Capitolo 36
Le mie dita sono congelate dal vento sempre più freddo e intenso.
Vorrei accendermi un fuoco tra le mani, ma chissà per quale motivo non lo faccio. Ho come paura di creare un segnale, dal momento che nel bosco sento esserci qualcosa che si muove oltre a noi. Non so se anche i miei compagni di viaggio lo avvertono, ma non voglio allarmarli più di quanto già io lo sia.
Mi convinco che deve trattarsi di quel lamento che avevo percepito alla città sotterranea dei nani. Il pianto della terra e un pianto non dovrebbe essere temibile.
Ma sopratutto vorrei un paio di scarpe.
Derrin e Kalen camminano al mio fianco, lungo un sentiero molto ripido che dovrebbe portarci, secondo le istruzioni dei nani, alla porta della montagna.
Mi stringo nel mantello trovando quel freddo sempre più sgradevole. «Ma quando arriviamo?» penso a voce alta. Sento nel mio tono di voce un insopportabile lamento e le mie labbra si stringono subito. In un istante mi ritrovo a sperare che tutto finisse presto.
Derrin mi posa una mano sulla spalla. «Non dovrebbe mancare molto».
Kalen sbuffa. «Prima raggiungiamo questa montagna e prima saremo al riparo da questo gelo».
Stanno entrambi urlando per farsi sentire sopra il sibilo del vento. In automatico mi porto un lembo del mantello sotto al naso per tentare di proteggermi il viso.
Camminiamo più lentamente. L'aria sembra quasi volerci respingere giù dal pendio.
«Maga fa qualche magia» impreca Kalen tra i denti, arrabbiato, con le braccia a farsi da scudo.
«Potrei» sussurro e non sono sicura che mi senta «Ma questi elementi non ne vorranno sapere di darmi ascolto».
Il terreno si fa scivoloso e una nebbiolina grigiastra ci offusca la vista.
Derrin suggerisce di fermarci a riprendere fiato al riparo di un grosso tronco e io sono la prima che si accascia contro la corteccia.
«Teniamoci insieme con una corda» propone ancora.
«Sì certo, così se inciamperà uno di noi cadremo tutti» lo canzona Kalen.
«Non mi sembra una brutta idea Kalen».
«Sta zitta! Questo monte deve essere maledetto e non capisco ancora perché tu non fai nulla. Sei una maga potente, aggira questo vento».
«Forse questo monte non vuole essere raggiunto» intervengo di nuovo, sbattendo i denti per il freddo. «E questo lamento che ci fa innervosire. Siamo tutti così scontrosi o piagnucolosi».
Sia Derrin che Kalen mi fissano basiti. «Non volevo insultarvi, io...» comincio a balbettare, insicura di quello che ho appena detto. Alla fine loro non riuscivano a sentire il lamento o forse mi sbagliavo?
«Forse hai ragione. Questa voce mi picchietta nella testa e diventa fastidiosa» mi conferma Kalen prendendosi le tempie tra le mani.
Una sferzata di vento e un ululato mi fanno raggomitolare contro il legno. «Allora le sentite anche voi?».
Kalen annuisce ma Derrin no. «Io non so di cosa state parlando. Vorrei solo rivedere mio nonno» aggiunge osservando la montagna.
I suoi occhi sono così tristi e sconsolati.
Non sappiamo ancora chi siano i nove dell'equipaggio dispersi dentro quell'involucro di roccia. Ma dobbiamo raggiungerli a tutti i costi. Stringo i pugni. Le poste in gioco sono molte per mollare adesso.
«Derrin tu non la percepisci? Una voce che viene da sotto i nostri piedi e piange in continuazione. L'avevo sentita a malapena quando eravamo al cospetto di Luik ma adesso è più forte e mi stordisce, mi spaventa». Mi sembra così strano che lui non la senta. Forse perché sta pensando ad altro.
«Anche io la sento» mi rammenta Kalen, passandosi una mano tra i capelli per levarseli dal volto.
«Io non sento nulla. Solo il fischio di questo dannato vento. Non so che vi prende... Ma la preoccupazione per mio nonno è più forte di qualsiasi altra cosa» mi risponde invece Derrin.
Ecco. Forse devo solo concentrarmi su altro. Come fa lui.
Mi alzo in piedi, facendo leva sulle ginocchia. «Va bene, allora non perdiamo altro tempo. Proseguiamo».
«Il vento ci leverà via la pelle se ci avviciniamo di più» Kalen mi guarda come se fossi impazzita. Forse ha ragione. Sta diventando troppo pericoloso. Ma è l'unica via per entrare nella montagna.
Gli concedo una veloce occhiata e poi mi fisso i piedi, pensando a come procedere. Forse potrei aprire un cunicolo sotterraneo ma rischierei di far crollare il dorsante. Non so come siano distribuite le gallerie antiche dei nani sotto di noi.
«Passami il pugnale, proverò a creare una barriera nella tempesta».
Il pirata non se lo fa ripetere e mi porge la sua arma. Tocco la pietra sull'elsa cercando di calmarmi e di pensare a un modo per incantare quel vento così restio ad ascoltarmi, così selvaggio e ottuso.
Esco dal riparo del tronco improvvisato, ritornando sul sentiero. Le folate mi fanno indietreggiare ma cerco di piantare i piedi per terra. Li sento affondare nella melma fredda, mentre mani invisibili mi spingono verso il basso.
Non riesco nemmeno a pronunciare l'incantesimo e il dolore è forte come schiaffi. Sento una ferita aprirsi sulla mia guancia destra.
Il calore di qualcosa che gocciola sulla mia pelle.
«Torna al riparo!». Non distinguo se mi ha parlato Derrin o Kalen, le mie orecchie sono tappate da quella magia.
Anche le nocche che stringono il pugnale iniziano a bruciarmi. I lembi del mantello mi frustano la schiena.
Sto per rinunciare, e lanciarmi di nuovo dietro il tronco, quando finalmente il vento mi ascolta e sembra placarsi, creandomi un passaggio al suo interno.
«Venite!» grido in direzione dell'albero. Derrin e Kalen si scambiano un'occhiata per perplessa ma poi saltano letteralmente nel corridoio vuoto tra le pareti d'aria.
«Sei fantastica» mi sussurra Derrin senza fiato, ma mi sento più meravigliata di loro.
«Potevi farlo prima» Kalen si morde il labbro e con il pollice mi pulisce il sangue dalla ferita alla guancia.
«Non so se sono stata io» dico sbattendo incredula le palpebre «Ma sbrighiamoci, prima che questo vento cambi idea».
Ci mettiamo quasi a correre quando scorgiamo un buco tra la foresta fredda e spoglia. Un'imboccatura di un'enorme galleria che scende grazie a delle scale di terra, verso il basso. Un nero buio e profondo che sembra inghiottire tutto ciò che lo circonda.
Derrin si china a raccogliere un ramo e me lo passa. Io ci accendo prontamente una fiammella che inizia a scoppiettare sul legno secco, senza divorarlo.
Tutti e tre siamo ansiosi di scendere e facendo luce con la torcia, io sono la prima a calarmi nella porta. Assomigliava molto ad una tana di qualche grosso animale, piuttosto che all'entrata per un regno segreto.
Mentre pensavo di trovare quel lamento più forte e insistente, ci accoglie un silenzio ambiguo e innaturale.
Alla fine della scalina ci attende quella che è una lunga galleria umida. Sento qualcosa gocciolare in lontananza dal soffitto coperto da rocce sporgenti che assomigliano ai denti affilati di un drago.
La fiamma rossastra oscilla sul ramo e per stare sicura le chiedo di non spegnersi al primo alito di vento.
Kalen mi lascia tenere il suo pugnale ed estrae una piccola spada corta che gli hanno regalato i guerrieri dei nani. Derrin lo imita subito dopo.
Deglutisco e comincio a camminare a passo lento nella galleria. Sento freddo, ma almeno lì sotto non c'è nessun vento che mi schiaffeggia il volto e il corpo.
L'eco dei nostri passi rimbomba sulle pareti, che ne amplificano il suono, così cerco di muovermi senza fare troppo rumore.
Non so come qualcuno possa resistere qui dentro senza usare la magia. Il pensiero di poter trovare solo degli scheletri mi fa martellare il cuore nel petto.
«Qual'è la strada?» sussurra Derrin dubbioso, fermandosi a tastare la parete di roccia.
«Esiste?» rispondo io di rimando. Mi sembra passato molto tempo da quando abbiamo imboccato quella galleria sempre dritta. «Sembra non finire mai» aggiungo, mentre una parte di me vorrebbe soltanto tornare indietro.
«Luik ha detto che il suo regno era labirintico» osserva Kalen.
«I labirinti non sono completamente dritti».
«Forse abbiamo sbagliato entrata» costato io.
«No, Luik diceva...». Kalen non fa in tempo a terminare la frase che un suono lo interrompe.
Assomiglia molto al fragore di una cascata e mi torna alla mente il lago delle aguane, e il conseguente abbraccio di Asso.
«Forse ci siamo». Kalen mi supera e io cerco di tenere il suo passo.
Ma più veloce andiamo, più il suono della cascata si fa distante e i nostri occhi scorgono sempre la solita galleria. Sempre le solite rocce levigate.
«Era un'illusione» commento drastica. «Qualcuno di voi ha per caso sete?».
Derrin annuisce.
«Lo sapevo. La montagna ci legge dentro. Conosce i nostri desideri e si prende gioco di noi» rifletto ad alta voce.
«E quindi? Dovremo tornare indietro?» mi domanda Kalen confuso.
«Forse dobbiamo desiderare al contrario. Per esempio di non voler trovare gli altri».
Ci avevo pensato dal mio incontro con la bambina di Luik. Forse non erano i druidi che si prendevano gioco dei nani, ma la montagna stessa, da cui sentivo provenire un potere molto forte e solido. La roccia sa prolungare la durata degli incantesimi e ne sentivo molti e tutti diversi impressi in quel luogo, anche se la motivazione rimaneva un mistero.
Perché sei arrabbiata? Dannata montagna.
Cerco lo sguardo di Derrin. «Ci puoi riuscire?».
Lui deglutisce, visibilmente a disagio. «Posso provarci».
Gli poso la mano libera sulla spalla. «Prova a pensare che...» cerco le parole giuste per provare ad aiutarlo.
«Pensa che siano tutti morti, li vorresti rivedere in quel caso?» gli chiede Kalen brusco.
«Certo... che...». Derrin sembrava piuttosto confuso.
Lui voleva ritrovare suo nonno. Rivederlo e basta. Sarebbe stato difficile.
«Va bene. Concertiamoci tutti su qualcosa senza senso. La farà impazzire».
Un sorriso mi increspa le labbra. Ricordavo una lezione di magia in particolare. Jarleth aveva fatto entrare nella sala dove studiavo un altro mago. Non ricordavo il suo nome. Ero molto piccola. Ma lui era una specie di esperto in illusioni. Io ero soltanto felice di vedere un volto nuovo, che non fosse quello di Jarleth o dei Saggi o dei servitori della parte reclusa dell'Accademia dove vivevo.
Ricordavo un leggero solletico dietro la nuca quando aveva provato a illudermi, ricreando un paesaggio dove avevo sognato di essere. Il salone si era trasformato in una montagna innevata. I lampadari decorati in fiocchi di neve. Le stesse montagne che vedevo in lontananza dalla finestra, oltre la barriera magica. Le stesse che avevo attraversato per finire a Landa. Sentivo lo stesso solletico. Era in atto una magia dello stesso tipo. Se mi concentravo lo percepivo distintamente, anche se era molto diverso. Quasi una sorta di formicolio.
Jarleth mi aveva detto di trovare un modo per eludere l'incantesimo e per mesi la stanza era rimasta coperta di neve, finché non avevo immaginato che la neve non avesse un aspetto naturale. Ma completamente diverso. Immaginavo neve fatta di stelle. Neve fatta di biscotti dalle forme particolari e dai miei sapori preferiti. Neve fatta di piume di vari animali colorati che esistevano solo nella mente di una bambina. Finché un giorno si sciolse e quel mago disse che non aveva mai visto un'immaginazione così fervida, pensando a qualcosa che nemmeno lui riusciva a interpretare e ricreare in un'illusione.
«Per sconfiggere un'illusione dobbiamo pensare a qualcosa che non conosce» intervengo di nuovo, cercando di spiegarmi meglio. «Per esempio, pensate intensamente a qualcosa che vi piace ma con un aspetto assurdo. Molto assurdo, visto che le cose in questa terra lo sono».
«Una mandria di mucche color crema?» suggerisce Derrin, improvvisamente divertito da quello che stavo dicendo.
«No. Non basta. Magari delle mucche color crema con in testa...».
«Con in testa una bandiera pirata» suggerisce Kalen trattenendo una risatina.
«Sì!» esclamo contenta.
«E magari al posto delle macchie una serie di gioielli incastonati» commenta di nuovo.
«E invece di muggire, potrebbero parlare e cantare. Perfino ballare su due zampe» dice Derrin sorridendomi.
«Perfetto. Pensateci intensamente e fidatevi di me, per favore».
Sospiro, prima di sperare in cuor mio che in quei posti non esistesse una creatura simile a una mucca che canta e balla.
Chiudo gli occhi, stringendo la torcia, immaginandomi di essere in un prato cosparso di quelle strane mucche.
Io non avevo nemmeno mai visto una mucca prima di uscire da Farvel, non avevo idea nemmeno di che cosa fosse.
Funziona, ti prego. Fa che io abbia ragione.
Stringo le meningi immaginandomela più nitida che mai, finché un tremolio mi costringe a riaprire gli occhi.
Derrin e Kalen sono ancora accanto a me. Ma la fiamma si è spenta. L'unica fonte di luce è la gemma sull'elsa del pugnale di Kalen, che proietta delle ombre bluastre sui nostri volti.
«Ha funzionato?» mi domanda Derrin.
I miei occhi frugano le pareti che si aprono lentamente, come se svanissero nel nulla, rivelando una serie di cunicoli di diverse dimensioni, che mi ricordavano quelli che mi aveva fatto attraversare la bambina coi baffi.
«Forse sì» evito di essere troppo positiva. Il solletico dietro la nuca non era ancora sparito. «Mi raccomando, non perdete l'immagine della mucca che abbiamo ideato» li avviso, mentre mi incammino in un cunicolo a caso.
«Ma resta il fatto che non sappiamo dove andare. I nani non avevano idea di dove potessero essere gli altri membri del nostro equipaggio» mi sottolinea Derrin.
Appoggio il ramo alla parete di roccia e mi porto l'indice alle labbra. «Non dobbiamo andare da nessuna parte di preciso» lo avviso, sperando che si concentri di nuovo sulla mucca bizzarra.
«Stiamo dando la caccia a mucche pirata!» continuo, fingendo un moto di entusiasmo. Kalen mi posa una mano sulla spalla. Noto nella flebile luce che mi sta sorridendo complice.
E io che mi preoccupavo di sembrare pazza ai loro occhi.
«Esatto. Vedi Derrin? Questo è lo spirito giusto» dice al ragazzo dagli occhi verdi.
«Va bene» risponde lui, facendo spallucce. «Andiamo a caccia».
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