6. Musica e amore. Famiglia
La campana della Chiesa Rossa rintoccò dodici volte. Thomas e Alex erano ancora a letto, addormentati, entrambi a pancia in giù, ognuno col busto spostato verso l'estremità del proprio lato di letto. I piedi, invece, stavano il sinistro dell'uno sul destro dell'altro.
Erano rimasti alzati fino all'alba, a parlare di Luca, Filippo, altri amori passeggeri e non, vuotando il sacco di pezzi di passato, per conoscersi meglio e comprendersi sempre più. I toni erano stati placati, i gesti volti all'accoglienza. S'erano dichiarati i sentimenti e confermati l'impegno a impegnarsi seriamente, come avevano già fatto varie volte, e come avrebbero continuato a fare ancora, persuasi che l'amore si dimostra, conferma, rafforza e rinnova giorno per giorno nelle grandi e piccole cose, ma ogni tanto è bello, utile o necessario ricordarselo anche a voce.
In pace con se stessi e col mondo, avrebbero continuato a dormire, se non fossero stati svegliati da una sfilza di gracidii.
«Hai dimenticato di nuovo la suoneria alzata.»
Sbadigliando, Alex allungò un braccio a cingere la vita di Thomas, gli si accostò col viso e gli diede un bacio sulla nuca.
«L'ho capito che non riesci a spegnerlo perché hai paura che succeda di nuovo qualcosa e non riescano a rintracciati. Potresti almeno mettere una bella melodia soft, al posto di questo Cra-cra.»
«Uffa. Metterò un Miao-miao.»
Thomas prese il cellulare, si girò verso Alex e gli accarezzò il collo col mento:«Ròn, ròn», poi prese la chiamata.
«Nico, che vuoi. Uhm. Non potevi dircelo ieri? Ah, non ti era venuto in mente. Va bene. A dopo. Buonanotte.»
Nello stesso momento, Walter stava telefonando a Myriam, Godfried a Rudolf, William a Lucilla. Nello studio di Sergio, Mirko cercava di convincere il gemello:
«L'idea di Nicolas è geniale, io l'ho provata; se poi vedi che non ti piace, puoi anche andare a correre per conto tuo».
Jacopo gli rispose con un dito medio alzato, ben sapendo che da solo non sarebbe potuto andare da nessuna parte, almeno finché non fosse arrivata la carrozzella a motore e, per il momento, Sergio di motori non ne voleva sentir parlare.
Nicolas non ci aveva dormito la notte; alle sette di mattina aveva già inviato un messaggio a Godfried, il primo d'una lunga serie. Segmenti di pensiero che frullavano nelle loro teste senza arrivare a produrre concetti di senso compiuto, erano entrati in commistione e nel confronto avevano preso la forma abbozzata d'un nuovo progetto, da mettere bene a punto, da testare, al più presto.
«Oggi pomeriggio», aveva proposto Nicolas.
«Proviamo», aveva risposto Godfried in vivavoce, dando una girata al risotto e un'occhiata a Walter, il quale era ben lieto della complicità che si stava instaurando tra suo marito e il meno affabile dei suoi fratelli.
Al centro del Rifugio, Nicolas si guardò attorno per curare gli ultimi dettagli. La luce del pomeriggio entrava da un paio di bocche di lupo situate sulla parete più esterna; prese due cartoni e li pose a mo' di schermo così che i riflessi non disturbassero l'atmosfera che stava cercando di creare, "E gli occhi di Myriam".
Lungo un lato dello stanzone, gli strumenti musicali erano al loro posto, lucidi e accordati; davanti al muro opposto aveva sistemato qualche sedia, alcuni cuscini sopra un tappeto antipolvere, "Che Myriam è allergica", e un inginocchiatoio. Aveva rinunciato alle candele, perché il fumo avrebbe potuto dare fastidio, così come il riverbero delle fiammelle, "A Myriam, in particolare". Si assicurò che non ci fosse corrente d'aria, "Deleteria per le spalle e la schiena di Myriam", e che dall'esterno non giungessero rumori molesti, "Che potrebbero distrarla e farle venire mal di testa".
«Si può?» Godfried fece un fischio di compiacimento; dietro di lui v'erano gli altri due Cipì, Alex, Rudolf e Rossella.
«Lucy s'è fermata di sopra a dare la merenda a Yuri e a rimbambire tua madre con mille raccomandazioni, come se non avesse mai visto un poppante», lo informò William.
«Myriam non verrà»; Walter non diede spiegazioni.
Nicolas non riuscì a dissimulare la delusione. Invitò tutti a entrare e si pose di fronte a loro, chiamando Godfried al suo fianco.
«Allora, ragazzi, come già accennato per telefono, vi abbiamo convocati qui per fare un'esperienza di sperimentazione, condivisione e anche, perché no? Di sfogo, attraverso alcuni "strumenti" intesi come "arnesi per svolgere un'attività". Vi chiediamo di scegliere uno strumento musicale a percussione e di mettervi dove preferite, in piedi, seduti, in ginocchio, purché sia una posizione comoda per voi.»
Percependo una nuova presenza, si fermò e accolse con un sorriso la nuova arrivata.
«Wow Nicolas, quasi non ti riconoscevo! Che bella voce che hai quando insegni! Ferma, sicura, impostata. Sembra che tu stia recitando.»
Nicolas arrossì al complimento di Lucilla e la ringraziò con un sonoro bacio sulla guancia; notò che aveva preso qualche chilo, sembrava "Più in salute e nitente".
«Ben arrivata. Hai sentito tutto o devo ripetere?»
«Ho sentito.»
Lucilla salutò gli altri con le mani aperte a ventaglio e si accostò a Rossella.
«Okay. Potete cominciare.»
Per primi si mossero Thomas e William, i più disinvolti in quel luogo a loro tanto familiare.
Thomas saggiò lo hang; non l'aveva ancora provato in quanto aggiunto alla collezione di recente. Col lato del pollice ne toccò più punti, attento a rimuovere subito il dito per non bloccare la vibrazione, affascinato dal suono che produceva: armonioso, rilassante, rispecchiava il suo stato d'animo. Lo prese e tornò indietro.
William andò a colpo sicuro sul bastone della pioggia.
Alex fu sorpreso di vedere un adufe: gli ricordò sua nonna e le feste tradizionali del Paese in cui è nato, dove ha trascorso i giorni più belli della sua infanzia; aveva trovato il suo strumento.
Walter e Lucilla, che li avevano già provati tutti, optarono per bongo e xilofono, mentre Rudolf prese a caso lo schekere, Rossella tirò su un triangolo con relativa bacchetta, e Mirko preferì un campanaccio.
Jacopo, con una ruota dentro e una fuori, guardava la scena con un sogghigno di scetticismo.
«Cosa ti prendo?» gli chiese Nicolas.
«Niente», rispose.
Ordinatamente, tornarono ognuno nel posto che sentiva più suo e restarono in silenzio.
«Avete scelto i vostri strumenti; ora guardateli, accarezzateli, toccateli a piene mani e poi provate a produrre dei suoni, per conoscerli e sfruttarne le potenzialità.»
Godfried deglutì; era sicuro d'avere due peperoni rossi al posto delle guance. Non era come essere in cattedra; nel Rifugio stavano alla pari e, per di più, lui non era di casa. Guardò alla sua destra; Nicolas gli mostrò una mano: il palmo era aperto e il pollice s'univa all'indice per formare un cerchio, mentre le altre dita restavano dritte: "Ok".
Godfried si passò una mano sui capelli e si schiarì la voce, che risultò comunque rauca:
«Non servono particolari tecniche o conoscenze musicali; cercate di capire se lo strumento che avete scelto vi accetta o vi respinge, se rimane muto o si lascia suonare. Se non vi piace, prendetene un altro. Su, non siate timidi, siamo qui per provare. Non ci sono voti. Avete tempo fino a quando non sentirete il gong».
Dapprima con titubanza, poi con crescente convinzione, il gruppo diede avvio a una cacofonia che ferì le orecchie di Nicolas fin quasi alle lacrime, educate com'erano a ben altre armonie. Strabuzzò gli occhi e represse una smorfia. Per qualche minuto, la stanza fu riempita da suoni singoli, separati, distinti, soprapposti, scollegati l'uno dall'altro. Quando n'ebbe abbastanza, diede un colpo al gong e tutti si fermarono.
«Ogni cosa ha un suo ritmo, come il cuore e il respiro. Ora, con l'aiuto dello strumento che avete scelto, cercate il vostro; quando l'avrete trovato, provate a coordinarlo con quello della persone alla vostra destra. Rudolf, tu che alla destra non hai nessuno, fai riferimento a Walter, alla tua sinistra.»
I suoni ripresero a confondersi, sempre più decisi. Poi pian piano si fusero, si seguirono, si risposero e fecero da contrappunto, in un rincorrersi di battere e levare, pause, echi, cori. Con sempre più foga, i suoi fratelli e amici scossero, colpirono, picchiettarono, alternandosi negli alti e nei bassi, nei forti e nei deboli, seguendo l'andamento col corpo e i suoni con le risate. Nicolas li guardò soddisfatto e gli scese una lacrima nello scorgere, con la coda dell'occhio, Jacopo che seguiva l'onda sonora battendo le mani.
Si può creare una musica condivisa in due, tre, cinque, sette, ascoltandosi e dandosi il cambio. Niente stona, nessuno è fuori tempo e fuori luogo, in un'esperienza unica; ripetibile, ma mai uguale a se stessa; tutta da vivere, difficile da descrivere, tanto è personale il modo di esserci. È nella stessa maniera che io penso alla famiglia.
Godfried intercettò lo sguardo di Nicolas che da Jacopo si spostava su di lui.
«Funziona», lesse dalle sue labbra.
Batté un colpo sul gong per attirare l'attenzione.
«Potete avviarvi alla chiusura. Rallentate, diminuite di volume.»
L'eco degli strumenti si spense; prima che fosse sostituito dal parlottio, Godfried fece cenno a tutti d'alzarsi.
«Su quel tavolo ci sono fogli e colori; se ne avete voglia, potete fissare con disegni o parole l'emozione di questo momento.»
Non capì perché, benché tutt'in piedi, nessuno si movesse.
«Permesso.»
Jacopo gli passò davanti con la sua caratteristica sfacciataggine, girò dietro al tavolo, prese un foglio e una matita e si mise a disegnare.
«Finalmente ti sei accorto che ti funzionano ancora le mani, vediamo se ti funziona anche il cervello», lo punzecchiò Mirko, beccandosi un altro dito medio.
Per terminare, Nicolas e Godfried chiesero se qualcuno avesse voglia di mostrare agli altri il proprio foglio.
Uno alla volta, ognuno alzò il suo.
Rossella: un cuore composto da tanti piccoli cuori
Lucilla: un piccolo cuore in un cuore più grande
William: GIOIA
Thomas: AMORE
Alex: un cuore e al suo interno AMORE+MUSICA=VITA
Walter: cinque cerchi concentrici. In quello più interno: INSIEME
Rudolf: RINASCITA
Mirko: FRATELLI
Jacopo: figure appena abbozzate, di cui una seduta; sopra a essa, una nuvoletta contenente un sorriso e un piccolo cuore.
Nicolas li ringraziò.
«Questa prova ci è servita per capire come coordinarci e calcolare i tempi. Siamo contenti che vi sia piaciuta. Ora, di sopra, la mamma ci aspetta con tè e pasticcini.»
«Un attimo», Alex s'affrettò a fermarli, «Io e Thomas dovremmo dirvi una cosa. Il quattro novembre siete tutti convocati per il matrimonio-»
Nello scorgere bocche pronte a complimentarsi, e mani ad applaudire, Thomas precisò: «No, non è il nostro!»
Alex gli sorrise, sillabando muto: «Non ancora», poi si rivolse agli altri:
«Si tratta di lavoro. Pensavamo di fare una cosa carina, non troppo sfarzosa: pochi strumenti, le nostre canzoni migliori, qualche intermezzo di Karaoke. Godfried, potrebbe essere il tuo debutto. Rudolf, ci sarebbe daffare anche per te: una carrellata di foto degli sposi dall'infanzia fino alle immagini più belle di loro due insieme. Ci state?»
«Sì!» Godfried sorrise a ventotto denti, che quelli del giudizio gli son stati cavati.
«Sì, mi piace.» Rudolf, che non s'aspettava d'essere tirato in ballo, si commosse.
«Sarà divertente!» Lucilla saltellò.
«Luca ne sarà felicissimo», disse Alex.
«Chi è Luca?» chiesero Nicolas e William all'unisono.
«Un amico di Alex», rispose prontamente Thomas.
Salirono di sopra, a gustare una merenda che divenne cena: salumi, formaggi, pizza di grano macinato con mulino domestico condita con olio, aglio fresco e spezie appena raccolte, e del vino rosso produzione propria degli zii di Sergio.
I ragazzi sembravano avere un pozzo di cose da raccontarsi: episodi del passato, nuove trovate per spettacoli musicali o laboratori artistici, programmi per un futuro a breve termine. Anche Jacopo parlò dei suoi fumetti: «Miei e di Bambi Blu».
Anna e Sergio li guardarono con amore, prima di chiudere la porta e ritirarsi nella loro camera; le loro voci li raggiunsero fin lì: le voci della nostra bella, grande, famiglia. A cui stavano per essere aggiunti nuovi componenti.
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