2. Il giovane fan


Una serata come tante altre si stava svolgendo tranquilla, seguendo una routine consolidata e appagante, tra le mura domestiche. Il silenzio era rotto solo dal rumore di stoviglie e dal ticchettio di dita che si muovevano rapide sulla tastiera d'un computer fisso.

Il giovane fan fece un fischio e batté le mani tre volte.

«Un post di Nicolas! "Jacopo m'ha riconosciuto. Che bello sentirmi di nuovo chiamare fratellone con quella sua R rotolante!"»

Dopo un'intensa giornata di lavoro nell'edicola della contrada in cui vivevano, Manuel stava preparando la cena. Il suo compagno, personal trainer nell'unica palestra nel raggio d'undici chilometri, si stava riposando, seduto sulla sedia impagliata da suo nonno, imbottita da un cuscino a forma di donut, con tanto di glassa all'amarena.

Si pulì le mani e gli si avvicinò per condividere la sua gioia. Conosceva la sua storia e non era geloso. Non doveva esserlo, se non voleva perderlo.

Insieme erano perfetti, sotto le lenzuola e anche quando c'era da lavarle, stenderle, piegarle e riporle nel cassettone.

Rassettavano la casa o facevano la spesa, caricavano la lavatrice o la svuotavano, cucinavano o lavavano i piatti dividendosi i compiti senza irrigidire i ruoli; lo stesso, per gli spazi, che uno era quasi sempre alla scrivania, mentre l'altro preferiva stare in poltrona, la sola che avevano, a leggere il giornale, e una o due volte a settimana avveniva il contrario.

L'unica cosa che non avevano tenuto diviso era il conto corrente postale, perché: «Se uno mangia pane e cipolla per mettere da parte qualche soldo, non è che l'altro si fa pappardelle al cinghiale, rollè di vitello con patatine, insalata e dolce. Ognuno mette quel che ha e prende quel che serve».

Una prova d'impegno a lungo termine, per Manuel. Da tenere bene a mente. Per quelle volte in cui gli prendeva una fitta intercostale al pensiero che, prima o poi, il suo Amore avrebbe incontrato il suo Primo Amore: nonostante le rassicurazioni, si chiedeva se sarebbe rimasto o andato via.

«Sono contento», esclamò, leggendo a mente il resto del messaggio, e lo era davvero, per Jacopo e per la sua famiglia; dopotutto, finché egli restava una figura virtuale, non aveva nulla da temere. Ognuno di noi ha i suoi eroi, i suoi personaggi mitologici. Ognuno di noi ha un passato. Nel giovane al centro delle fotografie che stavano scorrendo sul monitor, Manuel riconosceva un cantante bravino, reso famoso da un collega che ci aveva visto lungo, e nulla di più, ma era importante per l'uomo più importante della sua vita e aveva imparato ad accettarne la presenza.

Il giovane fan spense il computer.

«Per stasera basta entrare nella vita degli altri.»

Si alzò e avviluppò Manuel in un bacio alla francese; stava con lui e voleva starci, per questo faceva attenzione a non sottrarre tempo prezioso al poco che avevano per loro due: Manuel si sarebbe potuto stancare e ne avrebbe avute tutte le ragioni. Lo strinse forte e gli ricordò, nel caso ce ne fosse bisogno, che: 

«Solo con te sono davvero dove voglio essere».

«Amore, starei così per tutta la vita», gli rispose, «ma temo che si stiano bruciando le melanzane».

Corsero entrambi, ridendo, a spegnere il fuoco sotto la padella e si apprestarono a consumare la loro semplice e gustosa cena, nel "grazioso trilocale da ristrutturare" ch'erano riusciti ad accaparrarsi grazie ai risparmi dei loro genitori. Lo stavano riattando un po' per volta, con l'aiuto d'amici e parenti. L'arredamento era spartano, sui toni del marrone. Nel soggiorno con cucina a vista, un quadro ritraeva il Sumbra all'aurora: un regalo del loro stravagante vicino di casa come «Auspicio per un roseo avvenire».

Solo una nuvola, restava ancora da soffiare via.

Ognuno per sé, sperarono che i Cipì riprendessero a esibirsi in pubblico, "Al più presto".



In un'altra regione, in un altro trilocale, la cena era già stata consumata e la cucina riordinata.

Thomas, seduto sul letto a gambe incrociate, era intento a scorrere i commenti al post di Nicolas.

"Bella, bimbo biondo."

Una frase che aveva già sentito. Un volto che aveva già visto.

«Sei ancora vestito?»

Alex, in pigiama, gli si sdraiò accanto.

«Aspettavo te.»

«Ero al telefono con Godfried.»

Alex non terminò la frase: in un attimo Thomas gli fu sopra, a cavalcioni, e prese a baciarlo sul viso, sul collo, su quella parte di petto lasciata nuda dai bottoni non allacciati della casacca. Restò stupefatto: Thomas non era solito prendere queste iniziative; era sempre lui a iniziare e condurre il gioco, per quelle fasi preliminari che non portavano mai al "dunque", o non a quello a cui anelava. Non si sottrasse, a quella dolce tortura, e rimase un po' male, quando Thomas tirò su il busto e prese a parlare.

«Siete diventati amici, tu e Godfried, mi fa piacere. A Mirko sei rimasto simpatico.»

«Ora li conosco tutti, i tuoi fratelli, sono finiti.»

«Non hai conosciuto Claudio e chissà se lo conoscerai.»

«Il papà di Yuri?»

«Già. Poi ci sarebbe Silvia, la sorellastra di Myriam, un altro degli spermatozoi che il padre ha lasciato in giro per il mondo. Anche lei la conosce poco: la madre ha sempre cercato di tenerla lontana da noi, dice che siamo una banda di matti. Che ti ridi? Ti prendo a sberle, sai?»

Simulandone il rumore con la voce, Thomas diede degli schiaffetti sulle guance di Alex, il quale, però, si fece serio.

«Niente più segreti tra noi.»

Thomas riprese a baciarlo, poi si fermò, scese dal suo corpo e spense la luce.

«Filippo. È ora di parlarti di lui.»

«Perché hai spento la luce?»

«Non voglio che mi vedi piangere, però stringimi.»

Alex lo strinse per tutto il tempo in cui Thomas gli raccontò di quanto i fratelli s'erano sentiti troppo grandi per averlo tra i piedi ed era stato mandato in vacanza con figli di amici che nemmeno conosceva.

Restò fermo, anche quando sentì il braccio indolenzirsi.

Anche quando avrebbe voluto dire: 

"Non voglio sentire altro. Va bene così".


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