Capitolo 40
Il tempo trascorreva in quella che per me era una lenta agonia. Non faceva altro che aumentare la mia tensione.
«Perché non possiamo andare a cercare Methara?» avevo protestato, una volta raggiunta la locanda. Ma sia Derrin che Kalen erano stati irremovibili.
Nonostante qualsiasi mia predica. «Ogni istante è prezioso, lo sapete anche voi. Chissà cosa sta architettando Malia nel castello. Dobbiamo allearci».
Non mi sentivo pronta a parlare a quattrocchi con quella maga. Che cosa potevo dirle per convincerla che ero dalla sua stessa parte? E lei mi avrebbe creduta? Dopotutto sono così giovane. Sono una ragazzina in confronto a lei. Ma le nostre madri erano amiche, forse potrebbe fidarsi. Forse potrebbe aiutarmi. Eppure sapevo che era il solo modo per avere un vantaggio sulla magia.
«E come pensi di cercarla? La chiamerai per la strada, sperando che ti risponda?» aveva risposto Kalen sprezzante, mentre Derrin continuava a sorridermi. «Credo che per sta sera dovremmo riposare e poi non possiamo dare spettacolo. Ricordate che le guardie di Malia comunque pattugliano la città».
«Insieme alle guardie di nebbia di Methara» avevo puntualizzato, cercando una qualsiasi motivazione che fosse in mio favore. Volevo agire, non stare ferma.
Non riuscivo proprio ad aspettare. Più il tempo passava, più la paura cresceva.
Tutta quella situazione mi sembrava così assurda, eppure avevano ragione. Dovevamo riposare, essere in forze, e non avevo uno straccio di idea su come avrei fatto a trovare Methara. Se fosse stata un grumo di foschia anche lei? Perfettamente celata e mimetizzata con i suoi soldati. Pronta ad attaccare quando la regina e mio padre non se lo aspettano.
Forse potrei farle avvertire la mia magia. Rifletto, mentre osservo la nebbia ondeggiare oltre il vetro della finestra. Dava su una piccola viuzza di case intricate e muri riccamente decorati. La luce lunare filtrava attraverso la coltre, colorandone la sagoma di un tenue bagliore argentato.
Quella nebbia si muoveva in modo inusuale. Sembrava strisciare sul lastricato grigio. Come un serpente. Guardarla era così ipnotico.
Mi sarebbe bastato fare qualsiasi incantesimo per farmi trovare.
Ma così facendo mi avrebbero captata sia Malia, che mio padre e anche i guardiani di Farvel. Chissà se avevano smesso di cercarmi o se erano rimasti in città. Sicuramente gli incantesimi che avevo fatto prima della mia partenza sull'Aurea a loro non erano passati tanto inosservati.
Non riuscivo a sentire la loro presenza. Ma forse erano ancora qui. Ad aspettare che qualche altra mia traccia venisse a galla.
O forse, avevano demorso ed erano tornati all'Accademia a mani vuote, suscitando l'ira dei Saggi.
Avrei preferito di gran lunga la seconda possibilità. Sicuramente dal mio punto di vista era un problema in meno.
Mi mordo il labbro, sentendomi inchiodata al muro.
O forse se mi concentravo sarei riuscita io stessa a trovare la maga. Lei era la mia unica e possibile alleata.
Chiudo gli occhi, ma tutto ciò che sento è la magia attorno a me. Ovunque. Più densa di quell'aria notturna e più soffocante del gelo. Sotto quel manto confusionario non sarei mai stata in grado di trovare proprio nessuno.
Era come stare nel bosco degli elfi, tanta energia magica che fluisce direttamente da ogni cosa.
Sospiro frustrata e mi lascio cadere sul materasso alle mie spalle.
Perché trovare Methara mi sembrava l'unica soluzione?
Forse per non sentirmi sola.
Non fare la codarda. Me lo ripeto più volte come un mantra.
Non fare la codarda, non fare la codarda, non fare la codarda.
Sei la figlia di Lucis, puoi sconfiggerlo... Con un buon piano puoi farcela. Peccato che un piano io non ce l'avevo.
Come avrei fatto a battere Malia in una lotta magica? Come sarei potuta infiltrami nel castello? E poi mi sarebbe stato facile farla fuori dai giochi?
Il solo pensiero di dover porre fine ad una vita umana mi diede il voltastomaco. Nonostante non avessi quasi toccato cibo a cena, suscitando la preoccupazione dell'amorevole zia di Derrin.
Lei è pur sempre mia sorella, anche se sotto il controllo dell'essenza della magia. Non ha nessuna colpa. Eppure deve fare questa brutta fine.
Forse la verità è che volevo qualcuno che facesse quel lavoro sporco al mio posto. Perché io non ne ero in grado, o almeno così credevo.
Provai a chiudere gli occhi più volte, cercando di abbandonarmi all'oblio del sonno. Senza alcun successo quei pensieri continuavano a ruotare nella mia testa, agitando il mio cuore. Gli scrupoli e la paura non volevano smettere di tormentarmi.
Finché qualcuno bussò alla porta. Facendomi trasalire e mettere seduta con la schiena contro il vaporoso cuscino.
Non aspettò nemmeno che io rispondessi per entrare. Il legno cigolò, mentre si richiudeva l'anta alle spalle.
Avevo lasciato una fessura aperta tra gli scuri della finestra e quella poca luce mi bastò per identificare la figura di Kalen.
Si era tagliato la barba, ma non del tutto, lasciandosi un po' di peluria sul mento. I capelli lisci gli ricadono sulle spalle larghe, coperte da una camicia nuova. Dopo cena eravamo ognuno andato per conto suo. Anche io mi ero fatta un bagno e poi avevo cercato Fenycia per chiederle quale fosse la mia stanza.
Kalen mi guarda e sorride, noto che schiude leggermente le labbra. Che ci faceva qui?
«Anche tu non riesci a dormire?» gli domando prima che mi dica qualunque cosa.
Fa di sì con la testa e, dato che quella stanza era veramente piccola: conteneva soltanto il letto e un modesto armadio di legno, in un attimo mi è accanto.
«Non ti volevo spaventare, ma ho pensato di farti un po' di compagnia» risponde, sedendosi senza troppe cerimonie sul bordo del materasso, che si incunea laddove lo schiacciava col suo peso.
«Non me lo sarei mai aspettata da parte tua» le parole uscirono senza controllo, come un fiume, dalla mia bocca.
Ma lui sorrise, come se non lo avessi appena offeso. «Agitata? Vedi solo perché non lo dimostro non significa che non ci tenga a te».
Incrocio le braccia al petto. Forse solo per il bisogno di far qualcosa, perché improvvisamente mi sento più nervosa di prima. Mi strofino gli occhi, come se mi fossi appena svegliata da un brutto incubo. Mi sento incapace di dare forma a ciò che penso.
«Questa è solo la quiete prima della tempesta. Dovrei lasciarti riposare in vista di domani, ma non sono mai stata una brava persona, quindi ti va di chiacchierare?» continuò.
Non riuscivo a scorgerli bene, ma qualcosa nei suoi occhi mi diceva che era del tutto sincero. Soltanto che io non ero preparata a questa sua reazione e nemmeno alla sua presenza.
Il tono con cui mi parla è dolce e accogliente e una parte di me vorrebbe confidargli tutto e rivelargli le mie paure. Ma tutto quello che riesco a dire è invece «Non è la tua battaglia, perché non te ne vai? Tu sei un...» Farabutto «Un pirata, che cosa ci fai qui?».
«Vuoi che me ne vada?».
«Vorrei soltanto che tu e anche Derrin evitaste di rischiare la vita... La magia non è uno scherzo».
«Abbiamo affrontato questo viaggio insieme e ne siamo usciti vivi, cosa dovrebbe cambiare adesso? Sono uscito sano e salvo da situazioni peggiori, credimi» cerca di rassicurarmi. «E poi ti sbagli, ho un motivo per scendere in campo domani».
Avrei voluto chiedergli quale fosse questo motivo, ma la sua mano si posa sul mio ginocchio e le parole muoiono di nuovo sulle mie labbra.
«Fammi un favore» sussurra così piano, come se potesse svegliare qualcuno. «Domani pensa a te stessa. Concentrati sul tuo obiettivo e non pensare troppo agli altri. Avrai bisogno di essere lucida» mi consiglia, mentre la sua mano risale dal ginocchio sulla mia coscia. «Lo farai?».
Mi stringo nelle spalle, cercando di trattenere l'impulso di toccare la sua mano sulla mia gamba. «Ci proverò».
Sento il suo calore anche attraverso le lenzuola.
«Bene» fiata e poi in un attimo si china in avanti, verso di me. Il suo viso è così vicino al mio, come se sapesse esattamente dove trovarlo, nonostante la poca luminosità dell'ambiente.
Sento il suo respiro sulle labbra, lentamente si fonde con il mio. Abbasso le palpebre lasciandomi andare a quell'improvvisa sensazione di vicinanza.
La sua bocca si posa sulla mia. La mano sulla mia gamba scivola fino al mio fianco, mentre le mie braccia gli si intrecciano attorno al collo come se sapessero esattamente che cosa fare.
Mi spinge contro il cuscino, salendo con il suo peso su di me per farsi ancora più vicino. La sua barba mi fa il solletico, le sue labbra accarezzano le mie. Le schiudo leggermente per poter mordere le sue.
Il mondo si rimpicciolisce alla bocca di Kalen e alle sue mani che mi stringono. Tutto il resto mi sembra sfocato, lontano, come se fosse passato da secoli.
Era bello. Così tremendamente bello.
Le punte dei suoi capelli mi scivolano sul volto quando lui si sposta a baciarmi l'incavo del collo e poi la spalla, facendomi rabbrividire contro il suo corpo.
Odorava di sale. Odorava come il mare. Come se fosse appena uscito dall'acqua dopo una nuotata notturna.
Non ho idea di quali intenzioni lo spingano a baciarmi e nemmeno di quali motivazioni mi spingano a ricambiare quella sua attenzione. Una tempesta di emozioni si mescolava dentro al mio animo e non era giusto che Kalen ne facesse parte. No, lui non poteva farne parte.
Mi ricordai del vincolo. Era tutta colpa del vincolo. Perché i maghi dovevano amare soltanto altri maghi. Nessuna eccezione. Mio padre aveva provato invano a dirottare le regole e adesso il mondo era nei guai. Per colpa di una legge così astrusa e innaturale.
Faccio appello a tutto il mio autocontrollo e per quanto il mio corpo protesti vivamente contro la mia testa lo freno. «Kalen basta» sussurro al suo orecchio. La mia voce ha un tristissimo tono supplichevole.
Il pirata torna a pochi centimetri dal mio viso. «Sono stato troppo brusco?».
Lascio cadere le mie mani dalle sue spalle, affinché possa rialzarsi e lasciarmi spazio.
«Non posso» rispondo, contorcendo le labbra, mentre quella sensazione piacevole si disperde come fumo al vento.
Kalen inclina leggermente la testa di lato e mi guarda, facendomi automaticamente abbassare lo sguardo. «Non ti fidi perché ti ho puntato contro una spada all'inizio di tutta questa storia?» si posa una mano sulla guancia e trattiene un sorriso.«Non è stata una gran bella partenza, ma tu non hai mai avuto paura di me. Mi hai compreso, mi hai aiutato e io...».
Scuoto la testa, bloccando il suo fiume di giustificazioni. «Kalen, semplicemente i maghi possono stare soltanto con altri maghi» dissi, sperando non la trovasse una scusa.
«Che vuoi dire?».
Sospirai. «Non posso permettermi di innamorarmi di te, e tu faresti meglio a non innamorarti di me».
Lo intravidi sbattere le palpebre confuso.
«Si tratta di un antica legge che...».
«Ho capito. Era solo un bacio» concluse interrompendomi a sua volta. Allunga la mano e mi sistema una ciocca di capelli dietro l'orecchio. «Volevo solo farti stare bene e poi ho seguito il mio istinto».
«Il tuo istinto ti ha detto di baciarmi?».
Lui si mise a ridacchiare. «Sarà meglio che non ti riveli tutto quello che mi ha detto il mio istinto».
Lo fisso, cercando di assumere uno sguardo offeso, anche se non mi risulta facile. «Non ti conviene fare il misterioso, non dopo avermi baciato in quel modo» lo avviso.
«Altrimenti mi incenerisci?» mi provoca con quel suo solito sorriso arrogante sul volto.
«Potrebbe essere una soluzione».
«Sai... Se non combatti le tue paure resterai sempre ferma al punto di partenza. E sbaglierai» disse d'un fiato, trattenendomi il mento tra il suo pollice e indice. «Sbaglierai quando non potrai permetterti di sbagliare».
Sostengo il suo sguardo seguendo il suo gioco. «Non pensavo avessi della saggezza dentro quella testaccia».
«E c'è molto di più, devi solo volerlo scoprire».
Mi lasciò e si alzò dal mio letto, dandomi le spalle.
«Dove vai?» gli domandai d'impulso.
«Vado a redimere il mio passato da cattiva persona, per cui buonanotte. Cerca di riposare».
«Buonanotte» lo saluto, portandomi una mano al petto e constatando che il mio cuore andava al ritmo di un cavallo imbizzarrito.
Kalen richiude di fretta la porta. Posso percepire ancora il suo sguardo su di me, finché il legno incontra il cardine e rimango di nuovo sola in quella piccola stanza.
Chissà se mi aveva creduto. Avrei pagato oro per conoscere i suoi pensieri.
Per un attimo era stato in grado di distrarmi e farmi sentire leggera.
Chiudo gli occhi pensando che era ciò di quello che avevo bisogno. Essere felice. Essere spensierata, invece di progettare lotte magiche, delitti, salvezze di regni che non erano nemmeno i miei.
Il sonno arrivò poco dopo, assieme alla consapevolezza che Kalen aveva ragione. Dovevo trasformare la mia paura in coraggio.
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