43) Al cospetto della Regina Nera
Fedele non si poteva dire maestro di nessuna disciplina, nemmeno quelle che praticava più spesso. Capitava che compisse acrobazie magistrali, oppure ideasse piani degni di un compendio per truffatori, tuttavia gli mancava la medaglia affissa al petto, quell'etichetta che permetteva agli altri di affermare: Se chiedi a Fedele avrai una soluzione.
I membri di quel consiglio non la ebbero, sulla torre del castello bianco, non sentirono Fedele inspirare di colpo e nemmeno spuntare fuori con l'idea del secolo.
Arrivata la notte smisero di discuterne e si ritirarono a riposare, loro, mentre i guerrieri del castello si alzavano dai letti per formare le fila fuori dalle mura, un'armata preparata a contrastare l'assedio che si ripeteva ogni notte.
Uno spettro che vaga insonne, Fedele non trovò riposo nella sua stanza, vedeva il problema delle mele e della Regina come un ostacolo per la sua mente, uno per il quale non bastava un balzo d'intuito, richiedeva uno sforzo d'intelletto in più a cui non era abituato.
Avanti e indietro per i corridoi, cogitando, si arrampicò su quell'ostacolo come su una parete della quale non si conoscono gli appigli, della quale si ignorano le vie e bisogna provarle tutte prima di scovarne una giusta.
Avanti e indietro, si fermò con le nocche posate sulla porta di Filomeno, il nano gli dava fiducia e coraggio, ma non bussò, voleva svegliarlo solo a soluzione trovata e lo stesso per Mavelina, passando di fronte alla sua porta abbassò lo sguardo e immaginò la donna fissarlo con pena e dirgli:
«Sei un incapace, ma tranquillo: non ci aspettavamo nulla da te.»
«Già.» sospirò Fedele mentre puntava all'uscita e poi ai cammini di ronda.
Vide i guerrieri bianchi fuori dalla fortezza anticipare i mostri in campo aperto e decimarli, che i loro cadaveri si spargessero e non potessero formare una rampa sotto le mura.
Nelle corazze luccicanti dei guerrieri riconobbe un limite per la Regina Nera, come lo era il sole. Il potere di quella strega non arrivava ovunque, non vinceva su tutto e non conosceva tutto.
«Altrimenti avrebbe trovato Cornelia prima del nostro arrivo.»
«Esatto.» gli rispose Ero, accanto a lui da prima che se ne accorgesse.
«Cosa vuoi?»
«La Regina Nera è limitata e commette errori come ogni persona, immagino tu riuscirai a trovare la soluzione ma ricorda l'obbiettivo: liberare Cornelia dalla maledizione.»
«E salvare Lisifilio, non c'è bisogno che tu me lo dica!» battute le palpebre Ero sparì nel nulla «Sì, bell'effetto» Fedele alzò le spalle e tornò a guardare la battaglia.
Si chiese come sarebbero rientrati tutti quei soldati in caso di ritirata, forse si prevedeva che non tutti ci riuscissero, altro discorso poi sarebbe stato come disporsi sulle mura, la ronda contava centinaia di passi e per coprirne tutta la lunghezza servivano almeno metà di quei guerrieri.
«Cornelia?» mentre passeggiava accanto ai merli la notò in cima alla torre d'angolo, col pomo d'oro in mano fissava l'orizzonte «Non mi sono presentato con la dovuta riverenza» la avvicinò «Sono Fedele di Gambagamba, uomo senza alcun illustre titolo se non quello di amico del principe Lisifilio.»
Lei annuì, con un sorriso tirato, sembrava non conoscere la riverenza di corte ma nemmeno come approcciarsi a un banale dialogo. Fedele se ne avvide, di come fuggisse con gli occhi, di come la timidezza le levasse la voglia di mostrare le mani e di restare nelle sue vicinanze.
«Sei stata chiusa in una torre a lungo?»
«Sì.»
Provò a suggerirle qualche parola «Tua madre ti ha nascosta perché sei la sua debolezza, giusto? Tua madre non voleva farti vivere, altrimenti si sarebbe sentita morire, suppongo. Tua madre ti odiava.»
«No!» esclamò Cornelia «Mia madre è sempre stata dalla mia parte.»
«Ti abbiamo spiegato che sei stata maledetta da lei?»
«Una madre fa cose che i figli non possono capire, ma i figli si devono fidare.»
Fedele le indicò la mela d'oro che carezzava tra le sue mani «Ma sei scappata con Lisifilio.»
«Lo amo.»
«Non hai paura che una nuvola ti copra dalla luce delle stelle e lui cada e venga perso?»
«No, sono stata spesso con lui in mano, conosco come tenerlo al sicuro.»
«E lui?»
«Lui deve avermi persa, fuggendo, perché è un uomo di cuore, e quando pensa a noi non può che distrarsi. Il nostro amore è quello incensato dalle fate e schifato dai demoni.»
«Schifato da tua madre, la Regina Nera.»
Cornelia tornò a stringere le spalle attorno al collo, col mento in basso di nuovo non trovò le parole per proseguire il dialogo.
«Cornelia» la riscosse lui «ci sarà un momento nel quale dovrai decidere se tener fede al volere di tua madre oppure schierarti con Lisifilio.»
«Ho già fatto una volta questa scelta, quando presi la fuga con lui ero consapevole, dai messaggi che mi lasciava in segreto. Non gli risposi ma non mi sottrassi.» affermò lei «Rivedrò negli occhi quel principe e lui rivedrà me, che la maledizione o la morte facciano il loro corso o meno, io e lui seguiremo un solo scopo, riaverci l'un l'altra.»
Dietro di loro arrivò Mavelina e pure Filomeno che tirò per la manica l'amico «Hai qualche idea?»
«Sì.» voltato, Fedele incontrò anche la figura di Ero e, dall'ombra di quel cappuccio, gli venne in mente di non aver capito cosa quell'individuo ci guadagnasse dal tracollo della Regina, che fosse soltanto una questione di principio, oppure il bisogno di riassorbire qualche credito di potere da lei, lì per lì tenne per sé questo dubbio.
«Allora?» il nano gli schiaffò la mano sulle natiche.
«È arzigogolata come idea.»
«Chi se ne importa? Basta che funzioni.»
L'alba rifletteva la sua luce sulle rocce nere del castello oscuro, in riva al mare, le sue torri spuntavano dal terreno come le corna di un diavolo gigantesco, sepolto lì sotto.
Più il passo degli uomini avvicinava le sue mura più il terreno si faceva scuro come terra di vulcano, l'aria quella di un cimitero e l'animo pesante, sobbarcato da una sensazione buia e incombente come quelle torri.
A quegli uomini vennero aperte le porte delle mura, quelle del mastio e aperte le vie fin alla sala del trono. Mafalda la Celeste occupava lo scranno in vesti del tutto simili a Mavelina delle ombre, le falde nere della sua gonna si spargevano tutt'attorno come una colata di pece caduta dal soffitto, un velo scuro le copriva i capelli, della sua pelle candida appariva soltanto il volto chinato nel pianto e la mano che ne copriva gli occhi.
«Saluti, Mafalda la Celeste, Regina Nera di questo regno.» la voce di Fedele tremò fintanto che Mavelina accanto a lui non gli strinse la mano.
«Forza.» sibilò questa «Percepisce la tua paura come la sento io.»
«Saperlo non mi aiuta.» le rispose lui.
«Le mie ombre mi hanno avvisata del vostro arrivo. Voi due e quei soldati del castello ribelle.» la voce della Regina Nera non intimoriva, anzi vibrava in quella sala più delicata del canto di una fanciulla «Mi hanno detto che portavate con voi il principe imprigionato nel pomo d'oro.» tuttavia tradiva una tristezza abissale, che al termine di ogni frase tremolava tra le sue parole con un singhiozzo.
«È così.» affermò Fedele «E vorremmo parlarne.»
«Questo principe non doveva tornare, se quello che vi ha riferito lui fosse la verità, lo avreste capito.»
«Noi non lo abbiamo sentito solo da lui, ma anche da Cornelia.» Fedele deglutì «Vostra figlia.»
Dal soffitto calò sulla sala una coltre di fumo, né Fedele, né Mavelina e né i loro soldati videro più nulla se non il nero. Stretti gli uni agli altri si prepararono all'assalto dei mostri.
«Mia figlia?» la voce della regina rimbombò feroce «Solo un grande stregone poteva nascondermela fino a oggi. Se non siete quello stregone allora state mentendo!»
L'attacco dei mostri d'ombra arrivò senza avvisare ma i soldati conoscevano la tattica per combattere alla cieca, maturata durante le lunghe notti d'assedio, li respinsero con l'efficienza di chi non prova più il minimo timore.
Fermati i mostri un nugolo di frecce ronzò nel buio, scagliate da distante. Urla, avvertimenti e ordini si sovrapposero e sopra di questi salirono le grida stridule e terrificate di Fedele, stringeva la mano di Mavelina come l'unico appiglio nel vento di un ciclone.
«Fed, stai calmo!» ripeteva lei «Stai calmo, Fed, ci sono i guerrieri bianchi che ci protegg...» la mano dell'amico la mollò proprio quando una di quelle frecce gli sibilò più vicino.
«Fed?» lo cercò a tentoni «Fedele?» lo trovò immobile, toccò lui, toccò la coda di una freccia «Ti ha colpito!» tastando meglio si accorse che questa non era conficcata ma semplicemente tenuta in mano.
«L'ho presa al volo.» ghignò lui «Ti stava colpendo e l'ho presa al volo, al buio. L'hai visto?»
«No! Fed, siamo al buio.»
«Hop!» un altro sibilo interrotto «Eccone un'altra.» le mise in mano a Mavelina «Promettimi che lo racconterai al nano.»
«Fedele ti trema la voce, sei l'uomo più spaventato e più coraggioso che io conosca.»
«Vuoi che mi calmi?»
In quel momento il grido della Regina Nera «Solo uno stregone potentissimo poteva nascondermela!»
«No, Fed.» gli rispose Mavelina convinta che fosse il suo turno di alzare la voce «Voglio che tu abbia paura. Dammi tantissima paura.»
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