solo in tono più confidenziale, ma pure con l'utilizzo del mio nome... dalla vettura vediamo uscire un uomo.

- Signore dovrebbe... - il moro si zittisce, vedendo l'altro alzare lo sguardo su di lui. Per poi scoppiare a ridere.

- Shanti numi, che cashino! - sbiascica le parole, barcollando - Mi toccherà com...comprarne una nuova. -

- Signore, stava guidando ubriaco? - Ethan serra i pugni lungo i fianchi, fissandolo con sguardo assassino.

Pronto a saltargli al collo.

- Shhh, non lo dica a mia moglie! - ride l'altro, facendo alzare tra la folla i mormorii.

- Sua moglie è l'ultimo dei suoi problemi. - lo afferra per un polso, prendendo il cellulare con l'altra mano - Questa sua sconsiderarezza poteva provocare ben più di semplici danni ad un'auto. - cerca qualcosa sul suo telefono.

Mentre l'uomo comincia a ringhiare, facendosi più rabbioso a causa dell'atteggiamento del giovane.

- Lashiami ragazzino! Che importa ciò che poteva esshere? - si divincola inutilmente - A rimetterci è shtata sholo la mia macchina! -

- Dovrebbe saperlo che è reato mettersi al volante ubriachi. - serra la presa sul suo polso, facendolo piegare con una smorfia di dolore.

- Mi stai facendo male! - ciò sembra renderlo più lucido, visto come sta iniziando a parlare meglio - Non ho bevuto poi così tanto. Non sono nemmeno brillo! -

- Lo vedremo. - continua a tenerlo stretto, mentre si porta il cellulare all'orecchio - Jasper? Ho bisogno che tu mi raggiunga. È urgente. - e dopo qualche altra frase a tale Jasper... impone all'uomo di mettersi seduto. In attesa dei soccorsi quanto della polizia.

Portando il signore, sulla sessantina, a decidere di assecondare il ragazzo con la metà dei suoi anni. Conscio di rischiare più delle ossa del polso, a disobbedirgli.

Al che, gli occhi azzurri di Ethan si posano di nuovo su di me. Ancora seduta a terra.

- Tutto ok? - mi domanda, con sguardo duro. Il quale però è causato dal nervoso provocatogli dalla faccenda.

- Sì, scusi. - mi spazzolo lo gonna, prima di rimettermi in piedi meno facilmente del previsto. Sentendo una fitta alla caviglia destra, che ignoro come possibile - Ero così sconvolta dal tutto da restarmene ferma dov'ero. -

- Sconvolta, eh? - i suoi occhi si fanno più indagatori, evitando però di addentrarsi nel discorso. Iniziando a rivolgersi alla folla, dando una serie di direttive.

Allontanando i curiosi, tenendo vicini i testimoni, domandando a me ed alla madre col bambino di sederci sulla panchina, dov'eravamo io e lui fino a poco prima...

Fino a quando non arriva l'ambulanza, seguita successivamente da una macchina scura.

Dalla quale esce un ragazzo più o meno della nostra età, dai capelli castani. Che subito si fionda verso Ethan.

- Si può sapere che è successo? - gli domanda, agitato.

- Sei venuto da solo? -

- Sì, ma a momenti dovrebbe essere qui una volante di pattuglia. - si guarda attorno - Ora però vuoi rispondermi? -

- È successo che quest'uomo ha trovato una buona idea quella di mettersi al volante bevuto come una spugna. - ringhia, spiegando poi nel dettaglio tutta la vicenda, che successivamente si trova a ripetere agli altri agenti.

Con l'aggiunta delle testimonianze mie, della donna e di alcuni soggetti che Ethan aveva fatto rimanere in zona.

- Bene. - ci si avvicina uno dei paramedici - Dopo una prima visita non pare aver riportato alcun danno, ma per sicurezza lo portiamo a fare qualche ulteriore controllo in ospedale. - spiega ad Ethan ed a quello che ora so essere un detective - Se preferite, uno degli agenti in servizio, può venire con noi. Per tenerlo d'occhio e, successivamente, interrogarlo. -

- Certo che lo preferiamo. - ringhiano in perfetta sincronia.

Con un'aggiunta di Ethan - Prima però potrebbe controllare la caviglia di quella ragazza? - mi indica, seduta ancora al mio posto. In sua attesa - Si è fatta male proteggendo il bambino. -

- Che? Sul serio? - scatta il castano - Da cosa l'hai capito? - guarda entrambi sorpreso.

- Essendo tu un detective dovresti far più attenzione a certi dettagli. -

- Non è questione di dover fare più attenzione o meno. - mi alzo, mostrando la miglior faccia da poker possibile - Non se n'è reso conto perché non ho nulla. - sorrido a tutti e tre.

Soprattutto all'uomo intento ad avvicinarsi a me per controllarmi.

- Non è vero. Stai solo cercando di fare la dura, anche se ciò non ha senso. - Ethan continua a rivolgersi a me col tu - Ora siediti e lasciati medicare. -

- Il bue che dice cornuto all'asino. - Jasper fissa il moro con fare sconcertato - Solo ieri sei stato tu a comportarti così. -

- Ma sta un po' zitto. - sbuffa - Non dovevo chiamare te, lo sapevo. - mi si avvicina, assieme al paramedico - Per cortesia, siediti. - ripete.

Eseguo, sentendomi abbastanza sotto pressione.

Molto più ora di quando mi dava del lei.

Insomma... perché questo aumento di livello di confidenza improvviso?

La cosa mi destabilizza.

Non so come affrontarla.

O come reagire.

So solo che... il suo tono mi manda ai matti. O meglio, manda il mio cuore in tilt.

- Ecco fatto. - conclude in fine il paramedico, dopo attimi interminabili - Non hai nulla di che. Solo una piccola storta, che ti ho fasciato per ridurre movimenti strani. Ti consiglierei quindi di tornare a casa subito, se possibile, e limitare i giri in questi giorni. -

- Va bene, la ringrazio. - annuisco, vedendolo poi andarsene con l'ubriaco, l'ambulanza e i poliziotti.

Cosa che mi porta così a rimanere sola con i due giovani uomini.

- Il carro attrezzi non è ancora arrivato. - è Ethan a rompere lo strano silenzio.

- Il che significa che dovrò stare qui ad aspettarlo, ora che se ne sono andati gli altri agenti. - sospira il castano - Ed era il mio giorno libero, oggi... -

- Mica l'ho fatto di proposito a finire in mezzo a sta faccenda, sai? - ribatte l'altro, facendomi irrigidire.

Chi davvero si è buttata in mezzo alla cosa sono stata io.

- Lo so, non ti stavo dando la colpa. Anzi, sono contento tu mi abbia chiamato. - gli dà una leggera spinta, sorridendogli - È raro tu ti appoggi ad altri, pure a chi ti è amico. -

- Non potevo arrestarlo o prenderlo in custodia da me. Sono un avvocato della procura non un agente. Al massimo posso richiedere un'ordinanza d'arresto. -

- Ed io che pensavo mi avessi chiamato perché di me ti fidi... - mugugna l'altro, mostrandomi un nuovo lato di Ethan.

Inaspettato.

Quasi scherzoso con qualcuno che ora ho inteso essere un suo caro amico.

Quando credevo nemmeno avesse degli amici.

Il che, probabilmente, deve leggermisi in volto perché...

- Che c'è? Ho qualcosa in faccia? - il moro mi guarda storto.

- No, affatto. - scuoto il capo, cercando di dissimulare.

Notando solo in quel momento una cosa.

A terra.

I resti, calpestati, del mio povero waffle. Quello che stavo finendo, quando ho avuto la visione.

Sacrificato volentieri per la salvezza di quel bambino, ma la cui vista un po' mi dispiace considerando che non mi piace sprecare il cibo.

- Sicura di non aver pure battuto la testa, quando ti sei lanciata sul bambino? Sembri un po' a scoppio ritardato. -

- A scoppio...! - scatto - Che scortese! Stavo solo riflettendo su una cosa. - lo fisso infastidita.

Vedendo subito dopo Jasper tirargli una manata sulla schiena - Ethan, ma ti pare il modo di rivolgerti ad una ragazza? - lo rimprovera - Tanto più una che si è gettata nel pericolo per proteggere un bambino. -

Si volta poi verso di me - Scusalo, non sa interagire bene con le persone. Ma non prendertela a male, è un bravo ragazzo anche se è difficile notarlo da certe sue uscite. -

- Fa sempre così? - domando, curiosa di saperne di più da qualcuno che lo conosce.

- Sì, ahimé. È un po' contorto, ma... è una delle persone migliori che ho il piacere di definire mio amico. - sorride con fare orgoglioso.

Il che m'intenerisce.

Jasper deve tenere davvero molto a lui e da come Ethan lo guarda, la cosa è reciproca.

Chissà se il castano conosce il passato dell'amico, perché... l'idea che Ethan si stia tenendo tutto ciò dentro, solo ed unicamente per sé, mi preoccupa.

- Dimmi, hai per caso bevuto pure tu, prima di venire qua? - scuote il capo il moro, incapace di accettare certi complimenti.

- Visto? - lo ignora l'altro ridendo, voltato verso di me.

- Ma piantala. - gli restituisce la pacca di prima, sfoderando un sorriso che ancora non gli avevo mai visto fare.

Giocoso.

Spensierato.

- Piuttosto perché non provi a telefonare al carro attrezzi? Ci sta mettendo davvero molto. - aggiunge, spingendolo ad allontanarsi un po'. Per eseguire la chiamata.

- Siete amici da molto? - domando ad Ethan, fissando il ragazzo di schiena, col cellulare all'orecchio.

- Ti interessa? - la strana richiesta mi fa scattare a guardare il moro.

- Eh? Perché dovrebbe? Ero solo curiosa riguardo... - mi blocco, notando lo sguardo confuso di Ethan - Mi stava chiedendo se ero interessata al vostro passato, vero? - percepisco il mio volto tingersi di rosso acceso.

- Sorprendente. Sei diventata dello stesso colore dei tuoi capelli. - si porta una mano alla bocca, per reprimere una risata.

Cosa che mi lascia di sasso per un momento di troppo.

- Ma... è così divertente prendermi in giro e punzecchiarmi? Praticamente non hai fatto altro da quando ci siamo incontrati la prima volta! - lo fisso mettendo il broncio, quanto piena di imbarazzo.

Se solo non avessi frainteso...

- Oh, vedo che siamo passati al tu, finalmente. - ghigna, facendomi mancare un battito.

- Finalmente? - distolgo lo sguardo.

- Dopo i nostri trascorsi era strano continuare a parlarci con toni tanto distaccati. -

- E dire che pensavo preferissi fare il distaccato, con quasi tutti e tutto. - lo sbircio, con la coda dell'occhio.

- Bah, come fanno tutti... dipende dalla situazione. -

- Quindi cos'è che ti ha spinto a fare quel passo in più verso la ciarlatana che ha irretito tua sorella? Il suo essersi buttata in mezzo al pericolo? E se tutto quello che ho fatto fin'ora lo avessi messo in atto solo per guadagnarmi il tuo favore? Farebbe comodo a chiunque avere dalla sua un Vice Procuratore. - la mia bocca si muove da sola, sparando una raffica di boiate senza senso. Uscite dalle mie labbra a causa di una sorta di assurdo nervoso.

Infastidita da qualcosa che nemmeno io so identificare.

- Fosse così saresti un'attrice invidiabile. - mi tende una mano, sorprendendomi - Ma come detto prima... il tuo stile di vita votato ad aiutare il prossimo è per me oramai molto chiaro. Da prima che tu ti buttassi a salvare quel bambino. -

Accetto la sua mano, lasciando che mi aiuti ad alzarmi.

Sentendomi decisamente meno tesa e nervosa.

Forse era questo...

Volevo sentirgli dire parole del genere.

Sapere che mi considerava una brava persona da prima.

Indipendentemente da quel mio gesto, che molti al mio posto avrebbero fatto.

- Eh, parlando di sta cosa... - s'immette Jasper, facendomi irrigidire. Sbucando da dietro la spalla di Ethan - Com'è possibile che uno coi tuoi riflessi sia stato battuto sul tempo da questa ragazza? - domanda, dandomi modo d'intendere che ha sentito solo l'ultima frase.

- Teletrasporto, immagino. - lo schernisce il moro.

- Capisco che essere stato preceduto da altri sia stato un bel colpo per il tuo ego, ma ti facevo più maturo di così. - scuote il capo l'altro, rilanciando indietro la palla molto più forte.

- Questa non era male, te lo concedo. - ghigna Ethan, voltandosi poi verso di me - È un problema per te se glielo dico? -

- No, fa pure. - acconsento.

- Dirmi cosa? - ci fissa storto Jasper - E perché ho la sensazione che vi conosciate da prima di questo incidente? -

- Perché è così, Sherlock. - sospira il moro, indicandomi con una mano. Come a volermi ripresentare - Lei è la strega di cui ti ho accennato ieri. -

Ieri?

La rivelazione mi sorprende non poco.

Sono stata argomento di conversazione tra i due? Che cosa curiosa.

Immagino che il discorso sia venuto fuori a causa dell'incidente in tribunale, ma non mi aspettavo che mi nominasse. Tanto era ancora sulle sue, già durante la nostra discussione.

Ma prima che possa chiedere spiegazioni, vedo il castano andare in tilt.

- La strega? -

- Sì. -

- Di cui mi hai parlato ieri? -

- Precisamente. -

- Quella che aveva a che fare con tua sorella? -

- Esatto. -

- Quella che svolge uno dei lavori a cui tu meno credi e più detesti, ritenendoli solo un modo subdolo di spillare soldi alla gente ingenua? -

Ethan si zittisce.

Conscio di non poter negare o confermare del tutto la domanda.

- Ed è proprio con tale persona che ti stai comportando in maniera tanto gentile? -

- Cos'è questo? Un interrogatorio? È per rimediare al fatto che non ti eri minimamente reso conto che ci conoscevamo già? - contrattacca il moro.

- Fai sempre così quando non vuoi rispondere a qualcosa che ti è scomodo. Rilanci con altre domande e elusioni varie, ma non mi lascerò distrarre stavolta. - gli punta contro un dito.

Voltandosi poi verso di me, per tendermi una mano con un dolce sorriso stampato in volto - Il mio nome è Jasper Burrel, piacere. - il suo sguardo si fa più divertito - Non è che sai dirmi perché il mio amico sta cercando di evitare le mie domande? -

L'espressione di Ethan muta.

Facendosi più irritata.

Conscio d'essere stato bypassato di brutto.

- Questo... non è affatto leale. -

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