2. Mani tese per Lucilla


L'estate bussò presto alle nostre finestre. Lucilla, che già di suo mal tollerava il caldo, quell'anno soffrì ben più del solito. Si muoveva per casa inconcludente e smaniosa, con indosso un pareo verde o un prendisole giallo. Con i piedi liberi e la mente legata a pochi ricorrenti pensieri, si fermava davanti a qualsiasi superficie che potesse riflettere la sua immagine: l'anta d'una vetrinetta, la porta-finestra della cucina, la lampada a globo sul comodino.

La sua pancia cresceva, insieme alle sue ansie.

Le piaceva guardarla. Continuò a guardarla anche quando la calura si placò e arrivò il fresco e poi il freddo, sollevando maglie o maglioni o aprendo un accappatoio umido indossato dopo la doccia; per istinto, i primi tempi, lo fece anche quando il pancione non c'era già più.

Di faccia o di profilo, si chiedeva se avesse la forma giusta e se fosse normale sentire la pelle così tesa. Trascorse lunghi momenti ad attendere quei bozzi informi dati da calci e testate, nell'impazienza di toccare i contorni del pulcino che covava dentro di sé, anche se poi, quando stava per nascere, le sembrò che il tempo avesse preso la rincorsa.

«Qualsiasi scelta sarebbe stata quella giusta, perché ben ponderata, come m'hai insegnato tu», affermò il giorno prima della partenza dei Cipì, seduta di fronte a me, sotto al portico.

«Sono contenta così. Potrò riprendere a esibirmi quando vorrò.»

Nel frattempo, riscaldava la voce con nenie e dolci melodie, lodando se stessa per non essere stata troppo presuntuosa e aver risposto: "Sì!" al messaggio di William.

Quella finta richiesta d'aiuto le aveva fatto tornare il buonumore.

"Scusa l'ora, ma non riesco a dormirci su. Mi serve una segretaria e mi fido solo di te. Sei brava col computer, le mail, i social e quelle robe lì. Potrai gestirle anche da casa. Ti prego, sorellina, non dirmi di no."

Aveva capito che c'era lo zampino di Rossella, che la conosceva anche più dei suoi fratelli; l'aveva ringraziata con baci al cocco, per l'opportunità e per aver sorvolato sulla partenza di William per un tour a cui lei aveva dovuto dire «Bye bye». Ce l'avrebbe messa tutta per non deluderla.

Il medico di Linda l'aveva rimessa in sesto. S'era ricaricata di vitamine e positivismo e s'era messa in ballo in un ballo nuovo, scoprendo in sé risorse inopinate.

«Il lavoro d'ufficio non è poi così male.»

"Soprattutto se non hai alternative."

Stava bene, con se stessa e col prossimo. L'unico fastidio era l'assenza di Claudio. Lucilla non aveva provato a seguirlo, né gli aveva detto del bambino.

Che fosse orgoglio o maturità, non saprei. La vedevo piccola e, allo stesso tempo, determinata: già donna e madre; ancora figlia - quasi una bambina! - che si caricava d'una grande responsabilità.

Lo si può fare senza tentennare, quando si ha una folta famiglia allargata a sostegno. Lo sa bene suo padre: non mancano le mani tese. Lucilla ne aveva tante attorno, che avrebbero fatto a gara per accarezzarla, se avesse voluto.

Le bastava saperle lì. Insieme a un amore nuovo apparso a colorare di tinte vivaci le pareti della sua esistenza.

Sarebbe stata lei, ora, a tendere le mani.


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