6 Il comandante dei Predator

Il viaggio fu duro e intenso. Non fu affatto facile convivere con dei mostri umanoidi, soprattutto quando rinchiusero gli umani nelle loro stanze, impossessandosi della Sanctorium. I terrestri venivano trattati come prigionieri senza sapere il motivo. Cassandra era nella sua stanza da una settimana assieme a Markus, ma non era stato facile convincere il capo dei mostri ad avere in stanza l'amico. Dal canto suo, Markus sembrava tranquillo e indifferente alla situazione dell'equipaggio.
"Secondo te dove ci staranno portando?", chiese Cassandra al settimo giorno.
" Molto probabilmente sul loro pianeta ".
" Ma perché mai? Noi non abbiamo fatto niente!", urlò la donna.
"Forse abbiamo visto qualcosa che non dovevamo vedere".
"No, non credo. Se fosse così ci avrebbero ucciso in seduta stante".
Markus sospirò.
" Forse vogliono lasciare la decisione al loro...".
Non fece neanche in tempo a finire la frase che la porta si spalancò automaticamente. Era uno dei mostri, con sottobraccio un fucile. I due umani uscirono dalla stanza senza che l'aguzzino aprisse bocca e, seguendo gli ordini, uscirono dalla Sanctorium, assieme ai compagni.
Era una splendida giornata, ma non erano sulla Terra. Era un pianeta sconosciuto, mai visto prima d'ora, con l'aria stranamente respirabile. Si presentò davanti a loro un portone alto quattro metri composto da grate  di metallo nero, sorvegliato da due creature armate di fucili.
Gli aguzzini, insieme agli ostaggi umani, si avvicinarono alle guardie e lì, quello che aveva ucciso l'alieno nella grotta, si avvicinò alle guardie e fece loro dei versi, ricevuti e ricambiati dalle due creature. Queste appoggiarono i palmi delle mani a tre dita sulla superficie dura e nera del portone; un istante dopo si disegnò attorno alle mani un cerchio colorato, causando un sonoro bip.
Il portone si aprì, facendo passare i nostri eroi.
Cassandra si era aspettata una città immensa, colma di palazzi dalle  forme strane e chissà cos'altro, come spesso vedeva nei film; invece davanti a lei non c'era altro che un accampamento militare, composto da una serie di tende di pelli di animali,recintato da un muro di ferro alto quattro metri. Gli aguzzini spinsero gli umani fino a una tenda, la più grande e la più maestosa.
Vi entrò quello che sembrava il generale dei mostri e Cassandra.
Era sobria come tenda; un letto a destra, un tavolino accompagnato da due sgabelli a sinistra e una cesta di vimini affiancato al letto, occupato da un gatto arancione dormiente.
Di più non c'era. In fondo alla tenda vi era seduto qualcuno, ma Cassandra non poté sapere chi era; il corpo era quello di un umano, ma la faccia era nascosta dal cappuccio della felpa che in quel momento stava indossando. Appena entrato, il mostro s'inginocchiò tenendo lo sguardo basso; Cassandra lo imitò subito.
"Non serve. Potete alzarvi", disse lo sconosciuto.
L'umana e il mostro obbedirono.
" Lascaci da soli",disse lui rivolto al mostro.
Questo chinò la testa e uscì.
La donna lo seguì con lo sguardo mentre usciva, senza accorgersi che gli si era avvicinati lo sconosciuto.
"Da quanto tempo...", mormorò.
"Chi sei tu?".
"È ovvio che non te lo ricordi. Ai quei tempi eri solo una neonata".
Cassandra cominciò ad avere un brutto presentimento.
Lo sconosciuto si tolse il cappuccio, mostrando il suo volto.
Cassandra perse un battito.
Era una donna dai capelli marroni, con sfumature grigiastre; erano legati con una morbida coda con gli occhi castani e un viso magro. Sembrava avere tra la quarantina e la cinquantina, ma il suo sorriso tradiva la sua età.
" Ciao Cassandra", disse Ellen.
La ragazza non esitò. Le saltò al collo, abbracciandola come non aveva mai fatto con nessuno. Soffocò un singhiozzo.
"Bentornata. Figlia mia", le disse la madre.

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