21) Entrare in convento
Uno strano puzzo gli rizzò i peli nelle narici, ricordava la cottura di una carcassa, una con le interiora ancora dentro e il digerito che fermenta. Si annusò l'ascella, no, non si trattava di lui. Forse una carcassa vicino a cui era caduto.
«Sono caduto?»
Fedele aprì gli occhi sull'alluce di Filomeno, sporto a toccare la punta del suo naso «Uh!» contorse il viso, gli altri due scoppiarono a ridere.
«Lo hai... Ahahah!» la risata di Mavelina non le lasciava parola «Lo hai... Ahahah!»
«Lo hai svegliato davvero!» fece Lisifilio, con la pancia contratta dalle risate.
Il nano tirò indietro il piede e rinfilò la scarpa «Con questo piede sento i cavalli in arrivo, rianimo dai mancamenti... vi serve altro?»
«Preferivo rimanere dall'altra parte» asserì Fedele con la testa abbandonata ai muschi sul terreno. Lo sguardo spinto oltre le chiome, verso il cielo. Con gli occhi seguì un raggio di sole scendere proprio sulla persona di Lisifilio, quell'uomo seguiva le macchie di luce con minuziosa attenzione, in quello stesso momento una piccola sagoma di luce gli colpiva l'ombelico, giusto il necessario per non farlo trasformare.
«Devo togliermi di nuovo la scarpa, Fedele?» domandò il nano, preoccupato nel vederlo ancora steso.
«Mi hai portato alla mente un incubo.»
«Il mio piede?»
«Stanotte avrò paura di addormentarmi.»
«Sai che ho scelto il mio bastone?» lo informò Mavelina col bastone vicino alla guancia «L'ho scelto perché ci ha salvati dalle guardie reali.»
«Forse cercavano noi, anzi, forse andavano ad avvisare tutto il regno che ci cercano.»
«Ci conosceranno tutti allora, grande fama.» Lisifilio si sforzò di sorridere.
«Dove andremo adesso?» Mavelina corrugò la fronte, non sembrava gradire la notorietà «Io devo ancora comprare il cappello.»
«E cibo e armatura e indicazioni per il viaggio.» aggiunse Filomeno «A sgraffignare tutto finiremmo per attirare l'attenzione.»
«Andremo nell'unico luogo in cui vivono i santi e sopravvivono i ladri.» Fedele tese la mano.
Filomeno la prese e lo sollevò per metà poi la prese Lisifilio e lo portò in piedi «Dove?»
«In convento.» affermò Fedele «Ci daranno tutto quello che vogliamo. Hanno le mani bucate per chi insiste.»
«Ma in convento le streghe non sopravvivono!» Mavelina batté un piede per terra.
«Sei una strega cattiva?» domandò Filomeno.
«No.»
«Se invece di chiamarti strega ti chiamassimo maga?» domandò Fedele.
«No!»
«Incantatrice?» propose Lisifilio
«Sì, mi piace, sofisticato.»
«Apposto, ti accoglieranno come una regina.»
«Lei non può entrare.» il viso del frate spuntava da una finestrella nel portone, ne sporgeva il naso e usciva fuori la barba, tanto lunga da raggiungere la fronte del nano «Perché no?» domandò questo.
«Ricoveriamo solo uomini, cari. Potete farla andare oltre quella collina» indicò con le pupille «Là si trova il ricovero delle donne.»
Nano e Fedele si voltarono verso Mavelina, questa batté il bastone per terra e di colpo il suo viso si trasformò in quello di un uomo dalla barba lunga e bianca, lo stesso del frate dietro la porta. Quello, allibito, aprì, si mostrò vestito di un saio marrone che lo copriva tutto, lasciava scoperta la stessa porzione di viso che spuntava dalla finestrella poco prima.
Mavelina lo vide e corresse il suo aspetto, corpetto e gonna li sostituì con un saio marrone, tuttavia tenne i capelli viola in testa e aggiunse il suo cappello a punta.
«Questa donna... sono io?» il frate tese una mano verso la forma del proprio volto, in faccia a Mavelina.
«Mavelina, da dove prendi la paura per questo incantesimo?» domandò Fedele.
«Dalla mia.» piagnucolò il volto del frate e quello vero arretrò fino a tornare dietro la porta e chiuderla «Non voglio stare sola» fece lei «Non è lo stare sola in sé, è il ricordare i vecchi tempi della grotta.»
«Ma Mavel...»
«Stare così tanto con voi mi ha disabituata.»
Fedele la avvicinò per sussurrare «Devo rubare le mappe, Mavel, non posso stare con te.»
«Ma io saprei leggerle.»
«Io devo andare a costruirmi l'armatura, quindi non se ne parla.» brontolò il nano.
«Ti lasciamo Lisifilio.» Fedele le porse la mela d'oro, d'un giallo scintillante anche sotto quel cielo plumbeo «Di notte non potrà esserci, ma puoi sempre lanciarlo contro le cose che ti spaventano.»
Afferrata la mela, Mavelina annuì, girò le spalle e partì per andare dietro quella collina là. Per scaramanzia non salutò, che a Fedele rimanesse la voglia di lei o almeno il desiderio di darle il saluto.
Grigia la sua gonna sotto quella coperta di nuvole, stretta tra le dita e sollevata per aiutare le ginocchia a muovere i passi. Fedele scrollò la testa, guardarla gli portava un sottile profumo al naso, come il ricordo di un fiore.
«La contemplo allontanarsi da me, sola.»
«Apri!» ringhiò il nano «La donna se n'è andata.»
Il frate accolse i due con gli occhi ancora tutti spalancati «Siete i viandanti più bizzarri dell'anno, ma non vi offendete: avrò qualcosa da raccontare a quelli più noiosi.»
«Se pagassimo avremmo un trattamento migliore?» domandò il nano.
«No.»
«Allora non paghiamo» Fedele ghignò.
«Se pagassimo in gemme grandi come i miei occhi?» insistette Filomeno.
Il frate si voltò a palpebre strette, il nano fece passare le gemme tra le dita, giusto perché il frate intravedesse i colori luccicanti.
«Le gemme rubate al re?»
«Forse.» rispose Filomeno «Ti spiace?»
Gli occhi del frate parvero riconoscere quei due come se un drappello di soldati, poco prima, avesse predetto il loro arrivo. Tuttavia non si scompose, congiunse le mani dentro le maniche del saio e guardò il cielo
«Quel re che ci assilla nei tempi di buon raccolto e ci affama nei tempi di cattivo raccolto?» sorrise «Nessun dispiacere. Dalla porta del convento i ricchi non passano mai, non perché sia piccola come la cruna di un ago, ma perché non ne hanno tempo e non ne sentono il bisogno.»
Passato un cortile coperto di fango il frate salì i gradini della chiesa, batté le suole sull'ultimo e attraversò il portale seguito dai due ospiti. Lui si inginocchiò e loro lo imitarono, Fedele con una mano sul petto, il capo chino e l'altro braccio teso indietro, Filomeno col naso arricciato e un movimento spiccio.
«Qui entrano i poveri che vogliono diventare ricchi.» fece il frate.
«Allora siamo nel posto giusto.» bisbigliò Fedele mentre quello apriva le braccia come se la ricchezza piovesse su di lui dagli archi del soffitto e dai mosaici di vetro delle finestre, poi congiunse le mani e si voltò verso di loro «Non vi darò due cuscini perché mi darete due gemme, ve ne darò otto se queste gemme appartenessero al re.»
Fedele e Filomeno sghignazzarono «Ci sta incentivando a rubare?»
«Non sia mai! Non lo pensate. Tuttavia, volendo vedere il lato positivo del ladro: la disgrazia del ricco è spesso la sua salvezza.»
«Padre...» Fedele si chinò su un ginocchio lì dove trovò l'inginocchiatoio «Ho rubato a un povero.»
«Quante volte?»
«Spesso.»
«E ai ricchi?»
«Molto più spesso, padre! Direi che praticamente ho compensato.»
«Intendi rubare ancora o ti sei pentito?»
«Ehm...»
Il frate strinse le labbra e guardò il nano «Tu?»
«Io cerco una fucina.»
«Non vuoi confessarti? Il tuo dio, nano, è diverso dal nostro?»
«Io sono stato creato dalla roccia madre. E se la roccia madre è stata creata dal vostro dio, allora abbiamo lo stesso dio.»
«Allora potresti confessarmi le tue colp...»
«Fucina!»
«Di là.» il frate stese un dito lì dove il naso di Filomeno già fiutava il fumo della carbonella, il profumo dei metalli e il puzzo di sudore di un fabbro. Fedele congiunse le mani sul petto e si congedò dal frate «Rimarremo il minimo indispensabile.»
«È Dio che ha sollevato questo rifugio per voi. È Dio che vi ha mandato da noi.»
«Credo. A più tardi.»
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