6. Funambolo



La tournée era stata un trionfo. I Crystal Piglets erano stati ben accolti. Il lago di ghiaccio tra lui e Thomas s'era quasi disciolto e Alex attendeva solo un suo richiamo per veleggiare da riva a riva e arrivare di fianco a lui.

Thomas, nonostante i suoi propositi, preferiva sognare piuttosto che affrontare la realtà: per quanto bella fosse, essa lo spaventava.

Trascorsero frammenti di tempo non condivisi che andarono perduti per sempre. Alex si sentiva un funambolo, indeciso se ostinarsi a fare il possibile pur di mantenere l'equilibrio o lasciarsi cadere giù e "Chi s'è visto, s'è visto". Non poteva andare avanti a dondolare senza sosta e senza fine nel vuoto. Doveva sapere a che punto erano, se erano in qualche punto.

L'estate era un vago ricordo stampato su carta fotografica. L'autunno si prese tutto il suo spazio e arrivò quel fatidico giorno in cui, stanco di stare fermo alla finestra a guardare lacrime d'albero planare a terra per lasciare posto, in primavera, a nuovi sorrisi, si decise a muoversi.

"Prima che arrivi di nuovo l'inverno, i sensi vadano in letargo e le belle parole finiscano nel dimenticatoio."

Non gli bastavano più le sue fantasie; continuava a rosicchiarsi le unghie d'una mano, ma l'altra era svogliata a muoversi. Thomas non era solo una questione fisica, non più.

Aveva fatto una doccia e s'era vestito come se dovesse andare da qualche parte, senza sapere dove.

Nel cielo gonfio e bigio, un lampo apparve come un'intuizione.

Prese il disco ottico che teneva sul pianoforte, le chiavi di casa e il cellulare e uscì, dritto verso il traguardo.

Alex girava intorno alla villetta bianca da dodici minuti. Non era più tanto sicuro di voler prendere in mano la situazione. 

"Non è carino usare una terza persona."

Parcheggiò tra una magnolia e sei secchioni della spazzatura.

Prese in mano il cellulare.

"Faccio solo tre squilli."

Quello di Nicolas grugnì otto volte, mentre l'altoparlante annunciava la prossima fermata. Era in treno, diretto a Ginevra, dove un amico d'infanzia gli avrebbe lasciato le chiavi del suo appartamento: «Fanne quel che vuoi, io andrò a stare da Stella. Tra un paio di mesi mi trasferisco da lei; ad anno nuovo ci sposiamo».

Nella confusione dei passeggeri che prendevano i bagagli e scendevano, e di quelli che salivano e cercavano il loro posto, la voce di Alex gli arrivò amplificata:

«Sono fantastici li ho ascoltati più volte! Ci possiamo lavorare su, come no! Ho già qualche idea per Ghiaccio. Spettro, poi, è da brividi!»

Sarebbe stato l'inizio d'una nuova collaborazione, anche se non lo sapevano ancora.

«Mi trovo dalle tue parti, vorrei restituirti il CD, ne ho fatto una copia.»

A Nicolas sembrò quasi una supplica; era ovvio che fosse una scusa.

"Come può pensare che non ne abbia anch'io una copia?"

Cercò di non risultare ironico:

«Io non sono in casa, starò via tutto il weekend, e anche Willy. Ma c'è Thomas, se vuoi passare».

Il ringraziamento che Alex aveva nel gargarozzo l'avrebbero sentito per chilometri, se l'avesse pronunciato.

"Nicolas non ce l'ha più su con me, mi sta dando campo libero!"

Ci ruzzolò fino a suonare il campanello. Non s'accorse che il cielo era entrato in guerra con la terra e stava sganciando una violenta bomba d'acqua.

Thomas stava addentando un panino al salame. Lo vide dallo spioncino e aprì.

«Accidenti, sei tutto zuppo.»

«Sono passato a restituire il CD a Nicolas, vado via subito.»

«Ma piantala! Entra e spogliati; ti prendo qualcosa d'asciutto. Vuoi fare una doccia?»

Era venerdì sera. Alex restò con Thomas fino alla domenica mattina. Come trascorsero il tempo, lo lascio alla fantasia di ognuno di voi; Thomas non me lo disse.

Forse guardarono film horror, mangiarono tramezzini e bevvero carcadè; dormirono appaiati o non dormirono affatto; parlarono per ore o ascoltarono musica gitana. Alcune di queste cose, o tutte, e molto di più.

Quel che so, è che la domenica pomeriggio Thomas era raggiante, come non lo vedevo da anni. Io gli strinsi la mano, per dimostrargli ch'ero felice per lui. Non ne parve stupito: sul mio volto non c'era espressione e, come sempre, non emettevo suoni traducibili. Anche se il mio cuore scoppiava di commozione, nessuno, dal di fuori, se ne avvedeva.

Quel giorno il mio tè fu più dolce. Sapevo che prima o poi avrei dovuto ingerire fiele, ma vedere Thomas gonfiare la pancia e allargare il diaframma, mi fece dimenticare che Mattia non si faceva vedere da giorni. Il che accadeva solo quando aveva da dirmi qualcosa, ma procrastinava.

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