3. Le canzoni nel cassetto


Nicolas non tornava spesso a La Fattoria, non per restarci. Come Thomas, poteva presentarsi quando voleva senza avvertire e il suo posto a tavola era il numero sei; ma la vita di campagna gli è sempre stata stretta: «Troppo tranquilla, troppo isolata, troppo complicato allontanartene, se non hai un tuo mezzo o non ti piace guidare».

Da Milano, poteva prendere il treno e andare ovunque; non gli importava dove, purché fosse: «Da qualsiasi altra parte».

S'era trasferito in città dopo il diploma accademico di secondo livello, ma non da suo padre.

Aveva preso una stanza in un quadrilocale insieme a uno studente e due dottorandi e si manteneva con qualche lavoretto saltuario, suonando e dando lezioni di solfeggio, chitarra, tastiera e pianoforte.

Cambiò coinquilini sei volte; tacitò l'orgoglio e chiese a Mattia: «Una mano, e qualche soldo», per realizzare la villetta bianca architettata da William.

L'avevano abbozzata insieme, loro due, Thomas e Rossella, per vincere l'inedia una sera ch'erano da me, costretti in casa dal tempaccio.

In quella villetta s'era sentito diverso.

Poteva illudersi d'essere migliore.

I muri e il tetto non erano stati testimoni dei suoi capricci, quando s'incaponiva che William non doveva dormire in camera con Thomas.

I pavimenti non erano stati scossi dai suoi piedi pestati per terra, perché: «Sono maggiorenne da un pezzo e mi sembra ora d'andare in vacanza per conto mio. Posso portarmi dietro Willy, se proprio devo, ma non Thomas che è un moccioso».

Per non fargli pesare la sua assenza, Thomas era stato mandato, da solo, dove nessuno l'aveva protetto.

"Non posso fare niente per far sparire i lividi."

A La Fattoria, tutto gli parlava dei suoi lati oscuri, delle sue gelosie, di cui si vergognava, e dei suoi sensi di colpa, di cui non riusciva a liberarsi.

C'era andato per prendere Thomas dopo la "crisi con Alex"; ci tornava a prendere gli strumenti, o a suonare nel Rifugio, unico luogo neutro in cui i suoi demoni perdevano lo scettro.

I gemelli erano a scuola, Anna e Sergio all'ortomercato.

"Meglio così. Niente domande a cui dover dare risposte. A cose fatte, sì, ma non prima d'aver tutto in mano."

La sua camera era come l'aveva lasciata, con le persiane accapannate. Sulla scrivania c'erano disegni non suoi.

"Forse non sono l'unico, qui, ad avere dei segreti."

Guardò quel cassetto chiuso a chiave in cui custodiva la sua rabbia e il suo dolore: le canzoni che nessuno della famiglia aveva mai ascoltato.

Poche frasi, vergate in un taccuino, su cui aveva costruito qualche giro di Do. Aveva deciso di riempirle di suoni, nello stile dei Cipì, che ben si amalgamava a quello di Alex, e di renderle pubbliche. Delle tante che aveva scritto, erano quelle che suonava con più trasporto, che gli vibravano in ogni muscolo delle dita, e rendevano il vecchio pianoforte nel garage un marchingegno in grado di creare soave aura imbibita di poesia. Io e Alex eravamo gli unici ad aver avuto il privilegio d'ascoltarne un paio o due.

"Ha detto che si può fare. Non può essere per portarsi a letto mio fratello. Che se pure ci riuscisse, sarebbe la riprova che Thomas sta benone. Gli sono piaciute e ne vuole altre."

Le sue mani tremavano; la sua voglia di uscire dall'ombra era tanta, ma se qualcuno avesse capito da dove nascevano, quale storia si portavano dentro? Le aveva scritte per lui, per esorcizzare il male che lo aveva colpito a causa sua, e mitigare il peso che si portava sullo stomaco.

Era tutto quanto poteva, e sapeva, fare. A distanza di anni, sperava che non se ne accorgesse, o che non gli dessero noia.

Aprì il cassetto per tirarne fuori testi e spartiti e li raccolse in una cartellina, prima di richiudere il cassetto, la porta della camera, la porta di casa, la portiera dell'auto e il cancello, determinato a darsi una chance.



«Per ora vi ho portato queste. Poi, ovviamente, aggiungiamo anche i vostri nomi, come abbiamo sempre fatto. Se vi piacciono.»

Nicolas mostrò ad Alex e ai suoi fratelli la cartellina che aveva preparato:


Spettro, Autunno, Cambiano colore, e altre canzoni. 

Parole e note di Nicolas Cristalli


Le lessero insieme, nel piccolo teatro di periferia ch'era il loro spazio di condivisione.


«Tra i tanti spettri del passato

uno solo è incerto a scomparire.

Un pensiero fra mille pensieri.

Un'emozione fra mille emozioni.

Per cosa piangono i miei occhi?

Per lo spettro d'un batticuore

che non vuole andare via.»


Thomas si accorse che Nicolas teneva le dita incrociate dietro la schiena.


«Foglie secche cadono

come affetti saturi

di delusioni e scricchiolii.

I rami scarni attendono

nuove speranze

in cui credono ancora.»


"L'ha scritte per me."


«Scricchiolano

pensieri tinti di rosso.

Scricchiolano

passi infangati di fresco.

Scricchiolano

parole abbandonate sull'asfalto.

Non muoiono i sentimenti,

solo cambiano colore.

Io amo.»


Scelse Ghiaccio, che voi conoscete già, e prese la kora.

Alex annuì e intonò la prima strofa.

William tenne il tempo con i piedi.

Nicolas sciolse le mani e si avvicinò ai tasti del pianoforte.

Andarono avanti un'ora piena, tra limature e annotazioni.

Alex aveva "dato il La", nessuno li avrebbe più fermati.

O, almeno, così credevano.



Per giorni e settimane, furono molto impegnati.

Chi a tempo pieno, chi nel tempo libero.

Chi nel tempo che sottraeva all'amore.

Come Walter.

«Non ti vogliamo più solo come manager, bonghi e tamburelli ti aspettano.»

Non se l'era fatto ripetere una terza volta.

Godfried non n'era stato affatto contento.

Aveva atteso per mesi: i piccoli eventi da definire, i concerti.

"Finirà prima o poi e tornerà ad accorgersi di me."

Non solo non finiva, ma aumentava.

Come l'acredine, la distanza tra lui e Walter, le interiezioni che, sempre di più, davano rumore alle sue cene in solitaria.



* Domandina*

Chi disegna di nascosto in camera di Nicolas?


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