9 Lutto
Il giorno dopo ci fu un maestoso funerale. Tutti i Predator vi parteciparono, assieme agli umani. Il corpo di Ellen Ripley venne riposto dentro a un sarcofago di marmo bianco da Markus, insistendo nel farlo. Cassandra, col viso rigato dalle lacrime e un lato di volto rifatto, ebbe l'onore di prendere la torcia e bruciare il corpo della madre, osservando le fiamme che si levavano al cielo ancora nero.
Dopodiché, due Predator raccolsero a mano le ceneri, depositandole poi in una giara di marmo. Nel Tempio di Neruda un Predator incise sulla giara il nome e il cognome del defunto capo, per poi metterla al centro della stanza, sopra a quella del capo precedente.
Dopo il funerale fu come una giornata qualsiasi, come se non fosse accaduto niente. I Yatuja, aiutati dagli umani, cominciarono a sistemare l'accampamento, issando le nuove tende, cercando di riciclare tutto quello che poteva essere salvato.
Il lavoro impiegò quattro giorni di tempo, ma non tutti diedero il loro contributo. Cassandra, stremata e distrutta, aveva avuto il permesso dal generale di rimanere a letto.
Anche se erano mostri, i Predator capirono il dolore della donna, quindi la lasciarono stare, ordinando agli umani di non entrare nella sua tenda. Tutti obbedirono, tutti ma non Markus.
Tutto di quella tenda le parlava di lei e ciò le faceva male, troppo per essere sopportato. Cassandra non riusciva a chiudere gli occhi senza vedere la madre, con in viso lo sguardo che le aveva mostrato quando era stata assassinata.
Era colpa sua, e di chi se no?
Se fosse stata attenta, se non avesse dato le spalle a quell'orribile creatura, in quel momento sua madre sarebbe ancora viva.
Cassandra si rigirò sul fianco e prese dal comodino, affiancato al letto, una foto della madre, bella e sorridente, insieme all'equipaggio della Nostromo. Non l'aveva mai conosciuta veramente, ma aveva vissuto di più in quel brevissimo periodo con lei che nei suoi ventinove anni senza di lei.
Adesso sono veramente sola, pensò con estrema tristezza.
"Va tutto bene?", chiese improvvisamente Markus, sulla soglia della tenda.
Cassandra si rintanò all'angolo della tenda, mettendosi a sedere, appoggiando le ginocchia al petto e annuì, mentendo all'androide.
Markus si sedette sul letto, di fronte a Cassandra, osservandola. Gli occhi castani erano ora rossi, dovuti dalle lacrime, con sulle guance il loro percorso verso il materasso.
"Perché mi fissi?! Ti piace per caso vedere la sofferenza altrui?",le urlò la ragazza.
L'androide si sentì terribilmente imbarazzato.
"Devi essere forte...", le disse.
"La volete smettere?!", lo interruppe Cassandra "voi tutti mi dite di farmi coraggio e di andare avanti per il bene della squadra, ma io non sono così! Non sono forte, non sono coraggiosa! Non ho neanche impedito al Predalien di uccidere mia madre!", urlò tra le lacrime.
Aveva ricominciato a piangere, asciugandosi con foga usando i dorsi delle mani.
Markus le si fece avanti, tentando di abbracciarla.
"Non provarci nemmeno ", sbottò lei evitando il contatto, cercando di rintanarsi nell'angolo della tenda.
Markus ci riprovò, riuscendoci stavolta. Cassandra si dimenava, ma più l'androide la stringeva a sé, più la tranquilizzava, ricominciando a piangere, appoggiando i palmi delle mani e la tempia destra sul petto metallico. L'androide appoggiò la mano dietro la nuca della donna accarezzandole i capelli, con l'altra appoggiata sulla schiena di Cassandra, assaporando ogni singolo istante.
Le prese la testa con entrambe le mani delicatamente, come se stesse maneggiando la cosa più fragile che possedesse, alzandole la testa per guardarla, raccogliendo le lacrime con entrambi i pollici. Si avvicinò sempre di più al suo viso chiudendo gli occhi, fino a quando le sue labbra fredde e carnose non entrarono in contatto con quelle calde e morbide di Cassandra. Le sue labbra gli si offrirono morbide, e restarono inerti sotto le sue per un istante. Fu la ragazza a dischiuderle, e a baciarlo sul serio. In quel momento Markus comprese il legame tra sé e Cassandra.
Quel bacio fu lungo e intenso, per poi allontanarsi uno dall'altra, rimanendo una accanto all'altro.
"Ti amo", le disse Markus, dolcemente.
"Anch'io", le rispose.
La ragazza si strinse a Markus, assaporando il contatto con il suo corpo metallico. In quell'istante però, a Markus parve vedere un lampo di tristezza nello sguardo di Cassandra.
"Cosa c'è?", chiese con preoccupazione.
"Cosa succederà adesso?".
L'androide sospirò.
"Non lo so, ma sono sicuro che...".
Venne interrotto da Malcom, che era entrato nella tenda senza preavviso.
"Scusatemi, ma ti vogliono Cassandra".
Non capendo, la ragazza e l'androide uscirono dalla tenda. A qualche metro di distanza, si erano radunati tutti i Predator, con di fronte il comandante; in un canto c'erano gli umani. Il generale porse a Cassandra un fagotto di stoffa dalle dimensioni di un tronco umano.
La ragazza lo aprì. Era un'armatura, ma in sé era molto particolare alla prima occhiata.
Appena la tirò fuori, rimase di stucco. Era la copertura della testa di uno Xenomorfo, pulito e lucidato, a fare da elmo, con la faccia e la bocca della creatura collegate a quelle della ragazza. Il cadavere era stato sgusciato, ripulito e potenziato con delle leghe metalliche, ricoprendo le braccia e le gambe, con una coda ricoperta da vari strati di ferro.
Un altro Predator porse a Cassandra due armi, una per mano. Nella sinistra teneva un fucile, lucidato e ricaritato; nella destra teneva invece una lancia fatta con la coda di uno Xenomorfo dall'impugnatura di ferro, decorato con varie incisioni.
Cassandra non riusciva a capire il significato di quel gesto.
"Che cosa significa tutto questo?".
"Beh", cominciò Malcom "credo che vogliano che tu diventi il loro capo".
Cassandra perse un battito, sbarrando gli occhi dallo stupore.
" Io? Un comandante?!", urlò confusa la ragazza.
"Cosa cambia per te? Tu sei un tenente colonnello. Non cambia niente", gli rispose Stephanie.
"Ma io non ho mai guidato un esercito! ".
"Ascolta" le disse Markus, guardandola negli occhi "forse non avrai mai guidato un esercito, ma hai tutte le capacità per farlo" le prese le spalle dolcemente, fissandola con le sue due perle azzurre "io credo in te".
Quegli occhi vetrei la osservavano con una speranza e una fiducia che stupì Cassandra. Si liberò dalla presa di Markus e prese l'armatura assieme alle armi.
"Accetto", disse con una determinazione che, temeva, non le appartenesse.
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