4) Il pomo d'oro

Il passo di Filomeno colpì terra battuta, un sentiero tagliava la vegetazione.

Saliva da sinistra e a destra vorticando attorno al colle finché non ne giungeva al culmine «Il tempio!» esclamò Fedele, scorciò la strada fuori dal sentiero e arrivò alla facciata di un edificio «Me lo immaginavo più piccolo.»

«Perché ti stupisci? È in legno» analizzò la voce roca ed esperta del nano «qua intorno è pieno. Fosse stato costruito di alabastro...»

«Cosa state cercando lì dentro?» domandò Mavelina.

«Un pomo d'oro» le disse Fedele «Non te l'avevo raccontato?»

«Verdura?»

«No, frutta. tranquilla è un errore comune.»

«Sicuro?»

«Comunque» intervenne il nano, senza dire altro prese l'ingresso.

All'interno le ombre coprivano le pareti facendo allontanare il fondo della stanza, il tetto si alzava sopra colonne circolari «Tronchi d'albero» Fedele incrociò lo sguardo del nano «banale.»

«Mh» rispose il nano «la cosa inquietante è che la mia accetta potrebbe smontare questo posto.»

«No» disse Mavelina «la cosa inquietante è sentirti parlare a voce bassa, Filomeno» gli avvicinò le labbra all'orecchio, col fiato della bocca gli raffreddò il collo «Questo tempio buio non ti farà mica paura?»

«Madre mia, se mi parlassi da così vicino altroché paura...» bisbigliò Fedele tra sé «Mi verrebbe da morderti quelle labbra carnose.»

«Fedele, pensi spesso ad alta voce?»

«Oh caspita, Mavelina mi hai sentito?»

«In questo tempio c'è molto silenzio.»

«A me non avete sentito» affermò Filomeno agitando una mano vicino alle natiche «Seguitemi, voglio andare laggiù.»

La navata di colonne accompagnava verso l'unica fonte di luce, una finestrella sul tetto che puntava esattamente in un punto, in quel punto, su un piedistallo, il pomo d'oro. La luce riflessa da quella mela d'oro puro si spargeva a raggiera, in quella stanza ricordava il sole nel vuoto dello spazio.

Mavelina attraversò con la punta dello stivale il primo riflesso «È stupendo, sembra di guardare una stella scesa in terra.»

Fedele guardò uno dei riflessi toccargli la mano, proprio sulla sua cicatrice «È un trucco: tutto questo buio ha reso spettacolare questo pomo d'oro.»

«È come una fetta di carne dopo un viaggio di verdure.» così si espresse Filomeno.

«Allora» domandò lei «cosa volevate fare una volta qui?»

Fedele la guardò con le palpebre calate e il sorriso sornione, allungò un passo e poi la mano sopra la mela, attraversò quella colonna di luce e polvere fluttuante, prese il pomo e lo tirò via. Di colpo il buio inghiottì il tempio. Una valanga di pece nera nella quale neanche le proprie mani esistevano più.

«Oh madre.» Fedele rimise il pomo sul piedistallo e i riflessi di luce tornarono «Voi vedevate l'uscita?»

«Ecco perché nessuno l'ha mai portato via.» capì Filomeno.

«Ecco perché non c'è sorveglianza.» capì Fedele.

«Hihi» Mavelina sogghignò «Io sono una maga delle ombre.»

I due maschi si guardarono, l'uno lesse l'idea nella mente dell'altro.

«Potresti venirci utile.»

«No.» anche Mavelina capì «La mia magia ha due ingredienti fondamentali: l'ombra e la paura.»

«Ma il ponte non faceva paura» fece notare Fedele.

«In realtà sì: quando hai scoperto che era finto hai gridato come una bambina.»

Filomeno si mise a ridere, quando Fedele lo fissò finse invece di avere un attacco di tosse. Poi il nano tirò fuori di tasca l'acciarino «Per me, potremmo mandare tutto il tempio a fuoco e poi tornare a riprendere il pomo d'oro dalla cenere.»

«Ve lo vieto!» protestò lei «È così grande che potrebbe dormirci un drago, l'incendio potrebbe andare nella foresta e bruciare anche noi.»

«Sh!» il nano soffiò a denti stretti, un occhio verso il buio e una mano aperta contro la ragazza «Non dire quella parola ad alta voce.»

«Oh nano, abbiamo toccato una parola spaventosa?» sillabò «D-r-a-g-o?»

«Piuttosto avrei paura che l'oro si sciolga» disse Fedele «Strano che tu non ci abbia pensato, fabbro nanico che non sei altro.»

«Sì, forse si scioglierebbe, non vale la pena rischiare. Quindi torniamo all'altra idea.»

Confabularono qualche secondo, le condizioni divennero chiare in pochi istanti: solo col pomo sul piedistallo si poteva vedere l'uscita, Mavelina sarebbe andata là, all'ingresso, quindi avrebbe attivato la sua magia per indicare la strada, magia che sarebbe stata attivata dalla paura di Fedele.

«Capito Fedele?»

«Sì Fil, ma io non vi assicuro che avrò paura a sufficienza.»

«Te lo assicuro io. E poi non vorrai deludere signorina Mavelina.»

«Sono pronta!» urlò lei all'ingresso.

«È davvero all'ingresso? Si vede a malapena con la luce della mela.»

«Dev'essere un gioco di colonne, Fedele.»

«Fagli paura che sennò non viene bene.» urlò ancora la donna.

«Ecco, vedi?» Fedele allargò le braccia «E adesso? Cioè, non posso spaventarmi a comando.»

Filomeno non rispose.

«Non credi? Fil?»

Filomeno non sembrò esserci.

«Mavelina?» chiamò «Mavelina?» chiamò più forte senza sortire risposta «Non ho paura.» unì le mani, fece un passo indietro e toccò il piedistallo con la schiena «Ok ho paura. Ho paura, va bene, l'accettazione è il primo passo per sconfiggerla. Adesso ricorda cosa diceva il maestro...» cercava i punti illuminati dalla mela ma il suo corpo ne oscurava sempre uno, uno con la sua sagoma «il coraggio è il fuoco che incenerisce poco a poco la paura.» si bloccò e trattenne il fiato, non sentì nulla, neanche un respiro o un filo di vento.

«Ragazzi basta! Guardate che esco senza prendere il pomo.»

Il nero sembrava entrare nei suoi occhi, come fosse cieco, come se il buio fosse più nero della sua pupilla e avesse il diritto di infilarci il dito.

«Basta!»

In quel momento l'uscita sparì anche sotto la luce del pomo. Fedele si voltò a guardare la mela, dietro a questa un toro, un toro dagli occhi cavi con due corna lunghe quanto un uomo e un corpo tanto possente da avere il piedistallo sotto al muso.

Fedele occhi spalancati e denti serrati pigliò la mela e girò le spalle al toro per non voltarsi più, calò il buio, a costo di colpire una colonna o un muro, Fedele avrebbe lasciato le sue gambe scuotersi come fulmini, l'adrenalina cavalcare il suo corpo, il panico lanciarlo nella corsa della lepre. Gli zoccoli del toro schioccavano dietro i suoi talloni, gli sbuffi della bestia soffiavano sulla sua nuca. Corse e corse finché non sbatté su una porta e uscì alla luce del sole.

«Sì!» Mavelina rideva soddisfatta.

Lui gettò le braccia al cielo, col pomo d'oro in pugno e le lacrime agli occhi.

«Aiuto!»

Fedele si voltò verso il tempio «Chi chiede aiuto?»

«Ragazzi aiuto!» fece Filomeno da dentro al tempio.

Mavelina e Fedele, davanti all'ingresso del tempio guardarono l'interno completamente oscuro.

«Ragazzi, dovete riportare il pomo al suo posto, altrimenti non vedo l'uscita.»

«Veramente» Fedele si accorse del problema «adesso non riesco nemmeno a vedere dove fosse il piedistallo.»

«Adesso che ci sono io nel buio ti importa molto meno eh? Fedele?»

«Hai paura là dentro?»

«Non ci provare, Mavelina» ruggì il nano «Smettila di chiederlo.»

«Che dici Fil, potremmo bruciare il tempio adesso?»

«Tu hai poco da parlare Fedele: per uscire stavo seguendo le tue grida.»

«E beh?»

«Hai gridato forte che ho tappato le orecchie e mi sono perso.»

«Ma scusami» intervenne la mente femminile «Non puoi seguire le voci anche ora?»

«Oh.» fece il nano, non disse nulla e poco dopo spuntò fuori dal buio.

Mavelina fece l'applauso, Filomeno la guardò come un tronco in mezzo alla sua strada.

«No, stai calmo nano, mi sto davvero complimentando. Quindi la chiave del tempio era il suono, interessante.

Fedele posò le mani sui fianchi «Già.»

«Dove hai messo il pomo?» ringhiò il nano.

«Qua.» lo tirò fuori dalla borsa sulla cinta.

«Ecco, bravo, non tenerlo troppo nascosto che non mi fido.»

«Tu ti fidi, Mavelina?»

Mavelina sorrise, arcuò le sopracciglia e piegò la testa, lo guardò negli occhi «Non...» cercò il modo di dirlo «Io non posso ancora saperlo.»

«Hai ragione.» fece Fedele «Tu invece mi ispiri molta fiducia, quindi lo terrai...»

«Fermo un attimo.» Filomeno afferrò il polso di Fedele «Anche lei la conosciamo da poco.»

«Sì certo, ma lei ha le volontà del suo maestro da rispettare: scapperà col pomo d'oro solo quando tu avrai paura.»

«E questo non accadrà» il nano lasciò che Fedele desse il pomo alla ragazza «Non farlo vedere in giro.»

Lei prima di nasconderlo fece un passo alla luce del sole, un raggio colpì il pomo d'oro e questo si aprì come un carciofo, si voltò da dentro a fuori finché l'esterno scomparve e l'interno del pomo si aprì fino a diventare una persona, un uomo vivo. Nelle iridi dei suoi occhi splendevano i riflessi dorati del pomo.

«Una reliquia trucchetto» disse Fedele a bocca aperta.

«Non di nuovo» Filomeno si schiaffò le mani sugli occhi.

Mavelina non sapeva dove fosse finito il pomo d'oro, ora vedeva un uomo.

«Buon giorno a voi tre, sordidi scagnozzi!» l'uomo fece due balzi indietro e si mise in posa da combattimento «Pensavate di farmi fuori? Avete invece risvegliato la belva!»

Filomeno caricò l'uomo, con la testa bassa lo travolse e lo gettò negli arbusti. Andarono a vedere se fosse ancora vivo ma trovarono la mela.

«Meno male» Filomeno la tirò fuori dalle foglie ma questa si trasformò di nuovo nell'uomo, questa volta steso a terra e dolorante.

«La seconda volta sorprende già meno.» commentò Mavelina.

«Fil, non ucciderlo.» Fedele stese una mano sul nano «Ho capito: quando è alla luce torna umano.»

Mavelina fece qualche passo cosicché la sua ombra coprisse l'uomo, il corpo di questi si ritirò, come un fiore la sera si chiuse in un bocciolo a forma di pomo d'oro. Lei allora fece un passo a sinistra e alla luce l'uomo sbocciò di nuovo fuori. Lei fece un passo a destra e tornò invece la mela. Un passo a sinistra uomo, un passo a destra mela.

«Luce, ombra, luce, ombra, luce, ombra, uomo, mela, uomo mela. É l'invalidità più assurda che abbia mai visto.»

«Ehi, Mavelina, prova a farlo coi tuoi poteri.»

«È vero» esclamò lei, tirò fuori lo scettro dal cappello e partì col muovere un'ombra avanti e indietro a velocità nevrastenica «Uomo mela uomo mela uomo mela...»

Cessò le metamorfosi su uomo. Quest'ultimo espresse una specie di richiesta, scrollò una mano e rantolò «Piet...»

«Mela.» Mavelina mosse di nuovo l'ombra, gli altri due risero, lei li guardò soddisfatta, con un sorriso a denti aperti.

Fedele inspirò di colpo, Filomeno lo guardò in faccia «Oh caspita, occhi spalancati e bocca aperta, gli è venuta l'idea.»

Fedele agitava un dito verso l'uomo-mela ma ancora non riusciva a trovare le parole.

«Forza Fedele, parla.» lo incoraggiò Mavelina.

«Non forzarlo» la rimproverò il nano «Più tempo ci mette a dirla più è grandiosa, vedrai che faremo grana a palate.

«Faremo...» Fedele iniziò ma non proseguì.

«Faremo?» lo incitarono gli altri due.

«Venderemo la mela all'ombra...»

Filomeno ci arrivò e non poté trattenersi «Venderemo la mela all'ombra e la faremo tornare da noi al sole!»

«Ah, una truffa.» capì Mavelina.

«Beh, non proprio, credo. Mavelina, se mi guardi con quella faccia mentre cerco di negarlo fai sembrare tutto una truffa.»

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