3. Nuovi progetti


Le luci erano spente e le finestre chiuse. L'immondizia era stata gettata, i piatti lavati e i panni bagnati messi a stendere in camera da letto. Thomas era fermo in corridoio, col giubbetto abbottonato per metà e le chiavi in mano, pronto a uscire in tempo, per non beccare traffico.

Si guardò allo specchio; asciugò una sbavatura di matita nera sotto l'occhio destro e ricacciò un paio di ciocche dietro le orecchie: stava provando a far crescere i capelli come Nicolas; s'era già pentito: "A zero, dopo il Concerto li raso a zero".

«Scendo», disse a voce alta, rivolto alla porta del bagno, «comincio a riscaldare il macinino».

Abbassò la maniglia della porta d'ingresso.

Cra-cra

«Come non detto: il treno è in ritardo, ti aspetto qui.»

Posò le chiavi, si mise sul divano a gambe incrociate e inviò un messaggio a sua madre per avvisarla.

Alex uscì dal bagno sbarbato e profumato, vestito di nero dalla maglia della salute alle scarpe, ma con un foulard grigio a righine orizzontali nere e ciclamino.

Thomas si alzò per annusarlo e baciarlo. 

«Dove pensi d'andare, tu, bello così?»

«Dall'unica donna che mi fa battere forte il cuore», gli rispose, ridendo.

«Ah, m'arrendo, nessuno può competere con lei. Che dici, cominciamo a muoverci? Magari il treno recupera. Sai che non inizierebbe mai senza di noi.»

Anche questa è una delle mie regole: non si mangia finché non s'è tutti, seduti comodi e composti, attorno al tavolo.

Si avviarono con calma; arrivarono vicino alla Stazione Centrale e parcheggiarono in un angolino, davanti all'internet point che avevano dato come riferimento. Aspettarono fuori dall'auto, al sole; appoggiati al cofano, guardavano i piccioni beccare ai piedi dei turisti.

Thomas aveva tolto il giubbotto. Indossava jeans skinny grigi e un maglione a collo alto dello stesso colore; ai piedi portava un paio di scarpe da ginnastica verde militare.

Filippo lo riconobbe subito ed ebbe un tuffo al cuore. Manuel se ne accorse, come sempre, ma non n'era più spaventato, anzi, gli faceva tenerezza.

«Eccoli.» Alex fu il primo a vederli.

Si salutarono con le mani alzate, già da lontano; baci e abbracci e corsero da me, per occupare i posti a loro assegnati, una coppia di fronte all'altra.

Li osservai a lungo. A loro modo, formavano un bel quartetto. All'inizio stettero un po' rigidi; non so se gli altri se ne accorsero: dall'esterno, i nuovi ospiti potevano sembrare dei "cari amici" e niente di più; invece, per loro scelta, tutti sapevano, e io li vedevo così belli! Piccoli diamanti frastagliati, sempre più forti, nelle loro pittoresche e pregevoli sfaccettature.

Thomas, meno irrequieto e un po' ingrassato, sembra più adulto. Lavora: organizza corsi di formazione per disoccupati; svolge volontariato: insegna italiano agli stranieri, insieme a Roberto; suona, canta, fa ancora le scale a piedi per mantenersi in forma. La mano spostata verso il centro, in quel foglio bianco in cui stanno scrivendo la loro storia, non ha mai lasciato casa di Alex, che ora è sua per metà, anche se non si sono ancora sposati.

Al contrario, Filippo e Manuel hanno declamato le loro promesse nuziali il 18 agosto 2018 nel corso di una cerimonia semplice a cui ha partecipato tutto il paese. Hanno voluto Thomas come testimone; insieme a Cosimo, il vicino artista, con cui hanno stretto amicizia.

«Non è uno squinternato, ed è anche più giovane di come avevamo creduto», ci spiegò Manuel.  «Lavorava come Dirigente per un'Azienda che rendeva tanto, ma che avrebbe reso di più all'estero. È tornato al paese depresso e con pochi risparmi; l'arte è stata la scialuppa di salvataggio dall'alcool. Mi serviva una mano all'edicola, me lo hanno raccomandato in tanti, e ora lavora con me. Ha tagliato barba e capelli, ha comprato abiti nuovi, sembra un'altra persona.»

«Non è neanche più tanto solo, da quando Leo, il veterinario, si occupa di Rosbif, "tanto bisognoso di cure, povero micino"», aggiunse Filippo. «Ha l'auto dal meccanico, per questo gli abbiamo prestato la nostra e siamo venuti in treno.»

«Quanto avete impiegato?» chiese Myriam.

«In tutto, con il ritardo e i due cambi, sei ore.»

Era la prima volta che sedevano al nostro pranzo, invitati da Alex:«Ormai fate parte della famiglia e vi voglio in tribuna d'onore al concerto di Capodanno».

Avevano accettato, commossi e timorosi; ancora increduli di tanta fortuna, furono accolti come sempre avviene nel nostro grande albero: con curiosità e calore. Tra un boccone e l'altro si rilassarono e gli estranei, attorno, diventarono amici.

Dalla sera in cui si sono chiariti davanti a un mojito e un daiquiri, Thomas e Filippo si vedono con regolarità, spronati e sostenuti da Alex e Manuel, «Perché vi fa bene».

Ci hanno pensato e ripensato e, insieme, hanno deciso: sono ricorsi a un esperto per sondare le emozioni più profonde che i ricordi suscitavano.

Rabbia, sopita per troppo tempo e confusa in una falsa alzata di spalle. Delusione latente, pronta ad anticipare attacchi e contrattacchi che non avevano ragione d'essere. Rimorso. Rancore. Paura.

Le stanno elaborando, per gestirle e uscire del tutto da quel bosco in cui una parte di loro è ancora a terra a prendere o a dare botte.

Perché Thomas non abbia la tentazione di strangolarlo e Filippo smetta di dare le testate contro il muro. Lui a Thomas non l'aveva toccato,«Ma neppure difeso».

L'errore commesso resterà. In Thomas che l'ha subìto, in Filippo che l'ha agito e, in qualche modo, subìto egli stesso. Dovranno imparare a trasformare il male in bene, rendendolo costruttivo, e istruttivo.

Se a quel ch'è accaduto non si può rimediare, potranno aiutare tanti potenziali Filippo a capire qual è il nodo da cui scaturisce la violenza, a scioglierlo, e a farne un fiocco.

Filippo ne ha fatto una missione. Qualcuno lo ha sbeffeggiato: «Sei troppo sentimentale, è un'utopia».

A lui basta guardare il sorriso di Thomas che sorride ad Alex, e il sorriso di Manuel che sorride a lui, e fa quel che può. Ci crede e non mollerà neanche davanti a chi transenna la strada, che «Nella mia scuola non entri». Aspetterà fuori. Ora sa cosa può fare e, pian piano, sta riacquistando la serenità.

Tra una bruschetta al pomodoro, una fetta di lonza e un carciofino sott'olio, lui e Manuel hanno giocato tanto col piccolo Yuri. 

La conoscete Seta setòla? Sedia sediola, in italiano.

Manuel, da seduto, se l'è messo di fronte, sulle ginocchia. Tenendolo per le mani, lo ha fatto andare avanti e indietro con la schiena.


«Seta setola Yuri va a la scola

Va a la scola col canestrello

pieno pieno de pizzutello,

la maestra je fa festa

e lo butta dalla finestra.»


Arrivato all'ultima strofa, gli ha fatto inarcare la schiena fino a far ciondolare la testa, poi lo ha tirato su.

«Ancoa, ancoa!»

Filippo ha preso una ruspa di plastica gialla.

 «Raccogliamo i mattoncini e costruiamo una casetta?»

«Sì! Come nonno Ttia!»

Sono riusciti anche a fargli mangiare due frittelle di mele, prima che si addormentasse esausto.

«Che bravi, che siete! Devo prepararmi a fare anche da padrino?»

Thomas, che non lo giustifica, ma lo comprende, ha deciso di guardare con nuovi occhi al nuovo Filippo che gli tende la mano, e di stringerla, tirandolo a sé e abbracciandolo. Andrà anche lui nelle scuole, sarà al suo fianco, quando racconterà quella storia che avrebbe voluto dimenticare e, invece:«Sto pensando di scriverci un libro. "Io e Filippo, due facce della stessa fobia.

Filippo, davanti a un piatto di fettuccine fatte a mano da Lucilla, è diventato dello stesso colore del ragù.

«Non vedo l'ora di presentarlo!»

«Come corri! Piuttosto, m'aiuterai a scriverlo?»

Filippo non ha risposto, mentre stringeva la mano a Manuel; con la testa ha fatto cenno di sì.

Mattia ha proposto un brindisi, il primo d'una lunga serie, per ristabilire nell'ambiente un'alta gradazione di frivolezza, e perché ha visto Anna rabbuiarsi, nell'udire la parola tabù.



In tutte le sue declinazioni, i suoi sinonimi, riferimenti e associazioni d'idee: Anna cambiava umore al suono d'ogni verbo, sostantivo o aggettivo che riportasse alla mente l'azione di "avanzare con andatura veloce, sollevando un piede prima d'aver appoggiato l'altro".

Guardò Jacopo, che si ingozzava come se non mangiasse da giorni. Mirko, accanto a lui, scartava i piselli dal condimento; ha di nuovo Ilenia tatuato sul collo e s'è beccato uno scappellotto da Sergio quando, per scherzo, gli ha detto:« È indelebile, questa volta».

Sono il ritratto della salute e dell'allegria; hanno ritrovato la sintonia che pareva perduta e hanno ripreso il filo interrotto dei loro sogni.

Jacopo non nasconde più i suoi disegni. 

«Mirko, per favore, vai a prendere i nostri lavori.»

«Agli ordini, capitano. Fammi finire questo cosciotto di pollo, se no mi si raffredda.»

Mirko non sempre l'asseconda; lo aiuta, ma non lo vizia, e lo spalleggia nel braccio di ferro con Sergio sull'altro argomento tabù: la patente.

Sono complementari, come lo sono sempre stati, un po' più complici e disponibili l'uno con l'altro, ma non hanno smesso di litigare. Le differenze, tra loro, si sono fatte più marcate, come le somiglianze. Ci sono cose che non fanno più, altre le fanno meno, altre ancora le hanno appena scoperte.

Jacopo non corre, anche se ha la carrozzella a motore. Ha spesso ai piedi le scarpe da running regalate da Walter; dice che gli hanno portato fortuna, che gli sarebbe potuta andare peggio. Si guarda attorno senza fretta, assorbe l'ambiente, studia le persone, dedica loro la sua attenzione. Anche Mirko ha rallentato il passo per stare al suo passo e s'è accorto che "lento è bello". Non hanno rinunciato alla Stramilano, troveranno il modo di correre ancora. Intanto, assaporano la giovane vita, non la prendono più a morsi ingollati, fermano gli attimi su carta e su video; Mirko scrive storie, Jacopo le trasforma in 3D.

«Aspettate di finire di mangiare, che vi s'unge tutto.»

Anna, entusiasta dell'entusiasmo di quelli che per lei sono ancora "i miei bambini", sfoggiò il suo proverbiale senso pratico.

Mirko attese la pausa di metà pranzo, quella in cui cercavamo di far posto nella pancia a quanto sarebbe comparso ancora in pentole, vassoi e insalatiere, per andare a lavarsi le mani e portare giù il notebook di Jacopo, che usavano entrambi per il loro progetto.

Che fossero bravi, l'ho sempre saputo, per partito preso. Ma...

Le sfumature dei tronchi, delle foglie e dei fiori.

Le rime tra i rami e i raggi di sole.

Il passerotto con l'ala spezzata.

Che trova riparo in quel buco nella corteccia da cui ha spiccato il suo primo volo.

Che mette il becco fuori, poi la zampetta.

Incitato da tutti gli uccellini della foresta.

E si mette a volare!

Quale sublimità!

Non immaginate acquerelli e frasi sdolcinate; tutto era tradotto nel loro linguaggio: quello dei videogames, con livelli da raggiungere, ostacoli da superare, premi e vite da conquistare... e meglio, scusatemi, non ve lo saprei spiegare.

Rimasi incantata, meravigliata della mia stessa meraviglia. Dopotutto, l'ho detto, che la mia è una famiglia stra-ordinaria! Come tante.



*Facciamo due chiacchiere? !*

In questo capitolo, Amelia ci ha aggiornati circa le condizioni dei suoi rami più feriti. Cosa ne pensate dei progetti di Thomas e Filippo, di Jacopo e Mirko? Sono credibili? Ricordate, in ogni caso, che questa è una favola... Ma come sarebbe bello... Se fosse vero? Trasformare il male in bene, le ferite in opportunità... Io lo credo possibile, e voi?


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