Capitolo III
- E sia. Facciamo questa cosa. - mi fissa, con un mezzo sorriso stampato in volto - In fondo non sarà un vero spreco di denaro, se avrò modo di far comprendere a mia sorella quanto sono inutili questo genere di negozi. -
- È davvero sicuro della sua decisione? - non mi lascio intimorire, alzandomi dal tavolo.
Per andare a ripetere il rito fatto in precedenza, che eseguo sempre dopo una lettura.
- Perché questa domanda? Vuole battere in ritirata? - sento il suo sguardo su di me.
- Al contrario. - mi volto - Ad essere onesta sono arrivata quasi al mio limite di sopportazione, riguardo il suo scetticismo. O meglio, a causa della sua lingua tagliente. Da persona educata, quale sono, ho evitato di ribattere alle sue provocazioni, ma ammetto che dimostrarle quanto sbaglia mi piace molto come prospettiva. Ma... più importante di ciò c'è il voto che ho fatto a me stessa. -
- Che sarebbe? - è pronto a sentirsi rifilare qualche tipo di paraculata.
Probabilmente qualcosa come "Non faccio letture ai non credenti, per evitare visioni distorte ed imprecise".
Il che non sarebbe un discorso sbagliato, se dovessi prevedere il suo futuro.
In tal caso, l'energia negativa che gli aleggia attorno, finirebbe sicuramente per influenzare le carte e, di conseguenza, la mia divinazione.
Ma essendo che dobbiamo sbirciare nel suo passato... al massimo troverò difficoltoso vedere con chiarezza i ricordi per lui più dolorosi.
Essendo che mi sta chiedendo tutto ciò per sfida, non per ottenere un riscontro positivo per il suo futuro.
Il che è il vero motivo del mio, di scetticismo.
Bisogna essere pronti emotivamente all'apertura di certe porte e lui... sembra semmai uno di quelli che, anche se ricordano tutto, tendono a nascondere il brutto sotto al "tappeto".
Consci del fatto che nulla scompare, ma altrettanto intenzionati a non parlarne.
C'è.
Sai che c'è, ma guai a farne parola.
- Allora? - mi fissa, accigliandosi - Sta prendendo tempo per cercare di formulare una scusa credibile? -
- No. - sospiro, chiudendo le finestre e mettendo da parte gli ultimi rimasugli di salvia fumante - Quello che volevo dire è che il mio lavoro consiste nell'aiutare le persone. Ed avendo avuto spesso a che fare con divinazioni legate al passato, so quanto esse possano nascondere insidie, per il richiedente. -
- E con ciò? -
- È davvero pronto a sentire ciò che dirò? - mi siedo, porgendogli il mio mazzo.
Preoccupata sinceramente per lui.
- Anche mettendo l'impossibile eventualità che lei non sia una ciarlatana... si tratta del mio passato, no? Perciò, nulla che io non conosca già. Nulla per cui potrei non essere pronto. - gli lascio cadere, sul grande palmo, le carte. Che stringe, puntando lo sguardo deciso nel mio.
- Allora, iniziamo. - annuisco - Il procedimento è il medesimo della lettura fatta a sua sorella, perciò deve... - mi blocca.
- Me lo ricordo. -
- Ottimo, ma se mi lasciasse finire... - contengo l'irritazione - L'unica differenza sta nella domanda. Che deve venir posta in maniera da riuscire ad estrapolare ciò che serve. Tipo "Perché ho così tanta paura dei ragni?" oppure "Cosa mi ha reso così cinico?" -
- L'ultimo pareva più un suggerimento di domanda che un esempio. - ghigna.
- Oltre che cinico è pure perspicace. - gli indico le carte - Se vuole può pure iniziare. -
- Cosa mi ha reso così cinico? - accetta sorprendentemente il mio suggerimento, guardandomi con aria soddisfatta.
Convinto d'essere prossimo a quello che crede sarà il mio smascheramento.
Che però, per sua sfortuna, mi porta ad assistere a scene assai poco piacevoli.
- Vedo un bambino, che gioca a terra su un tappetino imbottito. Di un brillante blu, con decori gialli. - comincio, sentendo già addosso il peso di ciò che c'è attorno - Accanto a lui, una donna. Intenta ad aprire la porta di casa, col sorriso. Il quale, però, le muore subito in volto. Alla vista di un mazzo di fiori, accompagnato da una busta. Che pare essere il motivo del suo cambio d'umore. - vedo Ethan irrigidirsi, al dettaglio della busta.
- "Ancora?" gli domanda, sbattendogliela sul petto "Vogliamo il tuo tempo, non i tuoi soldi". - serro le labbra, notando l'uomo della visione sorridere.
Con un sorriso assai simile a quello del giovane davanti a me.
Cosa che... sento essere qualcosa che è bene non riferirgli. Già pronta a ciò che sto per vedere.
- Al che... lui l'abbraccia, dicendole che voleva solo farle un regalo per aiutarla. - la scena comincia a mutare - Ora invece... il bambino è più grande. E sta bevendo un succo sul divano. Mentre la donna scuote il capo "Dici sempre così. Che tuo padre soffre di problemi cardiaci ed hai paura di fargli prendere un colpo, ma... non credi che sarà solo peggio aspettare? Tra qualche mese dovrai presentargli non solo un nipote, ma due." -
- E la risposta di lui...? - domanda Estelle, in un sussurro appena udibile.
Venendo però zittita dal fratello - Come prima non dovevo parlare io, ora non puoi farlo tu. - nemmeno la guarda, puntando lo sguardo rigido su di me.
In una sorta di silenziosa supplica. Mascherata da ordine.
- La scena sta di nuovo cambiando... - vengo salvata dalla mia stessa magia, che mi porta di fronte ad un altro evento - Il bambino che vedo ha sui dieci anni e, accanto al suo letto ce ne sta uno con le sponde. Di quelli per gli infanti, dentro il quale dorme una bambina. Lui sta lì ad osservarla, ad assicurarsi che stia dormendo profondamente perché... oltre la porta della loro stanza si stanno alzando delle urla. Cosa che lo spinge ad uscire, a passo felpato. - il cuore comincia a battermi all'impazzata - Le urla si fanno più nitide. Ed è lei a prendere parola... "Come puoi insinuare una cosa del genere? Dopo tutti questi anni?". Gli occhi gonfi di lacrime mentre lui, impassibile... -
- Ok, basta. - una grande mano si stringe sopra le mie. Fredda come il ghiaccio.
Bloccando così il flusso delle mie parole, ma non il proseguimento della visione. Sempre più triste e... tremenda.
Come può un uomo essere tanto vile al punto da insinuare la possibilità di figli nati da una qualche relazione parallela?
Di fronte ad un bimbo che tanto gli somiglia?
Lo stesso che ora è cresciuto in tal modo a causa del suo comportamento, ma ancora sensibile nei confronti della sorella. Al punto da non volerle far sentire certi discorsi che lui ricorda come gli fossero stati marchiati addosso a fuoco.
Che l'hanno portato a perdere tutta la boria di prima, sostituta da un'espressione pallida come quella di un cadavere.
E rigida tanto quanto.
- Ethan, stai bene? - Estelle gli sfiora il braccio, guardandolo agitata. Gesto che subito gli fa ritrarre la mano sopra le mie.
- Certo che sì, che discorsi. - si schiarisce la voce.
- Sicuro? - insiste lei, mentre io mi alzo dal tavolo. Con le gambe tremanti.
Avere certe visioni è sempre un trauma. E non solo per il richiedente.
In parte si percepiscono le emozioni delle scene a cui si assiste e ciò porta a dura prova il proprio cuore di strega.
- Vi andrebbe una tisana? - propongo, per cambiare argomento - Ho bisogno di scaldarmi un po'. -
Perché diamine se mi sento gelida fin nelle ossa, quanto la mano che mi ha stretta.
- No, grazie. - risponde secco il ragazzo - Se possibile gradirei pagarla in fretta, così da potercene andare da questo posto. -
- Ma Ethan... ora che hai capito che non è una truffa, perché... non provi a farti aiutare coi tuoi problemi? - lo tira per una manica, guardandolo dolcemente.
- Che problemi? Io non ho problemi da risolvere. - si alza - Inoltre, chi ha detto che tutta sta baracca non è una truffa? Dovrei credere a certe cose solo perché se n'è uscita con un paio di dettagli fortunatamente fedeli alla realtà vissuta? Andiamo. Chi fa questo genere di cose sa leggere le espressioni ed i segnali che inconsciamente diamo. -
- Ma... - la blocca - Niente lamentele. Se tu vuoi credere che presto incontrerai l'uomo della tua vita... ben venga. Ma ricorda che io non smetterò mai di metterlo sotto esame, nemmeno qualora doveste arrivare a festeggiare i cinquant'anni di matrimonio. - si volta verso di me - Quant'è? -
- Oh, io veramente... - noto il suo sguardo andare verso un punto oltre le mie spalle.
- Venti a lettura? Uhm. Ammetto che, perlomeno, è economica rispetto altri suoi "colleghi" strozzini. - estrae dal portafoglio delle banconote, che posa sul tavolo.
Pronto a fuggire via come il vento.
Lontano da un qualcosa che non sa come gestire.
E non mi riferisco solo alla realizzazione del fatto che ciò che faccio è reale.
- Non avrei dovuto accettare di farle questa lettura... - osservo tristemente i soldi abbandonati sopra le mie carte.
Per quanto fossi irritata sapevo che stavo per scoperchiare il vaso di Pandora, cosa che lui non era pronto a fare.
Non con una sconosciuta per la quale non prova il minimo rispetto o fiducia.
- Non è stata una sua decisione, ma mia. - è già di fronte alla porta - Estelle? - chiama la sorella, intenta ad alternarsi tra me ed il fratello.
- Ciò non toglie che non ho tenuto fede al mio voto. - afferro una delle due banconote, andando verso di lui - L'ho ferita e per tale motivo è bene si riprenda questa. -
Ad essere onesta vorrei restituire anche l'altra, ma considerando alcuni fattori... legati pure alle visioni da me viste...
Temo farei solo peggio a ridargli tutto il contante.
Non a caso... già solo per questo mio gesto mi ritrovo con un ragazzo dallo sguardo duro, intento a fissare il biglietto da venti tra le mie mani con disgusto.
- Ci vuole ben altro per ferirmi. - mi afferra per il polso, fermando la mano protesa verso di lui - Inoltre... un accordo è pur sempre un accordo. Una lettura, venti. Due, quaranta. -
I suoi occhi azzurri e dorati mi trapassano, tanta è l'intensità e risolutezza che mi mostrano.
Degna di un qualcuno che nemmeno sotto tortura verrebbe meno ad una promessa o ad un accordo.
- Spero almeno possa accettare le mie scuse. - serro le labbra, davvero dispiaciuta e decisamente più comprensiva.
Dopo un'infanzia del genere era prevedibile crescere con un modo di pensare come il suo. Ed io dovrei sapere, dopo tanti anni ad immergermi nei meandri dei ricordi della gente, che ognuno ha un suo bagaglio.
In grado più o meno di influenzare la nostra natura di base.
Pertanto... mi sarei dovuta imporre di più.
Anche perché la sua convinzione, nel farmi leggere il suo passato, si basava tutta sulla certezza che non ne fossi in grado per davvero.
- Non ha nulla di cui scusarsi, ma se ciò la fa sentire meglio... - mi fa un rigido cenno col capo - Ora Estelle, possiamo andare? -
- Uhm... sì. - la ragazza si affianca al fratello, iniziando a fissarmi con aria incerta.
Come volesse scusarsi e, al tempo stesso, ringraziarmi.
Quando però dovrei essere io a scusarmi.
Non credo che questa strana atmosfera fosse nei piani per il compleanno.
- È stato un piacere conoscerti. - le sorrido - E... buon compleanno. -
- Gra... - si blocca, abbassando lo sguardo. Che si fa più sereno.
Il quale capisco essere puntato su Ghrian, di cui sento il pelo strusciarsi sulle mie gambe ancor prima di chinare il capo.
- È il suo modo di dirmi che è ora d'andare a casa. - ridacchio.
- Il che indica che ci siamo davvero fermati troppo in questo posto. - Ethan scalpita, con la mano sulla maniglia della porta.
- Allora... buona serata e grazie di tutto. - Estelle sorride dolce a me quanto a Ghrian, ma...
È lì che, mentre faccio un passo indietro per lasciar loro spazio, il mio micio si insinua in mezzo ai miei piedi.
Sbilanciandomi.
Al punto da costringermi ad aggrapparmi a ciò che mi è a tiro, per riacquistare l'equilibrio.
Un qualcosa che, al semplice contatto con esso, fa partire in me una premonizione.
Di un uomo dall'aria esausta, quasi allucinata. Dentro un'aula di tribunale, di fronte ad Ethan.
E mentre il moro parla, quest'altro si alza... correndo verso di lui con qualcosa tra le mani dai polsi ammanettati. Che gli conficca nella spalla.
- Scusi...! - stringo di riflesso la spalla del ragazzo, sollevando lo sguardo nel suo.
- Nessun problema. Si è fatta male? È un po' pallida. -
- No, ma... devo dirle una cosa. Ho avuto una visione su di lei. - mi rimetto dritta, sentendo il cuore scoppiarmi in petto.
- Senza carte? Complimenti, ma... la fermo sul nascere. Ha detto abbastanza per oggi. -
- Non capisce, è una cosa importante! - sono sempre più agitata - Ha in programma qualche appuntamento in tribunale a breve? -
- Io sto quasi ogni giorno in tribunale. - poggia una mano sulla schiena della sorella - Se vuole scusarci, dobbiamo andare a festeggiare con nostra madre il suo compleanno. -
- Ma Ethan... credo dovremmo... -
- No, è già tardi. - si volta verso di me - Grazie per... beh, qualcosa, immagino. -
- Almeno mi faccia la cortesia di fare attenzione, la prego! Soprattutto alle persone ammanettate. - serro i pugni lungo i fianchi.
Sentendomi completamente impotente davanti tanta ostinazione.
Che lo spinge a rivolgermi la parola per un'ultima volta, prima di sparire dalla mia vista.
- Lavorando contro i criminali si deve far sempre attenzione. -
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