37) La battaglia della montagna Parte 2

Giunto accanto agli uomini, sulla cima del dirupo, Filomeno prese ad agitare il martello, sbattuto su una roccia e sull'altra le frantumava perché i frammenti cadessero di sotto, sulla testa dei mostri.

Quelli scalavano coi denti e con le unghie, nascosti al sole dalla coltre di fumo dei loro falò, il suo puzzo acido già raggiungeva la cima, pungeva le narici degli uomini e gli strizzava le lacrime fuori dagli occhi.

«Nano, non siamo pronti a questo!»

«Potrete andarvene quando avrete lanciato di sotto tutta la montagna.»

«Moriremo!»

«Gli ultimi sassi da lanciare saremo noi stessi!»

Lisifilio strinse la mano sull'elsa mentre gli uomini dell'avanguardia gli correvano incontro, trafelati e sporchi di fuliggine «Hanno usato il fumo per risalire la montagna.»

«Dov'è il nano?»

«È... È saltato di sotto.»

«Com'è successo?» strinsero la bocca e alzarono le spalle, passarono oltre e si nascosero dietro le fila.

«Vedrai che lo vedremo tornare.» balbettò Fedele, gli occhi fissi sul sentiero e su quel fil di fumo che gli saliva dietro.

«Sicuro?»

«È molto più roccia che carne. Adesso pensiamo al fumo: non potranno spingerlo fin qui.»

Mavelina dall'alto della torre controllò il fumo raccogliersi in una nuvola nera e compatta.

«Ora dovranno aspettare la sera.» affermò il capo del villaggio «Vero?»

«La Regina Nera muove quella nuvola.» Mavelina tolse il cappello e lo rovesciò per mettervi la mano ed estrarre il bastone «È il mio turno di combattere.» rimise il cappello in testa, batté il bastone e il vento glielo levò di colpo «Abbia paura capo...» le sollevò i capelli, mentre la magia le anneriva gli occhi, oscuri come l'ombra di quella nuvola «Devo prendere possesso di quell'oscurità!»

Il fumo cominciò a ribollire, come il nembo di una tempesta, sorvolò il sentiero, tornò indietro e spinse ancora, due venti furiosi si combattevano il suo avanzare e lo stracciavano in spire di fumo e vortici.

Dalla sponda di monte di fronte al principe sorsero le orde nere, accompagnate da gemiti e da versi disumani, gli uomini della prima fila videro il corpo vivo dei propri incubi, quelli dell'avanguardia si rifugiarono dietro le palizzate, con la speranza di morire di paura prima che i mostri passassero la barriera.

«È fuori dalla mia portata!» esclamò Mavelina.

A quelle parole l'anziano del villaggio si sporse verso i suoi «Non ce la fa.»

«Date di fionda!» Lisifilio indicò ai frombolieri quel mare di mostri fitto di bersagli «Preparate le lance.»

La nube prese spazio su di loro e dove Mavelina riuscì ad arrestarla, appena di fronte alla prima linea di Lisifilio, quella si divise in due bracci, allungati tutt'attorno, sempre più lunghi ai lati finché non circondò il castello di legno e lo chiuse dentro un anello.

Il mare di mostri nell'ombra della loro nube, affollati sul confine di luce nella quale stavano schierati gli uomini di quel principe servo del sole.

Quattro passi dividevano le due parti, lì dove il combattimento magico si giocava un poco di spazio.

«Lisi» Fedele tirò il mantello del principe «è il momento di scappare.»

«Figurarsi! Non abbiamo ancora menato di spada.»

«Più aspetti più rischierò la vita per salvarti dopo. E poi, qui sei l'unico che abbia una spada.»

«Maledetta» strinse i denti e gridò «Possibile che una regina uccida le ultime vite del suo regno?»

Di risposta i lupi neri saltarono fuori dall'orda, si gettarono nella luce contro i gli umani, duravano poco, giusto due colpi di lancia e poi morivano accendendosi alla luce come sterpaglie gettate nel fuoco. Cadevano sì, ma gli uomini cominciarono a trepidare e, ucciso un lupo, gli veniva da uscire dai ranghi e colpire ancora

«No» avvisava il principe «Aspettate!» non lo ascoltarono «Fermi!» salì il caos e nulla poté più trattenere gli uomini «E va bene. All'attacco!» Lisifilio si tuffò oltre la linea di lance tese, Fedele dietro di lui, alzò la spada e la schiantò sui mostri, così tutti gli uomini, nel vederlo avanti vennero richiamati all'unisono e scontrarono contro i mostri tutti assieme.

L'anziano del villaggio si teneva ai legni della torre perché le ginocchia non gli cedessero per la paura, sotto di lui l'incubo di ogni notte prendeva possesso del giorno e le ultime forze dei suoi figli la combattevano disperati «Signora incantatrice potremmo farcela?» Mavelina non gli rispose e girato a guardarla la scoprì impallidita, pure le labbra sparite sulle guance, i capelli viola anneriti e così gli occhi, spalancati ma completamente neri, fissi a guardare la nube di fronte a lei «Tremate?»

Nel vederla la paura gli crebbe a dismisura, così come cresceva negli animi di coloro che combattevano là sotto, alcuni uomini lanciati nel buio, dalla furia della mischia, altri asserragliati indietro, a difendersi dal potere delle bestie, con la forza delle armi improvvisate e delle lance.

Sicché la paura crebbe attorno al castello di legno, gli si infiammò attorno facendone un immenso rogo di terrore, cosparso di fiamme nere che parevano rilasciare un fumo che si aggiungeva a quello delle nubi, sempre più incontrastate.

«Ah!» Mavelina tremò, le mani le cascarono, le pupille tornarono le sue «Oh no...» davanti a lei la nube prese la forma di donna, la corona in testa e una mano alta stretta a uno scettro, muoveva le labbra e ne uscivano rombi di tuoni.

«Tanto non ci capisco nulla!» le rispose Mavelina che tornò ad agitare il suo bastone «Tiè!»

La donna di nuvole abbatté lo scettro su di lei, la investì col potere di un vento oscuro. Ridotta a terra Mavelina riuscì a rialzarsi solo con l'aiuto dell'anziano, la nube si chiuse sopra di loro e il palazzo di legno si coprì di ombra.

Fedele spintonato indietro, tra le spalle degli uomini, guardava laggiù il luccichio del pomo dorato salire da terra sollevato dalle mani ossute di un mostro e da una all'altra procedere nel profondo delle schiere oscure, portato via «Mavel!» chiamò col naso rivolto in alto «Mavel, il principe!»

«Vallo a prendere.» lei sollevò il bastone e lo abbassò con forza, al suo movimento le nuvole si spazzarono aprendo per qualche attimo una scia di luce. Il sole sorprese i mostri lungo quel tragitto, e Fedele sfruttò le loro schiene sfrigolanti per farne un sentiero, lo percorse con la fretta di un fachiro sui carboni ardenti, le mani come artigli gli sfioravano le caviglie e i lupi si lanciavano a fauci spalancate senza riuscire a prenderlo.

Tramutato in umano al centro dell'oscurità Lisifilio sentì arrivargli la voce di Fedele «Salta!» obbedì, si spinse in alto più che potesse, nello stesso momento le nuvole si richiusero. Fedele arrivò giusto in tempo per agguantare la mela d'oro ancora per aria «Mavel, occhio al tiro!» saltò per aria, piroettò e scagliò la mela verso la torre.

«Vecchietto» Mavelina mollò il bastone «Vecchietto, prendetela.»

«Cosa?»

«La mela, sta arrivando la mela!» la prese lei, le sbatté tra le dita con ancora abbastanza energia da dolerle «E lui?» tornò a sporgersi ma non vide nulla laggiù il buio stava prendendo potere, gli occhi degli uomini cominciavano ad accecarsi, le orecchie invece continuavano a sentire sempre più grida di terrore «Fedele?» piagnucolò Mavelina «Cosa faccio ora? l'anziano del villaggio non le rispose, sceso sulle ginocchia, la fronte sul pavimento e le mani sulla nuca, pareva morto. Dalla nube nemmeno una flebile luce trasparì più e la sua coperta nera prese a scendere fino al terreno, Mavelina ne venne circondata per prima e non vide più nulla, non riuscì a distinguere più il bordo delle torre, l'anziano o la botola delle scale. Trattenne il fiato.

Un assembramento confuso, agitato e buio, il genere di situazione nella quale un ladro acrobata svicolava senza sforzo, con piacere quasi. Fedele di Gambagamba sul fianco opposto della montagna, libero e soleggiato, avrebbe sorriso dalla soddisfazione se non, nel girarsi verso la nube, densa di nebbia scesa sul terreno, non vide nessuno uscirne.

«Ma...» gli mancò il fiato e ne prese a fondo per gridare «Mavelina!» dalla nube gli ritornò una sola cosa, la mela d'oro, lanciata nella direzione della sua voce, atterrò più in basso, trasformata in Lisifilio «Cosa è successo?» domandò questi.

«Scappa quassù» ordinò Fedele «Vieni!» stava piangendo, il principe salì e lui riprese a chiamare «Mavelina!»

Pur con tutto il terrore che la circondava, Mavelina capì di non poter contrastare la Regina Nera, eppure poteva aiutare i suoi amici a fuggire. Roteò il bastone in tondo e sorrise «Sono una cattivona.»

La sua immagine, a cavallo di un pegaso bianco, spiccò il volo, sbucò dalle nuvole ben visibile agli occhi di Fedele, planò proprio su di lui mentre diceva «Vi aspetto al sicuro» e proseguì avanti lasciandoseli indietro «Sì!» Fedele batté le mani «Muoviti principe, questa battaglia è persa. I principe non riuscì a sorridere, ma seguì il suo compagno «Fed, amico mio, siamo di fronte a una strage.»

«Ah» quello scrollò la testa «Nah, non credo proprio.» mentì.

«Come fai? Ma cosa stai dicendo? Guardati alle spalle.»

«Ma no, è che la Regina Nera non ucciderebbe degli utili sudditi: ho visto che li catturavano e li facevano assopire con la magia, li porteranno al regno a lavorare.» mentì di nuovo, forse non disse una falsità, d'altronde non è che avesse controllato davvero, comunque continuò ad annuire «Abbiamo fatto un po' di resistenza ed è finita comunque bene.»

«In fondo.» Lisifilio si lasciò accompagnare via «Filomeno lo stesso allora.»

«Già» a Fedele si strinse la gola «Lo stesso.» pregò che le proprie bugie si avverassero.

Rimasta in cima alla torre del castello di legno, Mavelina, circondata di buio, percepì i mostri avvicinarsi a lei, al suo corpo silenzioso, e invece di gridare annusarla, quella strinse le labbra, diede un colpetto di bastone e invece di essere la bella incantatrice si tramutò in un mostro ossuto e spellato. Identica a tanti altri, fece un gorgoglio e scrollò la testa, tutta ingobbita com'era in un attimo i mostri l'accolsero tra loro.

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