45) La mendicante e il patto col demone

Principe Lisifilio aprì gli occhi al mattino, sotto i raggi di sole che filtravano da uno squarcio nelle nuvole, si sollevò al centro di una mischia. I guerrieri bianchi attorno a lui marciavano contro il castello a ondate e si scontravano coi mostri oscuri.

Lì un guerriero bianco trascinato per i polsi nelle retrovie e là un altro che torna alla carica infiacchito, l'elmo storto sulla testa, la camminata zoppa e il sudore che lo bagna come passato sotto una gettata d'acqua, poi Mavelina, eccola tra i guerrieri bianchi con gli occhi chiusi e il bastone alto, quello spiraglio di luce in cielo si doveva al suo sforzo.

«Amico mio!» esclamò Fedele quando il principe lo mise a fuoco «È tutta la notte che stiamo combattendo.»

«Cornelia?»

«C'era qualcosa di imprevisto, Lis.» con un cenno della testa accompagnò il principe a una capanna di tela dentro la quale giacevano molti feriti, Fedele scoperchiò il soffitto perché Lisifilio ci entrasse. Tra i moribondi trovò una donna, una pelle pallida ricoperta di rughe, le palpebre tanto basse da lasciare lo spiraglio soltanto per le due pupille.

«Mafalda la Celeste?» la riconobbe per puro intuito «Come sei ridotta.»

«Il suo aspetto era frutto del potere oscuro» gli sussurrò Fedele «Abbiamo eseguito il piano alla perfezione, tuttavia Ero si è scoperto un truffatore, quando la Regina ha perso il proprio potere lui lo ha assorbito e si è trasformato in...» girato il mento verso l'altro lato della stanza incontrò gli occhi di Filomeno, seduto su un ceppo, tornato all'orecchio di Lisifilio sibilò «Si è trasformato in un drago.»

«Lisifilio» Mafalda tese le dita verso il principe, questi allungò il viso perché lei lo raggiungesse, carezze mentre gli confessava «Non sono mai stata onesta con te, ed eri solo un ragazzino, ora sto morendo.»

«Non posso dire...» Lisifilio cercò di dirlo ma trovò come una barriera nella gola che glielo impedì «Non posso dire di poterti perdonare.»

«Lo accetto.»

«Va bene. Ora devo andare.»

«Aspetta.» Mafalda si contrasse, uno sforzo oltre la portata di quel corpo ormai di carta pesta, allungò il braccio per tenergli la spalla «Lasciami essere onesta ora.»

«Sì?»

«Da giovanissima, mi trovavo mendicante per le strade di un villaggio, ebbi una gravidanza. Con quel che mangiavo rischiavo di non portarla a termine e, se anche ci fossi riuscita, di morire di parto e abbandonare la bambina. Era Cornelia nel mio ventre. Odiavo quelli che mi chiedevano rispetto in cambio del loro aiuto, quindi lo andai a cercare da uno che non lo chiedeva, Ero, lui invece chiedeva di stringere dei patti molto particolari: mi avrebbe dato il potere del buio e della paura, in cambio gli avrei dovuto dare mia figlia quando avesse avuto età da matrimonio, compiendo questo avrei completato il mio addestramento.»

«Perché accettasti?»

«Una figlia viva fino all'età da matrimonio e pure sposata a un uomo di potere: stavo comprando una vita serena per la mia piccola. Scoprii tardi di aver commesso un errore, Ero è un demone.»

«La maledizione della mela come poteva servire?»

«Ero è così oscuro da non poter vivere sotto la diretta luce degli astri, nemmeno quella delle stelle, quando Cornelia appariva lui non poteva esserci, non poteva possederla.»

«Perché non anche al sole?»

«Più sicuro per lei tenerla sveglia solo di notte, lontano dalla vista di qualunque uomo. Poi sei arrivato tu...» Mafalda perse un respiro, qualcosa cominciava a pesarle sul petto, la mano con cui teneva il principe prese a tremare «Io ti restituisco tutto, Lisifilio, ora sei re del tuo regno. Ma a questo re devo fare una supplica: qualunque cosa ti dovesse costare, libera mia figlia» certo, Lisifilio non pensava ad altro che a liberarla, ma di farlo per quella donna, Mafalda, gli metteva l'acido in bocca «Ti prego, mio re, non lasciarmi andare via senza saperlo. Promettimi che libererai mia figlia Prometti.»

Le due fessure sugli occhi di Mafalda si chiusero, Lisifilio non ne colse l'ultimo sguardo e quella mano che lo teneva cadde da lui e batté esanime sul terreno.

«Oh che pena...» brontolò il nano «Comunque glielo potevi anche dire.»

«Zitto.» Fedele gli tirò un colpetto col ginocchio, poi si rivolse al principe «Lisifilio, ehm... Non abbiamo ascoltato tutto quello che ti ha bisbigliato, ha detto come sconfiggere Ero?»

«No.» rispose quello «Lei non lo sapeva, altrimenti l'avrebbe fatto.»

«Cosa gliene importa a lui di sconfiggere Ero?» fece Filomeno «Tanto la principessa non ha promesso di salvarla.»

«Zitto! Certo che la vuole salvare.»

«Eh no, non credo proprio: non ha risposto.»

«Non voleva dare il contentino alla malefica Regina Nera.» gli spiegò esasperato, già che lo diceva ad alta voce si rivolse al principe «Perché in realtà la vuoi salvare, vero?»

«Più di qualsiasi cosa. Ma non ce la posso fare da solo.»

Fedele rispose coi pollici in su e annuendo, Filomeno invece molto meno entusiasta «Hai idea di cosa ci stai chiedendo?»

«Nano» Lisifilio per la prima volta vide gli occhi di Filomeno spalancati e le sopracciglia irsute alte fino a metà fronte «so cosa vi chiedo.»

«E va bene.»

Dall'esterno giunsero grida disperate e il fronte della battaglia, col suo cozzare di ferri e le sue urla di guerra, sembrò avvicinarsi alla capanna.

«Uff» in quel momento Mavelina entrò col cappello a sventolarsi il viso «Ah siete tutti qui? Meno male, perché mi sono presa una pausa anche io.» si sedette e accavallò le gambe «Che facce che avete.»

«Mafalda la Celeste è morta poco fa.»

«Uh che risvolto oscuro e noi siamo nel pieno dei combattimenti.»

«Mavel» la interpellò Fedele «Stai facendo pausa dall'espandere la luce e così difendere i nostri soldati?»

«Sì.»

«La gente lì fuori sta gridando!»

«Non posso riposarmi un attimo? Qui riposano tutti...» con la mano indicò i feriti cacciati lungo quella capanna e per ultimo indicò anche il corpo di Mafalda «Oh. Va bene adesso torno a fare magia.»

«Aspetta un attimo già che ci sei» le fece il principe «Tu hai idea di come uccidere il drago?»

«No, Mafalda non sapeva come uccidere il drago?»

«Non dite quella parola.» il nano si morse il pugno .

«Io ce l'ho.» Fedele batté le mani «Banale: "Ero non può esporsi alla luce diretta degli astri".»

«È rinchiuso nel castello, credo non mollerà Cornelia se non minacciato di morte.» fece notare Lisifilio.

«È troppo potente come creatura.» fece notare Filomeno.

«Le nubi che ha in cielo, a mala pena riesco ad aprire per noi. Sopra di lui sarà impossibile farlo.» aggiunse Mavelina.

«Siamo in quattro, ragazzi, c'è qualcosa che non siamo in grado di fare?»

Il nano scrollò la testa, quasi quasi questa volta si ritirava «Hai un piano?»

«Tutti e quattro entriamo nel castello, io distrarrò il drago mentre tu sfondi il tetto.»

«Ah no.»

«Avevi detto che con due chiodi potevi abbattere una montagna. Allora, una volta sfondato il tetto Mavelina volerà in cielo.»

«Non sono sicura di poterlo fare.»

«Te l'ho visto fare al castello di legno.»

«Già.» Mavelina non volle ammettere che si trattasse solo di un'illusione d'altronde col Farfacentauro c'era riuscita ma di sovvertire così una creatura di Ero, proprio non credeva di esserne in grado.

«Il drago la inseguirà e quando sarà abbastanza in alto, Mavelina leverà le nubi e col sole il drago morirà.»

«E Cornelia» Lisifilio drizzò la schiena «se Ero la stesse tenendo con sé cadrebbe nel vuoto.»

«La prenderete al volo, è il massimo che ti possa dire.»

«Io andrò con Mavelina.»

«D'accordo.» Fedele incontrò gli occhi dei suoi tre compagni, ognuno di quegli sguardi poco convinto, come nascondesse qualcosa «Coraggio! Vediamo di arrivare a quel castello e spaccare quel maledetto drago. Dobbiamo finire questa storia, ragazzi.»

«Sì.» asserirono, ognuno di loro con un peso sul cuore.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top