6. Il silenzio dei morti

Note:
GIGN: Gruppo d'Intervento della Gendarmeria Nazionale (francese)
ZA: Zona d’Atterraggio

Luogo e data criptati

“Autentificazione, prego”. La voce dell’operatore era atona e distaccata.

Codice d’accesso: Black Viking. Mettetemi in contatto con Metal 0-1”.

Attendendo un paio di secondi, il sistema verificò positivamente il codice, così si apprestò a fare quanto richiesto.

“Price, da quanto tempo!” esordì Sandman, non appena l’operatore gli passò la chiamata. Aveva conosciuto l’inglese tre anni prima durante la cooperazione per la cattura di Makarov, al tempo chiamato con il nome in codice Kingfish. “Lo sai, vero? Lo zio Sam ha messo una taglia sulla tua testa. Vivo o morto” continuò, goliardico. Aveva fatto qualche ricerca sul suo conto e su tutto ciò che riguardava Shepherd, ma magicamente tutte le informazioni sul Generale erano state cancellate o rese confidenziali. Sapeva bene a chi rivolgere la propria fiducia, soprattutto dopo i fatti in Ucraina: Price aveva sacrificato la propria salvezza per quella della sua squadra – la Bravo 6 – e la sua, insieme a Frost.

Digli di mettersi in fila” replicò l’altro, con un sorriso nella voce. “Volk, il fabbricante di bombe di Makarov, è a Parigi. Dobbiamo agire prima che fugga, ma io non farei in tempo. Sei l’unico di cui io mi fidi per questo compito” continuò, tornando serio.

“Ci penso io” affermò Sandman con tono deciso. In quel momento si trovava ad Amburgo per la sicurezza del Presidente americano, ma sarebbe stato facile convincere i piani alti a far mobilitare la sua squadra in Francia. Senza esitazioni, compose il numero della persona che avrebbe smosso la situazione con uno schiocco di dita.

~~~

Qui Overlord. Le forze speciali francesi hanno trovato Volk. Il GIGN l’ha seguito dietro le linee nemiche, ma è bloccato”.

“E volete che lo sblocchiamo?” chiese Sandman, retorico.

Operate come meglio credete, ma vogliamo Volk vivo”.

Francia – 9 Ottobre 2016, ora locale 14:13

A tutte le postazioni, qui Romeo 5-9-5. Tutti i civili al Louvre sono morti. Richiedo unità di decontaminazione ed evacuazione medica. Passo”.

Romeo 5-9-5, qui Overlord. Negativo. Tutte le forze statunitensi a Parigi sono impegnate. Dividete i civili per gravità e fate attenzione alle zone contaminate. Chiudo”.

Ascoltando le comunicazioni alla radio, Westbrook si guardò attorno e accarezzò con lo sguardo la città di Parigi: riusciva a essere meravigliosa nonostante la guerra e i gas tossici non ancora del tutto eliminati. Dalla sua posizione privilegiata, a bordo di un elicottero, riuscì a vedere in lontananza la figura slanciata della torre Eiffel e sorrise alle circostanze in cui vi era capitato. Aveva sempre voluto visitare la Francia, ma mai avrebbe pensato di farlo in veste di soldato della Delta Force.

Il velivolo iniziò la sua discesa verso il tetto di un condomino e, seguito da Sandman e dal resto della squadra, Westbrook vi scese, atterrando con un tonfo attutito dalla maschera antigas che indossava in via precauzionale.

Appuntamento alla ZA tra un’ora. Buona fortuna” comunicò il pilota, per poi far prendere quota all’elicottero e allontanarsi.

Oltrepassarono la porta che conduceva al tetto e scesero velocemente le scale del condominio, trovando alcuni appartamenti con porte spalancate e diverse persone riverse a terra, prive di vita. La morte li aveva raggiunti mentre tentavano invano di fuggire dal gas nervino.

Metal 0-1, qui Overlord. Il GIGN è bloccato nel ristorante Palm d’Or. Raggiungetelo in fretta o perderemo l’unica possibilità di trovare Makarov. Passo”.

“Ok, ricevuto. Fatemi parlare con loro” replicò Sandman, spronando la squadra a proseguire.

Qui Sabre! Quanto vi manca? Passo” la voce leggera e al contempo decisa del francese gracchiò nei loro auricolari.

“Tre minuti. Difendete il perimetro, ci siamo quasi. Chiudo” rispose l’altro, scambiando un’occhiata con Westbrook che Sandman soleva chiamare Frost, dati i suoi occhi chiari nonostante le sue origini afroamericane.

Dopo quello scambio di comunicazioni ed essere usciti dall’edificio, vennero avvolti da un silenzio innaturale, interrotto solo a tratti da sirene in lontananza e dal vento che si insinuava tra le fronde degli alberi.

Prendendo una scorciatoia si introdussero in una libreria, dove la stessa quiete opprimente penetrò sotto la loro pelle umida di sudore freddo.

Sandman si guardò attorno, individuando la probabile proprietaria del negozio: seduta, era appoggiata con il capo al bancone della cassa. I suoi capelli lunghi e corvini erano sparsi attorno al suo volto, creando un'aureola oscura. Pareva si fosse semplicemente addormentata, l’espressione distesa e rilassata. Le si avvicinò, appoggiando due dita sul collo: nessun battito. Deglutì rumorosamente e scosse la testa con veemenza rimettendo in ordine i propri pensieri. “Seguitemi, il ristorante non è troppo lontano”.

L’elicottero non aveva potuto portali direttamente a destinazione per la stabilità compromessa degli altri edifici, danneggiati dai carri armati russi che marciavano come fantasmi tra le vie di Parigi.

“Sabre, qui Sandman. Non sparate in direzione nord. Stiamo arrivando” comunicò, aprendo la porta sul retro della libreria e, seguito dal resto della squadra, svoltò nel vicolo dove alcuni uomini armati erano in attesa.

Merde, sono felice di vedervi”. L'uomo che si identificò come Sabre si avvicinò a loro con un sorriso triste stampato in volto sotto la maschera antigas non troppo dissimile da quella degli americani.

“Cazzo. Il GIGN è… ormai solo loro?” sussurrò Westbrook, lanciando un’occhiata eloquente a Sandman.

“Quel è il vostro stato?” Chiese il californiano per avere conferma dei sospetti di Frost.

“Siamo rimasti in sette” rispose Sabre con un'ombra negli occhi.

“Volk?” Incalzò l’americano.
“I russi hanno lanciato un attacco da un’impalcatura nelle catacombe. Crediamo che Volk sia ancora lì” replicò il francese, imbracciando saldamente il proprio fucile e facendo strada alla squadra della Delta Force.

Sentendolo parlare di catacombe Frost si irrigidì sul posto. Non era un tipo superstizioso, ma da amante di film horror aveva visto anche quelli ambientati nel cimitero qualche metro sotto i suoi piedi.

“Overlord, qui Metal 0-1. Abbiamo raggiunto il GIGN. Ora siamo in marcia verso il VIP” disse Sandman via radio, comunicando con il sovrintendente della missione e ricevendo una risposta dopo pochi attimi.

Entrarono nel ristorante, dove il pavimento era completamente ricoperto da calcinacci e frammenti di vetro. Alcuni tavoli erano crollati su se stessi, schiacciati da qualche pezzo del soffitto, mentre la parete che dava su una piccola piazza era stata completamente abbattuta.

In un attimo, vennero raggiunti da diversi proiettili che portarono ulteriore distruzione in quello che doveva essere un ristorante d’élite.

Erano arrivati al fronte vero e proprio.

Affiancando la squadra francese, la Delta Force rispose al fuoco nemico ed eliminò i pochi soldati russi che erano stati stanziati in quella zona.

Salirono una rampa di scale e raggiunsero la strada, dove un camion delle spedizioni era ribaltato su un fianco. Del gas verdognolo fuoriusciva copiosamente dal container sul retro.

“Via da qui. Non è sicuro” affermò Sabre, guardando i vapori verdastri.

Proseguirono per qualche centinaia di metri fino a che i francesi, in testa al gruppo, non si bloccarono di scatto. Un rombo di motori fece vibrare l’aria e l’ombra di un corazzato leggero si delineò sul muro alla loro destra.

“Nascondiamoci e lasciamolo passare” sussurrò Sandman, facendo strada in un piccolo bistrot. “Non sanno ancora della nostra presenza” continuò, accovacciandosi insieme agli altri dietro al bancone.

Udendo il cingolato allontanarsi Sabre li guidò in una via secondaria, dove un piccola chiesetta si stagliò sul loro orizzonte. Era parecchio antica, la facciata in mattoni di diversi colori e pietra, mentre la porta d’ingresso era in legno massiccio. Il francese si apprestò ad aprirla e a fece segno agli altri di seguirlo.

Le panche erano state dispose su due file perfettamente parallele lungo la navata principale. I mosaici sulle pareti raffiguravano alcuni eventi narrati nella Bibbia e un crocifisso in legno era sospeso con alcune catene sopra l'altare, dove una figura vestita completamente di nero era indaffarata a sistemarla per la Messa.

“Reverendo!” Lo chiamò Sabre in francese, avvicinandosi a lui percorrendo la navata a passi lunghi e veloci.

Il prete si fermò per un attimo, per poi continuare imperterrito.

“Reverendo… perché non si è unito ai civili evacuati della zona?” chiese Sabre, ormai a un paio di metri da lui.

“Questa mattina non si è presentato nessuno… Ho pensato di dover attendere” replicò l’altro, voltandosi solo per una manciata di secondi e inquadrandolo con i suoi occhi verdi.

“Non credo che verrà qualcuno, Padre...” sussurrò il soldato, con tono pacato. Probabilmente era sotto shock e non si era ancora reso conto cosa fosse successo.

“Ma voi siete qui, no? Forse stavo aspettando voi” e, ora che aveva terminato di sistemare l’altare, si volse completamente verso di loro e li guardò a uno a uno.

“Tenga” affermò Sabre, allungandogli la sua maschera antigas di riserva. “Siamo qui per-“

“Per entrare nelle catacombe” lo precedette l’altro, prendendo la maschera tra le mani e guardandola con occhi straniti. “Seguitemi” esordì poi, afferrando una chiave quasi del tutto arrugginita che aveva appoggiato sull'altare e guidandoli verso le scale che conducevano alla cripta.

I gradini in granito erano sconnessi e il soffitto era talmente basso che Westbrook dovette abbassare il capo. Non aveva capito molto della conversazione tra il Reverendo e Sabre, ma non era necessario conoscere il francese per capire che l’uomo di Chiesa non doveva trovarsi lì, a rischio di respirare le tossine del gas.

Affiancata da due file di tombe e teschi, vi era una porta in legno scuro quasi del tutto marcio per l’umidità. Il Reverendo si apprestò ad aprirla con la chiave e si scostò, lasciando lo spazio necessario ai soldati per entrarvi.

L’odore delle viscere della città li investì, facendoli tossire un paio di volte.

Sandman entrò per primo, seguito immediatamente da Frost che, senza perdere tempo, controllò la presenza di tossine con il dispositivo che gli era stato affidato all'inizio della missione.

“La ringrazio, Reveren-“ Sabre si bloccò all'istante, non vedendo più l’uomo che li aveva accompagnati nella cripta. Salì le scale d’impeto, scambiando solo una fugace occhiata con i suoi uomini. Tornato a fianco dell’altare, non vide la figura familiare del prete, né qualsiasi altro indizio che potesse indirizzarlo su dove fosse andato.

Si era come volatilizzato, lasciandoli soli.

Una folata di vento entrò dalla porta d’ingresso che avevano lasciato socchiusa e il paio di candele che il Reverendo aveva acceso si spensero all'unisono.
Probabilmente era andato nella sagrestia, si disse Sabre mentre ritornava nella cripta, ma non aveva tempo per verificare. Sperò in cuor suo che la maschera che gli aveva dato lo avrebbe salvato e fatto raggiungere la zona di evacuazione.

“Bene, la zona non è contaminata. Possiamo toglierci le maschere, ma tenete gli occhi ben aperti” affermò Westbrook, togliendosela per primo.

“Per non farci notare useremo una sola torcia” esordì Sabre, accendendo la propria sul suo fucile. “Seguitemi” e li condusse verso le scale che conducevano alle catacombe.

Metal 0-1, qui Overlord. Abbiamo perso il vostro segnale. Mi ricevete? Passo”.

I gradini, umidi e scivolosi, si susseguivano infinitamente, portandoli sempre più vicini alle viscere della metropoli avvolte nella più totale oscurità.

“Qui Sandman. Siamo nelle catacombe. Procediamo verso il bersaglio. Passo”. La sua voce riecheggiò cupamente tra le pareti.

Ricevuto, passo e chiudo”.

Giunti alla fine della scalinata, un odore nauseabondo li investì con forza facendo loro arricciare il naso.

“Wow, c’è proprio puzza di merda qui sotto” proruppe Westbrook, non riuscendo a trattenersi.

“Beh, almeno la puzza non ti ucciderà” replicò Sandman, affiancandolo. “Dov’è Il resto del GIGN?” chiese poi, fissando il proprio sguardo sulla schiena di Sabre.

“Ieri notte un attacco chimico ha colpito la nostra caserma, a Satory. Ho perso molti uomini in pochi minuti” e non solo quelli, continuò mentalmente sentendo un macigno schiacciargli il petto. Sua moglie e suo figlio erano morti tra le mura di casa, senza che lui avesse potuto fare qualcosa. Ora, aveva l’occasione di catturare il pezzo di merda che aveva causato tutte quelle morti.

“C’era un mio amico a Satory” continuò Sandman.

Je suis désolé… Volk pagherà per quello che ha fatto” replicò Sabre, sputando rabbia.

Le pareti erano interamente costituite da massi lisciati dall'acqua che filtrava dal terreno sovrastante e un sentore di morte solleticò le narici di Westbrook, facendolo tremare appena. Alcune vie secondarie erano state chiuse con delle grate, forse a causa della poca stabilità della struttura e le mura erano state rinforzate con dei paletti in metallo.

Il cono di luce della torcia di Sabre illuminò un cumulo di ossa e teschi e Frost si ritrovò a fissare le orbite vuote di uno dei tanti crani che parevano osservarlo.

“Quanti sono i cadaveri sepolti qui sotto?” Chiese Sandman in un sussurro.

“Non lo so, ma cerchiamo di non aggiungerci alla lista” replicò il francese.

Con la coda dell’occhio, Westbrook vide un’ombra muoversi in una delle vie secondarie. Il suo cuore perse un battito e una goccia di sudore gli percorse il profilo del naso per poi ricadere sul labbro superiore.

Assurdamente, si era ritrovato a sperare che fosse solo un uomo mandato da Makarov per ucciderli.

All'improvviso, una grata si abbatté su Sabre e un uomo armato sparò alla rinfusa contro di loro, mancandoli maldestramente.

Con il cuore in gola, Frost rispose al fuoco nemico e abbatté altri uomini armati che erano giunti in aiuto del primo.

La sua preghiera silenziosa era stata ascoltata.

Raggiunsero una piccola stanza, dove trovarono altri ultranazionalisti russi e l’attrezzatura necessaria per guidare un attacco chimico.
Westbrook si focalizzò sull’unico uomo disarmato, intento a fuggire. In un attimo, studiò il suo volto e lo riconobbe immediatamente. “È Volk!” urlò, facendosi sentire dagli altri.

Non appena uccisero gli uomini di Makarov si lanciarono all’inseguimento.

“Overlord! Abbiamo rintracciato il VIP. Lo inseguiamo!” comunicò Sandman, accelerando il passo.

Ricevuto, 1-0. Ricordate che Volk ci serve vivo: possiede le uniche informazioni utili su Markov. Chiudo”.

Raggiunsero le scale che conducevano in superficie e, impotenti, guardarono la figura del russo sparire a bordo di una macchina argentata.

“Presto, saliamo su quel furgone della polizia e inseguiamo la berlina!” Proruppe Sandman, indicando il furgoncino a qualche passo da loro.

Sabre sbraitò qualcosa in francese e i poliziotti li guardarono sbigottiti mentre salivano sul mezzo in fretta e furia. Schiacciando a fondo sul pedale dell’acceleratore, partirono all’inseguimento.

Sterzando pericolosamente tra le viuzze della città non persero di vista l’auto di Volk, ma la distanza era eccessiva per un mira pulita. Macinando metri e metri si avvicinarono sempre più, finché Frost non fu sicuro di non colpire il VIP.

Mirò al conducente e sparò un singolo colpo perfettamente calibrato. Il secondo proiettile lo esplose in direzione degli pneumatici e guardò l’auto sbandare senza controllo per poi impattare contro il muro perimetrale di una casa.

Senza perdere tempo, Sandman speronò la macchina e bloccò qualsiasi via di fuga.

Scesero velocemente dal furgoncino e Sabre si affrettò ad afferrare Volk, estraendolo di peso dalla berlina. Con un ghigno soddisfatto sul volto, gli schiacciò il capo contro il cofano. “Eccoti qui, piccolo pezzo di merda!” Urlò il francese, per poi aggiungere qualche epiteto colorito nella sua lingua madre.

“Overlord, qui Metal 0-1. Abbiamo Volk!” comunicò Sandman, assestandogli un pugno allo stomaco e trascinandolo a terra sotto lo sguardo furioso di Sabre “Vero, figlio di puttana?”

Portatelo qui per l’interrogatorio. Ci dirà tutto quello che sa su Makarov. Chiudo”.

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