3. Mare calmo
Chiudo gli occhi e degusto la tranquillità d'un respiro regolare. Il mare è calmo dentro me, ora.
Mi piace pensare a Thomas che sgombra l'anima da cattivi pensieri e lascia spazio alla serenità.
Mi piace immaginare Alex che si perde nei suoi occhi e nel suo effluvio e ritrova sensazioni che credeva congelate per sempre. Passeggia sulla spiaggia, gira in tondo, come se non sapesse che direzione prendere, quando una sola è quella in cui vorrebbe andare.
Thomas lo guarda. Ha paura di vederlo andare via, di poterlo dimenticare, come uno sboffo di fumo che si dissolve pian piano verso l'alto.
Alex non se ne va. Lo guarda. In un attimo è con lui.
Gracili e forti allo stesso tempo, sono due giunchi che non si arrendono al vento; centimetro dopo centimetro, si avvicinano e si sostengono, seduti su scogli gemelli, a rimirare meches di luna su onde di zaffiri.
Ciò, avveniva, in quelle sere d'appuntamenti muti: Thomas si avviava sulla spiaggia, verso una panchina o sugli scalini d'una chiesa, per restare solo con la sua solitudine e i suoi pensieri, e perché Alex lo seguisse; non so se questo, Alex, lo abbia mai saputo. Non poteva fare altro che seguirlo; Thomas non protestava e la routine fa presto a insediarsi laddove crea una qualche sorta di sicurezza.
La sicurezza per Thomas che Alex c'era.
La certezza per Alex che Thomas aveva smesso di retrocedere.
Non ci furono grandi conversazioni. Il loro legame si cementava nella condivisione di spazi e orizzonti; e in mani e gambe che si rasentavano in un preambolo di comunicazione ch'era meglio non avviare se la conclusione non poteva ch'essere sempre la stessa.
Rimanevano così lunghi minuti intensi di silenzio. Spalla a spalla. Ginocchio a ginocchio. Ad ascoltare i sussurri del mare e i battiti di cuore. A inspirare aria salata e profumo di pelle e capelli. Ad accarezzare con lo sguardo l'ombra di lineamenti imprecisi. Finché la stanchezza non aveva la meglio e si avviavano, come d'accordo, verso gli alloggi, per dormire ognuno nella sua stanza, sognando l'uno l'altro, separati da una parete e dal muro dei no autoimposti.
Thomas me lo raccontò come uno degli episodi più belli della sua vita. Alex non faceva pressione e a lui andava bene così. Vecchie ansie risorgevano da polvere mai volata nel vento, tra i farmaci e le sedute di psicoterapia. Se qualcosa di rimarchevole s'apprestava a nascere, doveva essere a piccoli passi, affinché non sentisse l'istinto di dileguarsi per non essere trafitto.
A loro insaputa, qualcuno li osservava; non era Nicolas: interessato solo alla musica, si godeva il suo momento di gloria.
«I concerti, tutti memorabili. Ma quello del 7 agosto non lo scorderemo mai!»
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