8. La roccaforte

Note:
FSB: Servizi federali per la sicurezza della Federazione russa
DEFCON 1: condizione di prontezza difensiva. Il numero 1 rappresenta il livello bianco, ovvero la massima allerta di tale scala (attacco in corso).

Luogo e data criptati

“C’è un campanile, a Hereford, su cui vengono incisi i nomi dei caduti. Onoriamo le loro gesta, anche se i volti iniziano a svanire dalla memoria”. Price guardò Yuri solo per un attimo, per poi ritornare con lo sguardo sulla vecchia foto di gruppo della Bravo 6. Erano tutti seri eccetto Sanderson, che circondava con le braccia le spalle di Riley e MacTavish con un sorriso genuino sulle labbra. Quella foto era stata scattata da Sandman poco prima dell'operazione Kingfish.

Erano cambiate molte cose da quel giorno.

“Non ci restano che i ricordi… Quei bastardi si sono portati via tutto il resto” sputò con rabbia, componendo il numero di MacMillan.

Cos’è successo?

“Ha ucciso Soap... È morto, Mac” disse semplicemente, ascoltando il tintinnio della sua piastrina contro la propria.

Lo sentì sospirare. “Cosa posso fare per te, John?

“Mi servono delle coordinate. Secondo il nostro russo, Makarov conserva le armi in un castello vicino Praga. Non ha saputo dire altro” replicò, togliendo con le unghie il sangue rappreso dalla medaglietta di riconoscimento di Soap.

È affidabile?

Un sorriso triste si dipinse sulle sue labbra sottili. “Che scelta ho? Ha i suoi motivi per voler Makarov morto” affermò, guardando Yuri negli occhi e vedendovi un profondo desiderio di vendetta. “Conosci questo posto?” continuò.

Sì. Ai tempi di Zakhaev avevamo inviato dei droni in un castello sospetto, ma non c’è mai stata conferma di bersagli in zona”.

“Con chi ho a che fare?”

Quel posto è una fortezza. Si entra e si esce da un solo punto… a meno che non sappiate volare” ridacchiò, nel vano tentativo di alleggerire l’atmosfera. “L’ufficio della sicurezza è dall'altro lato del complesso, mentre il centro di comando è più a nord. Sono entrambi sorvegliati. Se Makarov è lì, sarà nella sala comandi”.

Digitando velocemente sulla tastiera del portatile, Price gli inviò un messaggio con l’armamentario di cui necessitava.

E questa cosa sarebbe?

“La lista della spesa” replicò irriverente.

È un sacco di roba, John. Che cosa hai in mente?

“Quello che mi hai insegnato tu: ucciderlo”.

Repubblica Ceca – 12 Ottobre 2016, ora locale 22:48

Il visore notturno donava sfumature verdastre al paesaggio e la figura del castello era resa ancor più tetra dalla tempesta che imperversava dal giorno precedente.

Usando le maniglie per controllare il paracadute, Yuri si spostò lievemente mentre la pioggia battente cadeva in obliquo seguendo la direzione del vento. Atterrarono poco dopo su un piccolo spiazzo, dove l’erba cresceva rigogliosa.

“Stai al passo o giuro che ti lascio indietro” affermò Price, guardandolo solo per una manciata di secondi. La parte irrazionale di sé credeva che Yuri fosse colpevole della morte di MacTavish e, nonostante i suoi sforzi, non riusciva ad azzittirla.

Yuri annuì lievemente, ammutolito dal senso di colpa che lo stava divorando lentamente. Era una sensazione costante, come una morsa d’acciaio attorno al cuore che batteva a ritmo irregolare. Persino respirare era divenuto un compito difficile.

Davanti a loro, la collina scendeva dolcemente e lungo il versante erano stati sistemati diversi muretti con sacchi sabbia da usare come riparo in caso di attacco. Furbamente, i due li utilizzarono come nascondiglio dalle truppe di ricognizione.

Arrivati ai piedi del colle, videro aprirsi di fronte ai loro occhi il complesso vero e proprio e notarono un paio di torri con torce di avvistamento che controllavano tutto il campo base. Lì vicino vi era la zona adibita al carico scarico e diversi camion e furgoni erano stati parcheggiati ordinatamente uno di fianco all’altro, creando dei corridoi paralleli fra loro.

Seguendo Price, Yuri si avvicinò a un furgone e lo sfruttò come nascondiglio dal faro. Contò i secondi, notato che la luce si muoveva seguendo un ciclo prestabilito. Infastidito, si tolse il visore notturno: le luci artificiali illuminavano più che abbastanza il luogo.

L’inglese alzò il bracco sinistro con la mano chiusa a pugno e Yuri si fermò di scatto, osservando in silenzio una guardia non troppo distante e voltata di spalle. Con un colpo ben calibrato, gli sparò alla testa e il sibilo del proiettile venne coperto la rombo di un tuono. Trascinarono il cadavere e lo nascosero sotto una camionetta: dovevano mantenere segreta la loro presenza il più a lungo possibile.

Continuarono ad avanzare, fino a che non individuarono un gruppo di ricognizione. Protetti dalla copertura di un camion dei trasporti, strisciarono a terra e si posizionarono al di sotto del mezzo. Con il cuore palpitante e le divise ormai impregnate di fango, guardarono il cono di luce proiettato qualche metro più avanti.

Price si rigirò, mettendosi supino. Armeggiando con la sacca sulle schiena, prese dell'esplosivo e lo sistemò con cura sulla marmitta del veicolo. “Piazzeremo del C4 per coprire la nostra fuga. Se serve, distruggeremo questo posto” sussurrò. Con ogni probabilità, lo avrebbe fatto anche se non necessario.

Desiderava distruggere ogni tassello, ogni pezzo del puzzle che si ricollegava a Makarov per cancellarlo una volta per tutte dalla faccia della Terra. Lo avrebbe fatto per Soap, per Sanderson e anche per quello stramboide di Riley, pensò sentendo gli angoli della bocca incurvarsi all’insù.

Non appena gli uomini della ronda si avviarono verso il loro prossimo settore, i due si mossero velocemente stando ben attenti a non essere illuminati dalla torcia di avvistamento. Mantenendosi lontani dal centro del campo base, raggiunsero il loro primo obbiettivo: l’ufficio della sicurezza.

Lo sguardo di Yuri cadde sul dispositivo a fianco della porta blindata adibito al controllo dei badge dei soldati, autorizzandoli o meno ad accedere alla sala di sorveglianza. Preoccupato guardò Price in una tacita domanda, ma l’inglese si avvicinò senza esitazioni e bussò semplicemente sulla porta in metallo. Aprì la bocca per dire qualcosa, sconcertato dalla mossa di Price, ma udendo il cigolio dell'uscio si ammutolì.

Il russo che apparve sulla soglia si lamentò con tono esasperato, ma vedendo due completi sconosciuti davanti a sé si mise in allerta e l’inglese fu più veloce di lui.

In un battito di ciglia Price gli fu addosso e, premendogli una mano sulla bocca, ridusse le urla del mercenario in mugugni indistinti. Estrasse la pistola dalla fondina con un gesto fluido ed esperto e sparò all’uomo che gli aveva aperto e al russo che stava controllando i video di sorveglianza.

Esterrefatto, Yuri chiuse la porta alla proprie spalle.

“Un classico… Funziona sempre” spiegò l’inglese, scrollandosi le spalle e rimettendo la pistola nella fondina. Si avvicinò agli schermi e individuò subito ciò che gli serviva. “Guarda, Yuri. Ci sono delle telecamere fuori dal centro di comando. Su entrambi i lati: qui e lì” continuò, indicando due televisori che inquadravano la sala operativa. “Penseremo a una strada alternativa” affermò, mentre trascinava il cadavere di uno degli uomini di Makarov per appoggiare il pollice destro sul lettore di impronte digitali a fianco della porta che conduceva alle segrete del castello. L’uscio si aprì di scatto, lasciandoli proseguire verso la scala a chiocciola che i due si apprestano a scendere.

“Mettiti il visore notturno. Io penso alle luci” sussurrò Price guardando poco più avanti, dove intravide le celle ricolme di uomini della resistenza sorvegliati da alcuni soldati.

Yuri fece quanto gli era stato detto e, non appena Price spense le luci, sparò ai primi due ultranazionalisti che riuscì ad individuare. Nascosto dalla completa oscurità di quell’area del castello, si mosse velocemente e abbatté le numerose guardie che tenevano sotto controllo i prigionieri.

Sospirò pesantemente, pensando che liberarli avrebbe significato far saltare la propria copertura. Serrando la mandibola proseguì al fianco di Price e raggiunsero nuovamente la superficie, dove si tolsero entrambi i visori notturni.

“Dobbiamo muoverci. Impiegheranno all’incirca dieci minuti a trovare i cadaveri” asserì l’inglese, aprendo la porta di servizio che conduceva sul ponte che attraversava il fiume. “Questo è l’unico modo per entrare e uscire dal campo base” spiegò. “Piazza del C4 sulla colonna. Quando sarà il momento, lo faremo saltare” continuò, spronandolo a proseguire non appena terminò di sistemare l’esplosivo sulla pietra antica del ponte.

Facendo attenzione a dove mettevano i piedi camminarono su una stretta passerella in legno che congiungeva due spiazzi costruiti per permettere agli operai di eseguire lavori di manutenzione, ma dato lo stato dei ponteggi doveva essere passato parecchio tempo dall'ultimo controllo.

“Cazzo, sembra che stia per crollare tutto da un momento all’altro” esordì Yuri, guardando con apprensione la corrente del fiume che si abbatteva con forza contro le colonne del ponte. Non aveva mai sofferto di vertigini, ma la stretta allo stomaco che provava in quel momento non era mera illusione.

Utilizzando le scale dei ponteggi si avvicinarono al loro obbiettivo finale.

“Aspetta” proruppe Price e recuperò da una tasca il foglio spiegazzato su cui aveva disegnato velocemente la mappa del campo base seguendo le indicazioni fornite da MacMillan. “Sì, il centro di comando è proprio sopra di noi” si disse, confermando i propri sospetti. Si trovavano sotto ad una estremità del ponte, dove si ergeva una delle torri di guardia di era medievale. Con mani tremanti piazzò delle piccole cariche sul muro in pietra, così da non avere un'esplosione fragorosa e al contempo abbastanza forte da abbattere la parete.

Ora che era a pochi passi dal luogo dove probabilmente si trovava Makarov, si sentiva nervoso e desideroso di mandare tutto a puttane pur di mettergli le mani addosso il prima possibile. Inspirando profondamente, passò il detonatore a Yuri.

Non si fidava di se stesso.

“Fa’ saltare l’esplosivo in sincronia con un tuono per coprire il rumore” gli disse guardandolo in volto e constatando che Yuri tentava in ogni modo di non incrociare il suo sguardo. Si morse una guancia, sentendo un pizzico di senso di colpa irradiarsi all'altezza del cuore. Forse era stato fin troppo duro con lui.

Un lampo accecante li illuminò entrambi e, non appena il fragore del tuono iniziò a crepitare, Yuri si apprestò a premere il pulsante sul dispositivo. Una piccola esplosione controllata fece crollare alcune pietre e creò un foro nel muro abbastanza grande da permettere loro di attraversarlo.

“Bene. Come sospettavo, possiamo arrampicarci” disse l’inglese dopo aver dato un’occhiata veloce al passaggio formatosi.

Seguendo Price, Yuri si infilò nel buco nella parete e scoprì una passatoia verticale dove erano stati impiantati dei tubi in metallo su cui vi erano diversi cavi elettrici. Si arrampicò cautamente utilizzando i condotti come appiglio, fino a raggiungere una parete in legno improvvisata con qualche buco da cui era possibile osservare la stanza dall’altra lato.

La sala era immersa nella penombra, rischiarata dalla luce proveniente da uno schermo che trasmetteva l’immagine di quello che Yuri riconobbe immediatamente come il Presidente Vorshevsky. Era legato a una sedia e il volto, stravolto dal dolore, era ricoperto di ematomi. Nel resto della stanza vi erano altri due uomini, mentre una donna era in piedi davanti al televisore.

Per l’ultima volta… Non cederò mai ai ricatti… dei terroristi” articolò a fatica il Presidente, guardando qualcuno che in quel momento non era inquadrato. “Morirò, piuttosto che rivelare i codici di lancio dei missili!” Continuò, sputando a terra.

Yuri guardò esterrefatto la figura che entrò nell’inquadratura camminando lentamente alle spalle di Vorshevsky. Makarov era chissà dove insieme al Presidente.

Capisco…” disse, guardando per un attimo l’uomo legato alla sedia. “Ecco con chi abbiamo a che fare: un vecchio testardo, un rudere che non riesce a stare al passo con i tempi” continuò, rivolgendosi direttamente alla donna davanti allo schermo.

Yuri non riusciva a vederla in volto, ma qualcosa gli diceva che quella donna era la stessa che aveva partecipato all’attacco terroristico e che aveva contattato Waraabe.

Un soldato entrò nella stanza e si avviò a passo svelto verso di lei. “Signora, ancora nessuna risposta dalla sala di controllo” le sussurrò, per poi sparire come era comparso seguendo il gesto spazientito della mano della di lei.

“È sicuramente Price. Sarà meglio che mi unisca alla squadra per Berlino” affermò la donna, con tono deciso e vellutato.

Yuri rabbrividì appena nel sentire quella voce, ritornando con la mente al parcheggio sotterraneo dell’aeroporto Zakhaev.

Ora ne era certo. Era lei.

Si obbligò a controllare il respiro e il battito furioso del proprio cuore che sembrava intenzionato a scappare dalla gabbia toracica. Un pensiero si insinuò nella sua mente: forse era lei il cecchino che aveva sparato a MacTavish.

Hai sentito? Tua figlia si trova a Berlino e in poche ore sarà in mano nostra” disse Vladimir, velenoso.

Sì, mi crederà la sua salvatrice” ridacchiò la donna.

In un momento di lucidità Yuri osservò con maggior attenzione il suo vestiario e riconobbe la divisa della FSB, reparto antiterrorismo.

No, ti prego, no!” Urlò Vorshevsky, guardandola con una supplica nello sguardo.

Tienimi aggiornato” e Makarov terminò la videochiamata.

“Ora ce ne andiamo” sussurrò Price, prendendo una granata dal proprio equipaggiamento. Ne aveva abbastanza e ora che conosceva il prossimo obbiettivo di Makarov era giunto il momento di levare le tende. Tolse la linguetta e velocemente lanciò la granata attraverso un buco della parete in legno, per poi fare segno a Yuri di scendere.

Con movimenti frenetici ripercorsero la scalata a ritroso, mentre le urla dei soldati e della donna nella sala di comando si facevano sempre più lontane.

L’onda d’urto della granata li raggiunse in pochi attimi, facendoli cadere rovinosamente e impattare con forza contro i tubi di metallo.

Ignorando il dolore lancinante al fianco Yuri si alzò e, guardandosi attorno, constatò di essere tornato al livello sottostante il ponte da cui erano entrati pochi minuti prima.
L’inglese si mosse a fatica e si alzò mugugnando un lamento. “La figlia di Vorshevsky si trova a Berlino. Dobbiamo fare qualcosa!” Esclamò, mentre lo guidava nuovamente verso i ponteggi.

Contatto immediatamente l’americano“. Una voce inaspettata gracchiò negli auricolari di entrambi.

“Nikolai! Cosa ci fai sulle nostre frequenze radio?” Chiese Price senza nascondere l’entusiasmo nella voce. Credeva che avrebbe dovuto trascorrere più tempo sotto le cure mediche dei Lealisti, ma forse aveva giudicato le sue ferite più gravi di quanto fossero in realtà. Una voce amica era ciò che gli serviva in quel giorno tetro.

Come perché? Sono venuto a recuperarti, amico mio” replicò l’altro, ridacchiando. Il pilota della resistenza li aveva semplicemente condotti sin lì, rifiutandosi di attenderli in volo così vicino a un obbiettivo di alto livello.

Durante la comunicazione via radio si erano fermati su una piattaforma del ponteggio da dove potevano udire le sirene della base urlare fastidiosamente. Come avrebbe detto Sandman, era scattato il livello di allerta DEFCON 1: tra non molto avrebbero mobilitato i corazzati pesanti.

“Hai ancora il paracadute di riserva?” chiese Price, prendendo in mano il detonatore del C4 che era stato piazzato sulla colonna centrale del ponte.

Yuri annuì lievemente. “Che cosa hai in mente?”

“Nikolai, ci lanceremo con il paracadute dal ponte in direzione sud e atteremo sulla sponda sinistra del fiume. Imposto il timer sul detonatore, così faremo saltare in aria l’unica via che permetterebbe ai corazzati di raggiungerci o bersagliare il tuo elicottero. Ricevuto? Passo” spiegò l’inglese, comunicando direttamente con Nikolai.

Oh, sì. Farai un’uscita degna di nota, Price. Vi aspetto al luogo d’incontro. Chiudo”.

Seguendo il via dell’inglese Yuri si lanciò nel vuoto, aprendo il paracadute al momento opportuno e, pochi secondi dopo, un forte spostamento d’aria li investì entrambi con forza.

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