3. Mattia, donne e figli
Linda e Mattia si conoscono da quando erano lattanti: stesso quartiere, stesso pediatra, stesse scuole. Non avevano ancora terminato il liceo, quando nacque Walter. Il tempo di comprendere che il loro non era un casto sollazzo, e già se n'erano stufati. Se ne sarebbero dimenticati in fretta; invece, in fretta son cresciuti, due ragazzini, con un bimbo da crescere.
«Linda avrà un bambino», annunciò Mattia, mentre eravamo a tavola e guardavamo il Tg delle 20:00.
«Ha appena compiuto diciotto anni; alla maturità manca poco», risposi, con noncuranza. La mia minestra si raffreddò prima che potessi metterne in bocca un'altra cucchiaiata.
«Dice ch'è stato il mio regalo di compleanno.»
«Tu e Linda state insieme?»
«Macché.»
Il silenzio che calò fu ancora più pesante quando Vito spense il televisore. Prese il tovagliolo e si pulì le labbra umide di brodo. La sua gola era secca.
«Cosa ti ho insegnato? Le tue azioni?» Il tovagliolo stretto nel pugno, la sua voce non variò d'un semitono.
«Possono avere delle conseguenze.»
«Che ti devi?»
«Accollare.»
«Perciò?»
«Sarò il papà.»
«Sarai il papà. Ma ascoltami bene: non pensare di trascurare la scuola; nel tempo libero, poi, verrai a lavorare con me, così t'impari anche un mestiere.»
Mattia s'abbacchiò. Non l'avevamo picchiato, ma la sensazione d'averci deluso gli faceva più male; lo lessi nei suoi occhi vacui, fissi sul piatto ancora pieno. A che pro, rimproverarlo?
«Bene, Amelia, come vorrai essere chiamata da questo bambino? Vado a telefonare al padre di Linda, sarà il caso di fargli una visita.»
Vito, sornione, lasciò cadere il tovagliolo e andò a compiere quello che riteneva essere il suo dovere.
Non ci furono sceneggiate; Walter nacque ed ebbe la sua bella festa e io, che non avevo ancora finito con Mattia, mi ritrovai con un altro pargolo d'accudire, per dare tempo ai suoi genitori di diventare adulti e ai nonni materni di svolgere le relative professioni senza intralcio.
Mattia era felice come se avesse ricevuto da Babbo Natale il giocattolo più bello che gli elfi potessero confezionare:«Sembra un bambolotto.»
Imparò a tenerlo in braccio, cambiarlo, lavarlo, vestirlo e a dargli da mangiare.
Si diplomò a pieni voti e continuò a lavorare con Vito: «Voglio guadagnarmeli i soldi che voi e i genitori di Linda spendete per nostro figlio.»
I primi tempi lo fece come fosse una penitenza, alzandosi all'ultimo minuto e sbuffando a ogni sacco di cemento da caricare sulle spalle o a ogni carriola di macerie da spostare; non sopportava di sporcarsi, avere le mani graffiate e piene di calli, e crollare sul letto a metà sigla di Quark.
Poi una sera tornò a casa con particolare appetito.
«Oggi abbiamo consegnato la Villa ai signori Ferri; è proprio come la volevano loro.»
Cominciava ad apprezzare il suo ruolo, benché minimo e faticoso, nella realizzazione d'un progetto più grande, e chiese d'imparare a usare i materiali e le attrezzature.
«Ho capito cosa voglio fare da grande: voglio costruire case.»
La soddisfazione che ne traeva era seconda solo a quella che gli gonfiava il petto di fronte ai primi passi, alle prime parole, ai primi successi scolastici del suo piccolo grande tesoro piscione.
Tuttora costruisce case: ha tirato su i palazzi in cui stanno i bilocali con cucina abitabile di Lucilla e di Myriam; ha dato forma e sostanza al disegno di William per la villetta dei Cipì; dopo la morte di Vito, ha ristrutturato la mia grande casa, «Come avrebbe fatto lui, s'avess'avuto tempo».
Anche il nuovo appartamento di Linda porta la sua impronta: «Mi fido solo di te. Sai che sei l'unico uomo ad avere le mie chiavi di casa?»
Finché Walter è rimasto con lei, Mattia poteva usarle quando voleva e anche dopo lui non l'ha restituite, lei non l'ha chieste e va bene a tutt'e due così. Linda si sente più sicura: sa che in caso di necessità sarebbe capace di surfare su onde mostruose di oceani incazzati o di scalare aride montagne pizzute, pur di correre da lei.
In tutti questi anni hanno tenuto rapporti civili e affettuosi e non c'è stata festa comandata in cui Walter sia stato conteso o ignorato, neanche quando sono arrivati tutti gli altri.
Linda ha accolto in casa Myriam, dopo avene sposato il padre, e l'ha tenuta anche quando del matrimonio non era rimasta che una cicca nel posacenere.
Mattia è diventato padre per la seconda, terza e quarta volta, amando alla follia le mamme dei suoi figli e promettendo all'una e all'altra che avrebbero vissuto per sempre insieme felici e contenti. Ma la vita vera non è una favola e a volte serve fare delle prove per trovare la formula giusta.
Il matrimonio con Anna è durato il tempo di far nascere il tanto desiderato frutto dell'amore. Ciò non è stato sufficiente per avvicinare due persone troppo distanti.
Nicolas aveva due anni, quando nacque l'inaspettato frutto d'un amore nuovo, che dura tuttora: Mattia sposò Deborah un mese dopo il settimo compleanno di William, qualche settimana prima che Lucilla venisse al mondo. Walter, ch'era nel bel mezzo d'una tempesta ormonale e aveva quattro nonni, un padre, una madre e due matrigne a fare a gara nel coccolarlo, si sentiva sempre più solo.
*N.B.*
"Bene, Amelia, come vorrai essere chiamata da questo bambino?"
Forse questa frase potrà sembrare un po' strana, ma ha un senso: non è scontato che Amelia sia chiamata "nonna" dal bambino che sta per nascere. Se avrete la pazienza e il piacere di andare avanti nella lettura, molto avanti, scoprirete perché :-)
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