36) La battaglia della montagna Parte 1

«C'è il mio popolo.» bofonchiò Fedele con un pugno sul cuore «Vi assicuro che ha detto così.»

«Si è montato la testa.» Mavelina sghignazzò.

«Eh già. Sarà divertentissimo raccontarlo, peccato che mi dovrò inventare il finale. Sapete cosa? Ne dirò uno diverso a seconda del pubblico.»

«Cosa?» il nano si accigliò «Perché il finale?»

«Perché non lo vedremo.» Fedele mise in spalla il sacco e indicò il crinale dal lato opposto del villaggio «Vedo un passo laggiù, sarà facile scendere mentre i mostri sono impegnati coi villici.»

«Ma ehi!» Mavelina gli tirò il colletto come si trattasse del guinzaglio di un cane «Vuoi abbandonare Lisifilio adesso?»

«Ma no! Per chi mi avete preso? Avete i soliti pregiudizi da santarellini: sono un criminale? Ok. Ma ho un cuore anche io!»

«Eh allora?»

«Sta a guardare.»

Il principe disponeva gli uomini in schiere e squadre, lanciava ordini che di guerre sembrava averne combattute centinaia, gli metteva le armi in mano e il fervore nel petto «Forza!» con un vocione che non si poteva credere uscisse da quel giovane «Coraggio, il nemico è alle porte!»

«Ma sei strepitoso.» Fedele si accostò a lui, tra quei quaranta lancieri in righe e quei ragazzi che preparavano i proiettili per le fionde «Prima di muovere guerra, col mio regno perduto contro il tuo regno perduto, dovrò pensarci due volte.»

«Fedele» il principe gli piantò la mano sulla spalla «in me sta risorgendo un soffio vitale che avevo perso, sono tornato al mio posto in questo mondo.

«Accidenti che poesia.»

«Mavelina è pronta? Ho pensato di lasciare gestire a Filomeno la sassaiola della prima linea e a Mavelina il fortino. Tu potresti combattere accanto a me, sei l'unico tanto svelto da raccogliere il pomo nel caso facessi un passo falso.»

«Proprio di questo volevo parlarti. Vieni un attimo che è importante.» per le spalle trascinò l'amico dietro il primo angolo che trovò «Allora...»

Filomeno e Mavelina lo videro tornare indietro da solo «Non sei riuscito a convincerlo?»

«Ma certo che l'ho convinto: eccolo qua.» Fedele mostrò la mela d'oro ben nascosta dalla luce «Andiamo.»

«Ok.» il nano lo seguì.

«Ma era davvero d'accordo?» braccia tese e pugni stretti Mavelina avvicinò le sopracciglia tra loro «Credo che non fosse davvero d'accordo.»

«Mavel... Eheheh» il sorriso di Fedele le mostrava tutti i denti «Ma sì che lo era. Dai, andiamo.»

«Nano, secondo te lo era?»

«Ehm sìsì. Senza dubbio.»

«Guardami negli occhi.» quello nemmeno riuscì a girarsi e Mavelina si tolse il cappello per sbatterlo sul naso di Fedele «Non lo era? Sei terribile!»

«Ahia!»

«Dammi la mela.»

Le braccia tese verso le sue tasche fedele le fermò per i polsi. Lei accigliata di fronte al suo viso sornione, la forza nervosa della ragazza non vinceva la sua ma lo stuzzicava nella curiosità

«Se ti arrabbi ancora un po' mi sdrai a terra? Sei così carina.»

«Sì?» il viso di Mavelina si tramutò nel muso di un orso, scarnificato e coperto di vermi, ruggì.

«Ah!» Fedele si rovesciò a terra e si difese frenetico dalle mani di Mavelina agitate nel raggiungere la mela che teneva addosso «Mavel, non farmi paura.»

Tornò il viso di Mavelina ma non meno furioso «Sei uno smidollato!»

«Riflettici bene, la pietà di Lisifilio gira come una banderuola al vento, quando ha pietà per la cosa sbagliata non possiamo seguirla.»

«Ha ragione.» il nano osservava poggiato col mento sulla testa dell'ascia «Combattere qua non risolve il problema della guerra con la regina nera, ma andarcene per la nostra missione invece potrebbe risolvere sia quel problema, che il combattimento qua.»

Mavelina prese a usare il solletico e Fedele gridò «È una questione di senso!»

«Quale senso?»

«Se moriamo qua chi lo salva il regno?»

«È una scusa!» uno schiaffo in faccia Fedele si paralizzo e lei gli puntò un dito sul naso «Se Lisifilio tornasse sul trono questo regno perduto sarebbe l'unico sulla terra in cui non sei ricercato.»

«E quindi?»

«Lui è il re di questo posto, Fedele. Non ti conviene inimicartelo.»

«Non sono mai stato alle regole di un re, e il primo motivo è proprio per tener fede a un'amicizia: in questo caso porto al sicuro il mio amico mela, anche se lui non vuole.»

«Fallo allora perché è tuo amico: chiedigli il permesso, che magari, magari vorrebbe lasciarci andare e rimanere lui.»

«Lasciami.» lasciato andare Fedele alzò la mela al sole e si mise di fronte a Lisifilio «Ti ho sorpreso e portato via sotto forma di mela.»

«Me ne sono accorto tardi che mi stavi spingendo.» Lisifilio fissava il terreno «Quanto tempo è passato?»

«Due settimane, ci siamo lasciati alle spalle quel villaggio senza sapere cosa gli sia accaduto.»

«Ah.»

«Mi dispiace, Lisifilio. Mi perdoni?»

Il principe ingoiò la stretta alla gola, posò la mano sulla spalla dell'amico «Sì, ti perdono, so che sei così. Va bene.» ingoiò di nuovo «Va bene anche se è andata così.»

«Ok!» esclamò Fedele, torna sotto il mantello che fra poco è notte e dobbiamo proseguire.

«Fed» Mavelina sgranò gli occhi su di lui e sibilò «guarda che faccia ha!»

Lui alzò le spalle «Mi ha già perdonato.»

«Fed! Non essere spietato!»

«Lisi...» Fedele andò a stringere il braccio dell'amico forte da richiamargli lo sguardo nel suo «Non senti la tua gente?»

«Siamo ancora qui?» il principe spalancò le palpebre «Oh grazie!»

«Vuoi combattere davvero? Considera che potremmo morire tutti e tu non salvare questo villaggio e nemmeno il regno.»

«Se i miei amici si fidano di me vi prometto che non morirete, e se morissi io consideratevi liberi dai legami verso di me, ve ne potrete andare.»

«Ti assicuro» affermò Filomeno «prima che tu muoia ci sarà una montagna a fermare i tuoi nemici.»

«E un'ombra di terrore su di loro» fece Mavelina «Prima che il terrore possa sfiorarti.»

«E una via di fuga» sospirò Fedele «accadesse qualcosa, io ti aprirò la fuga. Ma allora muoviamoci.»

Una fiumana di mostri, neri sotto l'ombra di arbusti e tronchi che trasportavano sopra la testa, si nascondevano dal sole, su quel pendio che saliva verso i due picchi. Il principe sul picco dal quale poco prima lo avevano bersagliato di sassate, ora studiava quell'orrido esercito in marcia verso di loro.

Per raggiungere il sentiero verso il villaggio soltanto due strade, quella del baratro oppure una parete di roccia, tutta esposta al sole, ripida e sulla quale si poteva versare agevolmente una sassaiola. Lisifilio si sporse e finse di lanciare un sasso di sotto.

«Il sole è dalla nostra parte, amico» fece Fedele, accanto a lui «Staranno arrivando per attaccare quando scende il sole, per questo volevo fuggire ora: potevamo sfruttare il vantaggio.»

«È per questo che attaccano ora. Questo esercito è inviato per noi, non attaccherà stanotte. Deve riuscirci subito.»

«Se è per noi, la Regina Nera si è accorta della nostra presenza. In ogni caso non attaccheranno dalla parete. Piuttosto dal baratro, ma non so come possano superarlo.»

Girati entrambi a guardare in basso per vedere il nano. Sul ciglio del baratro Filomeno controllava la lunghezza del salto, lui con le sue gambe, lunghe un terzo della sua altezza, nemmeno si sognava di saltarlo, se non magari lanciato da una catapulta. Tuttavia non sapeva calcolare il potere delle bestie dell'oscurità.

«Nessun problema.» preso in mano il ponte di legno, Filomeno lo lanciò di sotto «Prendete questi e batteteli dove vi dico.» diede agli uomini con lui un lungo chiodo e un martello ognuno, a quanto pareva nella sacca ne portava a dozzine «Tu!» piantò il dito sul petto di uno «Non devi mollare questa posizione se prima non batterai il martello su questo chiodo» posò l'indice su uno appena incastrato in una fessura «Non batterlo se non servisse.»

«Cosa non dovrebbe servire?»

«Buttare giù mezza montagna.»

Tornarono tutti su meno che quell'uomo, solo col martello lasciatogli dal nano e quella riga di chiodi incastonati nel terreno. Di fronte lui il baratro, poi l'altra piattaforma e la svolta del sentiero che gli nascondeva quell'esercito in arrivo ma non il ritmo della sua marcia, scandito da ruggiti, grida e sfrigolii, e nemmeno l'odore, sempre più penetrante.

«Nano, devi gestire la prima linea.» ordinò Lisifilio.

«Sarà facile se vi levate.»

«Vogliamo rimanere finché non ci sarà da ritirarsi.»

«Se prevedi di ritirarti tanto vale che ti ritiri ora.»

Fedele annuì e trascinò via il principe. Mavelina rimase un attimo prima di seguirli, voleva scorgere le spalle del nano tremare mentre guardava le mostruosità risalire la montagna, come un morbo bubbonico, macchiare di nero i piedi del monte e risalirlo poco a poco.

«Hai paura, nanetto?»

«No» sospirò.

«Ti arrabbi se te lo chiedo un'altra volta?»

«Sì. Stavo pensando a una vecchia battaglia.»

«Una in cui hai avuto paura?»

«Una nella quale i nani dovevano stare stipati nei buchi e aspettare, e un solo nano stava di vedetta. Quel nano doveva aver visto qualcosa di simile a quello che vedo ora, un grosso esercito, e tutti i suoi compagni che non ne sapevano ancora nulla.»

«Quel nano doveva aver provato paura.»

«Quel nano sì, io no.»

Mavelina si ritirò. Passò il campo dove il principe e Fedele schieravano la seconda forza del villaggio, passava la palizzata ed entrava nel castello di legno, tutto aperto al sole, per salirlo fino alla cima.

«Tu sei un'incantatrice?» le chiese l'anziano «Potresti...»

«Non so se posso oppormi alla regina. Può darsi che lei usi le mie stesse sorgenti di potere ma le sfrutti meglio di me» lo guardò negli occhi «Avete paura?»

«Tutti ne abbiamo.»

«Oggi è meglio non averne.»

«Si stanno radunando all'ombra di quel costone!» avvisava il nano «Preparate i sassi, non gettateli a valanga, dobbiamo farli durare per...» scorse gli occhi lungo quel mare di mostri che riempiva il monte fino a valle «...all'infinito devono durare.»

«Non possono salire al sole, possiamo ancora raccogliere proiettili.»

Su quelle parole il fumo di un fuoco appena acceso, proprio alcune di quelle sterpaglie che si portavano sopra la testa, attizzate dalle fiamme accese dal sole sulla loro pelle. Bruciò prima un piccolo falò, poi un rogo, di grasso mostruoso ossa e sterpaglie verdi, generò un fumo nero, sollevato in un enorme colonna e con lei una colonna d'ombra che risalì la parete sotto ai piedi di Filomeno.

«Vogliono attaccarci ora, a ogni costo.»

«Aiuto!» dietro di lui il grido di quell'uomo addetto al chiodo «Non posso restare qui!» scappava su per il sentiero.

«Cosa?» il nano si voltò per vedere i lupi raggiungere il baratro, corsi col pelo scottato dai raggi, ancora fumanti tentennavano sul salto.

Uno di quei lupi con una rincorsa sfrenata e la follia nelle pupille balzò e raggiunse l'altro lato con le zampe anteriori. Si scuoteva sul bordo, le unghie a graffiar le pietre per riuscire a tirar su anche il posteriore. Precipitato giù per il sentiero Filomeno raggiunse la piattaforma di roccia di fronte al lupo e picchiò il martello sul chiodo. La piattaforma si sgretolò sotto quel colpo e crollò nel baratro, portando con sé il lupo e seppellendolo sul fondo.

Il botto di quella frana tremò nella terra, fin sotto i piedi degli uomini e pure sotto i piedi di tutti i mostri, quelli gridarono di furia, chiamavano la strage e la morte. Gli rispose Filomeno, col suo ruggito graffiò l'aria di quella montagna e portò con sé anche le grida degli uomini.

«Lanciate!»

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