5. Cose per cui vale la pena
Il canto delle cicale non è un vero canto, ma un suono alto, stridulo, monotono e continuo dovuto alla vibrazione di lamine poste sull'addome, amplificato da speciali camere d'aria grazie alle quali riecheggia tutt'intorno. Lo sentiamo soprattutto d'estate perché la popolazione è più numerosa e i maschi, che lo emettono in modo corale e ritmico, sono di più.
Myriam, abituata al traffico giorno e notte, ai tv accesi ad alto volume, ai passanti impegnati in monologhi senza fine al cellulare, quando ha la fortuna d'allontanarsi dalla città e spegnere tutto, s'immerge nella natura e ascolta.
Un asino che raglia.
Due cani che si salutano.
Una porta che si chiude.
Una tapparella che viene abbassata.
Alcuni passi sulla ghiaia.
Il cri, cri, cri, cri, cri, cri, cri, cri, cri, incessante, delle cicale, da cui rimane, inesorabilmente, affascinata.
Per i primi trenta secondi.
Poi la innervosisce.
Come tutt'i suoni ripetitivi: il tic tac tic tac tic tac dell'orologio; il clic clac clic clac clic clac clic clac clic clac del tasto d'una penna a scatto; il crosssssssssssssssh dell'acqua nel water del vicino, che sembra non terminare mai.
I suoni regolari, che perdurano nel tempo senza subire modifiche, così come lo sfarfallio delle candele, i cellulari accesi nel buio, le fanno venire l'emicrania. Per questo non va più nei pub, al cinema, a teatro e ovunque si possano trovare fattori di disturbo.
Qualcuno l'ha bollata come "Poco socievole". Qualcuno che non la conosceva affatto bene. Ma farsi conoscere bene significava parlare anche di quella parte di sé di cui non aveva voglia di parlare, né aveva ricevuto interesse ad ascoltarla.
Così lei era: "Quella che non spiccica una parola" o "Che viene in discoteca, ma resta tutta la serata seduta a guardare".
Vero, stava zitta, se si trattava d'argomenti su cui non aveva argomenti, o d'aneddoti altrui, raccontati uno dopo l'altro, senza porre domande, né dare risposte. Non interrompeva; ascoltava; cercava di estrapolare, in quella caterva di dati, le poche nozioni da conservare in archivio.
Come spiegare, poi, che avrebbe ballato tutta la notte, ma il caporeparto del reparto panetteria in cui lavorava da due settimane le aveva cambiato turno, l'indomani non avrebbe avuto il giorno di riposo previsto e non poteva rischiare una brachialgia o una sciatalgia o qualsiasi altra algia che possa colpire un corpo umano? Era uscita per stare in compagnia, come le donne normali, cosa che lei non era più tanto sicura d'essere.
Ha cominciato a dire: «No grazie, magari la prossima volta».
Più rifiutava gli inviti, meno ne riceveva. Alzava le spalle e andava avanti lo stesso. Erano poche le cose per cui valesse la pena farsi venire una contrattura muscolare o un forte mal di testa. Un concerto dei Cipì era sicuramente una di queste. Ne aveva persi troppi; non aveva voluto rinunciare.
Sotto al loro palco, si lasciò andare come non faceva da tempo immemore e, più il bell'Alex sbarrava gli occhi, più esagerava, vedendo i ragazzi ridere sotto i baffi e pure sopra: aveva la loro approvazione; questo la faceva stare bene.
Tutti si divertirono: lei, i Cipì, le persone che aveva accanto. Tutti. Tranne Valerio.
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