IV. LE FORME DELL'AMORE - 1. Messaggi
Che figura bizzarra è, il cuore?!
Che può racchiudere tutte le altre forme,
anche quelle non ancora inventate – o non riconosciute.
(Ph: Particolare di "Lost and Found" di Millo, Milano)
Tocca di nuovo a voi, cari amici che restate ancora seduti, imperterriti, a pendere dalle mie labbra – o forse mi sto illudendo e ad ascoltarmi ci sono solo queste fredde mura, il soffitto basso e il pavimento lucido d'un sanatorio.
No, vi prego, non chiamatelo Albergo: offendereste la mia intelligenza.
Anche nel dubbio, continuo a rivolgermi a voi, non è buffo? È che... a me piace pensarvi nelle vostre poltrone, e vi vedo, persino: la sala è piena e nessuno s'è alzato o ha sbuffato o sbadigliato, da quando ho iniziato questo show in tanti atti quanti sono le sezioni di memoria che lo compongono.
Vi ringrazio per l'attenzione, ma ora siete pronti a fare la vostra parte? Potranno sembrare domande difficili, quelle che sto per porvi, ma vi assicuro che non lo sono.
Prima domanda: quante forme può assumere, l'amore?
Seconda domanda: quante persone possiamo amare nell'arco d'una vita, di mezzo secolo, d'un decennio, d'un anno, d'un giorno, d'un istante?
Immaginate di tracciare con un gessetto, s'una lavagna, una linea continua. Essa potrà essere dritta e cambiare direzione due o più volte, formando tre o più angoli; oppure potrà essere curva e girare in tondo. In ogni caso, congiungendosi ai due suoi estremi, racchiuderà una superficie piana. Che titolo potremo dare al disegno così ottenuto?
«Il triangolo delle Bermuda.»
«Il quadrato magico.»
«Il rettangolo d'oro.»
«Il rombo della mia moto.»
«Il trapezio infiammato.»
«Il Pentagono.»
«Il cerchio di fuoco.»
Figure geometriche, bene.
Provate a trarre ispirazione dall'esperienza visiva o tattile di tutt'i giorni: cos'altro potremmo disegnare, tracciando una linea continua?
«Il contorno d'un viso.»
«Il tronco e la chioma d'un albero.»
«Le mura e il tetto d'una casa.»
«Una montagna con tre cime.»
«Un cammello che bruca.»
Siete tutti più giovani di me, presumo che siate andati a scuola. Chi non ha mai scribacchiato sui banchi, nelle pagine d'un diario o sul bordo d'un libro, alzi la mano.
Una qui davanti, un paio lì a sinistra, una nel mezzo. Là dietro non ne vedo. Non dubitavo: sono meno delle rose del deserto, quei buonissimi biscotti alle mandorle e cornflakes che Norina riceve ogni martedì, contate sulle dita d'una mano, ché i dolci, nella nostra dieta, non sono ammessi.
Ricordate la figura che avete disegnato più spesso? O che avete visto più spesso nei diari, sui banchi, ai bordi dei libri dei vostri compagni?
«Il cuore!»
Che bel coro! Bravi!
Che figura bizzarra è, il cuore?! Che può racchiudere tutte le altre forme, anche quelle non ancora inventate – o non riconosciute. E quante ce ne possono entrare! Ognuna con uno spazio tutto suo: genitori, figli e figlie, fratelli e sorelle, amici e amiche, compagni e compagne di vita, insegnanti, sacerdoti.
Smorziamo un pochino le luci. Scusate s'abbasso anche la voce e parlo più lentamente, il tema lo richiede.
A volte, nel corso della vita, può capitare che una di queste figure si trovi a emergere rispetto alle altre, proprio nel momento in cui temiamo di vederla sfumare via dal telaio in cui siamo l'epicentro: se da un arazzo vengono strappati via dei fili, cosa resta? Un buco, che nessun colore potrà mai più riempire.
Per trattenerla, la piantiamo come un chiodo nel nostro pensiero e non la molliamo più.
Null'altro importa al mondo, se non un nome. Ripetuto mille volte sulle labbra del dolore.
Allora, l'amore potrà avere il profilo d'un sorriso appena accennato; d'una fronte alta con capelli a spazzola; d'un naso a punta tra due orecchie in fuori; d'un neo sulla guancia: è l'amore d'un padre, d'una madre, d'un fratello maggiore, d'annessi e connessi.
Riprodotto sul pannello apparso alle mie spalle, esso si innalza come spruzzi d'acqua policromi; divampa come fiamme di fuoco da vasi ripieni di paraffina liquida; rimbalza da cellulare a cellulare, a riempirne gli schermi di enunciati contenenti quel nome, ancora quel nome e di nuovo quel nome, che si ha paura di non poter pronunciare più.
Una profusione di caratteri, che partono e arrivano, tra il padre e il fratello maggiore. E nello stesso modo, se non nello stesso tempo, tra Mattia e William, tra William e Walter, tra Mattia e Nicolas, tra Nicolas e Thomas, e a Thomas, da qualcun altro.
Messaggi brevi, istantanei, gratuiti, o inclusi nella tariffa: che invenzione! Come abbiamo fatto, noi che siamo nati, cresciuti e diventati anziani nel secolo scorso, senza questi miracoli della tecnologia?!
I messaggi fanno sentire vicino chi è lontano, lo rendono presente e partecipe di ciò che ci sta accadendo.
Essi comunicano - chiedono e rispondono - amore.
E se qualcuno, fin qui, non ha compreso, d'ora in poi, vi assicurò, capirà.
Alex e Godfried. Quale, quanto posto hanno nel - quale e quanto posto danno al - cuore per cui batte il loro cuore?
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