18) Cornelia la Celeste

«Solo uno sguardo, tra me e quella ragazza dalle iridi celesti, poi scappai e tornai al mio letto.

Quella notte finsi di dormire. Tutte le sere successive non sfiorai Mafalda e anzi me ne tenni lontano. Gli occhi celesti della ragazza avevano preso all'amo la mia identità primordiale, mi avevano spogliato della corazza, mi avevano fatto di nuovo un ragazzino vulnerabile. Che fosse la figlia di Mafalda sembrava assurdo: la madre traeva il male dagli uomini la figlia invece ne traeva il bene, per lo meno da me che aprì gli occhi e riconobbi in Mafalda quello che una volta già sapevo, che fosse una strega.

Mi presentai ai piedi del trono, vestito come un cavaliere, con pure la spada alla cinta, puntai Mafalda con il mento.

"Lo sai che non ti è permesso venir qui quando siedo al trono." lei resse il mio sguardo ma per poco.

"Lo so." salii col piede sulla pedana del trono e riconobbi in lei l'allarme di non avermi più in pugno "Saluti, regina." mi bastò e la lasciai.

Fino a quella notte, quando di nuovo si allontanò dal mio letto, la seguì e quando dalla torre andò nelle cucine lì mi trovò "Avete fame, mia regina?

"No." la spaventai.

"Allora venite nel mio letto."

Acconsentì, indebolita, piccola, impaurita. L'unico dettaglio affettuoso della sua vita, sua figlia, era la sua debolezza.

"Dove vai?" la colsi ad alzarsi di nuovo dal letto, la stessa notte. Sussultò nel sentire la mia voce e io godetti del mio potere su di lei. Non la trattenni, almeno per quella notte, e finsi di tornare a dormire farfugliai "Dove vai mamma?" poi russai e Mafalda uscì dalla mia stanza.

"Scusa tesoro." sembrava pregare in ginocchio "Scusa" le sentivo dire, accucciato dietro la porta della torre.

"Stai tranquilla, mamma."

"Volevo portartelo caldo e... È già mezza notte passata."

"Vorrà dire che lo spuntino lo farò a colazione." la voce della figlia nascondeva un pizzico di gioia, serena sebbene vivesse nella torre ogni giorno, da anni per quanto ne sapessi.

Poggiato con la schiena sulla sua porta origliai le loro conversazioni per molte notti, vissi una fettina della loro vita famigliare, un rapporto felice rispetto a quello che possedevo io coi miei genitori, guarda l'ironia, Mafalda amava sua figlia e viceversa, più amore di quanto ne avesse la famiglia che Mafalda aveva spezzato, la mia.

"D'altronde non l'ha spezzata lei." bisbigliai "Era già in pezzi."

"Cos'è stato?" sentì Mafalda rizzarsi in piedi ma la ragazza la fermò.

"Niente." sancì quella, come se in realtà sapesse di me dietro la porta.

"Come fai a dirlo?" chiese Mafalda.

"Quassù si sentono molte voci, a volte spiriti, a volte il vento." mentiva, io me ne accorsi, per qualche motivo Mafalda no, così potente con gli altri, così docile con sua figlia.

Il giorno mi divenne noioso e dormire sotto il sole molto facile, le notti invece sempre più liete e sempre più di veglia, origliare quella serpe di regina trasformarsi in madre e quella figlia parlare deliziosamente.

Nel cortile del castello, nei campi che lo circondavano, sulla ronda delle mura, ovunque camminassi alzavo il naso verso la torre. Cominciai a volervi veder spuntare un viso, cominciai a desiderarlo e odiare tutto il resto.

La regina, un giorno, sedette sul trono per incontrare ambasciatori importanti e dalla favella prolissa, quel giorno l'occasione che attendevo mi trovò preparato.

Mentre quella parlava io mi mascherai con un elmo da cavaliere e salì la torre. Aprì la porta convinto di sollevare il coperchio di un pacco regalo, ma nulla. Nulla respirava in quella stanza. Libri, finestre, poltrone imbottite e usurate, uno specchio d'argento sulla toeletta e un letto, il lenzuolo si deformava sopra qualcosa di piccolo e tondo, lo tolsi e vidi una mela d'oro.»

«Oh mamma!» esclamò Mavelina "Era lei.»

«Silenzio, signorina» la redarguì il nano «Sto seguendo la storia.»

Lisifilio accennò un assenso verso Mavelina, prese un respiro e tornò a raccontare:

«Non mi feci tante domande. Lì per lì come potevo immaginarlo? Me ne andai, deluso.

Così deluso che non capii per quale motivo Mafalda si alzasse dal nostro letto anche quella notte. Mi chiedevo dove andasse se lassù la ragazza non c'era.

Saltai comunque fuori dalle coperte, magari avrei scoperto dove la nascondeva. Mafalda percorse i corridoi e salì la scala della torre, sicura di trovare la ragazza, come ogni sera, io invece convinto di sentirla gridare alla sparizione di lì a poco.

"Buona sera, cara." invece le sentii dire, rannicchiato dietro la porta.

"Buona sera, madre." e questa fu lei, la ragazza, con quella voce dalla quale percepivo la sua bocca sorridere.

Strano, troppo strano perché anche quella notte me ne stessi fermo dietro la porta. Con gli occhi percorsi ogni fessura nelle assi, cercai gli spiragli nella porta e il forino della serratura non mi bastò. Volevo vedere quelle due donne nello stesso momento, volevo vedere la ragazza esistere, che magari non fosse un miraggio della strega, o la strega stessa ma in un'altra forma.

Sceso qualche gradino mi sporsi da una finestra, vedevo delle ombre muoversi alla luce del fuoco in cima a quella torre, tuttavia non capivo se appartenessero alla sola regina o a due donne. Uscii dalla finestra, il buio che celava il cortile alla base della torre mi aiutò a dimenticare le vertigini, mi arrampicai a forza di testardaggine pur di raggiungere il terrazzo della torre e vi giunsi.

Sotto le stelle, appeso al parapetto con la punta delle dita sollevai la fronte e gli occhi verso l'interno della torre, ecco Mafalda ed ecco la ragazza, sua figlia, gli stessi capelli, la stessa pelle chiarissima, mi stava guardando con gli occhi spalancati.

"Cos'hai Cornelia?" domandò la madre allarmata.

"Niente!" questa la afferrò per le spalle "Mi sento in bisogno di una tisana calda, ho un improvviso malore."

Mafalda corse via promettendo di tornare subito. La ragazza, chiusa la porta si avvicinò al parapetto, senza battere le palpebre. Il cuore mi batté e i muscoli mi divennero molli

"Cornelia" la chiamai, con quel nome appena conosciuto, lei si immobilizzò "sei un incanto, di una bellezza tale che il mio corpo sviene nel solo vederti, che la sola bellezza spezzerebbe le mie membra e getterebbe questo mio corpo giù dalla torre." tremai con le dita appese per le unghie.

"Chi sei?"

"Colui che ti ammira con tutto cuore. Ti basti la prova che un altro passo verso di me e la tua bellezza mi ucciderebbe per l'amor che suscita, voltami invece le spalle un attimo e mi salverai da questa splendida morte."

Cornelia si voltò, aggrappata a una tenda per sorreggersi, trovai la forza di salire e mentre la avvicinavo le gambe mi tornarono molli. Lei sentì il mio respiro e si voltò un attimo prima che la sfiorassi. Così vicina con quegli occhi celesti illuminati dalla luna, con quelle ombre di capelli a sfiorarle le guance.

Quella ragazza, lei era la donna che dovevo sposare, lo sentii senza bisogno di domandarmelo, quel poco che la madre suscitava in me di buono era il semplice riflesso della figlia, un piccolo segnale della direzione nella quale la bellezza fluiva, direzione nella quale dovevo andare per trovare la pienezza che Cornelia la Celeste trasmise ai miei occhi.

"Ho paura." mi disse.

"Non di me. Poco fa mi desti le spalle con fiducia."

"E dovrei fidarmi perché non te ne sei approfittato? Temevo cadessi."

"Sarei caduto sotto l'incanto che hai fatto al mio cuore. Perché tua madre ti tiene qui? Perché non ti ha mai mostrata a me?"

"Non puoi stare qui." fece lei.

"È perché sapeva che mi sarei innamorato di te?"

Le parole per rispondermi le mancarono, Mafalda tornò nella stanza all'improvviso, Cornelia mi nascose dietro una colonna che dava sul terrazzo e corse incontro alla madre e alla tisana che portava con sé.

Le conversazioni di quella notte le origliai nascosto sul terrazzo, in ogni frase di Cornelia sentivo la sua voce flettersi, come per aggirare la consapevolezza di due orecchie di troppo in quel luogo, ora bisbigliare ora esclamare, esclamare soprattutto in quel momento nel quale domandò

"Madre, per quale motivo non posso uscire di qui, nessuno mi può conoscere e nessuno può sapere di me?"

"Amore mio... Mi rincresce così tanto rispondere sempre a questa domanda." Mafalda mugolò come soffrisse la sua carne "La risposta mi addolora."

"Ti prego mamma, devo sapere se le cose non sono cambiate nemmeno oggi. Voglio sperare, che se arrivasse il mio giorno di uscire non me lo perderei senza saperlo, il mio giorno di parlare con qualcuno... e magari... di vedere un ragazzo."

"Te lo ripeto: sei vittima della maledizione di una strega, se qualcuno se ne accorgesse non distinguerebbe tra vittima o artefice e ti ucciderebbe per combattere la stregoneria."

"Ma non ci sarebbe proprio nessuno che possa capire?"

"Nessuno!" esclamò Mafalda.

"Forse se spiegassimo che io non faccio stregoneria, sono soltanto vittima, se lo spiegassimo a una persona alla volta..."

"No, Cornelia!" sentii la brocca della tisana schiantarsi per terra, il vassoio rovesciato e altro trambusto mentre la voce di Mafalda gridava "Non insistere col volerti fare del male!" la porta sbattuta, poi riaperta e i passi pesanti della madre tornare al centro della stanza "Tu non conoscerai mai nessuno! Mai! Non puoi! Tutti là fuori ti ucciderebbero, all'infuori di me e tu dovrai sempre ascoltarmi e avere fiducia in tua madre."

"Chiunque mi ucciderebbe?"

"Chiunque! Se solo sapesse che esisti. E non chiedermelo più!"

"Sì, madre."

"Sì, madre. Dopotutto sei sempre così mansueta." Mafalda singhiozzò "Scusa, amore mio, ho gridato troppo. Abbracciami."

"Sì, madre."

Quando Mafalda uscì dalla stanza, all'alba, entrai io trepidante di mostrare quanto Lisifilio, il re, non avesse alcuna intenzione di uccidere quella ragazza.

Avrei dimostrato quanto Mafalda si sbagliasse e fosse bugiarda, se non che mi trovai solo in cima a quella torre. Cornelia sparita di nuovo.

Scesi alla sala del trono e trovai Mafalda, con la sua corona nera e rossa sulla testa, a sentenziare sui sudditi e dare ordini ai gendarmi, severa e gelida, l'esatto opposto della Mafalda madre che avevo appena conosciuto, un alter ego nascosto al mondo, che in quel momento volli stuzzicare.

Mi presentai alle guardie nella sala del trono, ne interpellai una piccola truppa e dissi ad alta voce "Ho trovato, qui nel castello, una ragazza che pratica stregoneria. Andate subito a prenderla e ucciderla."

"Sì, mio signore."

Non dissi dove l'avessi trovata questa ragazza, non lo dissi nemmeno alle guardie che vagarono a caso per il castello tutto il giorno, ma la regina si alzò dallo scranno e si defilò. La seguii di nascosto e la vidi correre dritta dritta alla torre, salire le scale con me alle sue spalle, lei entrò nella stanza e io uscii dalla finestra per arrampicarmi di nuovo sulla cima.

Spiai dal terrazzo l'interno della stanza in cui si trovava solo Mafalda, vestita come una regina nera, e piegata su un letto vuoto. Con la punta delle unghie sollevò il lenzuolo dal materasso e scoprì la mela d'oro. Le diede una carezza la coprì di nuovo e, a passo rilassato, se ne andò chiudendosi la porta dietro.

Prima di andarmene da quella stanza, rubai la mela.»

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