10. Il viaggio
La dolcezza dei gesti, delle parole e degli sguardi nelle interazioni tra lui e Walter... Godfried n'era quasi commosso: quanto tempo aveva sprecato alimentando il rancore!
Seduto sul coperchio del water guardava dall'oblò il cestello della lavatrice che aveva preso a girare solo in un verso. Se non ne avessero capito il motivo, se non avessero usato le giuste accortezze, prima o poi avrebbe terminato i suoi giri; non avrebbe più raccolto acqua o il filtro si sarebbe intasato di sporcizia o il calcare avrebbe danneggiato serpentina e guarnizioni. Era quanto stava accadendo a loro: andando avanti per inerzia, stavano per rompersi, irrimediabilmente.
Forse s'erano fermati in tempo, dandosi la possibilità di rabberciare, pulire, e procedere in una direzione che avesse un senso, cambiando verso, quando ce ne fosse bisogno, per raggiungere, in maniera efficace, la fine del programma, magari quello che s'erano promessi di seguire prima ancora di pronunciare le promesse nuziali. Walter aveva compiuto un primo enorme passo per invertire la tendenza, ora toccava a lui.
Il difficile non era dire:«Ti ho mentito per tre anni», ma perché. Walter non era mai stato svalutante nei confronti dei suoi interessi. Che fosse per quieto vivere? O perché pensava a un capriccio passeggero?
"Non è mio padre. Mai che ha chiesto cosa volevamo fare. Decideva lui: scuola per me, lavoro per mamma, sport per Ada. Anche ora, non gli piace il mio lavoro: 'È da sfigato'. Che ne sa? Ha troppo da fare ad alzare le gonne delle apprendiste."
Walter gli aveva aperto il cuore dandogli accesso allo scantinato della memoria in cui non aveva mai condotto nessuno, e lui si vergognava di mostrargli i fiori che coltivava sul terrazzo. "Che sciorno! Direbbe Amelia."
Uscì dal bagno deciso a offrirgli la sua verità nascosta. Lo trovò che si stava asciugando le mani, dopo aver lavato i piatti.
«Anch'io devo dirti una cosa: ti ho mentito. L'estate scorsa non sono andato a Renesse. E non è solo questo.»
Poche briciole di secondi e Walter si ritrovò a fare i conti con un turbine di pensieri.
"Sei un libro aperto, oppure lo eri, o io ho creduto che lo fossi. Non sai mentire, non a me. Né. Tradire."
Fu lo Splash del telefono a salvarlo in calcio d'angolo, prima che verbalizzasse in modo infelice ciò che gli stava ustionando le vene, segnando un rovinoso autogol. Con uno scarto laterale, s'allontanò da Godfried e rispose a William.
«Jacopo s'è svegliato!»
La voce di suo fratello non gli era mai sembrata così squillante e bella. Il suo sorriso si allargò fino a esplodere in un «Sì!» che scosse tutto il palazzo e non volle sentire o pensare altro. Voleva solo vedere Jacopo, sincerarsi che fosse sveglio e che le cose da quel momento in poi sarebbero andare bene. Tutte.
"Chi se ne frega di tutto il resto. Si risolve. Si sistema. È tutto okay."
Corsero in ospedale, ma non fu come la corsa di qualche settimana prima. C'era gioia, nei passi e in ogni fibra del loro essere. C'era sollievo, leggerezza, speranza. Futuro.
Godfried si sentiva come sgravato da mille equipaggiamenti. Una sola zavorra restava ancora da gettare giù dalla mongolfiera gonfiata a forza di sottaciuti e recriminazioni.
Glielo ricordò anche Alex, più spigliato di quand'avevano intricato arbusti in un bar frequentato per lo più da uomini e donne in camice bianco.
«Gliel'hai detto?»
«Stavo per farlo.»
«Me lo avevi promesso. Hai paura?»
«Che dici, no. Tranquillo.»
Gli occhi barbagliavano: c'era luce, in fondo al tunnel, là dove appariva Jacopo, a salutarli chiamandoli per nome, come me al pranzo di famiglia, quando ancora usavo la voce.
Il parcheggio dell'ospedale era scarsamente illuminato. Godfried riconobbe alcune auto, ricoverate lì come i loro proprietari. Diede a Walter il tempo di chiudere la portiera, ma non di mettere la cintura: non voleva più aspettare. Rimandare era diventata un'abitudine; dava sicurezza, ma era da rompere.
«Quanto ti stavo dicendo prima-»
Walter gli calò l'esca.
«È Alex?»
Finse di non abboccare.
«Cosa?»
«Vi ho visti. C'è feeling. È lui che ti messaggia e ti fa ridere tanto? Ti ha parlato all'orecchio; io non lo farei mai, per rispetto a te e a Thomas.»
«Sei geloso?»
«Chiedo.»
«Sì, è lui.»
«Non sei uno che tradisce, me lo hai detto tu, quando ci siamo conosciuti: tradiresti te stesso. Saresti stato male, me ne sarei accorto. Credo. Cazzo, sta con Thomas!»
«Non ti ho tradito con Alex. L'estate scorsa sono andato a Essen.»
«Claudio? È per questo che se n'è andato? M'hai tradito col fidanzato di mia sorella?»
«Ex.»
«Il padre di mio nipote!»
«Nostro nipote.»
Walter si dibatté per non essere risucchiato da un buco nero.
«Okay. Tutto può capitare. Eravamo in crisi. Okay. Ma perché Claudio? Per ferirmi? Per ripicca? Ti sei innamorato? Hai creduto d'esserlo? Una sbandata ci sta. Non ti ho reso la vita facile, lo so, lo riconosco. Però fa male, perché... È come se aprissi gli occhi e... non voglio giudicarti, ma... tu chi sei?»
Godfried pensò che finalmente Walter poteva comprendere come s'era sentito lui; non volle infierire, non era una battaglia da vincere con cattiveria e astuzia, e non ne aveva voglia. L'incidente dei gemelli l'aveva svuotato d'ogni livore. Aveva visto Walter nella sua fragilità, aveva letto nei suoi occhi la paura; non s'è mai pronti a dire "Addio", men che meno a uno dei tuoi fratelli, e sapeva bene che non era una questione di sangue e carne, ma d'appartenenza.
Scosse la testa e lo baciò.
«Hai finito? Posso rispondere?»
Walter tacque; con i denti si raspava l'unghia d'un pollice.
«Sono quello che hai sposato. E non ti ho tradito. Sarebbe potuto accadere, perché sono umano. E mi sarei potuto innamorare d'un altro, perché ho dei sentimenti. Ma sono qui e voglio te, se anche tu mi vuoi.»
«Allora, tutti questi sotterfugi?»
«Non m'andava di stare a dire a mia madre e mia sorella perché non ero in tour con te. Claudio m'ha trovato un aggancio in una discoteca.»
«A fare?»
«Il dj. Un hobby di gioventù. E non solo: non c'è nessun corso di tedesco.»
Godfried attese la reazione di Walter, che non si fece attendere.
«Le lezioni online e in aula, gli esami?»
«Prometti che non ti arrabbi?»
«Non mi sarei arrabbiato neanche per un tradimento.»
«Il che potrebbe far arrabbiare me, ma passiamo sopra. È un corso per fonico, per accostarmi a te e ai Cipì con qualcosa che fosse vicino al mio background.»
«Non ti sei mai interessato al gruppo.»
«Non volevo essere prezzemolo o parassita e ho fatto la figura del geloso. Poi non ero sicuro di riuscirci. Ma ora te lo posso domandare: Walter, se vuoi andare dietro ai tuoi fratelli, portami con te. Alex m'ha proposto di fare qualche prova con lui.»
Walter l'abbracciò strusciando una guancia s'una guancia.
«Dimmi che non te ne vai più e che non ci saranno più segreti.»
«Dimmi che riprendiamo a camminare, che siamo stati troppo tempo fermi. Il nostro viaggio.»
«Il weekend alle terme.»
«Non fare lo gnorri, sai che non mi riferisco a quello.»
Walter si staccò da Godfried. Il tasto dolente era stato toccato. Stava rischiando un terremoto, e allora non ci sarebbe stato più nulla da rappezzare. Pure quest'ultima zecca che gli succhiava il sangue doveva essere estratta. Chirurgicamente, che i metodi casalinghi possono fare ancora più danni; con tatto e fermezza.
«A questa età, non so se è il caso.»
Si guardava le mani che si torcevano l'una sull'altra, in attesa di sentire la bomba scoppiare.
Godfried gli mise un dito sotto il mento a sollevargli il viso.
«Ti ho visto come tieni in braccio il piccolo Yuri, gli hai persino cambiato il pannolino.»
«Una volta. Fare lo zio è facile.»
La bomba non era esplosa, ma il terremoto arrivò davvero. Non riuscì a ribattere con forza. Nonostante le perplessità. Perché lo desiderava, fortissimamente, anche lui. Per questo non aveva più affrontato la questione, perché Godfried non avrebbe avuto difficoltà a convincerlo; le sue resistenze erano sempre più deboli. Era solo tanto spaventato all'idea di diventare, a tutti gli effetti, adulto.
«La nostra casa è piccola.»
«Novanta metri quadri.»
«Abbiamo poco tempo. Il lavoro, il gruuuppo.»
Godfried si morse un labbro.
«Lo so, non vuoi scendere proprio ora che hai ritrovato il tuo posto sul palco, pensi che ho dimenticato che hai ripreso a suonare i bonghi? Ti ho appena detto che voglio entrare nel giro anch'io. Non ho intenzione di tirarti giù. Ci organizziamo. Sistemiamo tutto un po' per volta, prima d'arrivare mellà, come dice Amelia.»
Flesse la testa qua e là come un pupazzo.
«Ho un'idea geniale! La casa di Amelia: grande, immersa nel verde, i-na-bi-ta-ta.»
«Ne sarebbe felicissima. Vendiamo casa nostra, ci accordiamo con gli altri. Papà ha aiutato loro, aiuterà anche noi. Ma, ce la facciamo da soli?»
«Quanti se, quanti ma! Quando ti ho sposato non eri così.»
«Ero più giovane, ero imprudente.»
«Ancora. Ci facciamo aiutare. Maria Dolores, per esempio, ha trovato un nuovo lavoro?»
«Torna la prossima settimana. Darà una mano a La Fattoria.»
«Teniamocela amica che potrebbe servire.»
«Sei un diavoletto. Hai messo tutto e tutti a posto? Da quanto tempo ci pensi?»
«Da sempre, lo sai.»
«Maria Dolores accetterà di sicuro. Sopratutto quando saprà che potrà riavere la sua camera.»
«Metti in moto, andiamo a casa, che abbiamo parecchie cose da fare.»
Le fondamenta erano ancora solide, i muri maestri forti e le tegole al loro posto. Erano ancora in tempo, non tanto per rimettere insieme i cocci, quanto per spazzare via tutto ciò ch'era d'intralcio e ripartire con la casa da riempire. Era un nuovo inizio: non sarebbero partiti da lì, ma lì sarebbero arrivati, per poi andare avanti, sempre più consapevoli che nel gioco dell'amore non ci sono regole se non quelle che si vanno concordando col tempo, e quel che conta è giocare a carte scoperte. La posta, in questo caso, era il viaggio della vita.
«Non vedo l'ora di preparare le valigie.»
«Intanto vatti a ripigliare la sacca da Rudolf.»
«Gli sto scrivendo. Comunque, per mettere in chiaro proprio tutto, lui è stato la mia ancora di salvezza, non come i tre porcellini per te, ma quando è servito, lui c'è stato.»
«Messaggio ricevuto.»
«Lo sapevo ch'eri intelligente, se no mica ti sposavo.»
*Noticine*
Sciorno nel dialetto di Amelia significa sciocco.
L'ultima frase di Godfried, come altre sue e di Rudolf, sono un pochino sgrammaticata, ma teniamo conto che sono olandesi: che dite, gliele facciamo passare?
*Domandina*
Avete capito a quale viaggio si riferisce Godfried?
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