46) Il drago nero

Una truppa di guerrieri bianchi schierati a punta di freccia aprirono un varco nelle orde dei mostri, accompagnati da un raggio di luce che di lontano, tutto obliquo, riusciva a illuminare la loro strada fino alle porte del castello. La carica dei bianchi penetrò fin all'ingresso principale dove un ponte levatoio li divideva dal portone borchiato del castello.

«È il nostro momento, ragazzi!» Fedele prese il pomo d'oro e lo scagliò verso il ponte levatoio, Mavelina fece sì che un raggio di luce colpisse la mela nel momento esatto per cui Lisifilio apparso posasse i piedi in equilibrio sulla cima del ponte.

Filomeno a suon di vorticare l'ascia liberò dai mostri una lunga rincorsa dalla quale Fedele prese velocità per volteggiare da mani a piedi e spiccare un salto oltre il fossato con tanta energia da raggiungere le mani di Lisifilio.

«Prendimi!»

«Sì.» questi lo tirò in alto per il polso e si ribaltò indietro pur di dargli lo slancio. Fedele raggiunse la cima della muraglia, merlata ancora più in alto mentre Lisifilio cadeva contro il portone nascosto nell'ombra.

«Speriamo che ci riesca.» Mavelina sapeva quanta oscurità potesse trovarsi dietro quelle mura, ma soprattutto percepiva il terrore di Fedele mentre si addentrava nelle camere della muraglia in cerca degli ingranaggi per abbassare il ponte. Saltò sulle punte dei piedi quando sentì le catene cigolare e il ponte abbassarsi di botto «Sì!» raccolse la mela d'oro rimasta lì e dietro al portone appena aperto trovò Fedele.

«Dobbiamo muoverci!» emanava tanta puzza di paura da richiamare l'intero esercito delle tenebre «Dai!» anche i guerrieri bianchi gli obbedirono e coperti dal loro aiuto raggiunsero il mastio del castello, le porte del suo interno più buio le trovarono aperte e là i mostri dell'ombra non apparvero, qualcosa di molto più pericoloso si aggirava in quel luogo.

«Ti sento.» gorgogliò la voce di Ero, ingigantita dalle corde vocali nella gola di una bestia gigantesca «Sento che hai paura.»

«Parla di te, Fed.» sibilò il nano aggrappato al manico della propria ascia.

«Vedi di fare quello che ti ho detto: piccona i punti deboli del soffitto e abbattilo» Fedele si batté le mani sulle cosce e saltellò per sciogliere i muscoli delle gambe «Io vado a fare una corsetta.» incrociò lo sguardo di Mavelina e le sorrise «Ciao.» partì e appena girato l'angolo la baraonda si scatenò, il battere di enormi zampe mandava il terremoto nel pavimento e il lampeggiare delle fiamme inseguiva Fedele e le sue grida di panico.

«Nano?» fermo lì dov'era sembrava fissare il vuoto e ascoltare la fine del proprio amico, Mavelina riconobbe cosa stesse provando, cercava di trovargliela indosso per tutto il loro viaggio e solo in quel momento la scopriva, proprio in quel momento «Nano, non avrai mica...» si trattenne, questa volta non glielo chiese, gli andò vicino e lo abbracciò «Ho paura per Fedele, corri a rompere il tetto, ti prego.»

«Sì, Mavelina, certo!» si scrollò dall'abbraccio «Stavo solo aspettando il momento buono.» il nano alzò il naso e, dopo due occhiate al soffitto, si diresse per una chiocciola di scale, come già sapesse dove andare a toccare.

«Lisi...» Mavelina si portò la mela davanti agli occhi «abbiamo paura questa volta, ma vedrai che...» sulla mela zampettò Torro, di fronte al suo naso «Torro?»

«Ha avuto paura.»

«Tu parli!» Mavelina lo scrollò dalla mela che cadesse sul pavimento «Zitto per tutto il tempo, mentre mi cambiavo i vestiti!»

Il ragno cambiò forma «Sì, so parlare.» come quando una delle illusioni dell'ombra si spezza, Torro si tramutò in una persona «Sono il tuo maestro, Mavelina.» quel ragno si tramutò proprio nel suo maestro.

Questa scrollò la testa «Ti ho visto morto.»

«Un'illusione come un'altra. Mi hai visto morto e te ne sei lavata presto le mani, degno di una strega dell'ombra, sono orgoglioso.»

«E dov'è Torro?»

«Sono sempre stato io, Mavelina, è sempre stata una mia illusione. Strano?»

«Sì. In ogni caso, Maestro, sto cercando di eseguire l'ultima sfida, ma queste cose dell'ombra e del potere oscuro...» proprio in quel momento il fragore dei passi e il boato del drago nelle altre sale del castello «Questo potere oscuro inizia a starmi stretto, con la cosa del contratto, del patto, del rubare le figlie alle mendicanti, mi sembra tutto brutto.»

«Mavel!» il maestro allargò le braccia con un sorriso «Ma tu sei libera dal contratto: il nano ha appena avuto paura, l'ho visto io stesso.» le passò accanto diretto alla porta e le posò la mano sulla spalla «Sei libera da me, Mavelina, ora appartieni soltanto al tuo potere oscuro.»

«Cosa vuol dire?»

Quello già se ne usciva «Sei stata sempre troppo luminosa per questo potere, forse per questo mi sono ostinato a insegnartelo.» si chiuse la porta dietro, per un attimo Mavelina volle riaprirla inseguirlo e metterlo sotto interrogatorio, poi levò quella tentazione dalla mente. Il maestro dell'ombra e della paura se ne andava da lei per l'ultima volta, senza un contratto da sciogliere e senza portarle via nulla, si riconobbe fin troppo fortunata.

Per di più, si accorse che il diventare strega della paura a tutti gli effetti doveva pur darle qualche vantaggio in più, alzò il bastone, chiuse gli occhi verso la parte più buia di quella stanza e sussurrò «Farfacentauro?»

Qualcosa si mosse nell'ombra e le rispose: «Mavelina Mavelina Mavelina.»

Agitare le gambe, scrollare le braccia, correre via da una pioggia di lapilli, dalle grinfie nere che aprono il pavimento, dietro le spalle di Fedele delle fauci tanto grandi da poterlo inghiottire intero, con zanne lunghe da trapassarlo dalla testa ai piedi, come uno spiedino, e poi cuocerlo alle fiamme che eruttate dalla gola del drago.

Fedele non capiva più dove posasse i passi, su una colonna abbattuta, su quella parete, su dei gradini, come un giocoliere che muove le sue sfere troppo rapido per ricordare quale sia dove, così lui li agitava i propri piedi senza più capire.

D'un tratto qualcosa lo raccolse da terra, credette la zampa del drago e invece sentì una scura voce ripetere senza tregua «Mavelina Mavelina Mavelina.»

«Mavelina?»

«Sono io!» esclamò lei «Ora ho il farfacentauro!» quella creatura deforme piroettò inseguita dalle fiamme del drago «È fortissimo.»

«Ok.» Fedele non perse tempo a farsi domande e cercò, nel grande salone in cui si trovava il drago, la presenza del nano «Guarda, Fil deve avere piantato dei chiodi, là» indicò una colonna con un perno ficcato dentro, già sembrava traballare «Laggiù e là» ne vide altre due, che nel complesso sostenevano maggior parte del soffitto «Ne manca una.» andò a guardarci e ci vide Filomeno, col perno già in posizione, il martello pronto a colpirlo ma immobile.

«Cosa fa? È pietrificato.»

«No.» Mavelina rispose con una stretta alla gola «Ha paura.»

«Fil ha paura?» Fedele sgranò gli occhi e svenne, se il suo amico impassibile provava paura, doveva solo significare che la situazione superava ogni livello di sopportazione.

«Fil!» il drago si voltò verso di lui per caricarlo, Mavelina planò per chiamare «Fil! Hai...» lo guardò di lontano, di nuovo non lo disse, non voleva, spalancò la bocca e gli gridò «Hai coraggio?»

«Uargh!» il nano si riscosse, il suo urlo di guerra ruggito più forte che mai, furioso strappò le catene del proprio terrore, corse in contro al drago e si tuffò nella sua bocca.

«Oh no, Fil!» Mavelina si mise le mani nei capelli mentre il drago si voltava verso di lei e sembrava sorriderle.

«Cosa è successo?» Fedele rinsavì «Dov'è Filomeno?»

«È in bocca al drago.» Fedele svenne di nuovo «Quel nano prende la paura di petto, quando ce l'ha.»

«Uargh!»

«Aspetta, lo sento gridare.» Mavelina si coprì la bocca con la paura che si trattassero di grida di dolore, quelle di una persona nell'intestino bollente del mostro, poco a poco però si ricredette «È il suo grido di battaglia!»

Il ventre del drago venne squarciato dall'interno, ne fiottò fuori lava e assieme a quella il nano, arrossato come un pezzo di ferro nella fornace, rotolò fuori, si alzò e prese a lanciare grida «Sono un nano! Sono un vero nano!»

«Fil!» Mavelina vide dietro di lui lo squarcio del drago ricomporsi, la lava si raffreddò sul taglio per tramutarsi in nuova pelle squamata «Si sta ricomponendo!»

«Ci provi soltanto!» il nano corse alla colonna e picchiò il martello sull'ultimo perno. Il soffitto crollò sul colpo, sopra il drago, il frastuono fece tornare in sé Fedele «Dov'è il nano? Anzi non dirmelo.»

«È uscito.» lo avvertì Mavelina mentre il drago si faceva spazio tra le macerie del tetto e tornava a galla più feroce di prima «È il mio turno.» lasciò Fedele a terra e fece battere le ali al farfacentauro.

«Mavelina» fece lui, mentre la vedeva volare via, per dirglielo non ebbe il tempo «torna intera, ti prego.»

Il drago nero notò proprio il farfacentauro salire sopra di lui, aperte le ali si sollevò da terra, col muso sporto in verticale già riusciva a sfiorare Mavelina con la lingua.

«Batti queste ali Farfa! Battile!»

«Mavelina Mavelina» il farfalla centauro prese altitudine col drago tanto vicino da sembrargli appeso.

Le loro sagome si sollevarono sopra il castello, si spinsero tanto in alto da raggiungere il margine delle nubi e poi entrarci.

«Lo vedi?» chiese Mavelina alla propria cavalcatura.

Le rispose il drago che con uno sbuffo di fiamme illuminò la foschia e un altro le passò tanto vicino da bruciacchiarle la punta dei codini. Lei strinse i denti, estrasse il bastone dal cappello, lo vorticò e fece proprio quello che le attribuiva Fedele, l'essere una ragazza di luce piuttosto che una strega dell'ombra, col suo potere allontanò le nubi. Diradò la superficie di quei cumuli, quella più vicina ai raggi del sole, si trovò nel cielo libero scaldata dall'astro.

Il drago la seguì, sorse all'aperto con una veste di fumi che lo copriva dalla luce, estese per intero le sue ali e dalla coda alla testa, pareva che l'ombra del crepuscolo fosse uscita dalle grotte per affrontare il sole.

«Streghetta illusa» rombarono quelle nubi a forma di drago «pensi che sia la prima volta che cercano di sconfiggermi?»

«Non sono una streghetta!»

«Mafalda non era una streghetta, ma aveva paura di me, tu invece chi sei?»

«Una che paura di te non ne ha.» spronato coi tacchi il farfacentauro prese una planata per poi aprire le ali e sollevare il muso in alto, sempre più su, se la sola luce non fosse bastata Mavelina avrebbe trascinato il drago fino a toccare il sole.

Questi però stese il collo, l'assalto di una serpe velenosa, raggiunse il farfacentauro con le zanne e ne portò via metà. Mavelina rimase all'improvviso per aria, con una mano al bastone e l'altra alla cavalcatura che spariva nel nulla, il cappello le si levò di testa e le fauci del drago lo inghiottirono mentre lei, stretta su di sé gli rotolava lungo il collo, sul ventre e sulla coda, fin sotto quando cadde di nuovo nelle nubi, prima però di sparirvi dentro tolse la mela di tasca e la scaraventò in su.

Il pomo d'oro luccicò al sole, Lisifilio apparve più in alto del drago, di fronte a lui la bestia abbassava la testa verso Mavelina e mostrava il collo per caricare il suo sputo incandescente. Lisifilio precipitò verso di lui, estrasse la spada e nel passarci accanto la sbatté sulla nuca del drago, passandogli per il collo e tranciandolo di netto.

Così decapitato, il potere di Ero diminuì, i fumi attorno al suo corpo sparirono per un istante e tanto bastò perché i raggi del sole lo investissero e tutto quel demone ne venisse spazzato via, disintegrato, come la sagoma di un'ombra all'improvviso illuminata, svanì. Dal suo ventre apparve Cornelia e Lisifilio la vide precipitare poco prima che lui stesso non cascò nell'ombra delle nubi e si trasformò in mela.

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