1) Fedele e Filomeno

Esistono paludi che i cavalieri non hanno voglia di attraversare, esistono avventure troppo sporche perché i nobili le possano ascoltare, esistono faccende così fangose che solo ai ladri possono interessare.

Eppure vale la pena di raccontare come successe che un futuro re, un principe, capitò impotente tra le mani di un ladro, di un rinnegato e di una strega, e come questi tre, potendo scegliere per lui qualsiasi destino, gli abbiano dato l'avventura più bella della sua vita.

«Il settimo villaggio sulla strada a nord.» affermò nano Filomeno di fronte a una cinta di pali.

«Contare i villaggi è facile: ogni volta che si attraversa un sagrato ne è passato uno.» commentò Fedele accanto a lui, i fianchi stretti e le spalle larghe.

«Ehilà!» salutò la guardia da sopra il portone della cinta «Chi è che arriva?»

«Sono Fedele di Gambagamba, mi manda il vassallo.» il giovane sollevò una pergamena verso la torre di guardia.

«Non ti crederà mai.» sussurrò il nano.

«Zitto Filomeno: adesso vedrai come un foglio possa aprire qualsiasi porta.»

«Il nostro vassallo? Il conte o il barone?» domandò l'uomo da là sopra.

«Tutt'e due, ovvio.»

«Come fa ad essere "tutt'e due"?» sibilò Filomeno.

«Aspetta e vedrai...» replicò Fedele.

«Fatemi leggere il foglio.» la guardia scese dalla cinta e aprì il portone.

«Ecco fatto.»

Quando la guardia sporse la faccia per provare a leggere, Fedele gli schioccò un pugno sul naso, l'uomo barcollò con le mani in volto.

«Bravo!» fece Filomeno «Il tuo pugno è così mollo che non gli sanguina nemmeno il naso.»

«Credevo sarebbe svenuto.»

«Aspetta e spera.»

«Andatevene» avvertì la guardia con le dita nelle narici «Oppure vi faccio tagliare la...»

Il pugno di Filomeno gli tolse il fiato, se non per un fischio sottile che gli uscì lungo lungo finché non fu a terra.

«Facile così.» lamentò Fedele «Da quell'altezza dai sempre colpi bassi.»

Il portone sbatté, sigillato di nuovo. Sulla cinta si sollevò l'ombra di qualche testa accompagnata dalla cima di archi pronti a tendersi.

«Sempre bellicose le persone alte, vogliono sempre la guerra, anche se non la sanno fare.»

«Filomeno, senti, entro solo io nel villaggio. Tu aspettami qui.»

«Mi vuoi fare dormire all'aperto?»

«Che differenza ti fa? Dentro al villaggio non ci sono monti o miniere in cui farti dormire. Accenditi un fuoco.»

Filomeno roteò gli occhi «Vattene prima di farmi girare le asce.» afferrò il compagno per la cinta e la camicia e lo sollevò da terra.

«Sai quel che fai, vero?» si assicurò Fedele.

«Arh!»

Filomeno lo alzò sopra la testa e lo scaraventò, catapultato oltre la cinta. Nessun arciere ebbe il tempo di incoccare, lui atterrò felino dall'altra parte. La propria grazia gli stuzzicò un sorriso che rivolse agli arcieri, piegò la schiena in un inchino e si dileguò. In un villaggio del genere uno sconosciuto che corre si notava troppo, spiccava come un foruncolo sulla fronte pallida di una principessa.

«Salve» Fedele salutò i paesani intenti a fissarlo «Salve» ripeteva col cuore saltellante in petto «Non sembra ma anche i magri si stancano a correre. Salve ancora» un'occhiata dietro la spalla, senza vedere nessuno, prese a camminare.

«Ecco il sagrato.»

Si voltò verso la casa del borgomastro fece qualche passo ma gli chiusero la porta davanti, allora si voltò verso il magazzino, qualche passo e gli chiusero la porta di nuovo, fece per tornare sulla strada quando dall'angolo spuntò una schiera di arcieri

«Eccolo là!» esclamarono.

«E allora andiamo alla chiesa.»

Prese quella direzione, una facciata nera sormontata da un campanile a punta. Il sacerdote non chiuse la porta ma si batté la mano sulla fronte e salutò quel fuggiasco che puntava verso di lui

«Non me lo dire, indovino da solo: tu vuoi asilo in chiesa.»

«No.»

«Oh.» si sorprese «E allora cosa vuoi?»

«Cerco un pomo d'oro.»

«Scusa?»

«Una mela, tutta fatta d'oro.»

«Ah! La reliquia del tempio pagano: è nel tempio.»

«Dove di preciso?»

«Esci alla porta sud e giri a sinistra, attraversi... Caspita, scappa! Ti stanno venendo a prendere.» gli arcieri già si sparpagliavano nella piazza.

«Su, dimmi veloce.»

«Attraversi il fiume e sali la collina, vai!»

Un arciere saltò a braccia tese, afferrò il vuoto e sbatté di pancia ai piedi del sacerdote. Fedele sfuggì a quello ma lo raggiunsero gli altri, lo presero alle gambe, ma storse le caviglie e scivolò via, lo presero per i polsi ma fu lo stesso, per il bacino ma ancora scivolò di mano in mano come un'anguilla, più lo stringevano più questi sgusciava neanche fosse coperto di sapone.

«Nemmeno trenta catene fermerebbero quest'uomo.» fece il più anziano tra di loro «Via tutti!» ordinò. Fedele rimase solo, al centro, di fronte alla freccia incoccata dell'anziano.

Zac! scoccò e Spat! Fedele afferrò al volo la freccia. Tutti emisero uno sbalordito «Uah!» di bocche aperte, anche la sua, finché l'anziano incoccò un'altra freccia e la scagliò. Fedele mosse di nuovo la mano, non la prese, per sua fortuna la freccia mancò il bersaglio.

«Prova questa.» l'anziano incoccò ancora.

«E basta!» Fedele lanciò indietro la freccia presa un attimo prima, questa si orientò e colpì l'anziano al piede.

«Ah!» si mise a gridare «Ah!» gridarono di furia gli altri «Ah!» gridò di paura Fedele che riprese la fuga.

Un brusio disturbava il lavoro del nano. Per far scoppiettare l'acciarino ci vuole calma e pazienza, già una delle due mancava. Uscì dal nido di arbusti in cui si era rifugiato. Seguì il suono come fosse la traccia di un odore. I suoi timpani usurati dai colpi di piccone e martello seguivano a zig zag grida di voci sempre meno distanti.

«Ma cos'è?» avvicinò la cinta del villaggio e posò l'orecchio sulle palizzate «Sembrano in nove... dieci, ma uno grida più forte. Più acuto ma non è una donna. Che accidenti di festa è?»

Poi i passi gli rimbombarono dalla palizzata all'orecchio e dalla cima saltò oltre Fedele assieme al suo grido stridulo. Atterrò con la caviglia un po' storta ma non smise di fuggire.

«Ahu!»

«Già fatto?» chiese Filomeno.

«Il posto non è questo. Scappa!»

«Un nano di Nostorre Montagna non scappa.»

Fedele si tuffò nei cespi, Filomeno lo seguì a passo di marcia, deciso ma senza fretta, due frecce ammaccarono la sua cotta di ferro colato «Non si colpisce alle spalle!» li redarguì con tanta autorità che gli arcieri sulla cinta smisero di lanciare «Vigliacchi!»

Raggiunse Fedele che già si inerpicava su per un sentiero

«Il pomo d'oro è su per la montagna, dobbiamo partire subito.»

«Fedele, per fortuna sei tornato prima che mi abituassi alla tua assenza.»

«Che vuol dire?»

«Che stavo per concedermi un po' di riposo.»

«Quando avremo il pomo d'oro potremo mangiare a sazietà ogni giorno, dormire in un letto e dimenticarci del freddo.»

«Vorrai dire quando l'avremo venduto.» il nano rimise l'acciarino nella sacca e sollevò il mento verso la salita, non riusciva a farlo se non da fermo e quella pertica di Fedele allungava passi che valevano cinque dei suoi «Quando venderemo la mela d'oro comprerò una palla di pietra da legarti al collo.»

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