16) Lisifilio

Fedele storse il naso «Esiste un regno di nome Gran Arcipelago?»

«Non esiste più e non credo tu possa ricordarlo.» Lisifilio deglutì saliva fredda, gelida come le sensazioni che gli davano quei nomi.

«E Lisifilio che nome è?» Mavelina si trattenne dal ridere di nuovo «È antico...»

«Significa "innamorato dello sciolto", me lo diedero le nutrici, da neonato avevo molto appetito e le pappette le chiamavano "sciolto". Lisifilio può anche significare, però, "figlio della separazione" ed è forse questo il significato che gli venne affibbiato più volentieri, più avanti, quando il destino del regno cominciò a vedere una spaccatura nella sua terra, una spaccatura che partiva ai piedi dei miei genitori. Il re e la regina.»

«Oh guarda, Mavel!» Fedele tese il dito «Una libellula blu. Ti piace?»

«Oh! Che bella.» Mavelina si strinse le guance con le mani «Mi piace un sacco, ma non è una libellula, è una damigella.»

«Cosa ne sai?»

«Ho fatto pace con gli insetti, tanto tempo fa, li conosco.» annuì «Ho fatto pace tranne che con Torro, lo schiaccerei sotto il tacco... Ma mi manca tanto.»

Fedele le avvolse la testa col braccio per portarla sul suo petto «Cosa è successo?»

«Stavo sul rogo, no? E gli ho chiesto...» mentre i due chiacchieravano Lisifilio voltò la sua bocca chiusa e i suoi occhi stanchi verso il nano

«Non guardarmi così.» fece quello «Io ti stavo ascoltando.»

«Va bene.» Lisifilio diede loro le spalle e camminò fino a bagnare con l'acqua corrente la punta delle scarpe, sollevato il naso immaginò di guardare le stelle dietro a quel cielo azzurro, di nuotare a rana per aria e con una bracciata, giunto molto in alto, levare quel velo azzurro e sbucare nel firmamento «Non sapete quanto possa mancare la notte.»

«Ouh! Avete finito voi due?» ringhiò il nano «Mi fate deprimere l'uomo mela e mi parla dall'altro lato. Non ci sento!»

«Ehi!» Mavelina lanciò un sassolino addosso a Filomeno «Nano scortese: adesso ha un nome ed è tanto bello, Lisifilio, e non bisogna ridere» alzò l'indice «perché non è buffo, è solo antico.

«Tesoro» Fedele le strinse la mano «Mavelina invece cosa vuol dire?»

«Ah...» lei arrossì «Vuol dire... veramente non lo so.»

Lui le strinse entrambe le mani tra le sue «Abbi fiducia in me» strizzò un occhio «è bellissimo.»

«Vuoi sapere cosa vuol dire Filomeno?» il nano gracchiò una risata, all'improvviso coinvolto «Amico della forza!» ruggì con i pugni in su e i bicipiti gonfi «Forza!»

«Lisifilio è pure lungo...» bisbigliò Mavelina.

«Eheheh» Fedele ridacchiava mentre girava il viso verso Lisifilio per trovarlo a guardarli con l'acqua del fiume fino al bacino.

«Che fai?»

«Fermi!» esclamò Lisifilio «Vi ho sopravvalutati, siete dei distratti perditempo. Nemmeno per l'oro riuscite ad ascoltarmi.»

«Io non sono distratta.»

«Io ti ascoltavo, anche senza guardarti» affermò Fedele.

Filomeno invece non disse nulla, un rospo in quel momento spiccò un salto tra i suoi piedi, un corpo tozzo e delle cosce tornite, le gengive del nano si coprirono di saliva «Pah!» un pugno stecchì l'anfibio, Filomeno lo scagliò con quel tanto di forza da non spiaccicarlo, lo tirò su per le zampe posteriori «Uomo mela, tu sai cucinare quest... Ma ce ci fai lì?» il nano saltò in piedi «Esci subito! È pericolosissimo.»

«Calmati nano.» Fedele allungò una mano verso di lui «Saprà anche nuotare.»

«Saprò anche nuotare» asserì Lisifilio «Ma appena abbasserò l'ombelico sott'acqua, tornerò mela. E verrò portato via dalla corrente, nascosto dalle alghe, incastrato tra i sassi, affondato nel fango... mi ritrovereste a valle.»

«Lisifilio!» Mavelina andò fin sul bordo del fiume, sollevò la gonna mentre infilava i piedi nell'acqua, fin alle caviglie «Che fredda» gli sorrise «Pensaci bene prima di farlo: con la tua maledizione del pomo, per un piccolo errore adesso, potrebbe lasciarti una mela sott'acqua per centinaia di anni. Magari questo fiume ti porterebbe fino al mare, tu cadresti negli abissi, senza saperlo e gli anni passerebbero infiniti, senza che tu ne veda uno, una mela per sempre che anche quando sulla terra non abiterà più alcun uomo, tu rimarrai comunque una mela sul fondo del mare.»

La mano di Lisifilio ora tremava, tesa verso Mavelina, gli occhi fissi sull'orlo dell'acqua vicino alla pancia e la punta dei piedi ritta tra le sabbie molli del fondale che l'ombelico non andasse sotto.

«Bravo.» fece Mavelina.

«Ah» lui tirò il fiato, e le andò contro.

«Ti ho fatto paura, vero? Sono brava anche senza bastone.»

«Tanto la mia situazione è comunque tragica.»

«Non fare la vittima, Lisifilio, guarda il mio cappello senza punta.»

Spat!

Voltata, Mavelina vide Fedele con una freccia in mano spuntata dal nulla.

«Fil hai visto?» domandò questi «L'ho presa al volo!»

«No, scusa, ero girato.»

«Tu Mavelina?»

«Ehm.» lei allargò le braccia «Ero girata anch'io. Magari Lisifilio...» tornò a guardare l'uomo mela quando scorse una pioggia di frecce volare verso di loro «Ah!»

Anche Lisifilio le vide, scagliate dalla strada principale, laggiù sul ponte sopra al fiume. Mavelina si tuffò sotto, provocò una piccola onda che investì Lisifilio sull'ombelico e lo trasformò nel pomo d'oro.

La luce del mattino baluginava tra gli spruzzi di quella cascata, il sole sorgeva sulla sua cima, l'acqua sembrava versarsi dal suo disco dorato. Il raggio di Luce su Lisifilio proveniva da lassù, lo costringeva a stringere le pupille tra le ciglia, i suoi vestiti bagnati gli diedero un brivido, bagnati fino all'ombelico, attorno a sé le fronde degli alberi lanciavano ombre nelle quali non riusciva ancora a vedere.

«Ragazzi?» singhiozzò «Quanto tempo è passato?»

«Siamo qui.» affermò una voce cupa, Lisifilio batté le palpebre e riconobbe il nano «È passata solo una notte.» dalla sua carne spuntavano diverse frecce dalla coda spezzata, almeno tre sulle spalle, una sul braccio e diverse sulle gambe.

«E gli altri?»

«Qui.» bisbigliò Mavelina, si trovava accanto a Lisifilio in ginocchio e fradicia, due occhiaie che cascavano sulle guance e tra le braccia la testa di un cadavere steso vicino a lei, il volto coperto dal cappello bucato.

«Chi è?» domandò Lisifilio.

«È Fe...» Mavelina non riuscì a pronunciare quel nome «Oh come farò adesso?»

Lisifilio si strinse lo stomaco e portò una mano a coprire la bocca e il naso tirati dalle contrazioni di quel singhiozzo che gli strappava le lacrime agli occhi «È stata colpa della mia reticenza.»

«Guarda» Mavelina sollevò con delicatezza il cappello come aprisse uno scrigno «Gli è rimasto il sorriso gioioso di quando era vivo.»

«Il sorris...» il volto di Fedele s'impresse negli occhi di Lisifilio, contratto in una smorfia tetanica un sorriso che voleva mostrare i molari e le orbite degli occhi tanto esposte da rischiare di cascare fuori «Cosa caspita?» tanto lo spaventò che gli venne da imitarlo, dietro le mani che gli coprivano la bocca.

«Com'era dolce.» la carezza di Mavelina passò leggera su quel volto rigido nello spasmo.

«Basta!» sbottò il nano che andò a tirare un calcio al cadavere.

«Ahi!» lamentò Fedele, vivo e dal volto sano.

«Avete giocato abbastanza.»

«Senti» Fedele parve arrabbiato sul serio «Sono entrato io nell'acqua a prendere il pomo, anche se ti ho detto che mi fa venire la pipì? Allora mi fai finire la recita.»

«Sì, ma è stato il mio occhio fino a vedere l'oro. Se non aveste un nano con voi, l'oro lo calpestereste e proseguireste senza mai saperlo.»

«Scusa Lisifilio» Mavelina gli sorrise «Volevamo farti uno scherzetto.»

«Io...» quello non riuscì a parlare «Io vi ammazzo. Era uno scherzo spaventoso!»

«Per tenermi in allenamento.» lei sorrise con le gote sugli occhi. Lui saltò avanti con le braccia tese se non che l'ombra lo riportò mela.

Riaperti gli occhi, il sole ancora su quella cascata, Lisifilio si trovò nella macchia di luce in cui stava poco prima, gli altri tre seduti composti di fronte a lui.

«Raccontaci questa storia Lisifilio» lo invitò il nano.

«Scusate, ma nessuno mi ha mai ascoltato e chi mi ha ascoltato non aveva tempo e voglia di aiutarmi. Eppure sono in una situazione... è una galera la mia, anche peggio, ma nessuno se ne accorge, nessuno mi viene a salvare.»

«Tu l'hai fatto con noi. Perciò ti ascolteremo.» Mavelina annuì e Fedele fece lo stesso poco prima di stendere il braccio verso il fiume «Guarda c'è di nuovo una... Stavo scherzando, vai Lisifilio, racconta senza cercare di convincerci, tanto ti diremo di no comunque. Stavo di nuovo scherzando.»

Lisifilio deglutì e provo ad aprire quel libro nella sua mente che portava il suo nome sulla copertina, passate le prime pagine credette di non veder nulla sui fogli, che forse quegli occhi puntati addosso lo stessero facendo presbite per l'imbarazzo, forse sì e accadde per diverse pagine.

Poi le parole presero un colore vivido, di ricordi scritti col dolore, e più rimembrò quei momenti più il colore delle parole si fece tetro, qui viola, come i capelli di Mavelina, qui nero come dentro una tomba chiusa, qui rosso scarlatto come il sangue fresco e lì ramato e marrone come il sangue secco e le foglie d'autunno. I colori della sua anima su quel libro negli istanti in cui quei ricordi avvenivano. A quei colori facevano da segnalibro le sensazioni, in quelle pagine, sensazioni di disperazione.

«Perché ci metti così tanto a iniziare?» Filomeno non riuscì ad aspettare.

«È la storia della mia vita e nella mia testa è tutta alla rinfusa, non l'ho mai dovuta raccontare con un senso logico.»

«Inizia da un ricordo qualsiasi» suggerì Mavelina, Fedele concordò «Parti da quello e poi collega uno a uno gli altri tasselli del mosaico.»

«Mio padre...» i tre si zittirono quando Lisifilio cominciò a dire «Una donna che esce dalla camera di mio padre, io la vedo dal fondo del corridoio, la donna si volta come per dargli un'ordine: "Quindi tu sarai d'accordo.", mio padre annuisce servile, dondola la testa come un ciuco. Poi mia madre, in un altro posto, un salotto, la stessa donna bisbiglia con lei e mi guardano, mi guardano di sbieco convinte che io non ci faccia caso "Lo sarai" dice mia madre "è giusto per tutti. Grazie" poi mia madre abbraccia quella donna.»

«Chi è quella donna?» Mavelina non si trattenne.

«Mia moglie.»

«Lo sapevo!» Mavelina strinse la mano a Fedele «Intrighi di palazzo.» gliela scrollò tutta eccitata.

«Una strega.»

«Lo sapevo.» fece Fedele.

«Una donna che va in camera con tuo padre, confabula con tua madre ed è una strega.» Filomeno annuì «Dovevi cacciarla subito.»

«Avevo tredici, forse quindici anni. E lei già stringeva tra le grinfie il mio destino.»

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