12. Epilogo

Regno Unito – 27 Aprile 2017, ora locale 18:36

Hereford era circondata dall’oscurità della sera, rischiarata appena dall’inquinamento luminoso della città di Londra e dalle fiamme delle candele lasciate alla base della lapide commemorativa.

Price camminava lentamente, sentendo il borsone a tracolla che sbatteva ritmicamente contro la coscia destra ad ogni passo. Ogni giorno, alla stessa ora, si recava al monumento costruito davanti alla base operativa della SAS, trascinando con sé il peso dei fascicoli che il Governo americano e inglese gli avevano fornito.

Con tutta quella documentazione aveva potuto colmare parzialmente le lacune dei tre anni passati nel gulag in Siberia: purtroppo, gran parte delle informazioni su Shepherd erano state cancellate con un pennarello nero.

Price si fermò di colpo, osservando l’uomo che fissava la foto di Sanderson per poi vederlo allungare una mano e accarezzare con le dita il suo nome inciso nella pietra.

Era passato qualchr mese dall'inaugurazione della lapide con i nomi degli uomini e delle donne che avevano sacrificato la loro vita per garantire la pace nel mondo e, dopo i grandi festeggiamenti, la maggior parte delle persone aveva messo di curarsene e quasi nessuno, oltre a lui, vi faceva visita.

Si avvicinò di qualche passo, rendendo palese la sua presenza.

L’uomo ritrasse la propria mano di scatto, come se fosse stato colto in flagranza di reato.

“Lo conoscevi, Sanderson?” proruppe Price, osservando lo sconosciuto. Aveva tratti marcati dell'estremo oriente e lineamenti decisi, come se la linea della mandibola fosse stata tracciata con un righello.

“Io… Sì, più o meno, ma non sapevo fosse un soldato…” replicò e un’ombra gli passò negli occhi scuri. “In realtà, non sapevo nulla di lui” continuò, in un sussurro.

Lo vide incurvarsi sotto un peso a lui sconosciuto e, spinto da una forza invisibile, parlò: “Sai, forse neanch’io posso dire di averlo conosciuto davvero, eppure… ero il suo Capitano”. Con movimenti lenti e leggeri Price fece scorrere la zip della borsa e, sfogliando i fascicoli, trovò quello di Sanderson. “Bene, vediamo un po’…” iniziò, notando con la coda dell’occhio che l’altro uomo gli si era avvicinato incuriosito. “Nato il 23 Aprile… Oh, ma seriamente?” si interruppe, osservando per la prima volta la riga nera che copriva il suo anno di nascita. Richiuse il fascicolo con fare stizzito, incrociando lo sguardo indagatore dello sconosciuto. “Sai che ti dico? In questo fascicolo ci sono tutte le informazioni necessarie per giudicare quanto Gary fosse un soldato impeccabile, ma tu, forse anche più di me, puoi giudicarlo come persona”.

Subito dopo i fatti negli Emirati Arabi, gli era stata diagnosticata una lieve forma di depressione e il disturbo da stress post traumatico. Gli era sembrato che la sua vita fosse stata inghiottita in un buco nero, mentre chiunque lo stimava e lo chiamava eroe. Soltanto Nikolai e MacMillan erano dei punti fermi, le prove viventi che tutto ciò che gli era successo non fosse soltanto un incubo.

Notando quanto la sua vita fosse diventata un casino, si era dedicato agli altri organizzando incontri con i veterani o le famiglie spezzate dalla perdita di un loro caro parente durante la guerra.

Aiutando loro, aveva aiutato se stesso.

Era riuscito a perdonarsi per essere sopravvissuto.

“Come ti chiami, figliolo?” chiese, allungandogli la mano destra.

“Thomas” replicò l’altro, stringendogli la mano e annuendo lievemente quando anche Price si presentò.

“Che ne dici di raccontarmi la tua versione di Gary mentre ci beviamo una birra?” propose, riponendo il fascicolo nel borsone, stando ben attento a non piegarne gli angoli.

“Io…” incominciò Thomas, grattandosi nervosamente la testa.

“Lo so, lo so… Mai accettare inviti dagli sconosciuti” replicò, alzando le mani in segno di resa e sorridendo lievemente. “Ma… credo di aver bisogno di sentire qualcuno parlare di lui, che l’ha conosciuto come Gary e non come il Sergente Sanderson: un pezzo di verità in mezzo a quel mare di menzogne e segreti” continuò, abbassando le mani e tornando serio.

Thomas lo guardò per una manciata di secondi, valutando le sue parole. “Conosco un birrificio qui vicino…” iniziò, accovacciandosi per accedere con un fiammifero la candela che aveva posto vicino alle altre. “E forse, potresti raccontarmi anche come fosse il Sergente Sanderson e… beh, la tua verità” continuò, rialzandosi.

Price osservò la voluta di fumo grigiastra che si innalzava dal fiammifero, ora spento. “Sì, perché no?” convenne, grattandosi la barba e ironicamente aggiunse: “Potrei scriverci un libro”.

Fine

Ebbene sì, le avventure della Bravo 6 si concludono qui. Vorrei ringraziare coloro che mi hanno supportata durante la stesura di questi racconti, leggendo attentamente ogni singolo capitolo prima di essere pubblicato. Le vorrei ringraziare per la pazienza e disponibilità che hanno dimostrato nei miei confronti, affezionandosi a poco a poco ai personaggi di cui scrivevo.

Vi voglio bene, ragazze!

Per ultimo, voglio ringraziare coloro che hanno seguito capitolo per capitolo la pubblicazione di "No rules, no boundaries" e "Dust to dust". Grazie davvero!

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