11. La fine dei sogni
"La fine dei sogni. È come avere il pavimento pieno di vetri rotti: i resti d'una finestra s'un futuro che non esisterà mai."
Un breve messaggio. Scritto di getto. In quel social in cui le persone si riconoscono dalla faccia. E lui la faccia ce la metteva davvero. Perché non aveva niente da nascondere, soprattutto riguardo ai suoi sentimenti.
Rudolf lesse ogni parola lentamente, come a soppesarla e a verificarne la correttezza, finché lo schermo del cellulare si appannò, o forse fu la sua vista che finì per perdersi in un luogo e in un tempo lontani; due bambini si tallonavano sulla spiaggia, tirando calci alla sabbia marrone chiaro, mentre il cielo si tingeva di rosso e il sole si ritirava sotto la sua coperta liquida. Un tuffo nel mare della sua infanzia, dal quale emerse con un'unica certezza.
Guardò di nuovo il messaggio, lo lesse ancora tre volte, e lo cancellò. Godfried non l'avrebbe visto: sarebbe stato come gettargli acqua salata negli occhi; non voleva fargli male. L'amava, come non aveva mai amato nessuno. Come amava quel lembo di terra bagnata dal Mare del Nord in cui erano cresciuti e che aveva lasciato per stare con lui. Come amava quei due bambini che ridevano fingendo di dimenticarsi dei problemi nelle loro case, sognando di prendere un aereo e andare a stare in una grande città.
"Milano. Il sogno realizzato. Solo a metà."
L'amava e l'avrebbe lasciato andare.
"Che sia felice; almeno lui."
Avrebbe indossato il suo calco migliore, per confondersi tra estranei che non gli avrebbero puntato il dito contro, e farla tacere, quell'impertinente coscienza che gli scagliava contro improperi in zelandese.
Non andava spesso in discoteca. Entrando, gli era sembrato che mettersi a torso nudo fosse non solo una moda, ma un precetto al quale avrebbe disobbedito: farsi togliere la canotta di rete nera sfilandola dai jeans era un preliminare a cui non sapeva resistere. Aveva bisogno di stordirsi, magari rimorchiando il primo che gli si fosse accozzato, per scoparselo nel bagno e tornare a casa talmente ciucco da non ricordare neanche d'essere uscito.
"Si riuscirà davvero a scopare dentro questi bagni stretti e squallidi?" si chiese, dopo essersi lavato le mani.
Esaminò l'uomo che aveva di fronte: altezza media olandese, capelli neri corti, rasati ai lati, borse sotto gli occhi scuri; gli specchi non mentono mai: da quando non dormiva decentemente? Dalla notte in cui Godfried era stato a casa sua. Rilesse il suo messaggio, di qualche ora prima.
"Gliel'ho detto! Lavoreremo insieme e... ci sono grandi novità."
Poi la pugnalata finale. Rudolf non era sicuro che l'avrebbe retta.
«Ciao.»
Dal lavandino accanto, lo salutò un uomo poco più basso di lui con tanti boccoli biondi davanti a occhi ambra talmente magnetici che non riusciva a staccarne i suoi. Era vestito come lui, solo che la canotta era rossa.
«Sono Luigi, l'amico di Walter, ci siamo incontrati a qualche compleanno, anche se non abbiamo mai avuto modo di conoscerci veramente.»
«Ah, già.»
Rudolf si voltò verso Luigi fingendo di ricordarsi, poi si mosse per andarsene.
Luigi non gettò la spugna e gli ostacolò il passaggio; lui non l'aveva dimenticato affatto e non voleva farselo scappare.
Si ricordava ogni compleanno in cui s'erano visti, la location, il menù, persino i vestiti che avrebbe voluto togliergli; i racconti dell'infanzia sua e di Godfried, e della loro adolescenza; le sue idee politiche, la sua visione dell'amicizia, dell'amore, della natura, del mondo, del sesso.
Per un po', aveva sperato di vederlo ancora, poi il tempo era passato e non ci aveva pensato più.
«Sono contento di trovarti qui, da solo. Dopotutto abbiamo due cari amici in comune, potremmo anche noi-.»
Rudolf non era contento affatto. Era arrivato il dito puntato contro.
«Amico di Godfried, no. Non sono un amico, non con A maiuscola. Sono un infame.»
La voce interiore uscì fuori dalle sue labbra, per metterlo al muro, disorientarlo, e fargli venire la cefalea, come il flusso luminoso d'una luce stroboscopica che pulsa, pulsa, pulsa, veloce e costante.
«Un amico avrebbe dato consigli, no esultato come vittorioso. Godfried è stato il mio primo fidanzato, il mio unico amore.»
Sempre insieme, dal primo giorno di scuola, avevano sperimentato il gusto dell'ispezionare l'uno il corpo dell'altro, i primi rossori, i primi batticuori, i primi orgasmi. Finché Godfried aveva preso l'aereo e lui no, era rimasto ad aspettarlo sulla loro isola felice; attese sempre più lunghe, per ritorni sempre più brevi.
Aveva fatto i salti mortali per andargli dietro; quando c'era riuscito, imbastendo una serie di false coincidenze, al suo posto c'era Walter e ormai non poteva più tornare indietro né l'avrebbe voluto. Aveva finto crisi esistenziali pur d'annidarsi a casa loro e screditare Walter. Se Godfried era giù di corda, aveva una spalla pronta e un fazzoletto profumato da porgere, con un vezzeggiativo per lui e tre dispregiativi per Walter.
«Non mi sono rassegnato a perderlo. L'ho inzolfato, dice così Amelia, no? Per portarlo via. C'ero riuscito, che carogna! Walter è per Godfried quello che io non sono stato e sarò mai. Perché io sono uno escremento che ha fatto tutto per separarli.»
Luigi aveva ascoltato in silenzio.
"È difficile amare d'amore incondizionato, mettersi da parte per la gioia dell'altro."
Lo sapeva bene, ma con gli anni l'aveva superata ed era riuscito a guardare al di là delle lenzuola con gli orsetti che mi ostinavo a mettere al letto di Walter quando dormiva nella mia grande casa. C'era una cameretta, tutta per lui, che per Luigi era stata una sorta d'angolo di conforto, non solo per i giochi erotici tra un ripasso di letteratura e uno d'inglese.
«Walter è stato il primo ragazzo con cui ho fatto sesso. Ma io sono stato più astuto. Non mi ci sono mai messo insieme, quindi non ci siamo neanche dovuti lasciare. La nostra non è stata una vera relazione. Non è finita. S'è trasformata: entrambi abbiamo voluto fare altre esperienze. Credo sia per questo che la nostra amicizia è durata così tanto.»
In verità, era stato Walter a chiedere "respiro" e lui l'aveva lasciato respirare, prima di rendere l'aria pesante, giocando con altri corpi tra le lenzuola d'altre camerette o d'un motel, sui sedili d'un'auto scassata, o nel retro del negozio di suo fratello, alla ricerca d'una grande storia d'amore; ne aveva trovate un paio, ed erano state super, poi erano finite, come capita a tante storie, senza troppi perché. In tutto ciò, Walter era stato una costante, una persona presente anche se fisicamente altrove, accogliendolo a casa mia quando suo padre l'aveva cacciato fuori a calci nella notte buia, in una via secondaria del quartiere più famoso di Milano per degrado e tasso di criminalità.
Nevicava. Me li trovai fuori alla porta. Lui aveva indosso un giubbotto di Walter troppo leggero per coprirlo a dovere. Aveva le guance bordeaux, non so se per il freddo o per il pianto. Una svista, un poster sotto al cuscino, e s'era ritrovato per strada e senza soldi. Preparai per lui la cameretta di Walter e una minestra calda, pronta a tenerlo con me fino alla fine dei miei giorni. Tre giorni dopo fu prelevato a forza dal fratello che aveva dimenticato d'avere; gli diede una casa e un lavoro e l'avviò a compiere i primi passi verso l'età adulta.
Impegnato a costruirsi un'identità, s'era sempre di più allontanato dall'ombra di Walter, senza mai scomparire, restando nei pressi quel tanto perché allungando il braccio potessero toccarsi e dirsi:«Ci sono».
«Ma tu non ami, non parleresti con distacco.»
«E tu, l'ami? O credi d'amarlo? Hai costruito il tuo futuro in sua funzione, cercando di raggiungerlo. E i tuoi obiettivi, li hai raggiunti? O non ne hai mai avuti? A me la tua sembra una compulsione. Tutto di te ruota intorno a lui. È il tuo asse. Se lui si sposta, perdi il baricentro. Ti sei mai chiesto tu dove e cosa vuoi essere? Hai provato a guardarti intorno per vedere se c'è un altro uomo anche per te?»
«Cos'è, sei passato al mercatino delle banalità usate, prima di venire qui?»
«Sto cercando di darti un altro punto di vista.»
«Sì, sei amico di Walter, parli come lui. Faranno il viaggio, sai? Vorrei farlo io, con Godfried.»
«Potresti farlo con qualcun altro. Io, per dire, potrei essere disponibile, se, conoscendoti, capissi che siamo fatti l'uno per l'altro.»
Luigi sarebbe potuto andare avanti così per ore. Ma "Le chiacchiere stanno a zero, passiamo ai fatti".
Si sentiva in vena di osare; dopotutto era in quella discoteca per cercare effimera compagnia e l'abbigliamento da rimorchio di Rudolf gli faceva dedurre che fosse lì per lo stesso motivo. Tanto valeva provare; al più si sarebbe beccato un secco «No».
«I cessi non sono il posto ideale per parlare. Che ne dici se ci spostiamo? Ti va di bere qualcosa? Offro io, un analcolico, che non voglio riportarti a casa in spalle.»
Non lo riportò a casa in spalle. Erano tutti e due sobri quando varcarono la soglia dell'appartamento di Rudolf.
Luigi fu calamitato dalla grande libreria all'ingresso. Testi in italiano, inglese, francese, tedesco erano ordinati per colore su scaffali che sembravano non aver mai conosciuto la polvere.
«Wow! Adoro le case con tanti libri! Non dirmi che li hai letti tutti. Ma quante lingue conosci? Questi ce l'ho anch'io, l'edizione economica, però.»
«Ai libri ci pensiamo dopo.»
Rudolf lo prese per mano e lo tirò in camera da letto.
La luce del corridoio non arrivava in tutti gli angoli; fu sufficiente a illuminare una sacca da palestra s'una poltroncina in vilpelle nera. Luigi la riconobbe, l'aveva venduta lui a Godfried con quel portachiavi: la rosa dei venti.
Rudolf seguì il suo sguardo e si fermò all'istante, deglutendo saliva che sapeva di succo d'ananas, cocco e maracuja. Si voltò e la sua immagine si riflesse nei due globi di resina fossile che guardavano nei suoi carboni, ardenti di bramosia carnale.
Luigi prese atto che con Rudolf non sarebbe potuta essere una botta e via; non era uno sconosciuto facile da dimenticare; erano ognuno il migliore amico del marito del migliore amico dell'altro. Sperò che non fosse troppo tardi per fare dietro front.
«Se non te la senti, ti capisco. Ti farei volentieri da cerotto, ma se la lacerazione è ancora purulenta, non so, non vorrei farti sentire peggio. Ti chiedo solo di farmi dormire qui. Va bene anche la cuccia del cane, ce l'hai un cane? O la vasca da bagno. No, ormai in queste case mettono solo le docce. Sul balcone, sotto il tavolo; non mi far mettere di nuovo in macchina fino all'altro lato della provincia.»
Rudolf sorrise e si inumidì le labbra.
«Parli sempre così tanto tu?»
«Non so, sì, forse, un po'.»
«Mo sta zitto e fammi il massaggio mirabolante che hai detto.»
La notte scivolò via lentamente in un'alba di colori soft e sospiri.
Luigi aiutò Rudolf a sciogliere i muscoli, a rilassare i nervi.
A slacciare il cappio al collo che non lo faceva respirare.
A provare il piacere d'intrecciare le mani ad altre mani che non fossero quelle di Godfried.
A ridisegnare la sua vita senza di lui.
Ad avere voglia di sentimenti nuovi, meno torbidi, senza la necessità di lanciare letame su chi non gli aveva fatto nulla di male.
Rudolf dormì fino a mezzogiorno.
Al risveglio trovò Luigi seduto sul divano a leggere un libro.
«Buongiorno» Il suo tono era giocoso.
«Buongiorno. Scusami, non volevo svegliarti e non mi sembrava carino andare via senza salutare.»
«Tra un po' passa Godfried per prendere la sacca, poi, se ti va, possiamo andare a fare un giro al lago.»
Rudolf si avvicinò a Luigi, oltre il limite consentito per non invadere il suo spazio personale. Luigi allungò il collo. Le loro labbra s'unirono, a metà strada.
La fine dei sogni, a volte, lascia il posto a sogni nuovi.
*Facciamo due chiacchiere?!*
In questo capitolo ho voluto dare una chance anche a Rudolf; dato che a molti Luigi era piaciuto... Eccoli qui insieme! Cosa ne pensate? Riusciranno a dipingere un sogno tutto loro e a realizzarlo?
Abbiamo anche visto il ritorno di Claudio, e Walter e Godfried sembrano a ver ritrovato la retta via.
Ora restano da sistemare Thomas e Alex... Li abbiamo lasciati un po' indietro, cosa staranno combinando? E Myriam? Gli occhi dolci al bel dottorino avranno a vuto un qualche seguito oppure no?
Grazie a chi ha avuto la pazienza di arrivare sin qui; mi rendo conto che è una storia un po' lunga, ma Amelia ha talmente tante cose da dire!
Spero continuiate a seguire il suo racconto e a darmi i vostri preziosissimi suggerimenti!
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