2. Lucilla. Walter
«Sì, sì, sì», gorgheggiò con voce da soprano soubrette. Strinse il suo tesoro di carta stampata e saltellò giù per le scale di marmo dell'ospedale. Atterrò vicino a tre signore di mezza età che si voltarono a guardarla infastidite.
Si portò una mano al ventre e sventolò la busta che aveva appena ritirato.
«È positivo!»
Le tre donne spalancarono gli occhi e le soffiarono baci.
«Auguri!» le sentì esclamare in coro, mentre voltava loro le spalle in direzione del parcheggio.
Era una splendida giornata di sole. Dall'asfalto saliva un tepore dolce. Alcune rondini garrivano i loro messaggi d'amore.
Entrò in auto e mise la musica a palla. Voleva cantare e ballare e gridare al mondo che non c'era emozione più intensa ed estasiante di quella che stava provando in quel preciso istante.
Corse, «Ma con prudenza»; corse da me, che l'attendevo seduta sotto il portico delle mia grande casa.
Fui la prima a saperlo e quanto avrei voluto stringerla in un abbraccio avvolgente, e cantare con lei e ridere fino a stare male! M'accontentai di guardarla. Quanto era bella!
Gli occhi brillavano come smeraldi di Muzo e le mani non stavano ferme un momento. I lunghi e ondulati capelli color miele d'eucalipto erano legati a coda alta. Un metro e sessantasei, magra, indossava una camicetta malva sotto un giacchetto avorio, gonna di jeans e scarpe da ginnastica azzurre.
Era un bocciolo pronto a schiudersi. Aveva da poco compiuto ventun anni. E aspettava un figlio.
«Nel bel mezzo della mia carriera! Dovrei esserne inorridita quantomeno perplessa, invece sono al settimo cielo! Cioè, non è che sia proprio sicura di volerlo un marmocchio proprio ora che i Cipì stanno per firmare un contratto importantissimo! I ragazzi mi vogliono con loro dovrò essere presente alle prove seguirli per i concerti.»
Scostò una ciocca ribelle davanti la bocca e si raschiò le unghie dei pollici con quelle degli indici.
«Lo so galoppo con la fantasia, per ora è una piccola collaborazione ma se poi la faccenda prende piede? Cantare è il mio grande sogno: il palco, l'orchestra, le coreografie, il pubblico, gli applausi. D'un tratto è come se non me ne fregasse niente. Dovrò valutare bene la situazione, ponderare i pro e i contro come m'hai insegnato; intanto, mi godo l'ebbrezza di questa novità.»
D'indole riservata, appariva quasi teatrale, nella gestualità e le movenze fluide, quando era emozionata e si sentiva libera di esprimerlo; ciò accadeva in particolar modo con me.
Io non commentavo, ascoltavo soltanto. Avrei voluto dirle di pensarci bene. I figli sono gioie e dolori.
Rinunciare a un figlio e avere un rimorso per sempre, o rinunciare alla carriera e vivere nel rimpianto?
Si può rimandare, nella vita, tutto si può rimandare.
Un figlio più avanti. La carriera tra qualche anno.
Ciò a cui si rinuncia non torna mai, non nella stessa maniera.
Tacqui e la guardai volare via, trasognante.
Rimorsi... Rimpianti... Io non ne avevo, né degli uni né degli altri e ne gioivo, guardando fuori gli alberi di pesco in fiore: quei rami carichi di rosee promesse che un lieve vento primaverile blandiva appena; me ne giunse il profumo, la freschezza di Lucilla aleggiava ancora tutt'intorno.
Ruotando gli occhi verso est, vidi apparire da lontano una grossa nuvola carica di pioggia. Non ebbi timore: non sempre è portatrice di sola sventura.
Un bacio sulla nuca mi distolse dai miei pensieri. Lucilla era andata via da tempo col suo segreto e io stavo ancora seduta lì dove m'aveva lasciata, di nuovo in attesa.
«Mi sa che ho fatto appena in tempo, sta arrivando un acquazzone.»
Walter mi sfiorò le mani; le sue erano levigate e grandi. La fede d'oro brillava come se la indossasse solo dal giorno prima.
Trentasei anni e trentadue denti bianchissimi, corti capelli brizzolati, occhi cerulei e barba incolta, indossava un completo carta da zucchero senza cravatta; in testa aveva il cappello da Cowboy che gli ha portato Godfried dal Texas l'estate in cui si sono conosciuti, e che m'ha sempre fatto ridere tanto, finché potevo ridere.
Allungò il suo metro e ottantadue di ossa e muscoli tesi sulla sdraio accanto a me inspirando ed espirando lentamente.
"Vuota il sacco", avrei voluto esortarlo, io che per prima avevo compreso i turbamenti del suo cuore e i rimestii della sua mente.
Restò in silenzio. Forse pensava ai nuovi progetti del gruppo, di cui si occupava sempre meno a tempo perso, o alla casa da ristrutturare; a quel viaggio che rimandava da tempo o alla pazienza che ha un limite anche per chi è perdutamente innamorato. Sapevo che lo sapeva: stava tirando troppo la corda; non poteva farne a meno, non ora che i frutti delle sue fatiche stavano maturando, fornendo, oltretutto, un alibi ineccepibile.
Il nuvolone passò sopra la nostra testa e s'allontanò. Una raffica di vento mi scompigliò i lisci capelli biondi di fresco, Walter li riassestò con una carezza. Rabbrividii nel cardigan di lana merino turchese; i piedi nudi nelle pantofole tirolesi si stavano raffreddando.
«Ti porto in casa. Forse riesco a rientrare in tempo per non mangiare da solo.»
Non succedeva dalla cena di San Valentino; era tornato presto ed era stato accolto da un sorriso che aveva ancora il potere di fargli girare la testa.
«Godfri ci tiene ai suoi cuori di liquirizia! Me li sono fatti spedire dall'Olanda.»
Era stato bello vederlo contento di farlo contento.
* Noticina 1*
In Olanda gli innamorati e gli amici hanno l'usanza di scambiarsi cuori di liquirizia (dal web).
Lo sapevate? Avete informazioni a riguardo?
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