38) Mavelina Mavelina Mavelina
Una marea che si ritrae, i mostri lasciarono il castello di legno. Col tramonto del sole, richiamò la loro direzione una stella nera, un astro invisibile, un segnale senza suono, tornarono indietro veloci e in formazione, la Regina Nera li stava richiamando a sé.
Lasciavano alla montagna un silenzio tombale mentre portavano via le grida e i lamenti, loro e dei loro prigionieri, infatti chiunque non si fosse difeso fino alla morte, quei mostri lo trasportarono via, trascinato o sopra la testa.
Correvano più veloce sotto la coltre di fronde, la foresta levava loro l'intralcio degli astri notturni e del loro fioco bagliore. Nel sottobosco umido e oscuro, l'orda seguiva sentieri già pestati all'andata e parevano aiutarsi spingendosi ai tronchi d'albero o graffiando il terreno con le unghie dei piedi. Non stavano solo rispondendo a un richiamo, quasi sembrava che fuggissero.
Mavelina, certo, non riusciva a correre tanto veloce, soprattutto con la necessità di mantenere attiva l'illusione sul suo aspetto
«Sto rimanendo indietro, ragazzi!» col fiatone in gola vide l'ultima fila di mostri staccarsi poco a poco dalla sua corsa «Aspettatemi...» uno degli ultimi mostri, uno zoppo, la passò in quel momento «Aspetta aspetta aspetta, almeno tu!»
«Uragh» grugnì il mostro che le diede le spalle e proseguì coi suoi simili.
«Non voglio rimanere sola» gracchiò lei «Vi prego!»
Le cascò il travestimento da mostro, costretta a riprendere fiato si fermò «Ma non rimango sola.» puntò la cima del bastone su quell'ultimo mostro zoppo «Fermo!» quello obbedì «Adesso sarai il mio amico.» se lo fece venire accanto «Chissà sé... Prendimi in spalla» il mostro si chinò e lei vi salì cavalcioni, poi chinò lo sguardo su quella gamba zoppa, se il potere della Regina Nera apriva le porte dei regni oscuri e ne tirava fuori lupi e mostri, chissà che Mavelina, la modesta strega nera, non sapesse curare la gamba di uno di quelli.
«Per lo meno una sola gamba.» ci diede un colpo col bastone e questa si raddrizzò
«Ah!» urlò il mostro.
«Meglio?» domandò lei «Corri.»
Il mostro partì, le gambe ben stese e veloce che Mavelina alzò le braccia al vento «Iuppì!» con le mani però colpì un ramo e un altro gli tolse il cappello.
«Il mio cappello! Torna indietro.»
«Uh» il mostro voltò indietro, si chinò sul cappello e lo porse alla sua cavaliera.
«Ecco. Non credi che potrei inventarmi qualcosa di più?»
«Ah?»
«Cosa stai immaginando?» posato il cappello in testa si accorse di toccare le foglie con la punta «Pensavo a qualcosa di più basso e più veloce.»
«Eh?» il mostro di pelle e ossa non immaginava nulla, lui che viveva nella cecità del buio e nel freddo della nudità, tanto nuda che per poco gli mancava anche la pelle, lui rispondeva «Argh» e nient'altro gli serviva. Tant'è che in quel momento non apparteneva alla Regina Nera, terrificante e pericolosa, bensì a Mavelina, la strega della paura, la strega che si sarebbe definita «Intelligente, simpatica e non troppo furba.» servo di lei, della sua magia e delle sue idee.
«Ti voglio più basso.» una bastonata «Ahia!» e le gambe del mostro si accorciarono fino alle ginocchia «Eh, ma così tocco terra coi piedi... Facciamoti più lungo» gli tirò una bastonata «con più gambe» gliene tirò un'altra «come un bruco centauro.» sgranò gli occhi e carezzò il mostro appena deformato sotto di sé «Un brucocentauro. È geniale!»
Sdraiata sul dorso del suo brucocentauro Mavelina si godeva il il dondolio frenetico di tutte quelle gambette dietro la sua schiena
«Un massaggio incantato.»
Con la falda del cappello piegata sugli occhi, le mani incrociate sul petto e un sorrisetto in volto.
«Continua a correre, tesoro. Qua dietro si sta da sogno. Uah!» si sistemò il bordo del vestito sotto le ginocchia «Vai così veloce che mi si alza la gonna.»
Alzata la testa però riconobbe qualcosa in lontananza, oltre allo scalpiccio del bruco, sentì delle grida «Li stiamo recuperando?» corrugò le sopracciglia «Ho un'idea migliore: ti metto le ali.»
«Uh?»
«Brucocentauro...» gli sbatté il bastone sulla schiena «Farfallacentauro!»
Il mostro spiccò il volo, chiuse le ali per passare le chiome degli alberi e prese a batterle appena raggiunto il cielo aperto. Mavelina di nuovo con le mani per aria
«Ippì! Devo farmi regalare dei mostri oscuri dalla regina.» carezzò la nuca della farfallacentauro «Non ti offendere, tu sei fantastico, ma ti immagini uno stormo di farfalle? E metterei a tutte la mia faccia, e invece di gridare cantereste... cantereste il mio nome all'infinito.» gli colpì la nuca con la punta del bastone «Mavelina.»
«Mavelina» fece la farfallacentauro «Mavelina Mavelina Mavelina» prese a ripetere col sussurro che gli usciva di gola.
«Ahahaha!» lei invece rise, rise come una strega all'apice del suo potere, rise forte che dal terreno la sentirono.
Un'armata di soldati, corazzati di metalli argentei, armati di scudi e falcioni si stava schiantando sul fianco dell'orda mostruosa, questa non ne reggeva l'urto. Agli occhi di quei soldati, sollevato il fronte degli elmi al cielo, apparve una strega volante e la sua risata gracchiante. Il capitano di quelli la indicò ai propri arcieri.
«Sono io la regina!» esultava Mavelina «Sono io...» ecco che una freccia bucò l'ala della sua cavalcatura, tre altre le si piantarono nel busto del centauro e un'ultima centrò il bastone in mano a Mavelina, solo allora questa abbassò gli occhi verso il terreno e vide la battaglia.
Combattevano in una parte di foresta rasa dagli alberi, da un lato i mostri intenti a portare via i loro prigionieri, dall'altro la schiera di soldati, le loro frecce, e un castello. Mavelina ne vide i fuochi, grandi bracieri accesi sulla cima di torri in pietra, un fossato, un ponte levatoio e un palazzo circondato di mura.
La farfallacentauro si sfracellò addosso ai soldati e Mavelina atterrò sulle loro teste e i loro pettorali.
«Non siete affatto morbidi.»
«Prendetela!» urlò il capitano mentre i suoi uomini le toglievano il cappello, le scuotevano la gonna, le levavano gli stivali, le spezzavano il bastone.
Il capitano dei soldati argentei rientrò al castello appena dopo il crepuscolo, quando i raggi dell'alba tinsero di azzurro il cielo e le ultime mostruosità dell'ombra si cossero sotto la luce.
«Voglio solo il mio cappello.» la voce di Mavelina, dalla cima di quel torrione «Dove lo avete messo?» nessuno le rispondeva, impassibili come statue, nemmeno reagivano alle sue provocazioni «Stupidi.»
Nessuno le rispondeva eppure quel torrione conteneva tanti uomini quanti mattoni, il capitano dovette varcare il muro di lancieri che ne proteggevano la base, poi quello di guardie con scudo, quello di spadaccini e quello di arcieri, passò i dormitori al terzo piano, passò il piano di guardia e il secondo piano di guardia, giunse in cima e salì sulla piattaforma del patibolo allestito sulla cima.
«Chi sei tu?» gli fece Mavelina, attaccata a una trave di fronte a lui, questi si levò l'elmo e lo mise tra gomito e anca «Mi dispiace ma confermo di non conoscerti.» fece Mavelina «Rimettiti pure il caschetto.» il capitano non le rispose e lei gridò «Rimettitelo!»
Aspettava, il capitano, aspettava senza poterle rivolgere parola, ascoltare quella strega già comportava un rischio, anche solo guardarla, una sconsideratezza a cui lui non riuscì a trattenersi.
Chiunque odiava la Regina Nera, tuttavia chiunque sapeva che il re se l'era sposata e il capitano, guardando la sua prigioniera in viso, credeva d'aver capito perché. Trattenne il fiato quando i raggi dell'alba scesero sulla fronte della donna e, attimo per attimo, calarono sul suo corpo. Splendida davanti agli occhi del capitano, questi non si trattenne più dal parlare
«Quindi la Regina Nera non brucia al sole.»
«Non...»
«Manca da controllare se brucia alle fiamme.»
«No! Io non sono la Regina Nera.»
«Una nobile regina non può mentire.»
«Dov'è il mio cappello?» strillò lei «Mandatemi uno che ragiona, dov'è il vostro capo?»
«Sono io» il capitano alzò il mento.
«Ah bene. Se tu sei il più intelligente del castello allora mi sentirò molto sola.» guardò altrove, all'orizzonte «Ho conosciuto uomini che sapevano parlare bene, persone che riconoscevano il mio valore. Povera me, li ho mandati via. Povero Fedele.»
«Ti tratteremo col fuoco, strega nera.»
«Prima di trattarmi col fuoco, capo degli intelligentoni, verifica se l'esercito della Regina Nera combatta ancora: se sì, significa che non sono io, perché la mia magia è bloccata qui con me.»
«Un suggerimento sensato.»
«Prego.»
«Ma molto conveniente per te.»
Mavelina decise di prendere tempo «Raccontami chi siete.» una frase del genere con Fedele le avrebbe concesso un pomeriggio intero.
«Noi?» il capitano tentennò «Siamo la resistenza attiva dell'antico regno, questa fortezza si ribella alla Regina Nera da decenni, con la forza delle armi e della violenza.»
«Spero che vi basti.»
«Cosa vuol dire?»
«Ho appena visto l'oscurità mangiarsi un villaggio, meno attrezzato del vostro, ma molto determinato.»
«Ma noi abbiamo una strega in ostaggio.» col sorrisetto in volto il capitano si rivolse alla scala per andarsene.
«Dimmi solo una cosa» lo chiamò Mavelina «qui avete mica una mela d'oro?»
Il capitano si voltò per sorriderle, poi se ne andò.
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