Capitolo 51.
I carabinieri vengono alla Warner in mattinata. ‹Possiamo parlavi?›
‹Si› dice e andiamo in una saletta, ‹qua nessuno può disturbarci, lo avete trovato quel bastardo?›
‹Si, lo abbiamo trovato› dice
‹E lo avete arrestato?›
‹No, non abbiamo prove a sufficienza per incriminarlo per rapimento... ha l'alibi›
‹Macché alibi›
‹Il rapimento è avvenuto attorno alle tredici e mezza e Mattia a quell'ora non era lì davanti, è stato visto da queste parti, in un trattoria vicina assieme ad una ragazza› dice
‹Ovvio che è tutto organizzato› dice Fede
‹Vogliamo sentire che cosa abbia da dire la sua fidanzata› dice il capitano rivolgendosi a me
‹Che diavolo c'entra adesso Silvia?› dice
‹La ragazza è stata vista assieme a Mattia era lei, non è vero signorina?›
Fede mi guarda come se sperava che si stavano sbagliando
‹Mi dispiace Fede ma hanno ragione ieri sono andata al pranzo con Mattia›
Fede sbatte un pugno sul tavolo, ‹perché non me l'hai detto che lo avevi visto?›
‹Sapevo che se lo avessi rivisto, non sarebbe finita bene...voleva solo parlarmi e salutarmi visto che oggi parte› dico
‹Si sarebbe dovuto partire alle tredici per New York ma ovviamente non potrà farlo, è sotto indagini›
‹Serena sta bene?›
‹Speriamo...noi faremo del nostro meglio per trovarla› dice
‹Grazie› dice Fede.
So che è ancora arrabbiato e avremo litigato di brutto oggi.
Quando i carabinieri se ne vanno cerco di avvicinarmi a Fede. ‹Quanto sei arrabbiato da uno a dieci?› domando
‹Credo che non si possa stabilire›
‹Fede mi dispiace averti mentito, so come sei fatto e...›
‹Tu mi hai detto che dovevo fidarmi di te? Come posso fidarmi se...›
‹Mi dispiace› dico.
So che le parole non servono in questo caso e so come farmi perdonare, così mi avvicino lentamente e gli inizio ad accarezzare la guancia, poi lo bacio anche se lui non ricambiava, gioco con i suoi capelli. ‹Silvia no...›
‹Shh› dico baciandolo di nuovo, lo sento gemere nella mia bocca poi ricambia il bacio, mi attira a sé e sempre baciandomi mi porta in una stanza.
La stanza del direttore.
Chiude la porta a chiave e continuiamo a baciarci, mi spinge lentamente finché non vado addosso al divanetto e cadiamo uno sopra l'altro, ma non smettiamo di baciarci.
Fede mi bacia lungo il collo lasciandomi piccoli e leggeri baci, le nostre maglie finisco entrambi per terra.
Mentre Fede continua la sfilza di baci su di me, le mie mani armeggiano con la cintura dei suoi jeans per toglierglieli ma lui mi ferma. ‹Non ora› dice
Mi alza la gonna, fa scivolare le mie mutandine per terra e mi bacia in quella zona, gemo.
Cogliendomi di sorpresa mi infila un dito dentro di me, ‹non venire adesso› mi sussurra
Riesce e rientra di nuovo in me ripetendo questa azione milione di volte e questa tortura è eccitante. ‹Fede ti prego› dico
‹Potrei usare questo ogni volta che mi farei arrabbiare› dice
‹Ti prego› dico
Fede si libera dei suoi jeans, dei suoi boxer e sprofonda dentro di me soffocando un mio grido con un bacio.
Qualche minuto dopo cerco di alzarmi ma Fede mi tiene stretto a lui,
‹Arrabbiato ancora?›
‹Adesso non più› dice
‹Forse anch'io devo usufruire delle mie carezze per farti calmare› dico
‹Dovremo alzarsi, altrimenti destiamo sospetti› dice.
Ci alziamo e ci vestiamo entrambi.
Prima di aprire mi bacia poi apre la porta e ci troviamo il direttore davanti.
‹Siamo rimasti chiusi dentro› dico
‹Si certo› dice e fa accomodare uno dentro, ‹sbrigo questa faccenda poi vi devo parlare, restate qui fuori› e sparisce dentro
‹Avrà intuito qualcosa?› dico
‹Non credo› dico.
Giusto il tempo di andare a prendere un caffè alla macchinetta e tornare che il direttore esce dalla stanza. ‹Ci sentiamo presto› dice al tipo, ‹voi due con me›.
Chiude la porta alle nostre spalle sbattendola fortemente. ‹Capisco che siete giovani, innamorati e non potete fare altro che toccarvi, baciarvi ma qua siamo sempre alla Warner, ci sono sempre tante persone›
‹Ci dispiace noi...› tento
‹Silenzio...Silvia io ti ho preso qua con noi perché ho stima nei tuoi confronti, hai del talento, del carisma ma come ti ho preso, posso cacciarti›
‹No, la prego› dico
‹Promettete che non succederà più?›
‹Non succederà più› diciamo
‹Bene...puoi tornare nel tuo reparto mentre tu Fede resti qua›
‹Grazie› dico. Volevo baciare Fede prima di andare via ma l'espressione del direttore mi fa cambiare idea.
‹Vada›
Annuisco ed esco dal suo ufficio per raggiungere il mio dove per fortuna il mio capo non c'era.
Faccio in tempo a sedermi quando mi squilla il telefono, ‹pronto› dice
‹Silvia Dorato?›
‹Si sono io›
‹Sono la direttrice della Vanity Fair›
‹Mi dica›
‹Ho letto il suo articolo sul concerto di Benji e Fede e l'ho trovato fantastico›
‹Davvero?› domando
‹Si e la chiamavo per dirle se voleva passare domani per fare un colloquio da noi›
‹Un colloquio domani da voi serio?›
‹Si› dico
‹Va bene› dice
‹Bene allora ci vediamo domani alle 9› dico
‹Alle 9› dico e chiudo.
Oh mio dio. Vanity Fair è il mio più grande sogno lavorare in quel giornale.
Non vedo l'ora di dirlo a Fede. Anzi vado subito.
Corro verso la sala registrazione ed entro senza bussare. ‹Signorina le pare il modo di entrare questo› dico
‹Si mi scusi, posso rubarle un attimo Federico?›
‹Staremo lavorando› dice
‹Un attimo di pausa› dico
Quello antipatico sbuffa, ‹vai› dice
‹Grazie› dice ed usciamo fuori.
Andiamo a sederci alle poltroncine, ‹ho una bella notizia› dico
‹Hanno trovato Serena?›
‹No, purtroppo non ancora però mi ha chiamato la Vanity Fair e ha letto il mio articolo sul vostro concerto, domani vogliono farmi un colloquio da loro›
‹Alla Vanity Fair?›
‹Non è stupendo?› dico
‹Si, ma pensavo che qua ti piacesse lavorare›
‹Mi piace ma lavorare alla Vanity Fair è mio sogno› dico
‹Capisco› dice
‹Non sei contento?›
‹Si, però mi piaceva lavorare insieme›
‹Uno non lavoravamo insieme due è due minuti da qua, poi non so se si mi prendono›
‹Certo che ti prendono, sei la migliore giornalista›
‹Tu sei troppo dolce› dico
‹Andrà tutto bene› dice e mi bacia
Lo lascio poi ritornare alle sue prove e io ritorno al mio ufficio dove sulla mia scrivania vedo un foglietto piegato.
Lo apro. "Non pensare che io mi arrenda qua"
‹Sai chi l'ha messo?›
‹No› dice
Qualcuno dovrà averlo messo per forza.
E se vogliono colpire Fede?
La mattina dopo Fede mi ha accompagnato fino alla Vanity Fair.
‹In bocca lupo, sono sicuro che spaccherai› dice
‹Grazie per credere in me› dico
‹Perché io credo in te› dice, mi bacia poi io entro.
Prendo l'ascensore, mi tremano per il nervosismo e non riuscirò a salire le scale. Chissà che cosa mi chiederanno.
L'ascensore si ferma, faccio un respiro ed entro ‹buongiorno, sono Silvia Dorato e dovevo fare un colloquio›
‹Si, mi segua› dice.
L'ambiente non è male, mi sentirei a mio agio se dovessi lavorare qua.
‹La direttrice ti sta aspettando›
Sorrido poi entro, ‹buongiorno Silvia› dice lei, ‹si accomodi, non le farò perdere tempo›
Un'ora dopo usciamo dal suo ufficio. ‹Allora ci vediamo lunedì› dice
‹Si, a lunedì› dico
‹La accompagno all'uscita› dice, ‹lei è molto sveglia, laveremo bene insieme›
Questa volta faccio le scale, il nervosismo è passato.
Ho voglia di chiamare Fede e dirgli tutto ma volevo dirglielo di persona.
Giro l'angolo quando mi scontro con un ragazzo, è quello che ho visto ieri prima del rapimento di Serena. ‹Ci si rivede piccola› dice sfiorandomi il braccio
‹Non chiamarmi piccola› dico spostandomi
‹Uh come siamo aggressive, ti ho detto che non mi arrendevo mica›
Il biglietto.
‹Sei stato tu?›
‹Già ti dispiace?›
‹Certo che si, sono fidanzata e quindi lasciami in pace› dico e proseguo per la mia strada quando una mano mi copre la bocca, cerco di liberarmi ma mi era impossibile. Poi intorno a me diventa tutto buio.
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