Capitolo 29
Mentre scendevamo le scale verso un basso chissà dove, il surrealismo di tutta quella faccenda prendeva il sopravvento su di me.
Plic. Plic. Plic. Plic. Se chiudevo gli occhi riuscivo ancora a sentire il suono delle gocce che cadevano dai rami nel lago delle aguane. Si sommavano al ritmato sciabordio della cascata, rimasto incastrato nelle mie orecchie e nei miei pensieri.
Forse in realtà sono ancora immersa in quelle acque trasparenti e sto avendo una visione di un possibile futuro.
Eppure tutto sembrava così realistico. Dalle fiammelle tremolanti delle lunghe candele che illuminano gli incavi nelle pareti, ai fiorellini gialli che nascono e scompaiono dove l'elfa dai capelli corti posa e alza i piedi.
Ancora non capivo come un palazzo simile potesse essere così labirintico. Visto dall'esterno appariva come un alto castello, avvinghiato tra gli alberi, ma largo a malapena da contenere due stanze in larghezza. Probabilmente è opera di un incantesimo.
L'elfa si ferma dopo averci fatto attraversare un lungo corridoio semibuio, mentre io cercavo di concentrarmi sulle sagome delle nostre ombre scure proiettate sul pavimento per distrarmi dall'avvertimento nefasto del mio istinto.
«Fate in fretta. Il matrimonio comincerà tra poco e delle guardie dovrebbero venire a prelevarla» ci avvisa l'elfa, prima di spingere delle grandi ante di una porta blu, facendo aumentare il mio nervosismo.
Mi aspettavo di vedere una prigione, invece la porta ci rivela una piccola stanza illuminata da una vetrata grande quanto la parete di fondo. La luce solare è filtrata da tende chiare appese alle finestre. Un armadio e un tavolo colmo di cibo servito su piatti dorati, sono gli unici mobili in legno, oltre a un letto bianco a baldacchino su cui è seduta Githia.
Ha un'espressione imbronciata, mentre si fissa i piedi nudi, le sopracciglia bianche corrucciate, i gomiti appoggiati alle ginocchia e il viso adagiato sui palmi.
Si desta vedendoci comparire sulla soglia. Ma la rabbia lascia il posto alla sorpresa.
«Voi cosa ci fate qui?» dicono le sue labbra, dal momento che la sua voce è un flebile sussurro.
«Siamo venuti per il nostro patto» mi affretto a risponderle.
Lei si alza dal letto e noto che è avvolta in un lungo abito bianco senza maniche e spalline e i suoi capelli sono legati in una crocchia elegante dietro la testa. Sembra un'altra elfa, diversa da quella selvaggia incontrata nel bosco.
Qualcosa le brilla tra le pieghe della gonna. Probabilmente sono piccole pietre preziose.
«Ancora arrabbiata?» le domanda l'elfa candida, affiancandomi.
«Taci Nyfal» le inveisce contro, incrociando le braccia al petto.
«Non sono felice nemmeno io di averti come parente, ma le leggi...».
«Non seguirò quelle assurde leggi» la interrompe, visibilmente scocciata.
Stavano per discutere e non sembrava il loro primo litigio.
Asso tossicchia, richiamando l'attenzione di tutte. «Perdonatemi, ma a quanto ho capito non abbiamo molto tempo. Quindi Githia saresti così gentile da dirci dove sono finite le persone che cercano la amica maga e il suo fidanzato?».
Alzo gli occhi verso il soffitto. Asso pensava ancora che tra me e Derrin ci fosse del tenero. O forse intendeva Kalen?
«Non vi dirò dove sono i vostri amici» ci risponde risoluta, quasi fosse una bambina scocciata e capricciosa.
«Ma il nostro patto...» comincio, ma lei mi interrompe prontamente. «Se tornate indietro senza di me, Jorl non vi lascerà mai liberi e vi terrà responsabili della mia cattura» da voce alla mia paura.
«Un patto è un patto Githia. E lo rispetterai. Un elfo non infrange mai una promessa data» interviene Nyfal a nostro favore e la sua voce è così calma che la fa apparire più vecchia.
A quelle parole Githia si inalbera e con uno scatto viene incontro a me e l'altra elfa, che però con un gesto della mano richiama dal muro dei rami d'alberi che veloci intrappolano l'elfa scura a un palmo dal mio naso.
Faccio un passo indietro mentre lei cerca di divincolarsi.
«Siete due traditori. Dovevate aiutarmi. Voi magici siete tutti uguali. Non ci si può fidare di voi» si lamenta e quelle parole mi colpiscono dritte al cuore, ricordandomi che anche io avevo sbagliato a fidarmi dei maghi.
«Se non sei riuscita tu a convincere il principe a sistemare la faida tra i vostri popoli, come pensi che potrebbero aiutarti due sconosciuti come noi?» Asso cerca di farla ragionare, ma lei è fin troppo arrabbiata per pensare lucidamente.
«Usa la tua magia» mi guarda dritto negli occhi e mi implora. «Stregalo» la sua voce è di nuovo un sussurro, mentre smette di lottare contro i rami che le imprigionano i polsi e le caviglie.
«Se ci prova, dovrà passare prima sul mio corpo» le dice Nyfal. Poi chiude gli occhi e noto che Githia cerca di sottrarsi a qualcosa di invisibile. Come se qualche insetto le desse fastidio al viso. «I nani hanno preso le persone che cercate» continua l'elfa candida, prima di riaprire gli occhi.
«I nani?» domando sorpresa. «E cosa sono?».
«Creature delle montagne. Molto ostili... e molto basse» mi informa.
«Non usare mai più la tua sporca magia con me» ci interrompe ancora Githia, mentre sembra riprendersi. «I vostri amici sono già cibo per la terra» continua poi, guardandomi con odio, come se fosse colpa mia se ora è finita in quella situazione.
Reggo il suo sguardo, augurandomi che si sbagli e lo dica soltanto per intimorirmi.
«Andiamocene. Lei non vi serve più» continua la principessa candida, facendo qualche passo verso la porta. «Ti conviene cambiare atteggiamento Githia, non vorrai avere le rughe il giorno delle tue nozze» le dice, riservandole un sorriso dolce che non fa altro che provocare l'elfa scura, che riprendere a dimenarsi per tentare di districare i rami che la tengono ancora prigioniera.
Comincia a sbraitare frasi in quella lingua strana e non saprei dire se è elfico o il linguaggio degli orchi, mentre usciamo dalla sua camera. Quando la porta si richiude le sue imprecazioni di rancore giungono ovattate dal legno e sono grata di non essere più al suo cospetto.
Io e Asso seguiamo l'elfa bianca per l'uscita e poi nuovamente lungo il corridoio scuro. «Se quella è una delle vostre prigioni vorrei essere imprigionato anche io» commenta a bassa voce Asso, facendo ridacchiare Nyfal e ricevendo un'occhiata fulminea da parte mia.
«Non dovresti fare certi pensieri» gli dice «E dovresti anche smettere di pensare che sono bella. Ti ricordo che sono promessa sposa». Le guance di Asso sembrano imporporarsi leggermente a quelle parole si fissa gli stivali consumati.
«È così che hai scoperto la risposta di Githia? Le hai letto nella mente, vero?» domando alla principessa, non sapendo esattamente se possiamo fidarci di lei e del suo aiuto.
L'elfa si gira leggermente indietro, verso di me e annuisce. «Ve l'ho detto. Sono nata con questo potere. Posso leggere la mente degli altri elfi. È così che ho capito che tu non lo sei. In te non riesco a leggere nulla. Non sei un elfo ed è strano che le custodi ti abbiano aperto un passaggio. Forse l'oracolo necessitava di parlarti, ma mi chiedo per quale motivo. In fondo tu non sei nessuno».
«Quale oracolo?» le domando allarmata.
Ma lei scuote la testa e si rimette a camminare. «Non conoscete questi posti. Vi servirà una mappa» cambia argomento, evitando di rispondermi e poi svolta in un altro corridoio che è apparso dal nulla.
Restiamo tutti e tre in un silenzio che mi fa meditare sulla sua sentenza.
Io non sono nessuno. Sono solo una ragazzina, eppure ho sconvolto un sacco di vite e sto progettando di fermare i piani di dominio di una regina che sarebbe in realtà mia sorella.
Al solo pensarci mi gira la testa e mi porto una mano alla fronte.
Asso prontamente mi appoggia una mano dietro la schiena. «Va tutto bene?».
«Sì» gli rispondo cercando di convincere anche me stessa.
Nyfal si blocca e apre un'altra grande porta, l'unica presente nel corridoio, dipinta di verde con una rosa dei venti dorata decorata sui battenti.
Entriamo in una grande biblioteca immersa nella semioscurità, illuminata soltanto dalle candele ai muri e che pendono dal soffitto. Ad ogni parete sono presenti scaffali di legno scuro ricolmi di libri pregiati e polverosi. Nyfal si fa largo tra le librerie circolari che riempiono la stanza, formando una sorta di labirinto a forma di cerchio.
L'odore di carta mi ricorda molto quello della biblioteca di Jarleth.
Avanza sicura, osservando di tanto in tanto i dorsi dei libri riposti ordinatamente, per poi raggiungere il centro del cerchio, camminando tra gli spazi formati da una libreria e l'altra.
Su un tavolo largo sono riposte diverse pergamene legate da nastri di colori diversi. Ne prende una molto consumata e poi ci fa segno di avvicinarci.
«Ecco» slega il fiocco e la srotola sull'unico angolo di tavolo libero. «Vi consiglio di evitare lo stretto di Pardan. Le sentinelle che tengono d'occhio gli orchi da quando Githia ci ha traditi dicono che lì hanno molti insediamenti. Sopratutto per le loro donne e bambini, ma sempre meglio evitarli. Le loro donne sanno essere molto combattive se vogliono» e ci indica un punto esatto sulla mappa di quella terra che non conoscevo, dove il bosco dei candidi spicca come una grande macchia scura. «Ci metterete più tempo, ma arriverete comunque alle montagne. Qui dimorano i nani» e indica un altro punto, non troppo lontano. «Seguite il fiume Saiph e deviate prima dello stretto» ripete. Poi arrotola la mappa e la tende verso Asso, che l'afferra prontamente.
«Se i vostri amici sono stati fortunati allora sono ancora vivi. I nani non uccidono chi reputano interessante, di solito».
«Rassicurante» commenta Asso sarcastico, prima di infilarsi la pergamena al sicuro sotto il mantello.
«Perché ci stai aiutando?» do voce ai miei pensieri, ma Nyfal non mi degna di uno sguardo e continua a osservare Asso. Sembra voler ignorare le mie domande ma alla fine risponde «Avevo un amico mezzelfo, cinquanta anni fa quando ero poco più di una bambina. Non lo vedo da quando è partito per il nuovo continente, dicendomi di voler cercare sua madre, che secondo lui viveva lì. Sapete gli elfi tornano sempre qui ad Endera, anche quelli che di mansione scelgono di essere esploratori. A volte portando con sé dei figli che hanno avuto con altre creature per farli crescere secondo le nostre leggi nobili e questo era quello che è capitato anche lui. Ma non è ancora tornato. Si chiamava Axer. Se lo doveste mai incontrare, ditegli che io lo sto ancora aspettando».
Asso annuisce lentamente, contribuendo a far nascere un sorriso amaro sulle labbra di Nyfal.
«Non so per quale motivo ma ho pensato di essere il primo che incontravi» le sussurra Asso, quasi ammaliato e rapito dal viso dell'elfa candida e se non fosse che sono certa del fatto che gli elfi hanno solo il controllo sulle piante, direi che lo sta stregando con la magia. «Qualcosa nei tuoi occhi...» continua ma si blocca improvvisamente.
Credevo non volesse scoprire nulla sul suo passato, invece adesso sembra come incantato.
Nyfal scuote la testa e qualche ciocca le sfugge dalle trecce. «Eccetto Axer non ne ho mai visti altri e a Salubya non ci sono mezzelfi da molto tempo, ma mi piace pensare che ce ne sia ancora qualcuno sparso per il continente, fuori dai nostri boschi per chissà quale motivo» ci racconta con una nota di nostalgia che le fa tremare la voce. «Tu hai qualcosa di lui, nei suoi lineamenti me lo ricordi. Solo che... non sei lui. Non trovo ricordi di me in te».
«Quindi se un elfo lo vuole può sposare qualcuno che non lo è?» le chiedo.
«Sì, ma è una cosa molto rara che un elfo si innamori di un'altra creatura e se ti riferisci a Githia, quando sei un reale hai sempre dei doveri verso il popolo prima di poter rispettare delle tue scelte... e poi sposare un orco è una cosa che va contro i nostri principi. Sono creature ripugnanti con cui congiungersi anche per una sola notte».
Vorrei ribattere, ma credo sia meglio non darle torto, anche se non approvo il suo modo di pensare.
«Vi presterò delle cavalcature per raggiungere la muraglia» ci dice poi «Così sarete già lontani prima dell'inizio della celebrazione e nessun altro si accorgerà di voi. Meno date nell'occhio e meglio sarà per tutti».
«Grazie» rispondiamo all'unisono io e Asso, che malamente distoglie lo sguardo dall'elfa per guardare me. Sembra frastornato, quindi quando mi passa accanto gli poso io una mano sulla spalla per sapere se va tutto bene.
Nyfal ci chiede di seguirla di nuovo, mentre ci conduce a passo svelto fuori dal quel sotterraneo e poi nella luce abbagliante del cortile sul retro del palazzo.
Una piccola casupola bianca si erge dove sorge un'altura. Alcune elfe vestite di grigio stanno adibendo dei tavoli posti accanto alle mura, portando vassoi stracarichi di cibo e dall'aria molto pesante. Ma nessuna traccia di sforzo compare nei loro occhi verdi o sui loro visi pallidi e sopratutto fanno poco caso a noi. Chinano leggermente il capo nel veder passare la loro principessa ma poi riprendono svelte il loro lavoro.
Avanziamo verso la casetta al limitare del bosco e man mano che ci avviciniamo noto un recinto alla destra della casa, con tanti strani animali che si muovono sul prato.
Un vecchio elfo dai capelli bianchi e gli occhi neri ne slega uno da una staccionata per poi condurlo verso il recinto. Mi sarei aspettata dei cavalli, ma sembrano più degli uccelli, con due zampe spesse e robuste e una piccola testa rotonda sopra un lungo collo, ma grandi quanto un puledro. Il piumaggio di vari colori: rosso, grigio, nero, rosa, verde, blu. Ali corte e una coda lunga che compiva una mezza ruota dietro le loro schiene, coperte da selle di cuoio marroni o scure.
«Salim mi serve un favore» lo chiama Nyfal e il vecchio si gira e le fa un cenno alzando il capello in paglia dai capelli sudati.
«Come mai la lingua del nuovo continente?» le chiede mesto, lasciando andare la creatura a razzolare con le altre nel recinto.
«Yshdal mei brell» gli risponde l'elfa, per poi tornare a guardare Asso. «Questi si chiamano Fherim, se sarete gentili con loro allora loro lo saranno con voi. Basta dirgli dove andare e vi ci porteranno, ma non fategli superare la muraglia. Capiscono tutte le lingue proprio come noi elfi, non avrete problemi».
Nyfal si avvicina al vecchio elfo e gli poggia una mano sulla spalla, parlano per un po' sottovoce e poi noto che lui annuisce.
«Assomigliano a dei grossi tacchini colorati, non trovi? Chissà se sono commestibili» mi fa notare Asso, sussurrando al mio orecchio.
«Sì, hai ragione, ma non credo che Nyfal sarà contenta se ti mangi il suo prestito».
Asso ridacchia e il vecchio si avvicina a noi, per poi agguantarmi per il polso e condurmi verso la staccionata alla quale sono legate altre di quelle strane cavalcature.
«Bisogna essere ordinati» mi dice come se mi stesse insegnando qualcosa. «A destra vanno i Fherim più scuri e si procede verso sinistra coi colori più chiari. Fino ad arrivare al Fherim bianco. Il più veloce e nobile. Per ora ne abbiamo solo uno. Arguzia, il destriero del principe e quello di certo non ve lo posso dare. Ma vi posso concedere due Fherim gialli, se mi promettete di trattarli bene».
«Lo faremo, ci servono solo...» comincio a spiegarli.
«Lo so» mi interrompe lui, lasciandomi il polso, per cominciare a slegare due cavalcature gialle e passare le redini del primo a me e poi del secondo ad Asso.
«Fate buon viaggio» si avvicina nuovamente Nyfal e fissa Asso negli occhi, quasi volesse imprimerseli nella memoria. «Che ti piaccia o no sei un elfo Asso e quindi sarai sempre il benvenuto qui a Salubya, tra di noi».
Il Fherim giallo che tiene Asso si agita e si guarda attorno con i piccoli occhi scuri, smettendo di brucare l'erba, probabilmente perché il suo nuovo padrone è diventato teso a causa del saluto dell'elfa.
Il vecchio riporta l'attenzione su di lui. «Per montarli dovete semplicemente...».
«Mia signora» lo interrompe a gran voce una guardia fuoriuscita dal bosco. Ci raggiunge velocemente e assomiglia molto a quella che ci ha controllato l'invito, o forse sono gli elfi candidi ad essere tutti così simili.
Nonostante la corsa, non ha il fiatone e si prostra in un leggero inchino quando arriva al cospetto della principessa, prima di lanciare una leggera occhiata a me ed Asso.
«Ci avete ordinato di non disturbare il re e vostro fratello oggi, ma sono sorte delle complicazione e credo che dovremmo avvisarli».
«Che succede?» chiede Nyfal enigmatica.
Sarà finito il cibo? Qualche invitato più indesiderato di noi che doveva essere rispedito via a calci nel didietro? Githia è riuscita a fuggire? Ipotizzo, mentre il soldato le guarda ancora i piedi.
«Avanti parla» lo incita l'elfa, assumendo un tono più preoccupato.
La guardia alza il capo e la fissa negli occhi. «Non lo credevamo possibile, ma gli orchi» risponde grave «Gli orchi hanno superato la muraglia. La squadra del generale Mergalt sta già combattendo con loro al confine».
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