2. Un nome in codice
Spostandosi, su strada o su rotaia, verso sud lungo la costa, Thomas e Alex cambiarono albergo tre volte, trovando ovunque la stessa atmosfera festosa lasciata a Milano: luminarie, mercatini, vetrine scintillanti.
Non c'erano molti turisti. Si mantennero comunque ai margini delle vie e delle piazze più frequentate: non erano lì per socializzare o per fare shopping, ma per dare una forma più specifica a ciò che stavano diventando.
Mancava un'unica tappa per completare il loro itinerario, ancora verso sud. In serata avrebbero raggiunto l'aeroporto più vicino, un po' più a nord, per tornare in Italia. Si trovavano a metà strada tra l'una e l'altro: per questo avevano pagato la stanza fino al giorno dopo, in modo da lasciare i bagagli e tornarci nel pomeriggio, per fare una doccia e ancora qualche coccola, anche se Alex sperava in qualcosa di più.
Controllarono d'aver messo in valigia tutto ciò che non serviva lasciare fuori, d'aver gettato nei cestini le bottigliette di plastica vuote e i fazzoletti usati, e d'aver preso ciò che occorreva per la giornata: s'erano alzati presto per sfruttarla il più possibile, perché entrambi desideravano che fosse "speciale".
«Oggi andiamo in un posto bellissimo.»
Da giorni, Alex si stava preparando al momento in cui avrebbe condiviso con Thomas un ricordo "Rimasto finora tutto mio", mostrandogli il luogo fisico e mentale della sua adolescenza in cui erano maturate le sue ambizioni e aveva capito che tipo d'artista sarebbe voluto diventare.
Camminando a piedi nudi sulla sabbia fina e specchiandosi nelle onde cristalline, lontano dal piccolo teatro e dallo zio pianista, dai festival, dagli applausi e dalle direttive su come muoversi, sorridere e rispondere alle domande di pubblico e giornalisti, aveva preso decisioni che avrebbero segnato la sua carriera. Sarebbe diventato un cantante onesto. Compositore di musica pulita, non corrotta da luridi compromessi commerciali, non avrebbe mai rinnegato i principi in cui credeva, prostrandosi alla notorietà e al denaro. E non avrebbe più taciuto, per ragioni di marketing che non erano le sue ragioni, l'inequivocabile direzione in cui tendeva tutto il suo essere uomo, in carne, spirito e cuore. Sperava che quel piccolo angolo di paradiso piacesse a Thomas quanto a lui, o che almeno comprendesse perché ci teneva tanto a portarlo lì, ora che la sua carriera era avviata e anche la vita sentimentale cominciava ad assumere contorni sempre più netti.
«Non vedo l'ora.»
Thomas avrebbe fatto di tutto, affinché fosse una bella giornata, di quelle da festeggiare ogni anno per molti anni. Non riusciva a dargli altro: più Alex diventava importante, più non poteva fare a meno di chiedere tempo; ciò non era senza motivo.
Si chiusero la porta dietro alle spalle leggere. Con occhi e bocche sorridenti. Liberi, senza pensieri, e in fiducioso abbandono ai profumi, ai colori e ai suoni che avrebbero permeato i loro sensi.
Noleggiarono un'auto piccola, di marca italiana. Thomas se la ricorda bene.
«Era rossa. Dentro e di fuori. Rossa... Come il sangue», mi disse con repulsione.
Alex si mise alla guida perché conosceva le strade e mantenne una velocità inferiore alla massima consentita così che Thomas potesse ammirare il paesaggio.
L'arrivo era previsto per metà mattinata, due ore dopo.
Non era trascorsa neanche mezzora, quando il cellulare di Thomas cominciò a vibrare. Un primo messaggio. Un secondo. Un terzo. Il sorriso sparì dalle labbra e dagli occhi. A ogni respiro le spalle e il collo si sollevavano di qualche millimetro per consentire all'aria di entrare nei polmoni: era così teso che il diaframma non riusciva ad abbassarsi a sufficienza da lasciare lo spazio necessario.
Alex se n'accorse.
«Non ti senti bene?»
«Sono raffreddato.»
«Così, all'improvviso?»
«Forse è un po' d'allergia.»
Thomas si guardò nello specchietto di cortesia e li vide: gli occhi arrossati di chi trattiene lacrime di terrore.
Arrivò un nuovo messaggio.
«Tutto okay?»
«Sì, sono i miei fratelli.»
Non disse ch'era nato il piccolo Yuri; non aveva voglia di dare spiegazioni, né d'aggiungere quell'altra cosa; non sarebbe riuscito a evitare reazioni eccessive che preferiva dominare, per non rimanerne dominato.
«Non ti mollano mai.»
Non rispose e Alex percepì una smorfia di biasimo: aveva capito sin troppo presto quanto non fosse saggio intromettersi tra i fratelli Cristalli, anche se non tutti portavano lo stesso cognome. Erano un gruppo, come aveva affermato Nicolas, ma non solo musicalmente.
Facevano squadra contro il mondo, contro chi biasimava le scelte dei loro genitori, e non capiva come si potessero avere quattro figli con tre donne diverse o con due uomini differenti e ch'erano una famiglia, e anche molto unita.
«Devo andare in bagno, possiamo fermarci da qualche parte?»
«C'è una piccola stazione di servizio poco più avanti.»
Si fermarono nei pressi d'un benzinaio, davanti a un prefabbricato che ospitava un bar, un piccolo negozio di souvenir e un servizio igienico.
Thomas andò a sciacquarsi il viso. Non voleva piangere. Stava andando tutto a monte.
"Cosa ci faccio io qui!"
Sarebbe voluto scappare via subito, ma non per il solito motivo.
Sul sedile del passeggero, il suo cellulare vibrò più a lungo. Alex si voltò a guardarlo e vide da chi partiva la chiamata. Non era Nicolas. Non era William. Né Walter, Myriam o Lucilla. La scritta sul display gli appariva come un dileggio.
"Un nickname?"
Non riuscì a trovare alcun collegamento e la foto abbinata non fu d'aiuto: due occhi di cerbiatto lo guardavano con una tenerezza che avrebbe sciolto qualsiasi cuore. Il suo si contrasse, come le mascelle e la mani strette attorno al volante. Il campo visivo assunse lo stessa lunghezza d'onda della tappezzeria sulla quale stava seduto.
"Thomas m'ha mentito? Mi nasconde qualcosa? Non ci credo."
Non sopportava le menzogne. Detestava nutrire dubbi. Rifuggiva da inutili illazioni.
Quel nomignolo aveva risvegliato il verme della gelosia. Gli corrodeva la cute, dal derma verso l'epidermide, risalendo in superficie con la sua potenza distruttiva. S'era illuso d'averlo ucciso e sepolto tra le pieghe intestinali, mettendo alla porta Luca, invece:
"È tornato! Rovinerà tutto. Thomas sta rovinando tutto. No, sono io che rovinerò tutto, rodendomi così. Con le mie fisime. Ma... Che cazzo sta succedendo?"
Si rosicchiò le unghie d'una mano, strappando via le cuticole, ponzando su quelle tre sillabe, tutte con la stessa iniziale: B, come Bugia.
"Appunto."
Quando Thomas tornò in auto, Alex andò in bagno a sua volta. Gli dava urto persino averlo vicino. Doveva prendersi qualche minuto per riflettere. Per decidere se chiedere, cosa chiedere e come farlo. Pose le mani sul lavandino, ma non fece scorrere l'acqua.
Una piccola grata che dava sulla strada permetteva l'accesso a una debole luce, all'aria fresca e a mozziconi di colloquio.
«Bambi. Tesoro. Non fare così. Amore. Non dire stronzate. No. Amore, asco-. Appena torno, ne par-. Stasera. Sì.»
Le sneakers nere di Alex si fecero roventi. La lamiera sotto i suoi piedi sembrava stesse per liquefarsi.
Aprì il rubinetto a manovella, ci mise sotto la testa e subito la tirò su: l'acqua era ghiacciata. Si asciugò con la carta igienica, fece un respiro profondo incurante del tanfo che ristagnava nel wc, e tornò in auto.
Guidò in silenzio. Thomas aveva spento il cellulare e guardava dinanzi a sé, con le mani sulle ginocchia e le unghie conficcate nella carne. Gli veniva da vomitare. Anche ad Alex. Nessuno dei due lo disse.
Si lasciarono alle spalle un centro abitato caratterizzato da case bianche con camini traforati, e arrivarono fin dove la spiaggia di sabbia si incontrava con scogliere d'arenaria ricoperte da cespugli e pini marittimi. Un arco di roccia era il punto in cui Alex aveva deciso il suo futuro, ma in quel momento non ci pensava più.
Il sole troneggiava nel cielo gemmeo e l'aria era più calda di quanto Thomas si sarebbe aspettato per quella stagione. Di fronte a loro si stendeva un tessuto d'acqua cangiante dal giada all'ottanio, dal denim al cobalto, orlato da lustrini adamantini. Un panorama incantevole. Nessuno dei due riuscì a goderselo.
Stesero i teli mare che s'erano portati: uno arancione, l'altro azzurro; non l'avevano fatto apposta.
Thomas si sedette a gambe incrociate a rimirare un orizzonte antracite in cui cercava invano un barlume di speranza.
Alex restò in piedi. Deglutiva a vuoto. Con le mani batteva sui fianchi il tempo d'una musica tutta sua. Da rapido passò a veloce, vivace, vivo, vivacissimo, presto e prestissimo.
"Aspettare, andare con calma, conoscersi bene."
Aveva accettato tutto. Aveva chiesto scusa e aveva avuto pazienza, perché ci credeva.
"Se Thomas è titubante perché c'è di mezzo un altro, avrò pure il diritto di saperlo."
Non attese troppo per chiederglielo.
"Meglio togliersi il dente subito e sputarlo via", come le parole che gli uscirono di bocca, e colpirono Thomas a bruciapelo.
«Se ci fosse un altro, me lo diresti.»
Thomas si voltò lentamente. Emergendo dal torpore, lo guardò con espressione vacua.
«Un altro? Perché? No!»
Quell'aria da bambino ingenuo, privo di malizia, che tanto l'aveva attratto e fatto innamorare, lo mandò in bestia.
"Che sia un amore clandestino, qualcuno che non può avere e a cui non riesce a rinunciare? Un uomo sposato, un prete, una donna?"
Alex aveva voglia di fustigare qualcosa. Non c'era che Thomas, a portata di mano, e non l'avrebbe mai toccato, non in quel modo. Poteva prendersela con l'acqua. Si spogliò e si immerse fino al ginocchio. Era fredda, le brutte emozioni che arroncigliavano l'intestino non l'avevano reso così insensibile. Ciononostante, decise di farsi una nuotata per spegnere le braci ardenti che gli affumicavano la vista.
Thomas lo guardò senza vederlo. Si chiese il perché di quella domanda, poi tornò a perdersi nei suoi pensieri.
Le zampine di ragno si mossero a ritmo di tango.
Alex riuscì a fare solo tre paia di bracciate. Uscì dall'acqua, la saliva gli saliva in bocca, il sangue gli ribolliva ancora. Si rivolse a Thomas a muso duro:
«Chi è Bambi Blu, che sono due ore che ti tampina, e lo chiami Tesoro, Amore?»
Marcò gli ultimi due vocaboli come a fargli il verso; fece una pausa, che fu riempita dal suo respiro pesante, dalle capriole delle onde e da qualche fruscio tra gli arbusti; poi riprese:
«Te lo chiedo con calma: chi cazzo è Bambi Blu?»
"Non è possibile." Thomas era confuso. "Alex mi spia."
Le zampine di ragno s'esibirono in un rock and roll.
Prese dallo zaino una bottiglietta d'acqua e ne bevve un sorso.
«Cosa ci faccio, io, qui?» si chiese di nuovo, ad alta voce.
Si portò la mano libera al viso, l'indice premuto sullo zigomo, le altre dita sulla fronte.
Alex si asciugò alla ben'e meglio e si rivestì.
«Me lo chiedo anch'io. Si vede che vorresti stare da tutt'altra parte.»
Thomas evitò il suo sguardo. La carcassa del ragno infettò le adenoidi. Tossì. Gli venne l'affanno.
"No, non posso avere un attacco adesso, lontano da casa, senza Nicolas. Lui saprebbe come fare: mi direbbe d'inspirare, contare ed espirare. Dentro aria, uno, due, fuori aria. Uno, due, dentro aria. Uno, due, fuori aria. È okay, l'ansia, va bene. Qualche minuto e passa. Concentrati. Una buca, fai una buca."
Posò a terra la bottiglietta, spostò un lembo d'asciugamano e cominciò a scavare, tirando via la sabbia dalla sabbia, prima con una mano, poi con l'altra.
Alex comprese cosa stava accadendo, ma non sapeva come intervenire. Aspettò che gli passasse.
Thomas schiaffò le sue cose nello zainetto.
«Voglio andare via», disse soltanto, con gli occhi inondati di lacrime.
Lacrime per Jacopo: poteva lasciarle scorrere libere, finalmente. Si portarono via le zampine raggrinzite del ragno.
*Domandine*
Chi è Bambi Blu? (Chi è Jacopo?)
Come vi saresti comportati al posto di Alex? E al posto di Thomas?
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