20) Una missione romantica

Mavelina colava lacrime dagli occhi senza tregua «È una storia che spezza il cuore.» singhiozzava «Potrei girare il cappello all'ingiù e riempirlo di lacrime... se non fosse bucato.» guardato il foro nel suo cappello si accasciò su Fedele.

Questi, mentre la consolava sotto il suo braccio, guardò Lisifilio a bocca aperta «Dopo di te volevo raccontare la mia storia ma credo che la terrò per me.»

«Perché?» l'uomo mela asciugò dalla guancia quella lacrima, svelto, prima che la notassero.

«Perché farebbe ridere rispetto alla tua! Possibile che io sia l'unico senza un dramma nel passato?»

«Il tuo dramma sei tu, Fedele.» disse Filomeno, con le due mani sulle ginocchia non smetteva di scrollare la testa «Sono molto sensibile agli esuli, lontani da qualcosa che amiamo, come la mia montagna.»

Lisifilio gli rivolse un inchino «Ammetto che ci pensavo, Filomeno, i tuoi occhi hanno trovato il pomo d'oro nel fiume, potresti trovare Cornelia in quella selva.»

«Mi dispiace» il nano scrollò la testa «L'oro che è facile da trovare è già stato trovato, ragazzo, temo la tua fanciulla sia già tra le mani di qualcuno. Ammesso che il regno di cui parli esista ancora, non era antico?»

«Non così tanto antico, oggi però è molto diverso temo... Potrebbe essere governato dalla strega, o peggio.»

«Io non vengo.» sancì il nano.

«Hai paura?» lo punzecchiò Mavelina.

Fedele si erse in piedi col pugno stretto di fronte al mento, andò a prendere la mano di Lisifilio e la strinse «Quanta poesia in quest'impresa, nessuno mi neghi di parteciparvi: verremo con te e troveremo questa ragazza ovunque sia.»

«Fedele» il nano gli tirò un sasso sulle natiche «Facciamoci dare l'oro e andiamocene. È l'ultima volta che ti avviso che stai per intraprendere un cattivo progetto.»

«Nano, ascolta: questo ragazzo è un re!»

«È un esiliato, è un fuorilegge nel suo regno, come lo è qui ormai.»

Saltò in piedi anche Mavelina «Noi aiuteremo Lisifilio a ogni costo!» ruggì «Nano!» lo gridò con la testa vibrante che le lacrime le zampillarono dappertutto «Verrai anche tu.»

«Io non volevo noie.» lamentò quello «Ti pareva. La prossima volta che trovo una mela d'oro in un tempio ce la lascio e pure le streghe le rificco nell'antro da cui sono uscite.» rosso di nervoso saltellò per battere i piedi per terra, si staccò dal corpo le frecce come si trattasse di ramoscelli, nella sua pelle non lasciarono piaghe ma piccole crepe che subito presero a chiudersi «Se devo venire voglio che con l'oro ci compriamo una ascia nuova.»

«D'accordo.» fece Fedele

«Un elmetto come il mio vecchio.»

«Certo» fece Lisifilio.

«Una corazza completa. Senza cotta di maglia.»

«Un cappello.» aggiunse Mavelina «E un bastone magico.»

Lisifilio annuì «Ecco, del bottino ho tenuto queste gemme. Sono tre, le più grosse che abbia mai visto.»

«Due sono mie.» asserì Filomeno che allo sguardo di Fedele rispose «Pagamento anticipato per la prossima impresa.»

«Una mi servirebbe per il cappello.» asserì Mavelina.

«Va bene» cinguettò Fedele con un'acutezza nella voce che suonava di delusione «Tanto non sapevo che farci. Forse delle pere... ma no, le posso rubare.»

Lisifilio ricambiò quella stretta che ancora passava tra la sua mano e quella di Fedele «Sono un re legittimo di un regno usurpato, se mai salirò al trono avrai il tuo rimborso.»

«Sei anche un fuorilegge.» lamentò Fedele.

«L'unica circostanza in cui potessi conoscere amici tanto preziosi.»

«Lusingati, ma potevi tenerti qualcosa di più del bottino.»

Seguì una giornata silenziosa, i due uomini e il nano con le mani sui fianchi, a ciondolare per la foresta, a seguire la gonna di Mavelina. Col naso sporto verso il terreno, la strega del terrore pareva cercare col fiuto delle narici, piegata a guardare quel ramoscello, quel bastone, o quel tronco, Fedele non riusciva a staccarle gli occhi dal fondo della schiena.

«Mavelina quello che avevi trovato prima non andava bene?» domandò Filomeno.

«Lasciala fare.» Fedele gli tirò una gomitata sulla spalla.

«Mavelina» Lisifilio portava cinque bastoni tra una mano e l'altra e lei gliene stava porgendo un altro «In cosa deve consistere un bastone magico? Ha bisogno di particolari venature nel legno? Dev'essere d'acero o di tiglio? Deve essere antico ma intatto?»

«Deve solo piacermi.» fece Mavelina mentre gliene porgeva un altro ancora «Questo è il sesto dei "forse", poi facciamo una cernita e scartiamo i "no".»

«Questo è il settimo Mavelina... Vuoi dire che potresti far magia con un bastone qualsiasi?»

«Sì» l'orgoglio le sollevò le gote «Sono brava, eh?»

«Un bastone qualsiasi.» sospirò Filomeno.

«Andiamo, altrimenti dovrò cercarlo anche domani.» Mavelina tornò col naso chino sul terreno del bosco.

Fedele, un mulo con la carota di fronte al naso, seguiva il dondolio di quella gonna, sorretta di un palmo sopra il terreno, che non si impigliasse sul sottobosco, scoperte rimanevano le bianche forme del tendine d'Achille e lì, poco sopra, il polpaccio candido come la neve «Lavorato al tornio, levigato con la punta dell'unghia di un angelo» bisbigliò lui.

«Fedele!» Mavelina percepì appena quelle parole eppure ne riconobbe la cadenza «Stai recitando un'altra poesia oscena?»

«Oh se solo vedessi sfilar da quel calzare, la preziosa parte di piede detta calcagno.»

«Mah!» Mavelina si voltò per tiragli una bastonata sulla fronte.

«Calcagno?» Filomeno sollevò le spalle «E quindi?»

Le gote rosse di Lisifilio si nascosero bene dietro quei sette bastoni mentre diceva «Una signorina per bene non mostra il calcagno.»

«Esatto» Mavelina si scostò i capelli dalla spalla «Ricordo che me lo avevi detto proprio tu, uomo mela, vedi che ti ascolto?»

«Dolor soave.» mugugnò Fedele che riprese a seguirla alla distanza di un bastone teso «Perdonami Mavelina.»

«Perdonato.»

All'improvviso posati i piedi sul bordo di un sentiero, i quattro fermarono la ricerca, gli occhi stretti nella direzione del castello, le orecchie tese a cogliere il suono tamburellante che ne proveniva.

«Tamburi da battaglia?» chiese Fedele.

«Nel mio regno» fece Lisifilio «i messaggeri partivano e arrivavano col tamburo.»

«Sono cavalli. Ignoranti.» borbottò Filomeno.

«Cosa ne sai tu? Sordo di un nano.»

«Li sento vibrare nella roccia.» il suo piede nudo posato su una pietra miliare, proprio lì accanto alla strada «I tamburi non vibrano nella terra.»

«Mh...» Mavelina soffiò dal naso con le labbra premute tra loro «Tu il calcagno lo puoi mostrare? Lisifilio diglielo che non può.»

«Sì che posso» il nano lo porse a Fedele «Vuoi dare un'occhiata?»

«Ohu» solo immaginando il puzzo le narici di Fedele si stapparono «Ti prego metti di nuovo alle corde quella bestia.»

«I piedi di tutti stanno ad altezza terreno, Fedele, quelli del gigante come quelli dell'omuncolo.»

«Sì ma il tuo naso è più vicino e più abituato.»

Il nano aggrotto là fronte «Suona come una battuta ma non mi fa ridere.»

«Parlavo sul serio.»

Il muso di un cavallo spuntò dal fondo della via, appena superata la curva, dietro quello del cavallo si sporse il muso del cavaliere e di una dozzina di cavalieri a seguire. Mavelina lanciò una mano nel mucchio di bastoni nelle mani di Lisifilio, ne prese uno e batté il suo fondo sul terreno.

Fedele saltellò da un piede all'altro «Scappiam...» Filomeno gli strinse il polso, Lisifilio gli poggiò una spalla sulla schiena, che non corresse via «Sh» soffiò tra i denti mentre la parata di cavalieri filò loro davanti. I drappi di sua maestà, lo stemma del castello reale e bardature leggere, filarono senza guardarsi intorno ma tutti con due dita sul naso.

«Passati.» Mavelina si asciugò la fronte col polso «E ho anche scelto il bastone.»

«Cosa hanno visto?» domandò Lisifilio «Sono curioso perché io non ho notato nulla.»

«Gli ho fatto vedere la carcassa di quattro grosse mucche, una per ognuno di noi, circondate di vermi e mosche.»

«Che raffinatezza.» commentò il nano.

«Pensavo alla puzza dei tuoi piedi, mi è venuto in mente solo quello... Fedele è svenuto?»

Lisifilio si spostò e Fedele crollò indietro, steso tra muschio e foglie cadute. Filomeno gli tirò un calcio senza svegliarlo «Sviene dalla paura questo ragazzo.» sollevò gli occhi verso Lisifilio, dovette stendere tutto il mento in su per guardarlo in faccia senza aver le sopracciglia di mezzo «Sei sicuro di volerlo coinvolgere nell'avventura?»

«Ha un cuore sensibile, mi pare. Dovrei però conoscerlo di più.»

«Anch'io» confessò Mavelina «Lo prendo in giro perché mi riempie di attenzioni e poi piange di paura, ma steso lì a terra mi fa pena.»

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