25) Il viaggio verso le frontiere del regno Parte 1

La marcia di quattro viandanti sul sentiero verso le pianure, giù per le coste dei monti, attraversate da più torrenti che persone e quelle poche persone che passavano interessate soltanto a sveltire il passo e non incontrare la notte tra quelle foreste.

«Andare verso nord mi ha sempre dato l'idea di camminare in discesa.» Fedele dondolava sulle ginocchia.

«Solo perché scendi dalle montagne e ti fai ingannare.» borbottò il nano.

«Guardo indietro e vedo i monti che coprono l'orizzonte, tra l'altro coprono il sole, sembra di scendere in una depressione.»

«O in una fossa da morti.» Mavelina apriva gli occhi più volentieri col sole alle spalle.

«Voi umani andate su giù come delle capre» Filomeno agitò l'indice «Quando passi attraverso la montagna vedi il mondo in modo diverso.»

Quattro viandanti in marcia, quello snello, quello basso, quello nobile e quella bella. Tutti mal sopportavano lo sforzo dei piedi, ognuno con la propria scusa

«Preferisco correre, tanto, ma per poco.» Fedele giustificò il suo fiatone.

«Il prossimo colle piuttosto che salirlo ci scavo attraverso.» lamentò Filomeno.

«Non potremmo recuperare dei cavalli?» l'ingenua domanda di un principe, Lisifilio.

«Io faccio una pausa, proseguite senza di me, mi trovate qui al ritorno.» l'ironia di Mavelina.

Quella giornata e molte delle successive fluirono scandite dal suono dei passi, strascicati in salita, appesantiti prima di pranzo, accorciati la sera.

Difficile chiacchierare o distrarsi con quella mole di bagagli sulla schiena

«Necessaria per il sostentamento.» brontolava Filomeno, il sacco che portava sulle spalle lo superava in dimensioni di due volte, in mezzo a quel fitto sottobosco si sarebbe visto passare solo la punta più alta del bagaglio ma non la sua testa.

Lisifilio portava la sua parte «Pensate, la regina viaggia sempre e solo con sette bauli appresso.»

«E la regina non combatte, non lavora e non costruisce» commentò il nano «Figurati cosa mi dovrei portare io.»

«Viaggiare soltanto al sole è stata una buona idea.» affermò Mavelina.

«Così Lisifilio può portare parte del carico?» domandò Fedele.

«Esatto.» lei gongolò «Leggere al convento mi ha resa più sapiente.»

«Ehm» Lisifilio si schiarì la voce «Semmai ti ha resa più astuta. Sapiente è un'altra cosa.»

«E astuta è meno importante di sapiente?»

«Per nulla.» Lisifilio chinò il capo «Le mie lodi al tuo ingegno.»

«Grazie.»

«Tuttavia ti espongo un esempio della mia sapienza: ho notato che, Filomeno, tu fai tre passi per ogni passo di Fedele.»

«Ah sì?» Fedele non distolse l'attenzione da quell'uccellino appena atterrato sulla cima di quella betulla, per il cinguettio poteva trattarsi di un fringuello, ma una pancia così gialla e gonfia non glielo ricordava.

«Fedele invece fa tre respiri per ogni respiro di Filomeno.» proseguì Lisifilio.

«Mh.» mugugnò il nano «È perché Fedele da troppa aria alla bocca.»

«Ehi! Ora non stavo dicendo niente.» tornò a guardare in alto senza ritrovare l'uccellino «Cogli tutte le occasioni per avvilirmi. Tu, nano, vuoi sopire il fuoco che arde nel mio cuore con la ghiaia che si trova nel tuo.»

«Ghiaia?» esclamò il nano «Nel mio cuore c'è una fornace, alimentata a ghiaia, sei tu che non capisci.»

«Ho molti più sentimenti di te.»

Il nano piantò il passo «Al convento quando accendemmo il grande forno per la prima volta, tutti applaudivano, tu invece mi sei venuto vicino e hai detto "Guarda quella nuvola, non sembra il naso di Mavelina di profilo?"»

«Lo sembrava?» Mavelina sporse la guancia, di profilo.

«Se lo sembrava? Oh, Mavelina, mi accorgo solo ora della disperazione in cui ero caduto, la distanza da te mi dava allucinazioni. No che non lo sembrava, non lo poteva sembrare. A te posso paragonare solo il calore del sole sulla pelle, solo il canto dei passeri di primo mattino, di te posso raccontare solo le sensazioni, quelle suscitate dai tuoi occhi al mio cuore, come un'immagine angelica, la vedo ma non la so nominare, la sento ma non la posso toccare.» passò la mano vicino alla guancia di Mavelina.

Il nano gli tirò una testata nella schiena «Le farfalle, gli uccelli e i Fedele, tre categorie che non capisco cosa servano al mondo.»

«Arido che non sei altro» con la voce strozzata Fedele si inarcò indietro «Sei peggiorato da quando abbiamo incontrato Mavelina.»

«Anche tu.» rispose il nano.

Lei sollevò lo sguardo da loro e lo mandò a Lisifilio «Mi sento una dama in una contesa: vorrei solo scappare.»

Quello scrollò la testa «Sono molte le dame che hanno piacere a sentirsi contese. Parlo per esperienza a corte.» ripresero il passo, loro due e i due amici subito dietro «Comunque» proseguì il principe «Fedele possiede dei polmoni più piccoli e un consumo d'aria più repentino, Filomeno il contrario, polmoni grossi, almeno il triplo.»

«Va bene. E ora che lo sai?»

«Niente» alzò le spalle «Intanto lo so, non è detto che mi serva mai, ma il mio istitutore diceva "Chi sa tutto è l'uomo più felice del mondo, anche se non se ne farà mai nulla"»

«Il mio maestro» intervenne Filomeno «diceva "In laboratorio tieni sempre tutti gli attrezzi, anche se alla fine userai sempre il martello."»

Lisifilio e Mavelina a quel punto si girarono verso Fedele. Questi scrollò la testa «Il mio maestro diceva tante cose ma non ho capito quale vogliate sentire.»

Mavelina allora mise le mani a mo' di grinfia «Il mio maestro diceva "Hai paura Mavi?" io dicevo sì e lui rideva. Poi mi faceva apparire addosso pipistrelli che mi tiravano i vestiti. »

«Oh.» Lisifilio riprese il passo col viso basso «Nessuna filosofia.»

«Poi rimanevo al buio, da sola, e chiedevo "Sono sola, vero?" e una voce mi rispondeva "Sì", sempre. Sapevo che era il maestro, ma la voce ogni volta era diversa.»

«Capisco.»

«Spesso cercavo a tentoni il maestro, nella grotta, e lo trovavo che dormiva, lo agitavo per svegliarlo, perché gli volevo parlare, alla fine scoprivo sempre che era un cadavere lasciato apposta dal maestro, per spaventarmi. Rideva il maestro, in realtà rideva molto spesso.»

«Ah! Me n'è venuta una in mente» Fedele saltò in mezzo ai due e li abbracciò per le spalle «Il mio maestro diceva: "Stai attento Fedele, impara pure a correre più veloce di me" perché mi voleva bastonare "ma ricorda che là fuori c'è sempre qualcuno più veloce e con un bastone più lungo." è per questo che quelli veloci li adocchio subito e me li faccio amici.

«Filomeno?» Lisifilio sollevò un sopracciglio.

«Ehm già, beh, tu non l'hai visto mentre scatta. Muove quelle sue zampette così velocemente.»

«Fed!» ruggì il nano.

«No, ti prego aspetta. Mi fa ancora male la testata di prima.»

Il sentiero prese a serpeggiare, lunghe anse distese sul fianco della montagna, un sentiero scavato in un declivio troppo ripido perché vi crescessero alberi e aperto su una piana che spaziava fino all'orizzonte.

«Laggiù mi sembra di vedere il mare, forse altri monti, e quella sembra una foresta.» Fedele sospirava «Forse gli occhi mi ingannano, ma non sono mai stato tanto lontano.»

«Tanto lontano da cosa?» domandò Filomeno.

«Da nulla, in effetti la mia vita non ha punti di riferimento. Grazie Fil, oggi ti stai impegnando per confortarmi.»

«Devi essere più nanesco, Fed: un vero nano non si sconforta.»

«Ma se ti ho visto piangere, quella volta in cui...»

«No!»

«In cui aveva paura?» domandò Mavelina.

«Non dirò nulla.» Fedele alzò le mani «Questo dirupo mi fa troppa paura per rischiare uno spintone del nano.»

Lisifilio in fondo alla fila vedeva gli altri tre di fronte a sé, realizzò la fortuna di possedere quei compagni di viaggio, due criminali e una pazzoide oppure, da un altro punto di vista, qualcosa di meglio «Ragazzi, smettiamola di avvilirci.»

«Giusto» affermò Fedele.

«Sul serio, guardiamoci in faccia: il nano ha un potere pratico colossale, tu hai una capacità romantica che trascinerebbe un esercito, io ho la sapienza di un principe e Mavelina, cara, tu non sei solo astuta, conosci anche un genere di magia che viaggia sull'astuzia...» strinse le labbra sotto gli occhi degli altri tre, fermati per guardarlo «Qua c'è così tanto potere che potremmo fare di tutto.»

«Alt!» un uomo poco più avanti sul sentiero «Datemi tutto quello che avete o vi faccio salire sul mio carro e prendo voi.»

I quattro tornarono a guardarsi tra loro, Fedele prese a sorridere «Ci mancava solo una grande occasione» poi guardò l'uomo appena comparso «eccola.»

L'uomo parlava sibilando «Spesso passano i mercanti per questa via, chi sale porta cibo alla capitale» parlava sicuro di sé sebbene non portasse armi alla cintura «Chi scende invece porta oro.»

«Con cosa ci stai minacciando, umano?» Filomeno spostò da davanti il sedere di Fedele e gonfio il petto «Tu non vuoi farmi prendere l'ascia, vero?»

«Un nano aggressivo, ah!» ghignò quell'altro «Ti infilzeremo come un capriolo.» lanciò un segnale con la mano «Uccideteli ragazzi!»

Sopra il sentiero lo schioccare di archi che rilasciano la tensione, il sibilo di frecce scese sulle teste dei quattro.

Mavelina si rannicchiò dietro il bagaglio che portava, Fedele vide arrivare le frecce tanto in anticipo da notare d'essere al sicuro e pure riuscire a togliere Lisifilio dalla traiettoria di una «Ahah!» gli fece «Ti stava per andare nell'occhio.»

La freccia diretta al cranio di Filomeno si distrusse contro l'elmetto «Amo il ferro!» ringhiò quello, la vibrazione del colpo suonò come un rintocco di campana nel primo mattino, svegliò tutti i suoi istinti più feroci.

A sassate l'uomo di fronte a loro cercò di minacciare il nano. Imperterrito quello caricò e investì le gambe dell'uomo tanto forte da ribaltarlo sopra sotto e di nuovo dritto prima di cadere in terra. Filomeno ne risollevò il busto per tenerlo di fronte al naso «Le tiro fuori le asce?»

«No...» una freccia diretta al nano rimbalzò sull'elmetto e andò a conficcarsi nello zigomo dell'uomo.

«Ah!» gridò quello «Ah!» si strappò le corde vocali, il nano lo ricacciò a terra dal fastidio.

«No.» sibilò Mavelina, corsa lì appena sentite le grida, alzò la falda del cappello e sfilò da sotto il proprio bastone «Continua a fargli paura.» gli occhi luminosi e un ghigno in viso.

Le mani del nano scesero di nuovo sul collo dell'uomo «Ah!» quello riprese a gridare, un grido spasmodico.

Il secondo e il terzo lancio di frecce non sorprese i quattro, ormai pronti a rispondere. Lisifilio lanciò il suo mantello rosso contro la luce del sole, si trasformò, Fedele prese al volo il pomo d'oro e lo lanciò raso terra, lungo l'ombra delle rocce fino all'altezza degli arcieri.

La mela d'oro sfiorò foglie e pietre finché non sbucò ai raggi solari, proprio in mezzo alla gente armata d'arco, si trasformò in Lisifilio atterrato in piedi con la spada sguainata «Siete solo dei cacciatori, non è così?»

«Stai indietro» quelli presero le distanze con le mani a cercare sassi ma gli occhi fissi sull'uomo.

«Lo siete?» questa volta la voce del principe suonò distorta, come uscita dalla bocca enorme di un gigante e sovrapposta a un'altra che le faceva uno stridulo eco «Dov'è il vostro onore?»

Giunto sul ciglio della salita Fedele sporse l'occhio senza mostrarsi, sì, i cacciatori parevano spaventati, ma non abbastanza da scappare, si girò verso Mavelina e agitò una mano «Esagera! Esagera!» le disse col labiale.

Quella, posata la suola dello stivale sull'uomo in preda al panico, alzò il bastone e un misterioso vento le sollevò i codini. Fedele tornò a guardare la scena di Lisifilio.

«Dovreste pentirvi» la sua faccia cambiava forma come la cambia l'acqua in una ciotola scossa «Arrendetevi.» dicevano le sue labbra ora giganti ora minuscole, ora verdi ora viola.

Gli occhi fuori dalle orbite, la curiosità di Fedele gli fece agitare la mano verso Mavelina «Ancora» le disse.

Quando tornò a guardare la figura del principe questi non si riconosceva più, al suo posto una creatura di pelle verde, grande quanto tre buoi, grassa che la ciccia gli copriva le gambe, completamente nuda agitava le braccia senza direzione e dalla bocca uscivano ammonizioni «Arrendetevi, sciocchi!» assieme a getti di vomito proiettati a pioggia sui cacciatori.

Fedele prese per il polso quella mano che voleva chiedere di più a Mavelina, la ragazza roteava il bastone per aria e il vento le spirava addosso tanto forte da sollevarle il cappello dalla fronte.

«Scappate!» rantolò il mostro che ribaltato sulla pancia cominciò a strisciare per inseguire i cacciatori, come un serpente coi topi.

Il tempo di qualche grido e di quegli uomini non si trovò più traccia in quel versante della montagna. Lisifilio tornò normale «Sono scappati come se avessero visto un mostro.

«Non ti sei accorto di nulla?» domandò Fedele.

«Di cosa?»

«Mavelina ti ha dato una mano.»

«Com'è venuto?» domandò quella «Da sotto non vedevo nulla.»

«Bruttissimo.» saltato di roccia in roccia Fedele tornò per primo al sentiero «Brutto, il che è un bene, no?»

«Certo.» lei ripose il bastone nel cappello «Quell'illusione si chiama flaccido ingordo il mega bagordo.»

«Gran nome.»

«Il maestro non era convinto che potesse fare paura. Beccati questa maestro» tirò un pugno per aria «Ti sta bene di essere morto.» strinse le labbra e guardò Lisifilio «Forse questo non lo dovevo dire.»

«Una dama non lo avrebbe detto.»

«Ma un vero cavaliere» Fedele le baciò le dita «finge di non aver sentito.»

«Questo è morto.» Filomeno mollò la testa dell'uomo steso a terra «Lo buttiamo giù dal dirupo?»

«Non sono morto!» esclamò lui «Non gettatemi, vi giuro che sono vivo.»

«Un cadavere» fece Mavelina «è meglio cacciarlo nel dirupo.»

Intervenne Fedele «Aspetta, prima tagliamolo a cubetti e poi...»

«Sono vivo! Vi dico che sono vivo!»

Filomeno con uno strattone gli staccò la freccia dallo zigomo «Argh!»

«Dobbiamo andare più veloce.» il nano puntò la freccia sul proprio elmetto e premette fino ad appiattirne la punta «Tu sei un cadavere o puoi aiutare?»

«Posso aiutare: il mio carro è vostro, prendetelo, saliteci e andate dove volete.»

«Senza di te?» domandò Mavelina, «Vorresti che andassimo senza di te?» sentire l'aria intrisa di quell'odore acre, quell'odorino di paura, le calava un tantino le palpebre sugli occhi, le sguinzagliava il cinismo come un cane da caccia, insaziabile «Ma tutto intero sei pesante da portare.» consultò gli altri «Quale parte teniamo di lui?»

Fedele tirò un sorriso «Non saprei.»

«C'è poco da chiedere» il nano controllò il filo dell'ascia e indicò il bacino dell'uomo «Il sopra ci serve, ma il sotto... lo gettiamo nel burrone, poi lo recuperiamo in fondo.»

«D'accordo.» Mavelina estrasse dal cappello una mannaia lunga più di lei e la picchiò sulla pancia dell'uomo «Troppo poco? Taglio ancora un po'?»

«Mavel» Fedele le posò la mano sul gomito «Mavel» glielo agitò prima di riuscire a girarla.

«Sì?» lo guardò sorniona.

«È svenuto. Il tipo è svenuto.»

«Oh.» Mavelina rimise di corsa il bastone nel cappello «In fondo non ho fatto niente» unì le dita e le intrecciò, il rossore d'imbarazzo le cominciò a colorare le guance «Era tutta una finta.»

«E meno male.» Fedele le tolse il cappello e se lo mise «Tranquilla, un cavaliere non ti giudica.»

«Sì.» poco convinta cercò gli occhi di Lisifilio e li trovò fuggenti, calati in basso.

«Troviamo il carretto di questo tizio» il nano sollevò il naso «Ho un'idea per scendere più veloci.»

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