14/10/19_My dilemma is you: cosa ne penso

Dire che non ho nulla contro l'autrice potrebbe forse rivelarsi un salvagente da eventuali critiche non fondate, ecco perché ci tengo a ribadirlo: non ho nulla contro l'autrice. Tale Cristina Chiperi, infatti, si è messa in gioco, forse per sfizio, chi lo sa, ha collezionato, da cinque anni a questa parte, quasi trenta milioni di visualizzazioni, è stata notata, già nel 2016, da una casa editrice, ha giustamente colto la palla al balzo e ora è una scrittrice inequivocabilmente affermata. Giusto per soffermarsi sul primo libro di una lunga serie. Brava, sono contenta per lei.

Tuttavia, catturata dal mio irrefrenabile spirito indagatore, non posso non muovere delle critiche. Non alla Chiperi, bensì al suo pubblico. Bisogna ricordarsi, infatti, che se una cosa esiste è perché il mondo, in un modo o nell'altro, se l'è meritata. Quindi, chi proprio odiasse l'autrice di My dilemma is you - anche se, a mio modestissimo parere, non vedo perché dovrebbe farlo - deve ben capire su chi valga la pena puntare il dito del suo massacrante giudizio. Perché giudicare, che lo vogliate o no, è un diritto che fa parte della nostra sacrosanta libertà di espressione. Non ha senso commentare con frasi del tipo: "se non ti piace vatti a leggere qualcos'altro". Chi vuole cimentarsi nella scrittura deve sapere fin dall'inizio che, prima o poi, dovrà fare i conti con critiche negative e, perché no, persino insulti - Wattpad scoraggerà pure un linguaggio troppo forte, ma nella vita reale, nelle recensioni su Amazon, su Youtube, nei siti web e dal vivo, insultare è purtroppo all'ordine del giorno.

Ecco perché mi sento legittimata a dirlo: My dilemma is you non mi piace neanche per sbaglio. Cercare di arricchirsi leggendo My dilemma is you è come servirsi una minestra su uno scolapasta: va a finire che ti fai solo una doccia incandescente sui piedi e bestemmi. E nemmeno mangi la minestra.

Qui di seguito, esporrò i motivi per cui comprerei i libri della Chiperi solo per deriderli. Un po' come si fa con i film horror di serie zeta.

Senza dare un senso di importanza all'ordine delle mie argomentazioni, inizio parlando di ingenuità. Perché My dilemma is you è sostanzialmente un crogiolo di ingenuità. La Chiperi stessa, nella prefazione, racconta di aver scritto l'opera a quattordici anni, con chiaro intento giustificatorio. Ci sta. Io a quattordici credevo che il congiuntivo fosse una leggenda metropolitana. Tuttavia, come ho detto, ciò non mi esime dal continuare l'articolo. La cosa che mi è balzata subito all'occhio è come i dialoghi siano meri catalizzatori della trama: sono contenutisticamente e creativamente spiccioli, ridotti all'essenziale, irrealisticamente sempliciotti. Anche se devo ammettere che alcune battutine mi hanno divertito, ho respirato, durante la lettura, una costante aria di artificiosità, composta di frasi circostanziali e assolutamente prevedibili. Per citare un esempio: la protagonista Cris, in uno dei primi capitoli, affronta la smorfiosa Susan Rose. Nonostante quest'ultima sia "la più temuta e popolare della scuola", Cris la blasta con un semplice "preferisco essere me stessa piuttosto che impersonare una Barbie". Il che forse è fatto apposta, dato che i personaggi hanno tutti sedici anni, ma dalla "più temuta e popolare della scuola" mi aspettavo sinceramente un po' più di pepe.
Sempre parlando di ingenuità, esco dalla digressione sui dialoghi e mi concentro sulle descrizioni. Obiettivamente molto scarne, come a pretendere che il lettore sia benissimo in grado di immaginare luoghi e ambienti mondani. Forse sì, direi che la scuola americana, Cameron Dallas, Nash Grier e la spiaggia di Miami sono cose che ci immaginiamo tutti (soprattutto tutte) allo stesso modo, ma ciò non giustifica il mostruoso taglio di descrizioni. L'autrice voleva raccontare una favola fatta di begli addominali e tresche arzigogolate, e le descrizioni le facevano solo perdere tempo. O almeno così credo che abbia pensato. Il che è molto ingenuo, perché è indice di non aver capito le primordiali esigenze di un lettore.

Da qui non posso che darmi il La per passare al prossimo argomento. Una candida riflessione sulle fanfiction in generale. Secondo me, leggere una fanfiction non è assolutamente comparabile a leggere un vero romanzo. Prima di tutto perché l'autrice, nella sua fanciullesca ingenuità (quanti anni potrà mai avere una qualsiasi autrice di fanfiction?) non è assolutamente in grado di padroneggiare la difficile arte del tramutare le parole in emozioni. Non è in grado di solleticare la fantasia del lettore, perché non sa essere intrigante e imprevedibile. Non arricchisce di sapienza chi si prodiga (o meglio, si immola) nella lettura dei suoi testi. Seconda cosa: le fanfiction hanno successo solo per i nomi che ivi sono scritti nero su bianco. E non si obietti su questo punto: la cosa è talmente esasperata che Wattpad permette di inserire un cast fotografico dei personaggi, comportando direttamente l'innecessità di sprecare inchiostro sulle descrizioni. Così facendo, il carico di lavoro dello scrittore, già di per sé mediocre, si riduce sostanzialmente. Dal canto suo, il lettore non deve metterci tutta questa testa a seguire la storia. A lui (o meglio, lei) interessano solo l'aspetto esteriore dei personaggi (occhi cioccolato, addominali scolpiti, bei capelli, ecc...) e gli inciuci più scandalosi, fantasticando sui loro idoli, provando a immedesimarsi nelle loro situazioni con laido compiacimento. Questo approccio alla lettura non solo non stimola la fantasia, ma la inibisce, perché i fatti sono assolutamente prevedibili e stereotipati. Alle feste di compleanno, sempre in maestose ville a tre piani sul mare, accadrà che Cosetta si farà Cosetto. A scuola, Cosetta sarà stupita dalla vastità del territorio scolastico, tipica megalomania americana (almeno secondo noi italiani), e dal capitano della squadra di football (all'inizio sempre impegnato con una bionda scema e stronza). Farà amicizia con gli amici del capitano della squadra di football e se li farà più o meno tutti. Tranne il gay. Conoscerà una tizia acqua e sapone che si rivelerà essere un'ottima amica. Eccetera, eccetera.

Riepilogando: lo scrittore (o meglio, la scrittrice) è un essere che vive nel suo mondo di unicorni rosa e bellimbusti da milioni di follower su Instagram, il lettore (o meglio, la lettrice) pure. Tutto sommato, però, non è colpa né della lettrice né della scrittrice, ma dall'ambiente quotidiano che inesorabilmente ci circonda. A sedici anni interessano l'amore e le opportunità che la vita ha da offrire, non i lupini di Giovanni Verga. Non dico di non studiare I Malavoglia, ma che i giovani hanno le loro esigenze. E la lettura può venire incontro a queste esigenze. Può arricchirle. Può dare a esse un valore aggiunto. Così, i giovani vivranno le loro irripetibili esperienze con una consapevolezza più ampia e saggia e sapranno farne maggiormente tesoro. My dilemma is you sarebbe stato scritto meglio se l'autrice fosse incappata nei veri capolavori sull'amore, la passione e le dinamiche scolastiche. E Giovanni Verga, francamente, non ti interessa se hai meno di trent'anni. Ai giovani piace essere decandenti. Piace giocare a fare i depressi, perché la società è grigia e loro sono colorati. Piace assaggiare le note agrodolci di una cotta che rimarrà tale. Piace tagliare la scuola, perché prendersi gioco degli adulti non dispiace mai a nessuno. Piace pensare che l'uomo faccia sostanzialmente schifo perché ha inquinato il pianeta e che solo loro avranno la forza di cambiare le cose. Piace spettegolare. Piace fantasticare su cosa farebbero con delle risorse economiche illimitate. Piace accoppiare tale famoso con tale famosa, perché vorrebbero assomigliare a tale famoso o a tale famosa, come se tale famoso e tale famosa fossero eccitanti figurine da gioco. 

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