5. Volti che sorridono
«Tutt'i nodi vengono al pettine», soleva ripetere nonno Remigio, per esortarci a non postporre le questioni spinose, che prima o poi sarebbero state da districare; forse l'avremmo superate trovando soluzioni, apportando modifiche, o accettando quel che così era e non poteva diversamente.
«Non rimandare a domani quello che puoi fare oggi», gli faceva da contrabbasso nonna Luciòla: «La montagna di panni da lavare ti sembrerà meno alta, se la smaltirai un po' al giorno, anziché ammassare per il fine settimana».
Come la montagna di sassolini nelle scarpe di Walter e Godfried e le lacrime trattenute di Thomas. Come i vaffa non pronunciati di Lucilla, che magari non li ha neanche pensati, ma quanti ne avrei voluti mandare io a quel bamboccione di Claudio!
Comunque sia, a questo punto del mio racconto, con una buona dose di diligenza e una brancata di franchezza, qualche nodo s'è sciolto in pianto, qualcun altro s'è allargato in sorriso e le domande han trovato risposta (oppure ne manca ancora qualcuna?)
In ogni caso, è giunta per me l'ora di scendere da questo palco, dismettere i vestiti di scena, silenziare luci ed echi, e lasciare spazio ai vostri sogni, che s'è fatta una certa e sento pure qualche stomaco brontolare.
Prima di salutarci, però, lasciate che vi illustri un'ultima cosa: appeso alla parete di fronte al mio letto, così che possa goderne ogni qualvolta io voglia, c'è un collage di fotografie, scattate in tre momenti diversi di quell'anno iniziato tanto male, che stava per concludersi nel migliore dei modi: frequenza cardiaca sotto controllo, pressione arteriosa nella norma, saturazione al 98%, cuori in pace, sogni quieti, progetti avviati, speranze accese, qualche inciampo che non manca mai e rende meno monotona la via, e una sorpresa, per i miei ragazzi, e anche per voi, che, seguendo il filo delle mie cogitazioni, avete imparato a volermi bene.
La prima fotografia è stata scattata alla festa per la laurea di Thomas in qualche cosa che ha a che fare con la formazione. Siamo nel mio giardino e quasi tutti si tengono per mano. Io sono nella fila davanti, spostata sulla sinistra; da un lato ho Jacopo, seduto s'una sedia simile alla mia, dall'altro Yuri nel passeggino nuovo fiammante.
La seconda ci ritrae tutt'insieme durante il banchetto nuziale di William e Rosella. È identica alla prima, tranne per gli abiti e i fiori.
Nella terza, di nuovo nel mio giardino, al centro della scena Lucilla e Claudio tengono in braccio, insieme, il loro bambino dopo averlo presentato ufficialmente a tutta la famiglia riunita per accoglierlo tra i suoi rami.
Una quisquilia, ricorre dall'una all'altra foto. Come un Occhio di Santa Lucia sulla spiaggia. L'avete mai visto? L'opercolo calcareo usato dalla bolma rugosa per chiudersi all'interno della conchiglia; lo so perché me l'hanno cercato i gemelli in internet. Per trovarlo, bisogna imparare a distinguerlo dalla valve, perché sfugge a uno sguardo d'insieme.
Fu Thomas a notarla e a mostrarla agli altri, alcuni mesi dopo; in quei giorni erano presi a mettersi in posa e ad apparire fotogenici.
«Tutti qui, per una bella foto-ricordo con nonna Zia Amelia!»
A fare click è stato Rudolf, anche lui distratto dall'inquadratura e dalla foga di fare bella figura, e di mettersi in posa prima che scattasse l'autoscatto; usa la fotocamera dall'età di dieci anni, lavora nell'ambito da quando ne aveva venti, eppure, se si tratta della "famiglia di Amelia" ancora gli tremano le mani!
Thomas gli aveva chiesto di creare una composizione delle tre immagini; era appena stato da lui, nel negozio preso in gestione nello stesso Centro Commerciale in cui lavora Luigi; c'era passato di ritorno da una seduta di consulenza psicologica con Filippo.
Ottobre stava per esibirsi nel suo ultimo tramonto; la temperatura esterna si aggirava intorno ai dieci gradi; c'era molta umidità nell'aria, ma non era prevista pioggia per i giorni immediatamente successivi e quel sabato anche il vento non avrebbe superaro gli 8 km/h. Thomas incrociò le dita affinché il tempo si mantenesse stabile almeno fino a sera perché: "Sposo bagnato, sposo fortunato" agli invitati con le scarpe laccate o i tacchi alti non è che piaccia tanto. Un temporale, poi, non era nei piani. Alex, i Cipì e Sister avrebbero rallegrato la festa per il "Sì" di Luca e Michele, con Walter alle percussioni e Godfried al suo debutto come tecnico del suon. Per la scenografia, Rudolf aveva preparato le fotografie d'appendere sulle pareti del ristorante. Thomas non vedeva l'ora, sia perché le cerimonie lo commuovono fino alle lacrime, sia perché si sarebbe sentito più al sicuro se Luca avesse messo una fede al dito.
Saliva le scale un gradino alla volta, dal primo al nono piano, per tenersi in forma. Dalla busta che teneva in mano, sfilò i provini tra cui scegliere quali fare ingrandire. Li aveva già visti; tornò a guardarli, attratto da un'incongruenza, che non era data dal fatto che in due mesi ci eravamo riuniti di più che in due anni, Lucilla e Claudio si tenevano per mano e c'era Silvia con Myriam. Con gli occhi ridotti a fessure, si soffermò sui volti nell'immagine meno recente.
In alto, da sinistra a destra, c'erano: Nicolas e il suo ciuffo ingelatinato; Sergio imbalsamato in un doppiopetto grigio; William che svettava con i capelli lasciati lunghi sulle spalle; Thomas,"Ma che faccia ho?" abbracciato ad Alex che teneva su gli occhiali da sole per la congiuntivite; Walter e Godfried entrambi col colletto della camicia allentato; Luigi a occhi chiusi; e Rudolf un po' di traverso.
Nella fila di sotto: Mirko teneva le mani sulle spalle di Jacopo, come a volerlo trattenere; Anna, Rossella e Maria Dolores erano truccate, evento più unico che raro; Mattia, rosso di vino e d'allegria, faceva trio col padre di Claudio, alquanto brillo pure lui, e con Rocco, che spiccava per un vivace farfallino azzurro, indossato «Per fare pendant con le mie ragazze»; alla sua sinistra, Silvia e Myriam erano totalmente in blu.
Davanti a tutti, Jacopo, che non poteva andare da nessuna parte, neanche volendo, che non gli piaceva muoversi da solo, era in completo nero e camicia bianca; io avevo il mio vestito turchese a pallini neri e la messa in piega fresca di parrucchiera; Deborah abbracciava Lucilla, fulgida in gonna nera e camicetta rosa, che, insieme a Claudio, in completo marrone, teneva in braccio Yuri, insaccato in un pagliaccetto bianco; la mamma e la sorella di Claudio sfoggiavano abiti lunghi di chiffon, l'uno giallo, l'altro verde; Lia e Linda, una accanto all'altra, non si capiva se stavano facendo a spallate o cercando di dimostrarsi amiche.
Ventotto volti.
Tutti sorridenti.
Anche quello di Yuri.
Anche il mio.
Thomas fece gli ultimi gradini di corsa.
«Non è possibile!»
Inserì la chiave nella toppa e la girò. Un solo giro: Alex era già in quell'appartamento che dal 21 dicembre, "San Tommaso", sarebbe stato anche suo.
«Cosa, non è possibile? Che sia già qui?»
Alex si avvicinò per salutarlo con un bacio, le mani tirate indietro perché impiastricciate di pasta per la pizza; la sua pelle, liscia di barba appena fatta, odorava di cipolla e pomodoro fresco.
In cucina, la finestra era chiusa, così come tutti gli sportelli; le presine erano al loro posto; sul tavolo una pizza era già pronta per essere infornata; il cesto della frutta era stato spostato sul frigorifero. Nel lavello alcune pentole sporche dimostravano che Alex non è maniaco dell'ordine come potrebbe sembrare; semplicemente gli piace che le cose, come le persone, stiano al loro posto, ma senza eccedere o fare tragedie se così non è.
«No, amore, sono contento che tu sia qui, ma guarda queste foto.»
«Tua madre sta benissimo, come tutte le altre donne. Tuo padre sembra un tacchino e io una talpa. Ma tu? Che faccia hai!»
«Ah, ah. No. guarda bene! Amelia-»
«Oh, oh, oh! Amelia! Sorride!»
«Un anno fa, forse di più, le ho parlato di noi e del bellissimo weekend alla villetta, ti ricordi?»
«Come potrei dimenticarlo, è stata la prima volta che ti ho visto nudo.»
«Sii serio, e non farmi arrossire. Lei m'ha stretto la mano: ho pensato fosse un movimento automatico, tipo se ti do una gomitata sul ginocchio e ti si stende la gamba. Invece la nonna ci sente, ci capisce! Non è andata via, è sempre stata con noi!»
Già. Sono qui, con voi, con i miei ragazzi. Con la mia famiglia larga larga come le maglie della borsa a rete di Myriam; che non m'ha mai lasciata sola, che non m'ha mai lasciata in silenzio.
I miei tesori sono disposti su tre file, come righi d'un pentagramma, legati come gli accordi d'un coro che, anche quando ci sono dissonanze, non stona mai, e continua a cantare una romanza tutta sua.
Sono rossi, arancioni, gialli, verdi, blu reale, viola come i nastri di Alex, come gli alberelli di Myriam, perché i colori dell'arcobaleno, della natura intera, sono i colori di tutti noi, ognuno con la sua tonalità predominante e tante sfumature.
Con i maccheroni alle noci di Godfried e Walter, che non la smettevano di mostrarci le tappe del viaggio che stavano per intraprendere; le scatolette di monetine di Myriam e i ricciarelli di Riccardo; i nuovi brani dei Cipì, Alex e Sister, e i loro esperimenti musicali.
Tra un pianto di Yuri e un abbaio di Sally, perché era ora della pappa.
Con Linda che ha conosciuto Silvia, e hanno parlato di ricette vegane; Mattia e Roberto che si sono sfidati a dama; Mirko e Jacopo che hanno tirato fuori la tombola e le carte da Ramino, e ci abbiamo fatto nottata.
Quell'anno il piatto forte del nostro pranzo fu la voglia di stare insieme, di godere l'uno della compagnia dell'altro, di raccontarsi e ascoltarsi, di conoscersi; non solo rispetto per la tradizione, ma vincoli rinsaldati: la paura di perdere Jacopo, di perdersi, li aveva fatti ritrovare.
E io potei tirare un sospiro forte come la bora.
"Famiglia": contenitore e supporto, se non è prigione; un luogo da cui andare via liberamente, il che rende più bello poter tornare.
"Amore": sostegno, incontro d'anime con proprie radici e tendenze, il nodo in cui diventano un tutt'uno senza abiurare se stesse.
Queste sono le mie etichette, e voi, se dico "famiglia", cosa pensate? E se dico "amore"?
Nel salone adornato a festa da Maria Dolores e da Edoardo, il nostro giardiniere tuttofare, io osservavo beata.
"Anche questa bufera è stata superata", pensai.
Ne siamo usciti tutti consapevoli di cosa abbiamo passato, di cosa abbiamo rischiato di perdere e cosa abbiamo guadagnato.
Abbiamo imparato a lasciare e lasciare andare; a trattenere per salvare quanto c'era da salvare; a cambiare e trovare nuove soluzioni. Abbiamo mollato o ci siamo messi in gioco.
Abbiamo superato degli ostacoli e altri ancora ce ne saranno, ma ogni volta, sapendo da dove vengono e come sono arrivati qui, i miei ragazzi, saranno più consci delle risorse messe in campo e a cui potranno sempre attingere, degli errori che sono dietro l'angolo, ma che hanno sempre qualcosa da insegnare. Sanno che l'amore è impegno e rispetto, prima di tutti verso se stessi. Che può essere rinuncia, ma non se c'è rimpianto. Può essere compromesso, se non si cova rancura. Può comportare una presa di distanze, s'è il modo per non far male.
Nessuno di noi ha il diritto, la capacità, o il dovere di cambiare un altro, anche fosse per il suo bene. Nessuno ha l'obbligo di modificare se stesso per far felice qualcun altro. L'amore porta a compiere dei passi insieme verso l'evoluzione. Non rende dipendenti, non rende menefreghisti. Lascia spazio, lascia pause, lascia vuoti da riempire mettendo nel paniere comune le ricchezze che ognuno estrae nelle proprie miniere.
Tutto sembrava appianato.
"La vita è ancora lunga, amori miei", avrei voluto dire, "ma adesso godetevi questa gioia, vi servirà quando la vita vi riserverà altre ombre: saprete che potrete trovare la luce, ne sarete capaci, perché sapete già dove cercare".
"Sei d'accordo amore mio? Chissà se riuscirò a mantenere la promessa che mi strappasti dalle labbra, pochi istanti prima di volare via!"
Cari amici, quel che volevo raccontarvi, ve l'ho mostrato; al momento, non avrei altro d'aggiungere. Scenderò dal palco per l'ultima volta, senza malinconia. Sono serena e lo stesso auguro a voi.
* Prima di salutarci...*
Siamo giunti quasi al termine di questa avventura. E' stata più dura di quanto avrei potuto immaginare ed è stato bello e molto d'aiuto avere dei compagni di viaggio a sostenermi. Il mio grazie non sarà mai abbastanza grande.
Ma non è ancora del tutto finita.
Manca una terza breve parte: Amelia sarà ancora lì, in quel ricovero per lungodegenti, a inizio 2020... Il luogo, la data, vi ricordano qualcosa?
Se avete Amato Amelia almeno un pochino di quanto l'ho amata io, preparate i fazzoletti: sarà un passaggio rapido, ma non indolore.
Io, Amelia, e tutti i suoi ragazzi vi aspettiamo per un (ultimo?) saluto.
*
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