4. Una miccia pronta a esplodere


Walter non tornò a casa a dormire. Al suo rientro trovò una miccia pronta a esplodere. Gli bastò avvicinarsi a Godfried con un sorriso, per accenderla.

«Non fare il finto tonto! Non ne posso più!»

Era seduto a bere caffè amaro; scattò in piedi come una molla. Lo schiaffo che aveva nella mano destra si poggiò sul tavolo, per estinguersi nel legno di faggio.

Il sole del giorno prima era tornato e filtrava dalla serranda ancora abbassata. Mentre s'apprestava ad alzarla, Walter aggrottò le sopracciglia e storse leggermente la bocca in maniera affatto spontanea: «Cosa ti prende, ora?»

La luce, senza più ostacoli, se non leggere tende di trina bianca, rischiarò l'ambiente, ma non gli animi.

Walter si tolse il bomber e lo lanciò sul divano.

«Non hai ricevuto il messaggio?»

Per Godfried fu troppo: «Il lavoro in banca, il gruppo, che altro?»

Gli fissò gli occhi come se entrando in essi potesse scoprire chissà quale verità; era ora d'affrontarla.

Walter cercò di eludere quello sguardo indagatore; non era pronto a farlo arrivare fin lì dove lui stesso evitava d'arrivare.

«Il lavoro in banca è nutrimento per il corpo-»

Cercò di non alterarsi per arginare i danni, ma non riuscì a completare la frase.

«E il gruppo lo è per l'anima; sono anni che lo ripeti. Ma noi avevamo dei nostri progetti, hai dimenticato? Noi: io e te. Volevamo fare tante cose, viaggiare, mettere su famiglia. Non mangiamo insieme; non usciamo insieme, per un cinema o il compleanno d'un amico. Dove sono finiti i bei propositi, le belle parole? Dove siamo finiti?»

Walter si portò quattro dita alla fronte: «Rudolf».

L'aveva combinata grossa. Sentì i bronchi come ostruiti. Non aveva dimenticato i loro discorsi, i loro sogni; li aveva solo posticipati. "A quando?" Non lo sapeva nemmeno lui: "Forse... A mai?"

Le cose, una dietro all'altra, succedevano; n'era oberato, non poteva farci niente. Non voleva farci niente. Gli andava bene così.

Restò fermo e zitto; il diverbio si sarebbe estinto da sé: una tattica che aveva sempre funzionato.

Dalla sua posa, dagli occhi che divagavano senza mai incontrare i suoi, dal suo silenzio, Godfried capì che c'era davvero qualcosa di pericoloso, nell'intimo di Walter, che, se portato a galla, li avrebbe potuti distruggere.

Ebbe un tremito. Stava sfiorando il punto di non ritorno.

Perdere Walter era perdere l'aria, un braccio, una gamba, il cuore, Godfried stesso.

"Ha vinto lui, di nuovo."

Senza più una parola o un gesto, lasciò Walter a guardarsi i piedi e si chiuse nello studio. Non alzò la serranda né accese la striscia Led.

Davanti alla scrivania c'era la gigantografia d'un tramonto sul Mare del Nord, opera di Rudolf:«Se tu non vieni da noi, noi veniamo da te», aveva scritto sul retro.

Godfried avviò il computer, inserì gli auricolari e cercò di concentrarsi nell'ascolto d'una video-lezione.

«Ho deciso di studiare tedesco», se n'era uscito, durante una cena di tre anni prima; Walter non aveva capito perché, tuttavia "Non sempre ci deve essere un perché":

«È bello avere propri interessi e ambizioni».

Da allora, quando era arrabbiato, Godfried intercalava le discussioni con un «Prima o poi pianto tutto e vado in Germania!» che Walter comprendeva ancor meno.

"Perché non te ne torni in Olanda?" gli veniva voglia di gridagli, invece taceva, faceva il pieno d'ossigeno e tornava a guardare reportages sull'inquinamento, a leggere riviste economiche o a svolgere qualsiasi altra attività stesse svolgendo, lasciandolo sbollire da solo.

Godfried non se n'era ancora andato e in cuor suo Walter era certo che non l'avrebbe mai fatto; una certezza che qualche volta scricchiolava, ma preferiva non ascoltare rumori molesti che, per il momento, restavano in sottofondo.

Seppur dispiaciuto, non se ne curò più di tanto: avrebbero fatto la pace, "Come sempre!" Ci volle qualche ora in più del previsto, e Godfried gli rimostrò che non poteva fare a meno di lui.

Walter me lo raccontò sghignazzando; nulla di me esplicitò il mio dissenso.

M'angustiai per lui: solitamente solerte ed empatico, stava perdendo di vista la terra su cui poggiava i piedi, rischiando d'andare alla deriva; era troppo impegnato a convincersi d'essere felice, per ammettere cosa lo stesse bloccando.



*Facciamo due chiacchiere?!*

In questo capitolo vi ho mostrato il rapporto un po' burrascoso tra Walter e Godfried, a cui avevo accennato già nel secondo capitolo. 

Arrivati a questo punto, avete conosciuto i personaggi principali di questa storia. Vi siete fatti un'idea su di loro? C'è qualcuno che vi piace in particolar modo o qualcuno che non vi piace affatto?

Nelle prossime pagine vedremo quali saranno le intenzioni di Alex circa i CiPì: proporrà loro di seguirlo durante la tournée estiva, nonostante il rifiuto di Thomas di accettare le sue avances? E quale sarà, se ci sarà, il rapporto tra i due? Vi va di fare qualche supposizione?

Ogni commento o suggerimento sarò gradito e accettato come un dono <3


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