4. Il dolore che non si vede



Il telefono muggì alle sette del mattino; Maria Dolores era sveglia da più d'un'ora e dalla cucina arrivava odore di brodo di gallina.

Mi portò il cellulare e attivò il vivavoce.

«Roar», ruggì Mattia,«buongiorno. Oggi non passo a prenderti per Il giorno di Sally.»

Stava iniziando la stagione peggiore per Myriam, che amava il foliage, ma odiava i pruriti alla laringe e le gocciole al naso che l'autunno portava con sé.

L'umidità le aveva arrugginito le ossa.

«Porterò io fuori Sally per le passeggiate e più tardi accompagnerò Myriam da te.»

Quando arrivarono, Mattia non entrò neppure.

«Ho un appuntamento, tornerò tra un paio d'ore.»

Il clima non consentiva di stare fuori. L'aria frizzava sotto i nostri maglioni. Il cielo era scuro, ed erano solo le tre del pomeriggio.

Myriam chiese d'andare in camera mia e di sdraiarsi sul letto. Non potevo risponderle, ma la delicatezza nei miei confronti, il portarmi rispetto anche quando avrebbe potuto fare quel che voleva, mi faceva tanta tenerezza. Si coprì col plaid di pile e cominciò a leggere.



«Irrito fu il tentar di svagare il piccolo Luigi con l'aprirsi dell'anno scolastico.Quella di scienze era l'ora più infausta. Perduto nella ricordanza di Giacomo, contemplava il prato all'esterno della finestra e si domandava s'avrebbe egli gradito quell'aula con le pareti sgretolate e qualche ciuffo di muffa negli angoli. S'era rassegnato; il suo amico non c'era più, né gli era dato sapere chi avesse fatto in modo che ciò accadesse. Il colpevole era ancora impunito e nessuno comprendeva la sua costernazione. Aveva deciso di soffrire in silenzio, ostentando la gaiezza che s'aspettavan da lui. Ma sarebbe tornato, laddove s'era consumato il fattaccio, e avrebbe saputo. I pettegolezzi non tardano mai a reiterarsi, se ciò è cagione di sadico godimento.»



Myriam pronunciava le parole una a una, come se trovassero resistenza nel lasciare la glottide. Nello sfogliare le pagine, le mani s'inceppavano.

In banca, m'aveva informata Linda, non avevano riconosciuto la sua firma, su quella specie di tavoletta che ora usano al posto della carta stampata; i gomiti erano dolenti come se avessero appena avuto un frontale con un camion e le ginocchia si rifiutavano di tendersi, così che spesso camminava tenendole leggermente piegate. S'era recata dal dentista per un'otturazione, avevano dovuto farle tre iniezioni per anestetizzare il trigemino. S'era demoralizzata, ma non lo dava a vedere. A guardarla dalla mia sedia a rotelle, alla luce del mio lampadario di Murano, non sembrava affatto sofferente. Era una comune donna che aveva solo un po' di freddo e amava stare infagottata a leggere un libro e bere del tè.



«Mille congetture, nel contempo, animavano la sua mente di fanciullo, la quale passava in rassegna tutti gli attori potenzialmente coinvolti. La cameriera che al mattino recapitava le colazioni; la guardarobiera che s'occupava d'armadi e biancheria; il lustrascarpe che lustrava le scarpe a lui e al genitore; i facchini; i faccendieri. Non dispensava neppure madre e sorella che avevano dimostrato cotanta simpatia nei confronti del compianto. Ognuno per un motivo diverso, vecchi rancori o banali antipatie, avrebbe potuto avere abominevoli pensieri e metterli in atto in sua assenza. Ragionava assumendo l'aria da monello disattento alle lezioni, così nessuno avrebbe potuto vedere il suo dolore.»



Un dolore invisibile.

Nell'animo di Luigi; nel corpo di Myriam.

Come le mie emozioni.

Ciò non significa che non ci siano.

Quando venne a prendere Myriam, Mattia non scese dall'auto. Lei non reiterò il nostro appuntamento del giovedì, né mi disse quando sarebbe tornata.

"Torna presto", la pregai in silenzio.

Era urgente, per me, sapere: "Chi è l'assassino?"

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