5. Ghiaccio sciolto


Cercando di non sporcarsi e non sgualcire le camicie bianche, i Cipì s'affaccendavano tra cavi e microfoni in un angolo del cocktail bar più in voga della città. Avevano portato la chitarra acustica, la kora e la tromba, non c'era spazio per altro, e dovevano ancora allestire la postazione.

Non avevano mai suonato tanto come in quelle estenuanti sere lombarde. Ogni volta l'ansia che qualche aggeggio potesse non fungere prendeva il sopravvento; solo quando tutto finiva riuscivano a dominarla, fino a che non arrivava, quasi immediato, un nuovo invito.

«Prendi, vai, parti. Gira di qua, gira di là. Accorda gli strumenti, prova l'audio. Suona qui, canta là! Mi sembra d'essere finito in un frullatore con tutta la buccia», buttò lì Thomas.

«Anche a me! Io, però, sono un ananas, ho la buccia dura.»

«Con quel ciuffo, Nico, sembri davvero un ananas!»

«E tu sei un pompelmo: un po' acido, ma quanto c'è da succhiare!»

«Scemo! E tu Willy?»

«Un mango, io sono un mango.»

«Wow! Tanta polpa attorno a un nocciolo duro.»

«E io?» Una voce familiare s'unì alle loro.

«Ciao, ben arrivata.»

William aiutò Lucilla a schivare una prolunga e una cassa. Lei si massaggiò la pancia, con una smorfia di dolore che insospettì Nicolas.

«Io sono il cubetto liscio e cristallino che vi porta alla giusta temperatura; non potete fare a meno di me.»

Continuarono a scherzare così, figurandosi d'essere ghiaccio puro e tre frutti acerbi, inseriti in un mixer insieme a un ingrediente di qualità eccelsa, con cui non erano sicuri d'amalgamarsi a perfezione. Tuttavia il succo che ne usciva, dolce o secco che fosse, doveva essere piacevole da gustare, se era riuscito a farsi conoscere tanto da diventare un aperitivo ricercato in molti locali dell'Hinterland milanese.

Alex li ascoltava in disparte, compiacendosi per averli scoperti; il suo desiderio era scoprire lui: togliergli scarpe, camicia e pantaloni, canotta, mutande, calzini, per assaporarne ogni poro, ogni fibra, ogni goccia, ogni seme. Restò il suo pensiero fisso fin dopo l'esibizione. Più cercava di non guardare, più gli occhi cadevano : dove gli occhi d'una persona per bene non dovrebbero mai cadere, neanche se ha di fronte l'essere umano più bello ch'esiste in tutto l'universo. 

Che poi, chi l'ha stabilito?!

La sua voce volò; in formazione perfetta con la voce più scura di Thomas e quella piena e duttile di Lucilla, la musica di Nicolas e William e il sortilegio che insieme riuscirono a creare, arrivò dritta al cuore degli avventori, e nel portafogli di chi aveva il potere di decretare il loro successo.

Quando uscirono di lì, avevano un calendario di eventi da far invidia ai gruppi emergenti del circondario più quotati sul mercato. Ciò un po' li esaltava, un po' li atterriva: non avrebbero più avuto un mercoledì sera libero fino all'8 giugno.

Lasciando il locale, ridevano sguaiati e parlavano ad alta voce. William teneva Lucilla per mano; sentì allentare la presa; gli sembrò di vederla sciogliersi e colare giù.

«Tienila, tienila!» Nicolas l'agguantò dall'altro lato.

«Sto bene, è solo un calo di zuccheri, ho cenato alle sei.»

Lucilla tornò eretta e si diresse verso la sua auto, frugando nella borsetta.

«Volete una caramella?»

Thomas la fiancheggiò. 

«Ce la fai a guidare?»

«Come no, non hai sentito? Sto bene.»

«Non hai detto niente a Willy e Nico? E ai tuoi?»

«Non c'è niente da dire. Non stasera.»

«Hai deciso?»

Lucilla aprì l'auto.

«Baci baci.»

«Ci mandi un messaggino appena sei a casa?»

«Va bene, fratellone

Nicolas le chiuse la portiera. Restò fermo a lato della strada fino a che non fece manovra e partì, poi si rivolse a William:

«La conosci meglio di me, come la vedi?»

«Fiacca.»

Si voltarono verso Thomas, ch'evitò i loro sguardi e si diresse verso l'auto di Nicolas.

«Abbiamo capito: hai dato la tua parola.»

«Tranquillo fratellone: è tutto sotto controllo.»

«Facci sapere se possiamo fare qualcosa.»

«Willy, sì: non le date l'ardello

«Amelia docet



Dopo la quarta notte insonne, Lucilla si sentiva: «Uno straccio. Ecco come deve stare Myriam, che non riesce mai a riposare».

Non le andava neppure di fare colazione:«Qualsiasi cosa mando giù, mi torna su».

Passò dalla camera al bagno solo per fare pipì. Passò dal bagno alla cucina; finse di non vedere le stoviglie accatastate nel lavandino; uscì sul balcone, ignorò le piante che chiedevano acqua, rientrò e tornò in camera.

Dall'ultimo cassetto del settimino tirò fuori costumi, top estivi e un portagioie, dando un'occhiata sghemba alla busta che vi stava sotto, quella che Claudio non aveva visto e "Non vedrà mai".

Posò il cofanetto sul comodino; sollevò il materasso, prese la chiave, legata alla rete con del fil di ferro, e l'aprì: c'era il cellulare, smontato. Andò a recuperare la scheda, in un borsellino, nella tasca interna d'un tascapane, dentro una valigia sul palchetto superiore dell'armoire.

«Sono proprio scema. Non sto lì a chiamarlo o a guardare se m'ha chiamata lui, ma non so nemmeno se m'ha cercata qualcun altro.»

Ricompose il cellulare e l'accese.

«Ecco qua: tre chiamate da mamma, due da papà, e cinque da Nicolas. Un messaggio di William, uno di Thomas, e uno di Walter. Forse era meglio se restava spento.»

Mandò un messaggio unico a Deborah e Mattia e uno cumulativo ai Cipì; lo stesso testo:

"Tutto ok stavo dormendo baci".

Scorse i numeri in rubrica e arrivò al suo.

«Chissà come sta. Si farà nuovi amici, una nuova morosa?»

Corse in bagno in preda alla nausea. Troppe domande senza risposta, alcune persino inutili, le ingombravano il tubo digerente e non le consentivano di digerire "Sta sconfitta".

Da una settimana bighellonava in baby doll, escogitando stratagemmi per imbrogliare la mente e farle credere che stava sognando e prima o poi si sarebbe svegliata. Doveva liberarsi. Liberò stomaco e intestino.

Bella lavata e cambiata, si stravaccò sul divano.

«Ora sì. Posso, devo, chiamare il Tonno

Walter rispose al primo squillo: «Eccoti. Come stai?»; fece segno a Godfried di prendere il carrello e andare avanti, e s'avviò verso una panchina.

«I Cipì hanno fatto la spia?»

«Sono preoccupati per te. Tutti lo siamo.»

«Esagerati! Non sono la prima e non sarò l'ultima che viene mollata di punto in bianco.»

«Lucy, hai saltato due serate; non è da te. Che succede?»

Bagnato dal sole caldo, Walter aveva freddo. Non gli piaceva ficcare il naso nella sua privacy e, se gli toccava di farle una ramanzina, dosava le parole: Lucilla è buona e cara, ma se le fai girar le scatole, non te le manda a dire.

«Mi parli da fratello o da Manager?»

«Da entrambi, se posso.»

«Sentiamo.»

«Da fratello, perché non ti riconosco, anche se capisco che hai preso una batosta e ti serve tempo. Come Manager, penso alle ripercussioni per te e per il gruppo.»

Lucilla raschiò lo smalto semipermamente dall'unghia d'un mignolo con quella del pollice.

«Hai detto bene, mi serve tempo. Ho cantato a tre matrimoni in cinque giorni, non solo alla cerimonia religiosa, ma anche al ricevimento, e sono durati un'eternità. Ero un po' stanca. Mi dispiace, non succederà più.»

«Tesoro, devi decidere cosa fare; non puoi continuare così: o ci sei o non ci sei. Mi fa male dirtelo, ma le cose si stanno facendo più serie, ora, e c'è in ballo una roba grande. Se ti vincoli per l'estate e non riesci a rispettare le date-»

«Ti faccio fare una bella figura di merda, lo so.»

«Non me ne frega niente della figura che ci faccio io. Non sarebbe un bel biglietto da visita per nessuno, neanche per te. Nicolas ci sta investendo un sacco, mi scoccerebbe mandare tutto a puttane.»

«Anch'io ci tengo e non vorrei mai essere d'intoppo ai ragazzi.»

Lucilla non sapeva più s'aveva voglia di piangere, urlare, spaccare il cellulare o mandare tutti a farsi friggere con olio extravergine d'oliva. Stava cercando di convincerli che stava bene; Claudio le aveva facilitato le cose; nessuno subodorava che a innescare un circolo vizioso di malori e inappetenza potesse essere anche altro.

«So che mia madre ti ha dato il numero d'un medico.»

«Che ti ha detto?»

Walter s'accorse del passaggio al falsetto nella voce di Lucilla.

«Che non stai bene. Non c'è niente di male. Prima di tutto viene la salute, è da fratello che te lo dico.»

«Ti riferisci alla salute fisica o mentale? Non sto andando fuori di testa.»

«Lucy, parlo seriamente. Lo hai chiamato?»

«Sì. Vado domani.»

Lucilla guardò le bollette sulla mensola dell'ingresso.

"Gas, elettricità, condominio. Dovrò comprare qualche vestito per la nuova stagione e ho finito la carta igienica."

«Non vedo l'ora di uscirne.»

«Mi fai sapere?»

«Okay.»

Walter raggiunse Godfried; stava prendendo i savoiardi per il tiramisù.

«Mi sa che ne hai bisogno.»

«Non è andata malaccio. Anche questa volta non me lo ha sbattuto in faccia.»

«Che cosa?»

«Che non mi devo impicciare, che sono solo il suo Manager.»

«Che dici? Sei anche suo fratello.»

«Un fratello a metà, con cui ha vissuto due settimane all'anno fino a nove anni fa. Ti ho fatto pure la rima.»

Godfried scosse la testa e gli tappò la bocca con la sua.



*Due piccoli quesiti*

1) Qual è la relazione di parentela tra Lucy e i  ragazzi?

2) Di chi si sta innamorando Alex? In questo capitolo c'è un piccolo indizio (involontario)


*Noticina*

Dare l'ardèllo: insistere eccessivamente, asfissiare.


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