4. Brutte parole per Linda
"Milf." Da uno stipetto ch'era stato di Walter, Linda prese il suo vecchio dizionario d'inglese, l'edizione del 1977, ristampata nel 1984. Sottolineando le righe con l'indice destro, lesse:
«Mild: mite, mansueto; mile: miglio; milk: latte; mill: mulino; milt: milza, latte di pesce".
Quel vocabolo con cui era stata aspersa fuori dalla macelleria, quasi che lei fosse una bestemmia, non c'era.
Nel corso degli anni, s'era trovata a essere:
-una "sciacquetta", per aver lavorato come lavapiatti e aver avuto un figlio con un esemplare maschio che non era suo marito;
-una "sfascia famiglie", per aver sposato l'uomo ch'era stato d'un'altra, fa niente che la famiglia fosse già sfasciata in partenza;
-una che "non sa nemmeno lei quello che vuole" per aver chiesto il divorzio un mese dopo i termini di legge.
Anche "matrigna", le era capitato di sentirsi dire; mai da Myriam.
Ora le toccava questo, che i diffamatori si modernizzano, ma sempre tali restano. Prese il cellulare e ne cercò il significato in internet; imparò che è l'acor, acromi, a-cro-ni-mo di Mother I'd Like to Fuck: "Madre che mi piacerebbe scopare".
Restò basita. Che attirasse uomini più giovani era un dato di fatto, forse per la costituzione, l'abbigliamento o l'aria sbarazzina. Nondimeno, le sarebbe piaciuto essere qualcosa di più d'una preda sessuale, né s'era mai vista bene nelle vesti d'una panterona, e Roberto, per lei, non era un gingillo; sperava che la cosa fosse reciproca.
Decise di prepararsi una tisana alla valeriana, al posto del tè nero con cui era solita fare colazione.
Non s'era mai fermata alle apparenze, né s'era mai preoccupata di come apparire; se questo epiteto la scosse più d'altri, fu perché madre l'era, e d'un uomo neanche tanto più piccolo di lei.
"Quanti anni ci passano tra me e Walter? E tra Walter e Roberto?"
Si scottò col bollitore che cominciava a fischiare.
Non ci aveva dormito tutta la notte; l'invito di William e Rossella era "Per Linda + 1".
"Le voci corrono, anche quando più vorresti tenerle a freno", anche in una città come Milano, se vivi e cresci e continui a vivere nella stessa zona: è un po' come essere in un piccolo paese, e fuori dalla chiesa le donne, non solo nonne, e forse non solo le donne, raccontano ciò che hanno visto o hanno creduto di vedere, e qualche volta ci azzeccano.
Roberto aveva in sé la bellezza dell'estremo oriente e dell'Africa Nera, e la mente aperta di chi è nato all'incrocio tra due culture; crescendo, s'era trovato immerso in una terza che non sempre l'aveva accolto con benemerenza, ma che non aveva mai respinto, assimilandone gli elementi che, a suo dire, l'arricchivano. Non professava alcuna religione, eppure non escludeva l'esistenza d'un essere superiore, magari proveniente da un'altra galassia, creatore dell'umanità e di tutti gli esseri viventi terrestri tramite clonazione, «Una sorta di scienziato che ogni tanto ammonisce le sue creature inviando parabole che non sono più in grado d'interpretare».
Myriam l'ascoltava, divertita, discorrere di questo o d'altri temi che spaziavano dalla filosofia alla politica alla medicina, senza mai imporre le sue convinzioni, mettendole in dubbio lui stesso e ammettendo le sue lacune. Sarebbe andato molto d'accordo con Walter, se solo si fosse decisa a parlargliene.
Guardò l'invito sul comò. Roberto era nella sua vita da più d'un anno. C'era entrato in punta di piedi, ma poi s'era preso tutto lo spazio che lei gli aveva concesso, senza lasciarne vuoto neanche un angolino, senza bussare alle porte chiuse. Non aveva preteso di conoscere la sua famiglia; le aveva solo detto che gli sarebbe piaciuto.
"Piacerebbe tanto anche a me. Walter non è un bambino. Capirà. Spero."
Al matrimonio era andata "da sola", che sola non sarebbe stata comunque, in mezzo alla nostra numerosa famiglia; al pranzo di Natale, però, desiderava averlo accanto.
«Mi vedo con un uomo.»
Linda non diede a Walter neanche il tempo di sedersi. Aveva scelto una panchina appartata nel parco vicino alla banca in cui lavorava e gli aveva mandato un messaggio:"Ti aspetto al solito posto", un modo infallibile per vedere, anche solo dieci minuti, quel figlio sempre tanto indaffarato.
«Perché lo dici come se fosse un'unghia incarnita?»
Walter prese posto accanto a lei, che stava di profilo, con metà viso in ombra e l'altra lucida di crema, "O di pianto?", al chiarore d'un lampione.
«È più piccolo di me. Di otto anni.»
«Quindi?»
«Mi chiamano Milf. Sai cosa vuol dire?»
Linda abbassò il capo e la voce a ogni frase.
Walter mantenne un tono fermo, non troppo alto, non troppo basso. Gli sembrava così gracile, curva, racchiusa su se stessa! Una figlia, più che una madre. Gli venne voglia d'abbracciarla e sgridarla allo stesso tempo.
«Da quando ci curiamo di cosa dice la gente?»
«A me interessa quello che pensi tu. Ha solo dieci anni più di te.»
Linda attese la risposta di suo figlio come potesse essere una sentenza; la temeva, ed era strano, perché Walter non aveva mai commentato le sue scelte.
Lui la guardò con tenerezza, contento che sua madre stesse vivendo una storia tanto importante da preoccuparsi del suo giudizio. Lei si strinse le braccia al busto, in un tremito non di freddo. Sopra le loro teste, le poche stelle che vincevano la forza delle luci cittadine stavano aspettando insieme a lei un nullaosta che Walter avrebbe timbrato col sangue, pur di vederla ridere.
«Ti ricordi quando papà m'ha beccato con Luigi? Il giorno dopo m'ha fatto una domanda, poi m'ha convinto a confidarmi con te. Fece la voce grossa: "Perbacco, non ci siamo mai nascosti, non cominceremo proprio adesso, ci siamo sempre detti tutto", e via dicendo. Un modo indiretto di farmi un discorso su cui aveva riflettuto tutta la notte.»
Lo sguardo di Linda da terra si spostò sulle labbra di Walter; non erano tese. Salì fino agli occhi; non erano limacciosi.
«Vado a letto con Luigi. Da due mesi. E non abbiamo intenzione di smettere.»
Per nulla scandalizzata, era ammutolita di fronte a quel ragazzone che non troppi anni prima cullava nelle braccia, che ad un tratto era un uomo, e faceva sesso.
«Mamma, guardami.»
Walter la riportò al presente.
«Ricordi cosa m'avete chiesto, tu e papà? Ora io lo chiedo a te.»
«Sì, amore, sono felice e tanto innamorata!»
L'abbraccio di Walter confortò Linda di qualsiasi cattiveria avesse subìto da ch'era stato concepito:
«Sei la mia fortuna più grande, lo sai?»
«Sì, però è anche ora che pensi a te stessa. Beh? Come si chiama? Cosa fa? Com'è?»
«Si chiama Roberto, è un mediatore linguistico, e faccio prima a presentartelo, così vedi da te. Se non ti offendi, vorrei presentarlo a tutti, al pranzo di famiglia.»
«Va benone; credo che non sarà l'unico posto a tavola d'aggiungere. Myriam verrà col bel dottorino, e ci sarà anche Luigi. A proposito, anche lui sembra aver trovato acqua per il suo mulino.»
Walter si alzò in piedi, aggiustò i pantaloni e il bomber e tese una mano a sua madre, che la prese per alzarsi e non la lasciò per tutto il percorso fino alla fermata della metro.
«E ora eccoci qua, io con Godfried che forse forse stiamo ingranando la marcia giusta, e lui con Rudolf. Se penso alle occasioni che ci sono state... Invece, dove vanno a sbattere muso a muso? In discoteca! Mannaggia, se si fossero accalappiati prima... Quanto tempo sprecato!»
«Ricordi cosa diceva Amelia?»
«Ogni cosa al momento giusto e...»
«Il fungo nato va davanti a chi è destinato.»
«Strada lunga e fruttuosa.»
«E che vivano tutti felici e contenti.»
«Così sia.»
«Amen.»
Sorrisero dolci sorrisi, gli stessi che avevano, ognuno in un orario diverso, quando passarono a trovarmi, non solo loro, ma anche tutti gli altri personaggi ancora in vita di questa storia (tranne Valerio, di cui, sia ringraziato il cielo, non s'è saputo più nulla).
Quanto avrei voluto buttare fuori tutta l'aria trattenuta, emettendo gridolini di gioia, nel vederli così... si può dire... "risolti"?
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