5. Rispedire al mittente

Luogo e data criptati

Direttore, in linea c’è un uomo che dice di avere notizie sugli attacchi chimici, ma vuole parlare solo con lei”.

MacMillan prese senza esitazioni la chiamata: non avevano ricevuto alcun tipo di rivendicazione, neppure dai più svitati del giro. Avere notizie, anche false, era già un passo avanti. “Si identifichi”.

Mac, sono John”.

Udendo quella voce, serrò gli occhi. In un attimo, aveva rivissuto anni della sua vita, quando ancora era un soldato operativo della SAS e non il suo Direttore.

“Nell’ultima settimana sono state fatte un sacco di ipotesi” replicò poi, indirizzando la conversazione sull'argomento che più premeva conoscere.

È stato Makarov. Quel bastardo mi è sfuggito sotto il naso in Sierra Leone. L'MI6 sa qualcosa?

“Sei sulla lista nera di tutti, John. Non posso darti le autorizzazioni”.

Abbiamo combattuto fianco a fianco a Pripyat, in quel dannatissimo inferno, nel '96. Non vale nulla per te?”.

MacMillan si massaggiò una tempia, sentendo un incipiente mal di testa. Ricordava perfettamente la missione che aveva condotto lui e John Price in quella città maledetta. Ancora oggi, Imran Zakhaev gli appariva nei suoi incubi peggiori.
Dopo un paio di secondi, si decise a parlare. “Abbiamo seguito la nave da carico fino a una società di Bosaso, Somalia. È gestita da un certo Waraabe, un vero bastardo. Io ho già abbastanza gatte da pelare qui, dovrai cavartela da solo”.

~~~

Price ripose il proprio telefono in tasca, guardando le poche informazioni che era riuscito a raccogliere da MacMillan.

“Che mi dici della sicurezza?” chiese MacTavish, attirando l’attenzione dell’inglese. Era a torso nudo, intento ad applicare un unguento sulla cicatrice ancora rosea sull'addome.

“Niente di speciale: il complesso è sorvegliato da gente del luogo” replicò, tornando con lo sguardo sulla mappa disegnata a mano che aveva dispiegato sul tavolino.

“Daremo nell’occhio come un cane a tre teste. Dovremo agire di nascosto” asserì Yuri, grattandosi la testa con fare nervoso.

“Oppure ci toccherà sfondare la porta d’ingresso. Dì a Nikolai di allertare i Lealisti”.

Somalia – 8 Ottobre 2016, ora locale 9:30

Il vento caldo si insinuò sotto i suoi vestiti, mentre la Jeep procedeva a passo di carica verso il complesso della società di Waraabe.

“Dobbiamo sbrigarci! Cattureremo Waraabe prima che riesca a fuggire” asserì Price, alla guida.

Alla sua destra, MacTavish si volse alle sue spalle e si rivolse direttamente a Yuri che era salito sul vano posteriore. “La tempesta si sposta in fretta”.

Usando le sbarre in metallo per avere una maggior stabilità, Yuri si alzò e guardò con occhi stupefatti la tempesta di sabbia che stava per raggiungere le mura della città di Bosaso, distante solo qualche centinaio di metri.

Price schiacciò a fondo il pedale dell’acceleratore e si affiancò a una seconda Jeep, carica di Lealisti.

Udendo il rumore caratteristico di un elicottero, MacTavish alzò lo sguardo e vide la figura del velivolo guidato da Nikolai stagliarsi sull'azzurro del cielo.

“Nikolai, indeboliscili!” urlò Price per farsi udire oltre il rumore della jeep, mantenendo l’oceano sulla sinistra e guidando lungo il litorale della cittadina.

Missili lanciati” e poco dopo alcune esplosioni si susseguirono, distruggendo alcuni caseggiati all’interno del complesso in cui dovevano fare irruzione.

Raggiunti i cancelli perimetrali, Price usò la macchina come ariete e sfondò la recinzione.
In un battito di ciglia, vennero assaltati dai miliziani sopravvissuti. Costretti a scendere dal mezzo, trovarono riparo dietro i cumoli di macerie. Rispondendo al fuoco nemico, si avvicinano a poco a poco alla maestosa villa di Warabbe: i muri perimetrali erano beige, ricordando a mala pena il bianco intonso che era stato in origine e le colonne in stile ionico smorzavano appena la ricchezza che quella casa emanava, facendo a pugni con la povertà che avevano visto nel resto della città.

L'urlare della sirena penetrò nelle loro orecchie, rimanendovi anche quando si addentrarono nella villa completamente insonorizzata. L’ingresso si apriva in un'anticamera spaziosa, resa ancor più grande dall’illusione dei raggi del Sole che illuminavano l’intera stanza.

Dopo aver controllato il piano terra, si diressero verso le scale che portavano al piano superiore e, con uno scambio di sguardi, Yuri si apprestò a piazzare l’esplosivo sulla porta che conduceva allo studio di Waraabe.

“Fate attenzione: ci serve vivo” affermò Price per poi fare segno al russo di procedere.
Con un’esplosione controllata, la porta in legno venne fatta a pezzi.

Saturo di adrenalina, Yuri si sporse oltre l’uscio e individuò quattro miliziani. Affiancato da MacTavish, sparò ad ognuno di loro stando ben attento a non colpire il somalo per cui erano giunti fin lì.

Era un uomo robusto, ma non dall'animo altrettanto solido. Si era gettato a terra tremando come una foglia ingiallita.

“Mettetevi le maschere” ordinò Price, facendo lo stesso e recuperando l’oggetto con cui avrebbe fatto pressione all’uomo che li guardava con il terrore negli occhi. Non appena anche gli altri sistemarono la maschera antigas sui propri volti, tolse la linguetta e lasciò cadere il contenitore a terra, dal quale fuoriuscì una densa nube verde.

“No, ti prego!” supplicò Waraabe, allontanandosi da quello che in realtà era soltanto un fumogeno colorato.

“Dicci dov’è Makarov e questa sarà tutta tua” replicò Price, mostrandogli una maschera antigas identica alla loro. Solitamente avrebbe usato un metodo diverso per raccogliere informazioni, ma il tempo stava per scadere e Makarov era sempre più irraggiungibile. Era arrivato al limite e aveva deciso di superarlo.

“Il nostro contatto era una donna, non so nulla di lei, ma colui che ha fabbricato… quelle” e indicò il loro fumogeno “era un certo Volk. Non ho mai incontrato Makarov! Lo giuro!”.

MacTavish si irrigidì sul posto, ripensando alla donna che aveva visto al volante dell’ambulanza dopo l’attacco terroristico all'aeroporto Zakhaev, quando era ancora agli ordini di Shepherd.

“E questo Volk dov’è? Il tempo stringe, amico” continuò Price, maturando una malsana idea che gli volteggiava nei pensieri da quando aveva messo piede nella villa. Quell’uomo era responsabile della morte di migliaia di innocenti, neppure i bambini erano stati risparmiati. A quel pensiero, la pistola nella fondina sembrò appesantirsi e percepì ogni singolo grammo di quel freddo metallo.

“A Parigi! Volk si è occupato della consegna a Parigi” replicò Waraabe subitamente, guardando i loro volti uno dopo l’altro.

L’inglese gli lanciò la maschera, guardandolo con disgusto mentre si apprestava ad indossarla con movimenti nervosi e impacciati.

“Bene. Questo è per coloro che hai ucciso” e, dopo aver estratto la pistola dalla fondina, gli sparò alla testa. Una sensazione di vuoto lo prese alla sprovvista, facendogli abbassare lo sguardo a terra. L’ultima volta che aveva ucciso un uomo disarmato e completamente indifeso era stato cinque anni prima, quando aveva freddato Al-Asad. Erano entrambi uomini comandati dall'alto, da burattinai esperti che muovevano i fili da lontano.

Zakhaev e Makarov lo avevano trascinato nel fango, facendogli perdere di vista la persona che era una volta. Era ormai troppo tardi per tornare indietro.

Ritornando verso l’uscita, si tolsero le maschere antigas e Yuri diede un’ultima occhiata al corpo senza vita di Waraabe. Aveva cercato di mantenere impassibile la propria espressione quando il somalo aveva citato la donna, ricordandosi del paramedico che era sceso dalla macchina di Vladimir.

“Nikolai, Waraabe ha ceduto. Abbiamo ciò che ci serve. Pronti per l’estrazione” comunicò Price con voce atona, seguito dallo sguardo di Yuri.

Non poteva dire nulla: neppure Nikolai era a conoscenza della sua vicinanza a Makarov. Se avesse detto qualcosa a proposito della donna, avrebbero subito pensato fosse una spia e un doppiogiochista. Solamente Shepherd e Allen ne erano informati e quel segreto era morto con loro.

Bene. La zona d’atterraggio è libera, ma la tempesta di sabbia si avvicina più velocemente di quanto previsto. Dobbiamo fare in fretta!

Il sito di estrazione era stato concordato in una piccola piazzetta poco lontana, circondata sui lati da diversi caseggiati.

“Pensi che Waraabe abbia detto la verità circa questo Volk?” chiese MacTavish, accelerando il passo e affiancando Yuri in testa al gruppo.

Il suo cuore perse in battito, ma si riprese velocemente. “Sì, ci scommetterei la vita di Makarov” replicò poi, guardandolo negli occhi.

“E chissà chi è la donna di cui parlava…” continuò Soap, parlando più a se stesso che a lui.

Yuri annuì distrattamente. Vladimir era stato particolarmente egoista con quelle informazioni, tanto che non aveva alcun indizio sulla sua esistenza fino a che non aveva scavalcato lui e la pozza di sangue sotto il suo corpo.

E se fosse sempre stata lei la mente di tutto? E se Makarov fosse solo il suo esecutore?

Alcuni proiettili fischiarono sopra le loro teste e alcune urla si alzarono al cielo.

“Imboscata!” urlò Price, cercando riparo dietro ad alcuni muretti in cemento che fiancheggiavano le case a mo’ di perimetro.

L’elicottero dei Lealisti, che fino a qualche secondo prima era in fase di atterraggio, riprese quota e si allontanò dallo scontro a fuoco.

“Nikolai, cambio di programma! Vai alla zona d'atterraggio secondaria” ordinò Price, sparando a un paio di uomini che lo stavano bersagliano dal tetto di una casa.

Yuri alzò lo sguardo sull'edificio ancora in fase di costruzione che era circondato da numerosi ponteggi in legno: il tetto di quel palazzo era la loro ultima possibilità.

Tenendo d’occhio la massa di sabbia all’orizzonte e gli uomini armati di Waraabe, si misero a correre in direzione dell'edificio.

Il vento soffiò con più forza, ululando tra le viuzze strette del complesso.

“La tempesta di sabbia è ormai vicina! Se arriva, non potrò atterrare” comunicò Nikolai con tono concitato.

I tronchi delle palme erano piegati dall'imperversare della tempesta e le fronde facevano fischiare il vento in una sinfonia rabbiosa. Alcuni pezzi di legno che componevano i ponteggi attorno al palazzo vennero sradicati e trasportati per decide di metri.

Senza perdere altro tempo, si diressero verso l’entrata dell'edificio e salirono le scale a ritmo serrato, raggiungendo il tetto dove vennero investiti nuovamente dalla furia della tempesta.

La siluette dell’elicottero di Nikolai si avvicinò a loro, ma un razzo ben calibrato di un RPG colpì il fianco del velivolo, facendolo volteggiare su se stesso senza controllo.

“Cazzo! Nikolai, mi ricevi?” urlò Yuri, guardando con occhi sgranati le fiamme che avvolgevano il mezzo.

Mentre scendevano le scale, non ricevettero alcuna risposta e un rombo assordante fece tremare la terra.

La tempesta di sabbia raggiunse la città e la luce del Sole venne avvolta in quella strana oscurità.

Imitato dagli altri, Yuri indossò velocemente la maschera antigas e senza il fastidio della sabbia negli occhi riuscì a vedere la figura di Price a qualche passo di distanza da lui.

“Nikolai, mi ricevi?” ripeté l’inglese, non ricevendo alcuna comunicazione di risposta. “Squadra Echo, Nikolai è precipitato e la tempesta di sabbia ci ha raggiunti! Estrazione d’emergenza. Passo” continuò, a denti stretti.

MacTavish deglutì un paio di volte, cercando di sciogliere il nodo alla gola che gli impediva di respirare adeguatamente. Gli occhi prudevano lievemente e, orgoglioso, diede la colpa alla sabbia.

Ricevuto. Vi contatteremo appena avremo trovato Nikolai. Chiudo”.

Il vento si oppose al loro avanzare, quasi come se avesse l’intenzione di impedire alla squadra di raggiungere Nikolai, probabilmente gravemente ferito.

Caparbiamente, Price accelerò il passo e digrignò i denti per lo sforzo. Non poteva permettersi di perdere un altro compagno di armi, un altro caro amico.

Price, qui squadra Echo. Abbiamo trovato Nikolai mezzo chilometro a sud da voi. È ferito, ma cosciente”.

I tre sospirarono all'unisono, facendo appannare per qualche istante il vetro della maschera che indossavano.

“Ricevuto! Stiamo arrivando” replicò Price, incoraggiando MacTavish e Yuri ad accelerare il passo.

Seguendo i rottami dell'elicottero, trovarono il sito dello schianto. Il velivolo era avvolto dalle fiamme e a pochi metri di distanza gli uomini della Echo li stavano aspettando con Nikolai al centro e steso a terra.

In quel momento, alcuni proiettili li raggiunsero in un fischio: gli uomini di Waraabe non avevano intenzione di lasciarli andare.

“Yuri, trasporta Nikolai sulle spalle. Tutti gli altri: ritirata e fuoco di soppressione!” affermò Price, ricevendo un cenno di assenso da ognuno di loro.

Yuri si apprestò a fare quanto gli era stato ordinato e si caricò l’altro russo sulla schiena, contento di constatare che le sue ferite erano meno gravi di quanto si era immaginato.

Avendo imparato a memoria la planimetria della zona, MacTavish corse in testa al gruppo e fece da guida per quella fuga disperata. Dovevano raggiungere le jeep con cui erano giunti e tornare sulla strada che avevano percorso solo mezz’ora prima.

Salendo sui mezzi, si guardarono alle spalle e videro gli uomini armati di Waraabe sparare contro di loro, finché non divennero un tutt’uno con la sabbia della tempesta.

“Se Volk è a Parigi, come lo raggiungiamo nel bel mezzo di una guerra?” chiese Yuri, deglutendo rumorosamente e controllando le condizioni di Nikolai. Aveva ancora il fiato spezzato dallo sforzo, ma vedendo lo sguardo di gratitudine dell’altro russo si sentì completamente riposato.

In concomitanza con gli attacchi chimici nelle città più importanti d'Europa, l’esercito russo aveva oltrepassato i confini incontrando ben poca resistenza. Il gas letale aveva fatto il suo lavoro, indebolendo le nazioni dall'interno.

“Credo di avere un’idea…” replicò MacTavish, guardandolo con una scintilla di speranza negli occhi.

Repubblica ceca – 8 Ottobre 2016, ora locale 22:35

Alexandra si avvicinò all'uomo che, seduto sulla sedia alla scrivania, controllava i rapporti provenienti dalle truppe in Europa, verificando fosse tutto nella norma.

“Dovresti riposare... Te lo meriti” disse lei, massaggiandogli i muscoli tesi delle spalle.

“Non ancora, no. Ho appena ricevuto notizie dalla Somalia: Waraabe è morto” replicò, con tono duro.

“Pensi ci abbia traditi?” chiese la donna, appoggiando il capo nell’incavo del collo dell’uomo.

“Non lo penso… Ne sono certo” rispose, infilando una mano tra i capelli biondi di lei e scompigliandoglieli ulteriormente. “Price sta sollevando un polverone. Prima o poi, arriverà fino a uno di noi due” continuò, sentendola irrigidirsi appena sotto le sue dita.

“Io non ti tradirei mai, Vladimir” affermò seria, rimettendosi dritta e appoggiandosi alla scrivania per poterlo guardare in volto.

Lui si alzò, avvicinandosi lentamente. “Lo so” replicò sincero, incatenando il proprio sguardo al suo.

La tensione sembrò abbandonarla di colpo e per mascherarlo gli sorrise lasciva, imprimendo il suo corpo contro il suo. “Perché non mi raggiungi sotto la doccia?” esordì poi, in un sussurro languido.

La guardò uscire dalla stanza con passo sicuro e una sensualità che le era del tutto naturale. Si volse verso il portatile ancora aperto e lo chiuse di scatto, vedendo il riflesso del proprio volto sulla superficie riflettente del computer.

Ciò che stava fissando non erano più gli occhi di un uomo che avrebbe ucciso chiunque lo avesse tradito. Le credeva, lei non lo avrebbe mai fatto, ma anche in caso contrario non avrebbe alzato un dito contro di lei.

Al solo pensiero gli tremarono le mani.

Lo scrosciare dell’acqua della doccia raggiunse il suo udito allenato e, suo malgrado, un sorriso appena accennato si dipinse sulle sua labbra.

Aveva commesso l’errore più grande per un uomo come lui, eppure perché si sentiva così bene?

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