3. Lacrime per Jacopo
I tre muri ricoperti di piastrelle avorio e l'anta scorrevole in acrilico bianco erano una nicchia protettiva che conteneva il suo corpo e la sua disperazione.
Thomas si sentiva aderire al collo, come una cravatta troppo stretta, quell'atroce senso di impotenza che soffoca chi sa di non poter fare nulla per cambiare le cose: forse pregare o spaccare tutto. Tirare pugni non sarebbe servito a niente, e non ne aveva neanche la forza. Invocare tutta l'energia positiva dell'universo sarebbe stata un'opzione, se solo ci avesse creduto.
Lasciò scivolare la schiena lungo la parete fino a poggiarsi a terra, con i gomiti puntati sulle ginocchia, le mani fra i capelli e il viso dritto in avanti. L'acqua scendeva calda insieme alle lacrime e al doccia shampoo offerto dall'Hotel. La guardò scorrere e sparire nello scarico, come il tempo perduto, sottratto a qualcosa che sarebbe potuta essere e che rischiava di non poter essere più.
E allora Jacopo, tutto a un tratto, assumeva quell'insieme d'allegorie mai colte prima: troppo preso dalla vita per rendersene conto.
Una virgola in un testo fatto di parole rivolte ad altri.
Un ritaglio di giornale nella cronaca quotidiana.
Il disegno che non aveva mai trovato il tempo di farsi fare.
La lezione di guida che gli aveva promesso e «Sì, dai, un giorno andiamo a farci un giro».
Una felpa dimenticata un pomeriggio che «Sono di passaggio, scappo via subito» e l'incontro fugace d'una sera per restituirla, mentre era già con un piede sul primo gradino del tram.
Una serie di occasioni mancate e forse era tardi per avere un'altra occasione.
Jacopo.
Pane e burro.
Chicco di riso.
Germoglio di soia.
Mosto d'uva fragola.
Aveva dato i primi morsi alla vita, l'aveva appena assaggiata, e già si sentiva grande: «Sono un uomo, ormai, quale bacio della buonanotte». Solo da Thomas accettava solletico e tenerezze. Quanto avrebbe voluto scompigliargli i capelli! Se li era rasati a zero per scommessa, o per protesta.
Era il suo piccolo ribelle, simpatico e sbruffone. Dolce, quando voleva. Divertente e irreverente. Faceva dannare, ma sapeva farsi perdonare, con quel suo sorriso aperto d'aperta sfrontatezza, e la floridezza tipica della sua età. Uno spirito libero. Che se ne fotteva delle buone maniere. Che correva controvento e nuotava sfidando la corrente. E infrangeva le regole.
«Jacopo!» urlò, nell'illusione che lo potesse sentire. Ma non un suono uscì dalla bocca aperta.
Avrebbe voluto il teletrasporto per arrivargli vicino, cullarlo e chiedergli scusa per tutte le volte che non c'era stato. Che forse a Jacopo neanch'era importato, ma a lui sì. Perché: «Non mi lasciare, Jajo, ti prego! Faremo tutto quello che vuoi, te lo prometto!»
Nella gola rintronava il suo nome. Del cuore aveva usurpato tutt'i miociti. La mente era percorsa da ricordi inarrestabili. Il pensiero cosciente era completamente canalizzato su di lui.
Null'altro c'era. Non il suo corpo né l'acqua o le mattonelle, o Alex fuori dal bagno.
Solo lui.
Jacopo.
Che non allacciava mai il casco.
*Domandina*
Qualche idea su Jacopo?
In questo capitolo ci alcuni indizi...
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